Con la Sentenza in commento, Cassazione n. 3952/2022, la Corte affronta la tematica del diritto all’oblio analizzando specificamente le condizioni che legittimano l’accoglimento della richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache delle pagine internet accessibili attraverso gli URL degli articoli di stampa relativi alla vicenda esprimendo il seguente principio di diritto:
la cancellazione delle copie cache relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona.
La Sentenza in commento è disponibile per la consultazione integrale al seguente link: Cassazione n. 3952/2022
La vicenda: come tutelare il diritto all’oblio
La vicenda tra origine da una richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache fondata sul diritto all’oblio, avente ad oggetto la rimozione dai risultati delle ricerche su internet effettuate con l’utilizzazione dei servizi di ricerca di una nota società del settore di diversi URL, specificamente individuati, che collegavano il nome dell’interessato a una vicenda giudiziaria che si asseriva non più interessare il diritto di cronaca.
In particolare, l’interessato avanzava alla società una richiesta fondata sul diritto all’oblio e la stessa replicava di non poter dar riscontro alla richiesta in quanto non era titolare del trattamento dei dati personali.
L’interessato, stante il mancato accoglimento della propria richiesta, depositava un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali il quale con provvedimento emesso il 25 febbraio 2016 accoglieva le richieste formulate ed ordinava di rimuovere gli URL indicati nel ricorso, cancellando anche le copie cache dalle pagine accessibili attraverso i predetti URL.
La società condannata impugnavano, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 152, avanti al Tribunale di Milano, il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, domandandone l’annullamento ma il Tribunale di Milano confermava il provvedimento impugnato e rigettava il ricorso e per tanto la stessa ricorreva in Cassazione e domandava in riforma della Sentenza impugnata l’annullamento del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali emesso il 25 febbraio 2016.
Diritto all’oblio: riferimenti normativi
Il diritto all’oblio, che comunemente consiste nel diritto dell’interessato ad esser dimenticato dopo che è trascorso un certo lasso di tempo, è attualmente disciplinato dall’art. 17 del Regolamento U.E. n. 679/2016 il quale testualmente dispone:
L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:
a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2;
d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;
e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.
Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.
I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario:
a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
b) per l’adempimento di un obbligo giuridico che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e dell’articolo 9, paragrafo 3;
d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento; o
e) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.
Il diritto all’oblio di cui all’art. 17 del GDPR è in realtà il diritto alla cancellazione dei dati di una persona fisica, esteso e regolato anche con riferimento alla società digitale, ma deve essere tenuto distinto dal diritto all’oblio inteso come cancellazione o deindicizzazione di una notizia, diritto, questo, enucleato dalla giurisprudenza.
L’orientamento giurisprudenziale sul diritto all’oblio
Come affermato dalle Sezioni Unite (Cassazione n. 19681/2019), il diritto all’oblio si riferisce, in realtà, ad almeno tre differenti situazioni:
- quella di chi desidera non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende, in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso un certo tempo tra la prima e la seconda pubblicazione (c.d. attività deindicizzazione);
- quella, connessa all’uso di internet ed alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell’esigenza di collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel contesto attuale (c.d. contestualizzazione dell’informazione);
- quella, infine, nella quale l’interessato fa valere il diritto alla cancellazione dei dati più precisamente le copie cache dalle pagine accessibili attraverso specifici URL.
Attività di deindicizzazione significato
L’attività deindicizzazione (come definita anche nella Sentenza in commento), consiste nell’escludere che il nome di un soggetto compaia tra i risultati di un motore di ricerca in esito a una interrogazione del medesimo eliminandosi quindi una particolare modalità di ricerca del dato, che rimane presente in rete, e che continua ad essere raggiungibile, ma con una ricerca più complessa e più lunga.
La deindicizzazione, come afferma la Sentenza in commento, si è venuta affermando come rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria.
In tal senso la deindicizzazione asseconda il diritto della persona a non essere trovata facilmente sulla rete (si parla in proposito di right not to be found easily): lo strumento vale cioè ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal nome della persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa che siano correlati a vicende che in sè – si badi – presentino ancora un interesse (e che non possono perciò essere totalmente oscurate), evitando che l’utente di internet, il quale ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione, si imbatta nelle relative notizie per ragioni casuali, o in quanto animato dalla curiosita’ di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora memoria (una memoria facilmente accessibile, nei suoi contenuti, proprio attraverso l’attivita’ dei motori di ricerca).
Attività di contestualizzazione dell’informazione significato
Con l’attività di contestualizzazione dell’informazione, si riconosce al soggetto cui pertengono i dati personali memorizzati nella rete internet il diritto all’oblio, attraverso la pretesa alla contestualizzazione e all’aggiornamento dei medesimi, e se del caso, avuto riguardo alla finalita’ della conservazione nell’archivio e all’interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione.
Attraverso la contestualizzazione dell’informazione si tutela sia il diritto del soggetto cui i dati pertengono alla propria identità personale o morale nella sua proiezione sociale, che il diritto del cittadino utente di ricevere una completa e corretta informazione.
Ad ogni modo sia l’attività deindicizzazione che quella di contestualizzazione dell’informazione che sono manifestazione concreta del diritto all’oblio trovano ragione in un dato che innegabilmente connota l’esistenza umana nell’era digitale: un dato che si riassume, secondo una felice espressione, nella stretta della persona in una eterna memoria collettiva, per una identità che si ripropone, nel tempo, sempre uguale a sè stessa (così si esprime la Sentenza in commento).
Attività di cancellazione dei dati significato
L’esercizio del diritto all’oblio attraverso la deindicizzazione e la contestualizzazione deve quindi essere tenuto distinto dalla tutela attraverso la cancellazione dei dati, intendendosi per tale la rimozione delle informazioni, la loro distruzione e, quindi, la loro irreperibilità in qualsiasi forma.
Premesso ciò, la tutela del diritto all’oblio attraverso la cancellazione dei dati, avviene invece attraverso la cancellazione della copia cache dei siti internet indicizzati e preclude al motore di ricerca, nell’immediato, di avvalersi di tali copie per indicizzare i contenuti attraverso parole chiave anche diverse da quella corrispondente al nome dell’interessato.
In sostanza, la cancellazione dei dati, e quindi la cancellazione della copia cache, consente quindi di rimuovere le informazioni memorizzate e di bloccare l’accesso alle medesime, qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione di siffatte informazioni ed impedisce, inoltre, l’utilizzo di nuove copie cache che siano equivalenti a quelle oggetto di cancellazione.
Conclusioni: il diritto all’oblio ha diverse modalità di attuazione
La Sentenza in commento, evidenzia come la deindicizzazione produce l’effetto di escludere che una certa notizia, riguardante una determinata persona, venga collegata al nome di questa attraverso un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome predetto.
Precisa inoltre che la deindicizzazione può attuare il divisato bilanciamento: l’interesse alla conoscenza dell’informazione riguardante il fatto è salvaguardato attraverso l’accesso al sito, o alla copia di esso, che si attua attraverso altre chiavi di ricerca, ma è tutelata, al contempo, la sfera personale del soggetto coinvolto nella vicenda, giacchè la deindicizzazione esclude che l’utente di internet possa apprendere del fatto storico in conseguenza di una ricerca nominativa che miri ad altri risultati o che sia animata da mera curiosità per aspetti della vita altrui su cui l’interessato voglia mantenere il riserbo.
Per quanto invece attiene alla richiesta di cancellazione delle copie cache, la Sentenza in commento prosegue evidenziando che, rimane dunque centrale l’esigenza di ponderare gli interessi contrapposti e il bilanciamento da compiersi non coincide, in questo caso, con quello operante ai fini della deindicizzazione, giacche’ l’eventuale sacrificio del diritto all’informazione non ha ad oggetto una notizia raggiungibile attraverso una ricerca condotta a partire del nome della persona, in funzione del richiamato diritto di questa a non essere trovata facilmente sulla rete, quanto la notizia in sè considerata, siccome raggiungibile attraverso ogni diversa chiave di ricerca.
Su tali premesse, la Corte, dopo aver attentamente analizzato le condizioni che legittimano l’accoglimento della richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache delle pagine internet accessibili attraverso gli URL degli articoli di stampa relativi alla vicenda in esame, con la Sentenza esprime il seguente principio di diritto:
la cancellazione delle copie cache relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona.
La Sentenza in commento è disponibile per la consultazione integrale al seguente link: Cassazione n. 3952/2022
Con la Sentenza in commento, Cassazione n. 3952/2022, la Corte affronta la tematica del diritto all’oblio analizzando specificamente le condizioni che legittimano l’accoglimento della richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache delle pagine internet accessibili attraverso gli URL degli articoli di stampa relativi alla vicenda esprimendo il seguente principio di diritto:
la cancellazione delle copie cache relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona.
La Sentenza in commento è disponibile per la consultazione integrale al seguente link: Cassazione n. 3952/2022
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La vicenda: come tutelare il diritto all’oblio
La vicenda tra origine da una richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache fondata sul diritto all’oblio, avente ad oggetto la rimozione dai risultati delle ricerche su internet effettuate con l’utilizzazione dei servizi di ricerca di una nota società del settore di diversi URL, specificamente individuati, che collegavano il nome dell’interessato a una vicenda giudiziaria che si asseriva non più interessare il diritto di cronaca.
In particolare, l’interessato avanzava alla società una richiesta fondata sul diritto all’oblio e la stessa replicava di non poter dar riscontro alla richiesta in quanto non era titolare del trattamento dei dati personali.
L’interessato, stante il mancato accoglimento della propria richiesta, depositava un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali il quale con provvedimento emesso il 25 febbraio 2016 accoglieva le richieste formulate ed ordinava di rimuovere gli URL indicati nel ricorso, cancellando anche le copie cache dalle pagine accessibili attraverso i predetti URL.
La società condannata impugnavano, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 152, avanti al Tribunale di Milano, il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, domandandone l’annullamento ma il Tribunale di Milano confermava il provvedimento impugnato e rigettava il ricorso e per tanto la stessa ricorreva in Cassazione e domandava in riforma della Sentenza impugnata l’annullamento del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali emesso il 25 febbraio 2016.
Diritto all’oblio: riferimenti normativi
Il diritto all’oblio, che comunemente consiste nel diritto dell’interessato ad esser dimenticato dopo che è trascorso un certo lasso di tempo, è attualmente disciplinato dall’art. 17 del Regolamento U.E. n. 679/2016 il quale testualmente dispone:
L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:
a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2;
d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;
e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.
Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.
I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario:
a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
b) per l’adempimento di un obbligo giuridico che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e dell’articolo 9, paragrafo 3;
d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento; o
e) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.
Il diritto all’oblio di cui all’art. 17 del GDPR è in realtà il diritto alla cancellazione dei dati di una persona fisica, esteso e regolato anche con riferimento alla società digitale, ma deve essere tenuto distinto dal diritto all’oblio inteso come cancellazione o deindicizzazione di una notizia, diritto, questo, enucleato dalla giurisprudenza.
L’orientamento giurisprudenziale sul diritto all’oblio
Come affermato dalle Sezioni Unite (Cassazione n. 19681/2019), il diritto all’oblio si riferisce, in realtà, ad almeno tre differenti situazioni:
Attività di deindicizzazione significato
L’attività deindicizzazione (come definita anche nella Sentenza in commento), consiste nell’escludere che il nome di un soggetto compaia tra i risultati di un motore di ricerca in esito a una interrogazione del medesimo eliminandosi quindi una particolare modalità di ricerca del dato, che rimane presente in rete, e che continua ad essere raggiungibile, ma con una ricerca più complessa e più lunga.
La deindicizzazione, come afferma la Sentenza in commento, si è venuta affermando come rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria.
In tal senso la deindicizzazione asseconda il diritto della persona a non essere trovata facilmente sulla rete (si parla in proposito di right not to be found easily): lo strumento vale cioè ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal nome della persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa che siano correlati a vicende che in sè – si badi – presentino ancora un interesse (e che non possono perciò essere totalmente oscurate), evitando che l’utente di internet, il quale ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione, si imbatta nelle relative notizie per ragioni casuali, o in quanto animato dalla curiosita’ di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora memoria (una memoria facilmente accessibile, nei suoi contenuti, proprio attraverso l’attivita’ dei motori di ricerca).
Attività di contestualizzazione dell’informazione significato
Con l’attività di contestualizzazione dell’informazione, si riconosce al soggetto cui pertengono i dati personali memorizzati nella rete internet il diritto all’oblio, attraverso la pretesa alla contestualizzazione e all’aggiornamento dei medesimi, e se del caso, avuto riguardo alla finalita’ della conservazione nell’archivio e all’interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione.
Attraverso la contestualizzazione dell’informazione si tutela sia il diritto del soggetto cui i dati pertengono alla propria identità personale o morale nella sua proiezione sociale, che il diritto del cittadino utente di ricevere una completa e corretta informazione.
Ad ogni modo sia l’attività deindicizzazione che quella di contestualizzazione dell’informazione che sono manifestazione concreta del diritto all’oblio trovano ragione in un dato che innegabilmente connota l’esistenza umana nell’era digitale: un dato che si riassume, secondo una felice espressione, nella stretta della persona in una eterna memoria collettiva, per una identità che si ripropone, nel tempo, sempre uguale a sè stessa (così si esprime la Sentenza in commento).
Attività di cancellazione dei dati significato
L’esercizio del diritto all’oblio attraverso la deindicizzazione e la contestualizzazione deve quindi essere tenuto distinto dalla tutela attraverso la cancellazione dei dati, intendendosi per tale la rimozione delle informazioni, la loro distruzione e, quindi, la loro irreperibilità in qualsiasi forma.
Premesso ciò, la tutela del diritto all’oblio attraverso la cancellazione dei dati, avviene invece attraverso la cancellazione della copia cache dei siti internet indicizzati e preclude al motore di ricerca, nell’immediato, di avvalersi di tali copie per indicizzare i contenuti attraverso parole chiave anche diverse da quella corrispondente al nome dell’interessato.
In sostanza, la cancellazione dei dati, e quindi la cancellazione della copia cache, consente quindi di rimuovere le informazioni memorizzate e di bloccare l’accesso alle medesime, qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione di siffatte informazioni ed impedisce, inoltre, l’utilizzo di nuove copie cache che siano equivalenti a quelle oggetto di cancellazione.
Conclusioni: il diritto all’oblio ha diverse modalità di attuazione
La Sentenza in commento, evidenzia come la deindicizzazione produce l’effetto di escludere che una certa notizia, riguardante una determinata persona, venga collegata al nome di questa attraverso un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome predetto.
Precisa inoltre che la deindicizzazione può attuare il divisato bilanciamento: l’interesse alla conoscenza dell’informazione riguardante il fatto è salvaguardato attraverso l’accesso al sito, o alla copia di esso, che si attua attraverso altre chiavi di ricerca, ma è tutelata, al contempo, la sfera personale del soggetto coinvolto nella vicenda, giacchè la deindicizzazione esclude che l’utente di internet possa apprendere del fatto storico in conseguenza di una ricerca nominativa che miri ad altri risultati o che sia animata da mera curiosità per aspetti della vita altrui su cui l’interessato voglia mantenere il riserbo.
Per quanto invece attiene alla richiesta di cancellazione delle copie cache, la Sentenza in commento prosegue evidenziando che, rimane dunque centrale l’esigenza di ponderare gli interessi contrapposti e il bilanciamento da compiersi non coincide, in questo caso, con quello operante ai fini della deindicizzazione, giacche’ l’eventuale sacrificio del diritto all’informazione non ha ad oggetto una notizia raggiungibile attraverso una ricerca condotta a partire del nome della persona, in funzione del richiamato diritto di questa a non essere trovata facilmente sulla rete, quanto la notizia in sè considerata, siccome raggiungibile attraverso ogni diversa chiave di ricerca.
Su tali premesse, la Corte, dopo aver attentamente analizzato le condizioni che legittimano l’accoglimento della richiesta di deindicizzazione e di cancellazione delle copie cache delle pagine internet accessibili attraverso gli URL degli articoli di stampa relativi alla vicenda in esame, con la Sentenza esprime il seguente principio di diritto:
la cancellazione delle copie cache relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona.
La Sentenza in commento è disponibile per la consultazione integrale al seguente link: Cassazione n. 3952/2022