l’esercizio della facoltà di recesso unilaterale ai sensi dell’art. 2227 c.c. da parte del committente non è ostativo alla ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. del contratto a prestazioni corrispettive per inadempimento del prestatore d’opera, ed alla conseguente negazione del diritto al pagamento di un corrispettivo ex art. 2225 c.c.
Tribunale Bergamo, Sezione 4 civile Sentenza 5 febbraio 2019, n. 345
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BERGAMO
QUARTA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Silvia Russo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 4333/2018, promossa con atto di citazione in appello regolarmente notificato
DA
(…), in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale (P.IVA (…)), rappresentato e difeso dall’avv. Lu.Ba. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Chiuduno, via (…), come da procura allegata al ricorso per decreto ingiuntivo;
APPELLANTE
CONTRO
(…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’Avv. Mi.Pi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Romano di Lombardia, Via (…), come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata nel presente giudizio.
APPELLATA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in appello regolarmente notificato alla controparte, (…), in qualità di titolare della omonima impresa individuale, ha impugnato la sentenza del Giudice di Pace di Treviglio n. 49/2018 depositata in data 26 febbraio 2018.
Con la suddetta sentenza, il Giudice di Pace ha accolto l’opposizione proposta da (…) avverso il decreto ingiuntivo n.407/2016 e ha condannato (…) alla restituzione della somma di Euro 1.900,00, ricevuti a titolo di acconto per i lavori di rimozione e posa di piastrelle e di costruzione di due muretti, presso l’immobile sito in R. di L., via (…).
L’appellante ha in particolare lamentato:
– la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata;
– la violazione, sotto duplice profilo, del principio di cui all’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il richiesto e il pronunciato);
– l’erronea valutazione delle prove;
– la violazione del principio della soccombenza in materia di spese di lite.
In forza dei rilievi sopra esposti, (…) ha chiesto al Tribunale di riformare la sentenza impugnata e di condannare la parte convenuta appellata al pagamento della somma di Euro 3.419,42, già oggetto del decreto ingiuntivo opposto. In subordine, ha chiesto la determinazione secondo equità del compenso spettantegli per i lavori svolti.
(…), si è costituita con comparsa depositata in data 17 settembre 2018, con la quale ha contestato la fondatezza delle deduzioni avversarie e ha chiesto la conferma della decisione impugnata.
Senza svolgimento di attività istruttoria, all’udienza del 23 settembre 2018, le parti sono state invitate a precisare le conclusioni e, assegnati i termini di legge per il deposito di memorie conclusionali e repliche, la causa è passata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La sentenza appellata trae origine dal ricorso monitorio presentato da (…), in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, per ottenere il pagamento del corrispettivo per i lavori edilizi eseguiti presso l’immobile di proprietà di (…), in forza del contratto d’opera con essa stipulato.
(…) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Treviglio, lamentando l’infondatezza della pretesa creditoria di (…), in ragione dei vizi e difetti riscontrati nella fase di realizzazione delle opere commissionate.
Al riguardo, (…) ha precisato di avere formalizzato il proprio recesso dal contratto, dopo il rifiuto dell’appaltatore di provvedere alla sistemazione delle opere e ha allegato di avere già corrisposto la somma di Euro 1900,00.
(…) ha invece ricondotto il recesso della committente a un diverbio sull’ammontare del corrispettivo e ha negato di avere ricevuto acconti.
Il Giudice di Pace ha accolto l’opposizione riconducendo la vicenda sostanziale all’ambito di applicazione dell’art. 2224 c.c., il quale prevede che “se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni.
Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni”.
In particolare, il Giudice di Pace ha dato rilievo alla testimonianza di (…) (coniuge separato di (…)), valutandola idonea a dimostrare – nella parte riferita alla conferma del capitolo n. 7 dedotto dall’opponente – che (…) ha esercitato legittimamente il diritto di recesso dal contratto, dopo aver contestato i vizi delle opere in corso di realizzazione e dopo avere concesso a (…) un termine per la loro sistemazione.
Il Giudice di Pace ha inoltre ritenuto provato, grazie alla testimonianza di (…) e ai riscontri documentali costituiti dall’estratto conto bancario depositato dalla opponente, il versamento da parte di essa della somma di Euro 1900,00 a titolo di acconto.
Su tali presupposti, il decreto ingiuntivo opposto è stato revocato e (…) è stato condannato alla restituzione dell’acconto ricevuto.
Ciò premesso, alla luce delle doglianze svolte dalla parte appellante, occorre riesaminare il materiale probatorio acquisito nel processo di primo grado.
In questa prospettiva, va rammentato che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio di appello e che su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza delle singole censure.
In particolare, ove egli lamenti l’erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti in primo grado ha l’onere di produrli in sede di gravame (v. Cass. n. 4806/2015 e, più recentemente, Cass. n. 23658/2017).
Il teste (…), all’udienza del 30 novembre 2017, si è limitato a confermare il contenuto del capitolo 7 di parte opponente, senza nulla aggiungere a precisazione delle circostanze ivi indicate.
Il testo di tale capitolo n. 7 fa riferimento esclusivamente al rifiuto da parte di (…) di rimuovere i vizi che gli erano stati contestati e alla affermazione dello stesso di avere eseguito i lavori a regola d’arte e richiama il doc. n. 7 del fascicolo di parte opponente.
Il suddetto documento n. 7 non è stato riprodotto in appello, né risulta menzionato o descritto negli atti depositati dalle parti.
La moglie di (…), (…), la quale è stata sentita in qualità di teste anche a prova contraria sui capitoli dedotti dalla parte opponente, ha smentito, in risposta al capitolo n. 7 dedotto da quest’ultima, sia la contestazione dei vizi da parte della committente sia il rifiuto di (…) di sistemare le opere realizzate.
Quanto al versamento dell’acconto, lo stesso è stato riferito dalla teste (…), che ha dichiarato di avere assistito personalmente al pagamento, e trova riscontro nel prelievo della somma di Euro 2.000,00, del quale si dà atto nella sentenza. La teste (…) ha invece negato il pagamento.
E’ inoltre pacifico in causa che il rapporto contrattuale instaurato tra la parti si è interrotto per il recesso esercitato dalla committente prima della fine dei lavori.
Le deposizioni raccolte sulle ragioni di tale recesso sono tuttavia risultate contraddittorie.
In merito ai vizi, i testi (…) e (…) hanno dichiarato che le fotografie depositate sub doc. 2 dalla parte opponente corrispondono allo stato dei luoghi al momento della interruzione del rapporto contrattuale.
La teste (…) ha negato che la situazione di cui alle fotografie prodotte dall’opponente corrispondesse allo stato dell’opera al momento della revoca dell’incarico.
Il teste (…) ha dichiarato di avere terminato i lavori interrotti da (…); non ha riferito di rifacimenti di opere, ma solo di completamenti, e ha confermato il preventivo di cui al doc. 5 di parte opponente, il quale non è stato riprodotto nel presente giudizio di appello.
A fronte del riferito quadro probatorio, la ricostruzione della vicenda di causa effettuata dal Giudice di Pace non si reputa del tutto condivisibile, segnatamente con riguardo alle circostanze nelle quali è avvenuto il recesso della committente.
La laconica dichiarazione di (…) in risposta al capitolo n. 7 (“confermo la circostanza”) e la genericità della allegazione in esso formulata, priva delle indicazioni in ordine al contenuto della richiesta di sistemazione e al termine concesso, nonché la deposizione di segno contrario di (…) precludono di ritenere dimostrata la riconducibilità della fattispecie concreta all’art.2224 c.c., tanto più in assenza di qualsiasi elemento obiettivo idoneo a corroborare la tesi della parte committente.
Al contrario, è stata adeguatamente motivata la statuizione in merito al versamento dell’acconto, avendo il Giudice di Pace correttamente valorizzato il dato documentale di riscontro (i.e. il prelievo dal conto corrente).
Quanto alle opere eseguite da (…), non essendo state riprodotte le fotografie depositate in primo grado dalla parte opposta, deve darsi prevalenza alle risultanze di quelle di cui al doc. 2 di (…), confermate con sicurezza anche da (…), teste indifferente.
Da tali fotografie emerge il mancato completamento della pavimentazione e la non perfetta posa di alcune piastrelle, nonché la realizzazione solo parziale di un muretto.
Una volta esclusa la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2224 c.c., il recesso esercitato da (…) non può che essere ricondotto alla norma di cui all’art. 2227 c.c., il quale stabilisce che “il committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata l’esecuzione dell’opera, tenendo indenne il prestatore d’opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno”.
Va peraltro rammentato che l’esercizio della facoltà di recesso unilaterale ai sensi dell’art. 2227 c.c. da parte del committente non è ostativo alla ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. del contratto a prestazioni corrispettive per inadempimento del prestatore d’opera, ed alla conseguente negazione del diritto al pagamento di un corrispettivo ex art. 2225 c.c.” (Cass. n. 2123/1988).
La volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (quale, per esempio, la domanda di restituzione, v. Cass. n. 21230/2009).
In ogni caso, il committente è onerato della dimostrazione della ricorrenza dei presupposti di cui agli artt. 1453 e 1455 c.c..
Nella fattispecie concreta, non si ritiene che i difetti dell’opera eseguita da (…) (e non ancora terminata), quali valutabili sulla base delle fotografie di cui al doc. 2 di parte opponente, siano di importanza tale da giustificare la risoluzione del contratto per inadempimento del prestatore d’opera.
Ciò è tanto più convincente ove si consideri che il teste S. ha dichiarato di avere provveduto al completamento dei lavori iniziati da (…), senza fare cenno all’esigenza di rimediare ai vizi degli stessi o di smantellare e rinnovare le opere già realizzate.
Pertanto, la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento di (…), sottesa a quella di restituzione dell’acconto versato dalla committente, non risulta meritevole di accoglimento.
La fattispecie resta invece regolata dall’art. 2227 c.c., che, come già osservato, prevede il diritto del prestatore d’opera al corrispettivo per il lavoro svolto e al mancato guadagno.
Il prestatore d’opera è gravato dell’onere di dimostrare sia il valore dell’opera eseguita sia il mancato guadagno (v. Cass. n. 8853/2017, pronunciata in materia di appalto, ma applicabile, per identità di ratio, anche al contratto d’opera).
Specularmente, il committente che abbia esercitato il recesso ex art.2227 c.c. ha l’onere di dimostrare, a fondamento della domanda di restituzione, l’eccedenza degli acconti eventualmente versati rispetto al valore delle opere eseguite dalla controparte.
Poiché nessuna delle parti ha assolto l’onere probatorio del quale era rispettivamente gravata, per un verso, deve essere confermata la revoca del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione e, per altro verso, deve essere respinta la domanda di restituzione dell’acconto formulata dalla parte opponente.
In altri termini, l’appello è solo parzialmente meritevole di accoglimento.
Considerata la soccombenza reciproca delle parti, si dispone la compensazione fra le stesse delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita,
1) In parziale accoglimento dell’appello, respinge la domanda riconvenzionale proposta da (…), volta ad ottenere la restituzione della somma di Euro 1900,00, versata a titolo di acconto, ferma la revoca del decreto ingiuntivo opposto;
2) Compensa fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Bergamo il 4 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2019.