al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilita’ da parte del comodatario stesso, che non e’ ne’ possessore ne’ terzo, dei principi di cui agli articoli 1150 e 936 c.c.
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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|4 giugno 2019| n. 15181
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13146-2015 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SNC, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 572/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 04/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CARDINO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) propone ricorso articolato in sei motivi contro la sentenza n. 572/2014 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 4 aprile 2014.
Resiste con controricorso il Fallimento della (OMISSIS) s.n.c., mentre rimane intimata, senza svolgere attivita’ difensive, (OMISSIS).
La Corte d’Appello di Firenze ha respinto l’impugnazione avanzata dalla medesima (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Firenze il 6 maggio 2009, che rigetto’ le domande spiegate nella citazione del 27 giugno 2005 da (OMISSIS) nei confronti del Fallimento della (OMISSIS) s.n.c. e di (OMISSIS), volte alla declaratoria di usucapione di un appartamento sito in (OMISSIS), oggetto di preliminare di vendita stipulato il 20 maggio 1981 tra (OMISSIS) (padre di (OMISSIS)) e (OMISSIS), nonche’ ad ottenere il rimborso delle spese di manutenzione e dell’indennita’ per i miglioramenti inerenti all’immobile.
Il Tribunale accolse viceversa la domanda riconvenzionale del Fallimento della (OMISSIS) s.n.c. per il risarcimento dei danni correlati all’occupazione senza titolo dell’appartamento.
Ad avviso della Corte d’Appello, il contratto preliminare del 20 maggio 1981 prevedeva comunque la consegna delle chiavi dell’appartamento al promissario acquirente, la cui presenza in esso era tollerata dal promittente venditore, circostanze queste sintomatiche della stipula di un contratto verbale di comodato.
Dopo la morte di (OMISSIS) il (OMISSIS), si ebbero, quindi, la dichiarazione di successione del 5 dicembre 1983, che comprendeva l’appartamento sito in via Chiantigiana 64, il conferimento di tale immobile nella costituita (OMISSIS) s.n.c. in data 15 dicembre 1983, l’iscrizione ipotecaria sull’appartamento a garanzia di un mutuo bancario nel luglio 1985.
Ancora, prosegue la Corte di Firenze, dopo il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. nel maggio 1987, si verificarono lo scioglimento del contratto preliminare da parte del curatore, la richiesta di sanatoria urbanistica del 1998, una transazione nel 2001, la trascrizione di una domanda di divisione nel 2002 e la diffida al rilascio intimata a (OMISSIS) il 26 aprile 2005, Inoltre, secondo la sentenza impugnata, pur avendo (OMISSIS) e (OMISSIS) fissato la residenza nell’appartamento di via (OMISSIS) e provveduto alla manutenzione del bene, essi non avrebbero smentito la loro qualifica di detentori, ad esempio inoltrando diffida ad adempiere il preliminare, richiedendo l’ammissione al passivo fallimentare per l’importo degli acconti di prezzo versati e rivolgendo alla curatela nel 2001 richiesta di autorizzazione all’esecuzione di lavori sul tetto del fabbricato.
La accertata detenzione dell’appartamento giustificava, per la Corte d’Appello, altresi’ il diniego dei rimborsi richiesti per i miglioramenti apportati al bene, nonche’ la fondatezza della domanda di risarcimento dei danni per occupazione abusiva sulla base del parametro del valore locativo dell’immobile.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I.Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., nonche’ degli articoli 1140, 1141, 1158 e 2722 c.c.; il vizio di ultrapetizione e la dichiarazione ufficiosa di esistenza di un contratto verbale di comodato, peraltro inesistente; ancora, la contraddittorieta’ intrinseca della motivazione.
Assume la ricorrente che la consegna materiale dell’immobile al promissario acquirente avvenne in forza dell’articolo 3 del contratto preliminare, il quale prevedeva l’immediata consegna delle chiavi della casa “a titolo precario”.
Avervi ravvisato un comodato, come fatto dalla Corte di Firenze, eccede dal thema decidendum, e collide con la pretesa risarcitoria di controparte, fondata sull’assunto di una “occupazione senza titolo”.
Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) censura la violazione dell’articolo 1141 c.c. e la mancata disamina dell’articolo 3 del contratto preliminare, il quale prevedeva la consegna dell’immobile a titolo precario affinche’ il promissario compratore avesse la possibilita’ di effettuare i lavori necessari per finire l’appartamento.
Ne’ la Corte di Firenze avrebbe considerato come il 17 dicembre 1982 (OMISSIS) avesse poi proposto ad (OMISSIS) di essere immesso nel definitivo possesso dell’immobile.
Il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1158 e 1164 c.c., per l’errata esclusione della interversione della detenzione in possesso, stante la natura degli atti compiuti da (OMISSIS) e dai suoi aventi causa.
Il quarto motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1158 e 1167 c.c., nonche’ l’illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, per l’erroneo riconoscimento di attivita’ del proprietario in funzione di impedimento o di interruzione o di ostacolo del possesso.
1.1. I primi quattro motivi di ricorso di (OMISSIS) vanno esaminati congiuntamente, giacche’ connessi, e si rivelano, oltre che connotati da profili di inammissibilita’, comunque infondati.
Sono inammissibili tutti i riferimenti fatti nelle prime quattro censure al paradigma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ovvero alla illogicita’ o contraddittorieta’ della motivazione. L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Viceversa, la ricorrente lamenta la mancata disamina di una clausola contrattuale (senza far riferimento alla violazione delle norme di cui agli articoli 1362 e segg. c.c.), limitandosi in realta’ a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella che di tale clausola ha prescelto la Corte d’Appello di Firenze.
Nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non e’, inoltre, piu’ configurabile il vizio di contraddittoria motivazione.
Neppure e’ ravvisabile nella sentenza impugnata l’anomalia motivazionale che si sostanzia nella “motivazione apparente”, o nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, o nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, in quanto essa contiene, piuttosto, le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
Quanto al resto, secondo uniforme interpretazione di questa Corte, chi, come (OMISSIS), agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del corpus, ma anche dell’animus; ne’, nella specie, quest’ultimo elemento potrebbe essere desunto in via presuntiva dal primo, ove pure fosse stato dimostrato lo svolgimento di attivita’ corrispondenti all’esercizio del diritto di proprieta’, in quanto, stando a cio’ che e’ stato accertato dai giudici del merito, e’ provato che la disponibilita’ dell’appartamento di (OMISSIS)Chiantigiana 64(OMISSIS) era stata conseguita da (OMISSIS) (padre di (OMISSIS)) in base alle pattuizioni contenute nel contratto preliminare di vendita stipulato il 20 maggio 1981 con (OMISSIS).
L’articolo 3 del preliminare stabiliva, infatti, che le chiavi della casa venissero immediatamente consegnate al promissario acquirente, affinche’ lo stesso potesse ultimare i lavori di rifinitura dell’immobile.
Com’e’ noto, e’ molto frequente nella pratica che le parti del contratto preliminare, nell’assumere l’obbligo della prestazione del consenso al contratto definitivo, convengano l’anticipata esecuzione di alcune delle obbligazioni nascenti da questo, quale la consegna immediata della cosa al promissario acquirente ed il contestuale pagamento del prezzo.
La giurisprudenza piu’ recente precisa, pero’, che non puo’ sostenersi che il promissario acquirente acquisti cosi’ il “possesso” del bene, giacche’ questo non e’ suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l’esercizio; la disponibilita’ della res conseguita dal promissario acquirente si spiega, piuttosto, in base ad un contratto di comodato collegato al preliminare, in forza del quale al comodatario e’ attribuita la detenzione e non il possesso (Cass. Sez. U, 27/03/2008, n. 7930).
Non sussiste alcun vizio di ultrapetizione nel fatto che la Corte d’Appello di Firenze abbia ravvisato negli effetti del preliminare del 20 maggio 1981 circostanze sintomatiche della stipula di un contratto verbale di comodato, non avendo con cio’ i giudici di secondo grado ecceduto dai limiti del petitum, ed essendosi essi, piuttosto, limitati a dare al rapporto controverso e ai fatti che sono stati allegati quale causa petendi dell’esperita azione, una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti.
Ne’ rivela decisivita’ l’osservazione della ricorrente secondo cui la concessione precaria dell’immobile al promissario acquirente fosse unicamente funzionale, in forza dell’articolo 3 di contratto, all’esecuzione dei lavori di finitura, in quanto comunque tale pattuizione, accessoria al preliminare, seppur autonoma rispetto ad esso, connotava (OMISSIS) come detentore dell’immobile nel suo personale interesse in virtu’ di un rapporto obbligatorio, e non come possessore.
In tal modo, e’ comunque dimostrato che la relazione tra i (OMISSIS) e l’appartamento era conseguita non ad un atto volontario d’apprensione, ma ad un atto o ad un fatto del proprietario – possessore, poiche’ l’attivita’ del soggetto che dispone della cosa (configurabile, appunto, come semplice detenzione o precario) non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario.
In questa ipotesi, la detenzione di un bene immobile puo’ mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione idoneo ad escludere che il persistente godimento sia fondato sul consenso, sia pure implicito, del proprietario concedente.
Essendo stata la disponibilita’ conseguita da (OMISSIS) mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale, ovvero in forza di una convenzione ad effetti obbligatori, e’ stata vinta la presunzione di possesso utile “ad usucapionem”, di cui all’articolo 1141 c.c., comma 1 (Cass. Sez. 2, 19/11/2018, n. 29819; Cass. Sez. 2, 26/09/2018, n. 23013; Cass. Sez. 2, 27/09/2017, n. 22667; Cass. Sez. 2, 11/06/2010, n. 14092; Cass. Sez. 2, 06/08/2004, n. 15145).
L’accertamento della sussistenza in concreto dei requisiti della usucapione, ovvero, in particolare, della interversione idonea a trasformare la detenzione in possesso, e’, d’altro canto, devoluto al giudice del merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ se non nei limiti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non potendosi chiedere alla Corte di cassazione di prendere direttamente in esame la condotta della parte, al fine di trarne elementi di convincimento (Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27521).
Nella vicenda in esame, coerentemente la Corte d’Appello di Firenze ha poi escluso l’animus possidendi da parte della ricorrente, avendo la stessa sollecitato il titolare formale ad adempiere agli obblighi discendenti dal preliminare, ovvero a restituire gli acconti di prezzo ricevuti o ad autorizzare lavori di manutenzione del fabbricato, cosi’ manifestando non solo di essere a conoscenza dell’appartenenza del bene alla (OMISSIS) s.n.c., ma anche di riconoscere l’altrui proprieta’ (arg. da Cass. Sez. 2, 29/11/2006, n. 25250; Cass. Sez. 6 – 2, 18/09/2014, n. 19706).
Peraltro, proprio perche’ (OMISSIS), che deteneva, l’appartamento di via (OMISSIS) con le stesse caratteristiche e gli stessi obblighi (Cass. Sez. 2, 16/10/2018, n. 25887) di (OMISSIS), detentore a titolo precario, non ha dimostrato di aver manifestato ad (OMISSIS) ovvero alla (OMISSIS) s.n.c. la volonta’ di possedere non piu’ “nomine alieno” ma “uti dominus”, neppure assume rilievo, nella specie, l’esatta individuazione degli atti del proprietario cui, ai sensi dell’articolo 1165 c.c., potesse attribuirsi efficacia interruttiva del possesso.
Il quinto primo motivo di ricorso di (OMISSIS) (erroneamente numerato come “6”) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 1803 c.c., ovvero la contraddittorieta’ assoluta ed intrinseca della motivazione, che ha dapprima configurato la sussistenza di un contratto verbale di comodato e poi ha condannato la comodataria per “occupazione senza titolo”.
II.1.Il quinto primo motivo di ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
E’ normale che il promissario acquirente, che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita, in caso di estinzione del preliminare (nella specie, si assume, per esercizio del diritto del curatore di sciogliersi dal contratto, ex articolo 72 L. Fall., testo, vigente “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169), debba non soltanto restituirlo al promittente alienante, ma altresi’ corrispondere a quest’ultimo le utilita’ ricavate sin dall’inizio per l’anticipato godimento della cosa (Cass. Sez. 2, 14/03/2017, n. 6575; del civ., 14.3.17, n. 6575; Cass. Sez. 6 – 2, 10/10/2013, n. 23035).
In particolare, avendo la Corte di Firenze ritenuto che la disponibilita’ dell’appartamento al promissario acquirente era stata concessa in forza di un comodato, una volta verificatasi l’estinzione di tale comodato doveva considerarsi esigibile l’obbligo contrattuale di restituzione del bene ricevuto, il cui inadempimento e’ idoneo a produrre un danno per occupazione senza titolo nel patrimonio del comodante, danno che il comodatario deve risarcire, ove non provi che l’inadempimento e’ stato determinato da causa a lui non imputabile (Cass. Sez. 3, 15/05/2003, n. 7539).
III.Il sesto motivo di ricorso di (OMISSIS) (erroneamente numerato come “7”) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1150 c.c., dovendo tale norma trovare applicazione analogica anche in favore del detentore.
III.1.Il sesto motivo di ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile, in quanto la Corte di Firenze ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’ e l’esame del motivo non offre elementi per mutare tale orientamento ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1.
La previsione di cui all’articolo 1150 c.c. – che attribuisce al possessore, all’atto della restituzione della cosa, il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie ed all’indennita’ per i miglioramenti recati alla cosa stessa – e’ di natura eccezionale e non puo’, dunque, essere applicata in via analogica al detentore qualificato od a qualsiasi diverso soggetto, quale appunto il promissario acquirente cui sia stato consegnato il bene prima della stipulazione del contratto definitivo (Cass. Sez. 2, 28/11/2017, n. 28379; Cass. Sez. 3, 30/06/2015, n. 13316; Cass. Sez. 2, 22/03/2011, n. 6489; Cass. Sez. 2, 22/07/2010, n. 17245).
In particolare, al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilita’ da parte del comodatario stesso, che non e’ ne’ possessore ne’ terzo, dei principi di cui agli articoli 1150 e 936 c.c. (Cass. Sez. 2, 26/06/1992, n. 7923).
IV. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente Fallimento (OMISSIS) s.n.c., nell’ammontare liquidato in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per (OMISSIS), la quale non ha svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.