sul tema di prescrizione presuntiva, la ratio della normativa in oggetto risiede nell’esigenza di certezza nei piu’ ricorrenti rapporti patrimoniali di origine negoziale. In coerenza con tale ratio, l’articolo 2957 c.c., prevede la decorrenza automatica del termine triennale di prescrizione dalla conclusione della prestazione, che fa presumere l’esigibilita’ immediata del corrispettivo. In ambito di competenze dovute agli avvocati, la conclusione della prestazione e’ individuata nell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento era stato conferito l’incarico, che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo . Eventuali successive iniziative intraprese dal medesimo avvocato, anche se connesse alla decisione definitiva, quali tipicamente i procedimenti esecutivi finalizzati a rendere effettivo il diritto riconosciuto, costituiscono prestazione di nuova attivita’, assoggettata ad autonomo termine di prescrizione.
Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|2 settembre 2019| n. 21943
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7231/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato presso il suo studio in (OMISSIS), che agisce in proprio ex articolo 86 c.p.c.;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5519/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/03/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il 21 settembre 2016, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma n. 14022 del 2011 che aveva accolto l’opposizione di (OMISSIS) al decreto ingiuntivo che gli intimava il pagamento di compensi professionali all’avv. (OMISSIS).
1.1. Il Tribunale aveva ritenuto prescritto il diritto azionato dal professionista, con la sola eccezione del compenso per l’attivita’ prestata in causa di sfratto per finita locazione, ed aveva condannato il convenuto (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 18.891,08, oltre interessi.
2. La Corte d’appello, adita in via principale dall’avv. (OMISSIS) e in via incidentale da (OMISSIS), ha rigettato entrambi i gravami.
2.1. Per quanto ancora di interesse, la Corte territoriale ha rilevato che l’attivita’ defensionale svolta dall’avv. (OMISSIS) si era conclusa nel 2001, con la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Roma (che aveva quantificato l’importo dovuto al (OMISSIS) dalla (OMISSIS) a r.l.), e che non erano stati allegati elementi idonei a superare l’eccezione di prescrizione, non potendosi riconoscere efficacia interruttiva alle comunicazioni in data 14 ottobre 1998 e alla contestazione del mancato pagamento fatta al Consiglio dell’Ordine.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’avv. (OMISSIS), sulla base di due motivi, ai quali resiste (OMISSIS) con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 2957 c.c., comma 2 e si assume l’unitarieta’ dell’incarico in esecuzione del quale il ricorrente aveva patrocinato il sig. (OMISSIS) nella controversia che lo vedeva opposto alla (OMISSIS) a r.l..
Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la lite era cessata nel 2001 ma l’affare oggetto del contratto di patrocinio non si era concluso poiche’, a causa dell’inadempimento della Cooperativa, il (OMISSIS) aveva conferito ulteriori incarichi all’avv. (OMISSIS) in data 5 ottobre 2001 e in data 15 febbraio 2005, per il recupero del credito.
L’ultima prestazione dell’attivita’ giudiziale svolta in fase di cognizione e di connessa conseguente attivita’ stragiudiziale nei giudizi di esecuzione risaliva al 10 febbraio 2005, quando l’avv. (OMISSIS) aveva inoltrato istanza di ammissione al passivo del credito vantato dal (OMISSIS) nei confronti della Cooperativa.
Da tale ultima data sarebbe iniziato a decorrere il termine di prescrizione presuntiva.
1.1. La doglianza e’ infondata.
La Corte d’appello ha escluso l’unitarieta’ dell’incarico con riferimento alle successive iniziative finalizzate al recupero del credito del sig. (OMISSIS), e la decisione risulta immune da censure.
Come evidenziato dalla costante giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice sul tema di prescrizione presuntiva, la ratio della normativa in oggetto risiede nell’esigenza di certezza nei piu’ ricorrenti rapporti patrimoniali di origine negoziale.
In coerenza con tale ratio, l’articolo 2957 c.c., prevede la decorrenza automatica del termine triennale di prescrizione dalla conclusione della prestazione, che fa presumere l’esigibilita’ immediata del corrispettivo (ex multis, Cass. 26/03/2009, n. 7378).
In ambito di competenze dovute agli avvocati, la conclusione della prestazione e’ individuata nell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento era stato conferito l’incarico, che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo (cfr. Cass. 30/06/2015, n. 13401; Cass. 08/10/2001, n. 12326).
Eventuali successive iniziative intraprese dal medesimo avvocato, anche se connesse alla decisione definitiva, quali tipicamente i procedimenti esecutivi finalizzati a rendere effettivo il diritto riconosciuto, costituiscono prestazione di nuova attivita’, assoggettata ad autonomo termine di prescrizione.
2. Con il secondo motivo e’ denunciata “errata motivazione” della sentenza impugnata, perche’ la Corte d’appello non aveva tenuto conto delle prestazioni svolte nel periodo successivo a quello individuato come dies a quo del termine di prescrizione.
2.1. Il motivo e’ strutturalmente inammissibile in quanto deduce il vizio di motivazione al di fuori del paradigma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, come enucleato dalla giurisprudenza consolidata di questa questa Corte (ex multis, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.