mancando un preventivo accordo fra le parti, il compenso del professionista va determinato in base alle tariffe, criterio cui gli usi costituiscono una mera alternativa ove non siano previste tariffe per l’attivita’ professionale posta in essere. Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’articolo 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo’ alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’articolo 36 Cost., comma 1, applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 31 agosto 2018, n. 21482
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25229-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2051/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 11/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.
FATTO
L’avvocato (OMISSIS) convenne (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Venezia esponendo di averlo assistito per la composizione stragiudiziale di una vertenza conseguente ad un sinistro stradale in cui questi era rimasto coinvolto, e chiedendone la condanna al pagamento del compenso, da determinarsi in base alla tariffa professionale e comunque secondo gli usi; l’attore determinava il proprio compenso professionale nella misura del 10% dell’importo riscosso a seguito di definizione transattiva, pari ad Euro 650.000,00. Il (OMISSIS) si costitui’ contestando la congruita’ dell’importo richiesto, in relazione all’attivita’ prestata dall’attore ed agli importi gia’ versati nel corso del rapporto.
Il Tribunale di Venezia rigetto’ la domanda.
La sentenza fu appellata dall’avvocato (OMISSIS) ed il (OMISSIS) si costitui’ chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza depositata l’11 settembre 2013 la Corte d’Appello di Venezia rigetto’ l’impugnazione, osservando che l’importo corrisposto al (OMISSIS) doveva ritenersi congruo in applicazione delle tariffe forensi, nel senso stabilito dal tribunale con argomenti non attinti da critiche specifiche da parte dell’appellante; inoltre, e quanto alla possibile esistenza di un uso che avrebbe consentito la liquidazione di maggiori importi, la corte lo ritenne inapplicabile ai fini della liquidazione del compenso per l’attivita’ di assistenza stragiudiziale prestata dall’ avvocato, salva la possibilita’ di un espresso accordo in tal senso con l’assistito, nel caso di specie pacificamente non avvenuto.
Avverso tale decisione propone ricorso l’avvocato (OMISSIS) sulla base di due motivi; l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’articolo 2233 c.c., articolo 112 c.p.c., Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, articolo 10; assume al riguardo che la corte d’appello avrebbe erroneamente liquidato il suo compenso in base alla tariffa professionale forense nonostante le attivita’ svolte non rientrassero nel novero delle voci dalla stessa previste per gli onorari in materia stragiudiziale, ed avrebbe altresi’ omesso di considerare che la domanda era volta ad una liquidazione secondo gli usi, non consentendo il ricorso ad un diverso criterio quale quello adottato, peraltro senza acquisire il necessario parere del competente ordine professionale, atteso che la valutazione di congruita’ era stata compiuta dal tribunale mediante ricorso ad una consulenza tecnica;
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 2233 c.c., osservando che, in ogni caso, la Corte d’Appello avrebbe liquidato il compenso senza tener conto del necessario criterio di adeguatezza dello stesso all’importanza dell’opera, riconoscendo cosi’ come adeguato un importo assai modesto a fronte dell’elevato ammontare del danno risarcibile al proprio assistito in conseguenza del sinistro.
Entrambi i motivi sono infondati;
La sentenza impugnata muove, infatti, dal consolidato principio in base al quale, mancando un preventivo accordo fra le parti, il compenso del professionista va determinato in base alle tariffe, criterio cui gli usi costituiscono una mera alternativa ove non siano previste tariffe per l’attivita’ professionale posta in essere. Come pacificamente stabilito da questa Corte, (Cassazione civile, sez. 2, 24/06/2013, n. 15786), il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’articolo 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo’ alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’articolo 36 Cost., comma 1, applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato.
D’altro canto, tutte le attivita’ che il ricorrente afferma di aver svolto (esame di documenti, invio di corrispondenza, colloqui con altri professionisti) risultano specificamente comprese nella tabella D di cui al Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 (tariffe professionali in materia stragiudiziale applicabili ratione temporis), mentre nessun preventivo parere di congruita’ era necessario, non vertendosi in ipotesi di liquidazione determinata dal giudice. Secondo Cassazione civile, sez. 2, 20/02/2014, n. 4081 (che conferma Cass. civ., sez. 6, 29 dicembre 2011 n. 29837 e Cass. civ., sez. 6, 21 ottobre 2011 n. 21934) solo ove il compenso stesso non sia stato pattuito tra le parti, ne’ sia determinabile in base a tariffe o usi, il giudice deve acquisire il parere dell’associazione professionale di appartenenza.
Con riguardo al secondo motivo, va anzitutto considerato che la congruita’ del compenso liquidato venne stabilita dal tribunale con riferimento ad una consulenza tecnica esperita, dei cui apprezzamenti il ricorrente evidentemente si duole, purtuttavia omettendo di trascrivere i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, onde evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito, cosi’ da consentire alla Corte di legittimita’ di apprezzarne il valore decisivo direttamente in base al ricorso (cfr. Cass. 13/6/2007 n. 13845).
In ogni caso, anche a prescindere dalla carenza di specificita’ del motivo, le deduzioni svolte dal ricorrente appaiono generiche e riferite al solo valore complessivo del danno asseritamente risarcibile, senza riguardare in alcun modo i restanti parametri di cui all’articolo 2233 c.c., comma 2, ed in particolare l’importanza dell’attivita’ svolta.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese in assenza di attivita’ difensive da parte dell’intimato.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.