L’uso indiretto della cosa comune (nella specie, mediante locazione) ben puo’ essere disposto con deliberazione a maggioranza dei partecipanti alla comunione (o, in mancanza, dal giudice, cui ciascuno di questi puo’ ricorrere), quando non sia possibile l’uso diretto dello stesso bene per tutti i partecipanti alla comunione, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di turni temporali o frazionamento degli spazi.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 12 dicembre 2017, n. 29747
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26749-2015 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
EREDI DI (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 970/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 21/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
uditi gli Avvocati (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mistri Corrado, che ha concluso per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente (OMISSIS) impugna – articolando cinque paragrafi di ricorso, che si precisa valgano come motivi di censura, a sua volta suddivisi in sottoparagrafi distintamente numerati – la sentenza n. 970/2015 del 21 maggio 2015 resa dalla Corte d’Appello di Bologna, che aveva rigettato l’appello proposto dallo stesso (OMISSIS) avverso la sentenza 8 giugno 2006, con la quale era stata respinta l’impugnativa, avanzata dal ricorrente, delle deliberazioni assunte in data 10 settembre 1999 dai partecipanti alla comunione ereditaria di (OMISSIS).
Si difendono con controricoricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre rimangono intimati, senza svolgere difese, gli eredi di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il giudizio aveva avuto inizio con ricorso ex articolo 1109 c.c. di (OMISSIS) davanti al Tribunale di Ravenna e le deliberazioni impugnate concernevano il godimento turnario di una casa di proprieta’ comune in localita’ (OMISSIS), la delega che si assumeva conferita a (OMISSIS) per concedere in locazione immobili siti in (OMISSIS), e l’approvazione dei rendiconti 1997 e 1998. Il Tribunale, con sentenza dell’8 giugno 2006, rigetto’ le domande di (OMISSIS). Sull’appello di quest’ultimo, la Corte di Bologna confermo’ la pronuncia di primo grado. La Corte d’Appello ritenne inammissibile il rinvio per relationem alle deduzioni istruttorie formulate in primo grado; escluse ogni profilo di illegittimita’ della convocazione e della costituzione dell’assemblea, riscontrando la completezza del relativo ordine del giorno, ed invece considerando generica la doglianza sulla invalidita’ delle deleghe; dichiaro’ legittima la decisione assembleare di godimento turnario della villa di (OMISSIS), per l’impossibilita’ di uso paritario e simultaneo tra tutti i coeredi, che avrebbe imposto una convivenza comune estesa a tutti i diversi piani e vani dell’immobile; considero’ lecita, ex articoli 1102 e 1103 c.c., la cessione del godimento di questo stesso immobile da Silvia ed (OMISSIS) al padre, pur estraneo alla comunione; nego’ il profilo dell’illegittimita’ della delibera di incarico all’amministratore (OMISSIS) di concedere in locazione immobili comuni, riscontrando come l’assemblea del 10 settembre 1999 avesse, piuttosto, deliberato essa stessa di concedere in locazione a terzi i beni siti in (OMISSIS); escluse, infine, del pari l’illegittimita’ dell’approvazione dei rendiconti 1997 e 1998, essendo allegati all’avviso di convocazione i relativi bilanci corredati da un elenco delle voci contabilizzate, con conseguente sufficiente informazione dei comproprietari, non ravvisando il “grave pregiudizio” di cui all’articolo 1109 c.c. nelle considerazioni dell’appellante e sottolineando come l’approvazione del rendiconto valesse quale ratifica di tutta la gestione ordinaria dell’amministratore. Circa le spese processuali di primo grado, la Corte d’Appello del pari rigetto’ il gravame, osservando come fossero state respinte tutte le domande di (OMISSIS) e come l’appellante volgesse le sue critiche contro gli importi indicati dalle controparti nelle rispettive note spese, e non contro quelli liquidati dal Tribunale.
Su proposta del relatore, che aveva ritenuto il giudizio definibile nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in riferimento all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1), era stata dapprima fissata l’adunanza della camera di consiglio. Con ordinanza del 14 marzo 2017, tuttavia, il Collegio, ritenuto che non ricorresse l’ipotesi prevista dall’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1, ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, le controricorrenti hanno eccepito l’improcedibilita’ del ricorso ex articolo 369 c.p.c., comma 1, avendo il ricorrente depositato il proprio ricorso in cancelleria il 21 novembre 2015, dopo aver richiesto la notifica il 26 ottobre 2015. L’eccezione e’ infondata. Ai fini della verifica del tempestivo deposito del ricorso per cassazione, ex articolo 369 c.p.c., comma 1, (termine di venti giorni dall’ultima notifica effettuata nei confronti di una delle piu’ controparti cui il ricorso debba essere notificato), nel caso, quale quello in esame, in cui la parte si sia avvalsa del servizio postale, assume rilievo, per il ricorrente, la data di consegna del plico all’ufficio postale, mentre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione si calcola dalla data di ricezione dell’atto notificato alla parte contro cui il ricorso e’ proposto (Cass. Sez. 3, 07/05/2014, n. 9861; Cass. Sez. 3, 18/01/2016 n. 684). Ora, risulta che la data di ricezione dell’ultima notifica del ricorso a mezzo servizio postale e’ quella del 28 ottobre 2015, mentre la data di consegna all’ufficio postale del plico da recapitare alla cancelleria della Corte di cassazione, e quindi quella dell’iscrizione a ruolo, e’ il 16 novembre 2015, quando il termine di venti giorni scadeva il 17 novembre 2015.
1. Il primo motivo (definito paragrafo) di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., arttt. 112, 342, 356 e 359 c.p.c., quanto al mancato esame delle deduzioni istruttorie avanzate in primo grado e richiamate in appello in appositi “fogli” di udienza.
Vi si aggiunge un “PAR 1, pag. 7” (a pagina 61 di ricorso), che deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., articoli 112, 277, 342, 346 e 359 c.p.c. per le “altre domande non esaminate”, come la contumacia di (OMISSIS) quale amministratore della comunione e l’incompatibilita’ del suo difensore. Si prosegue quindi con un “PAR 1, pag. 7” (a pagina 63 di ricorso), ancora per “altre domande non esaminate” e sempre per violazione e falsa applicazione del’articolo 111 Cost., articoli 88, 89, 96, 112, 221, 277, 342, 346 e 359 c.p.c., nonche’ si censura l’omesso esame di fatto decisivo (“frasi offensive nei due gradi, e quelle indicatevi”). Un successivo “PAR 1, pag. 7” (pagina 64 di ricorso) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 89 e 112 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo per la cancellazione di frasi sconvenienti o offensive con risarcimento.
I.1. Il primo motivo di ricorso, coi suoi tre “paragrafi”, rivela molteplici profili di inammissibilita’. Il vizio di violazione di legge, senza osservare l’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e’ allegato indicando nelle rubriche dei diversi “paragrafi” svariate norme, senza pero’ farvi seguire specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle medesime norme individuate come regolatrici della fattispecie. Quando, peraltro, col ricorso per cassazione venga denunciato un error in procedendo, ovvero un vizio che comporti la nullita’ del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attivita’ deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore (nella specie, vizi di omessa pronuncia su domande, motivi di appello, deduzioni istruttorie), seppur il giudice di legittimita’ non debba limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicita’ della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato le questioni censurate, ma e’ investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, occorre comunque che il motivo sia proposto dal ricorrente in conformita’ alle regole fissate dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (cfr. Cass. Sez. U, 22 maggio 2012, n. 8077). In particolare, quanto poi alle “domande istruttorie non accolte”, e’ improprio il riferimento che il ricorrente fa all’articolo 112 c.p.c., in quanto il vizio di omessa pronuncia, rilevante ai fini di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze di prova, la cui pretermissione e’ denunciabile in sede di legittimita’ soltanto se la mancata ammissione delle medesime prove abbia cagionato l’omesso esame di un fatto decisivo, rilevante in causa, e non preso in considerazione dal giudice del merito, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Inoltre, nel primo motivo di ricorso non viene neppure per sintesi indicato quale fosse il contenuto dei capitoli delle prove costituende non assunte, e cio’ preclude a questa Corte di verificare la decisivita’ dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse. Le doglianze sulla mancata dichiarazione di contumacia di (OMISSIS) “come amministratore” e sulla “incompatibilita’” del difensore di questo lamentano, ancora, astratti vizi di regolarita’ del processo, ma non prospettano anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione delle disposizioni procedurali indicate abbia comportato, per il ricorrente, una lesione del suo diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito. D’altro canto, la prospettazione di una “contumacia” dell’amministratore di comunione trascura il consolidato orientamento interpretativo che nega all’amministratore della comunione una sua autonoma legittimazione processuale in rappresentanza dei comunisti, se tale potere non gli sia stato attribuito nella delega di cui all’articolo 1106 c.c., comma 2 non essendo applicabile analogicamente – per la presenza della disposizione citata, che prevede la determinazione dei poteri delegati – la regola contenuta nell’articolo 1131 c.c. per l’amministratore del condominio (Cass. Sez. 2, 21/02/2014, n. 4209; Cass. Sez. 2, 11/07/2006, n. 15684; Cass. Sez. 2, 25/02/1995, n. 2170). Cosi’ pure la denuncia di incompatibilita’ dell’avvocato di (OMISSIS), per aver lo stesso svolto in altri processi difese nell’interesse della comunione, non considera come sulla validita’ dell’atto posto in essere da un difensore, iscritto all’albo e munito di procura, non incidono eventuali sue situazioni di incompatibilita’ con l’esercizio della professione, che, ove pur risultassero sanzionabili sul piano disciplinare, non privano il legale dello ius postulandi. Da ultimo, poiche’ la cancellazione di frasi o parole ingiuriose contenute negli scritti difensivi e’ rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, che puo’ disporla anche d’ufficio a norma dell’articolo 89 c.p.c., l’istanza di cancellazione costituisce una mera sollecitazione per l’esercizio dell’anzidetto potere discrezionale, di guisa che non puo’ formare oggetto di impugnazione per cassazione l’omesso esame di essa ne’ l’omesso esercizio del suddetto potere (Cass. Sez. 3, 20/10/2009, n. 22186).
2. Il secondo motivo di ricorso (Par. 2) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1105, 1108, 1109, 1116 c.c., e articolo 112 c.p.c. circa l’illegittimita’ della convocazione, contrapponendo l’incompletezza dei punti indicati all’ordine del giorno ed insistendo per l’inammissibilita’ delle deleghe conferite.
2.1. Anche il secondo motivo si connota per un difetto di specifica indicazione del contenuto degli atti su cui si fonda, in contrasto con quanto disposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Secondo l’orientamento di questa Corte, la verifica dell’osservanza dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 deve, infatti, compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi puo’ comportarne la declaratoria di inammissibilita’ quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o piu’ specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioe’ quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, risultano impossibili la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonche’ la valutazione della sua decisivita’ (Cass. Sez. U, 05/07/2013, n. 16887).
In ogni caso, l’indicazione, nell’avviso di convocazione dell’assemblea dei partecipanti ad una comunione, dell’elenco delle materie da trattare, allo scopo di rendere edotti i comunisti degli argomenti sui quali essi dovranno deliberare (articolo 1105 c.c., comma 3, c.c.), puo’ esser anche sintetica, purche’ chiara e non ambigua, specifica e non generica, in maniera da consentire la discussione e l’adozione da parte dell’assemblea delle eventuali deliberazioni conseguenziali ed accessorie. L’assemblea dei partecipanti alla comunione ordinaria, diversamente da quanto stabilito per il condominio degli edifici, e’, invero, validamente costituita mediante qualsiasi forma di convocazione, purche’ idonea allo scopo, in quanto gli articoli 1105 e 1108 c.c. non prevedono per la comunione semplice l’assolvimento di particolari formalita’, menzionando semplicemente la preventiva conoscenza dell’ordine del giorno. Gli articoli 1105 e 1108 c.c. non suppongono, anzi, nemmeno la costituzione formale dell’assemblea, ma semplicemente la decisione a maggioranza dei partecipanti. Pertanto deve ritenersi regolarmente costituita e capace di deliberare la riunione dei partecipanti alla comunione con la presenza dell’amministratore per decidere su oggetti di comune interesse. In ogni caso, la verifica di sufficienza della preventiva informazione dei partecipanti sull’oggetto della deliberazione, implicando inevitabilmente una valutazione da compiere caso per caso e da rapportare alla specificita’ di ogni situazione, e quindi un apprezzamento di fatto, spetta al giudice del merito: pertanto, salvo che questi non abbia applicato il disposto dell’articolo 1105 c.c., comma 3, discostandosi da tale corrente interpretazione giurisprudenziale, o che non abbia preso in esame un fatto storico decisivo e controverso, la valutazione del giudice di merito sulla completezza dell’avviso di convocazione (quale quella espletata dalla Corte d’Appello di Bologna sul secondo motivo di impugnazione) sfugge al sindacato di legittimita’ (Cass. Sez. 2, 03/11/2008, n. 26408; Cass. Sez. 2, 27/10/2000, n. 14162).
Ne’ vi e’ ragione, circa l’assunta inammissibilita’ delle deleghe in una riunione di membri della comunione ordinaria, ipotizzata dal ricorrente, per ritenere che i partecipanti non possano validamente farsi rappresentare nelle deliberazioni ex articoli 1105 e 1108 c.c., secondo le regole del mandato, da un altro comunista, come da un terzo.
3.Il terzo motivo di ricorso (Par. 3) denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1100, 1105 e 1116 c.c., articolo 713 c.c. e ss. articolo 757 c.c. e ss., articolo 1350 c.c., nn. 3, 4 e 5, per l’illegittimita’ della delibera di uso turnario della villa in (OMISSIS). Vi si espone quale sia la consistenza immobiliare di tale villa e quali utilizzi essa abbia avuto nelle vicende della famiglia (OMISSIS), a far tempo dal 1950.
3.1. Il terzo motivo e’ infondato in quanto, in materia di comunione ordinaria, l’annullabilita’ in sede giudiziale di una deliberazione della maggioranza dei partecipanti per ragioni di merito, attinenti all’opportunita’ ed alla convenienza della scelta gestoria della cosa comune, e’ configurabile solo nel caso di decisione viziata che arrechi un grave pregiudizio per la cosa comune (articolo 1109 c.c., comma 1), non potendo di regola l’autorita’ giudiziaria sindacare l’esercizio dei poteri discrezionali della maggioranza. Se, allora, la natura del bene di proprieta’ comune non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari (come accertato in fatto per la villa di (OMISSIS) dalla Corte di Bologna, ed illustrato in sentenza con argomentazioni logiche ed esaurienti), l’uso comune puo’ realizzarsi o in maniera indiretta oppure, appunto, mediante avvicendamento con un uso turnario da parte dei comproprietari, utilizzo che costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte della maggioranza, in quanto non ne impedisce il godimento individuale, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso piu’ intenso da parte di singoli comunisti, venga meno, per i restanti, la possibilita’ di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna (Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24647). E’ quindi estranea al sindacato proprio della Corte di cassazione ogni rivalutazione dell’opportunita’ della deliberazione dell’uso turnario della cosa comune, risultando essa fondata su dati ed apprezzamenti di fatto obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell’amministrazione.
4. Il quarto motivo di ricorso (Par. 4) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1100, 1105 e 1106 c.c., quanto all’illegittimita’ della delibera di locazione dei “locali sfitti”.
Il prosieguo di questo quarto motivo (pagina 83 di ricorso) estende la censura di violazione e falsa applicazione degli articoli 1100, 1105, 1106, 1108 e 1109 c.c. e articolo 111 Cost. all’approvazione del rendiconto, circa le doglianze su singole poste contabili non considerate.
4.1. Il quarto motivo e’ infondato per ragioni analoghe a quelle esposte a proposito del terzo motivo. L’uso indiretto della cosa comune (nella specie, mediante locazione) ben puo’ essere disposto con deliberazione a maggioranza dei partecipanti alla comunione (o, in mancanza, dal giudice, cui ciascuno di questi puo’ ricorrere), quando non sia possibile l’uso diretto dello stesso bene per tutti i partecipanti alla comunione, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di turni temporali o frazionamento degli spazi (Cass. Sez. 2, 19/10/1994, n. 8528). Parimenti, la deliberazione della maggioranza dei partecipanti alla comunione ordinaria che approvi il rendiconto annuale dell’amministratore puo’ essere impugnata dai componenti la minoranza dissenziente nei limiti dell’articolo 1109 c.c., e quindi non per ragioni legate al merito delle singole scelte gestorie. Per la validita’ della delibera di approvazione del rendiconto e’ poi sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di spesa, ne’ si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri della maggioranza la facolta’ di procedere sinteticamente all’approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall’amministratore alla stregua della documentazione giustificativa.
5. Il quinto motivo di ricorso (Par. 5) (pagina 93 di ricorso) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 24 Cost., articolo 10 c.p.c. e ss. articoli 91 e 92 c.p.c. Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articoli 6 e 14 circa la mancata indicazione delle ragioni di censura della condanna alle spese di primo grado, lamentando che il Tribunale, piuttosto, doveva indicare le ragioni della riduzione degli importi richiesti dalle parti vincitrici nelle loro note spese andate disattese. Il quinto motivo prosegue a pagina 96 di ricorso invocando la violazione delle stesse norme, ma stavolta per le spese liquidate in appello a carico del ricorrente, avendo la Corte di Bologna fatto riferimento ad una fascia di valore superiore al valore di causa dichiarato dall’attore ed appellante. Si conclude il ricorso informando dell’esistenza di una proposta di transazione non accettata dalle controparti.
5.1. Il quinto motivo di ricorso e’ inammissibile per evidente carenza di interesse, nel punto in cui (OMISSIS) si duole che il Tribunale, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalle controparti vittoriose, ridetermino’ i compensi degli avvocati in misura inferiore a quelli esposti, senza motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci. Su tale profilo la soccombenza, e l’interesse percio’ ad impugnare, spettava piuttosto alle parti vittoriose nel merito, che avrebbero potuto lamentare lo scostamento dagli importi richiesti con le loro note spese, e contestare le singole voci ridotte.
Circa la condanna alle spese del grado di appello, la censura e’ priva di fondamento perche’ critica la liquidazione operata dalla Corte di Bologna soltanto assumendo che il valore della controversia, rilevante ai fini dello scaglione applicabile (elemento decisivo per consentire l’apprezzamento della decisivita’ della censura), dovesse trarsi dal valore dichiarato ai fini del contributo unificato, dato, pero’, che ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega, quindi, alcun effetto vincolante ai fini dell’individuazione dello scaglione di riferimento per liquidazione dei compensi del difensore (arg. da Cass. Sez. 2, 10/04/2017, n. 9195; Cass. Sez. 6 – 3, 22/09/2015, n. 18732).
6. Il ricorso va percio’ rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre non occorre provvedere al riguardo degli altri intimati, i quali non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.