La nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l’articolo 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facolta’ di trarre dalla cosa comune la piu’ intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri. In una materia in cui e’ prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini e’ dato dagli interessi altrui, i quali costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|29 ottobre 2021| n. 30778

Data udienza 26 maggio 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5996-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 253/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 27/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT. MISTRI CORRADO.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trento, con la sentenza n. 253 del 2016, pubblicata il 27 luglio 2016, ha accolto parzialmente l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Trento n. 175 del 2013, e nei confronti di (OMISSIS).

1.1. Il Tribunale di Trento rigetto’ la domanda della (OMISSIS) di accertamento del diritto di erigere, a proprie spese, una scala di collegamento tra i due cortili di proprieta’ comune delle parti, ed aveva accolto la riconvenzionale del (OMISSIS), condannando la (OMISSIS) al rimborso delle spese da questi sostenute per sostituire una canna fumaria, e alla rimozione di tubazioni di scarico.

2. La Corte territoriale ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado, e per l’effetto ha accertato il diritto dell’attrice-appellante di erigere la scala di collegamento tra i due cortili, compensando integralmente le spese di lite.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di sette motivi. (OMISSIS) resiste con controricorso, e propone ricorso incidentale affidato a due motivi, ai quali resiste il (OMISSIS) con controricorso. Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ o il rigetto dei ricorsi principale ed incidentale. Il ricorrente principale ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c. con la quale ha chiesto di sospendere il presente giudizio in attesa della definizione del giudizio rubricato RG 34394 del 2018, pendente tra le stesse parti dinanzi a questa Corte, o di disporre la riunione dei giudizi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si devono esaminare le istanze formulate in via gradata dal (OMISSIS), di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio rubricato RG 34394 del 2018, asseritamente pregiudiziale, o di riunione dei giudizi per connessione.

1.1. Ad avviso del Collegio non sussistono gli estremi per disporre la sospensione e neppure appare opportuna la riunione dei giudizi che attualmente pendono dinanzi a questa Corte.

L’accertamento del confine tra la proprieta’ comune alle parti e la proprieta’ esclusiva del (OMISSIS), che e’ oggetto del giudizio asseritamente pregiudicante, potrebbe avere ricadute sulla realizzazione da parte Groppo della scala di congiunzione tra i cortili di proprieta’ comune, essendo perfino evidente che tale costruzione giammai potrebbe invadere la proprieta’ esclusiva. Ma tale interferenza, e con essa il rischio del contrasto tra giudicati, non e’ realmente apprezzabile implicando una serie di valutazioni in fatto che sono precluse a questa Corte, salvo che nel giudizio ex articolo 42 c.p.c.

Non si ravvisa neppure l’opportunita’ della trattazione unitaria dei due giudizi, non sussistendo ragioni di economia processuale o profili di unitarieta’ sostanziale e processuale tra i due giudizi (ex plurimis, Cass. Sez. U 23/01/2013, n. 1521).

Entrambe le istanze sono dunque rigettate.

2. Con il primo motivo e’ formulata istanza di sospensione del presente giudizio di legittimita’, in ragione della pendenza della causa pregiudiziale di accertamento del confine tra proprieta’ comune e proprieta’ esclusiva (OMISSIS) dinanzi alla Corte d’appello di Trento.

Come rilevato dallo stesso ricorrente principale nella memoria illustrativa, la causa in assunto pregiudiziale pende dinanzi a questa Corte, sicche’ il motivo neppure deve essere preso in considerazione, essendo basato su un dato non piu’ attuale.

3. Con il secondo motivo e’ denunciata, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione degli articoli 295 e 115 c.p.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo, e si contesta la mancata sospensione del giudizio d’appello, attesa la pendenza in primo grado della causa pregiudicante.

La Corte d’appello non aveva tenuto conto della CTU svolta nel parallelo giudizio di regolamento dei confini, ne’ del fatto che la (OMISSIS) non aveva contestato l’asserzione secondo cui l’erigenda scala avrebbe invaso la p.f. (OMISSIS) di proprieta’ esclusiva (OMISSIS), e neppure aveva considerato il dictum della sentenza del Tribunale di Trento n. 902 del 2003, passata in giudicato, che ordinava alla (OMISSIS) di non transitare sulla p.ed. (OMISSIS). Inoltre la sentenza impugnata non dava conto delle ragioni per cui aveva ritenuto irrilevante il potenziale conflitto tra giudicati.

3.1. Il motivo e’ infondato.

Il ricorrente rimprovera alla Corte d’appello di non avere disposto la sospensione d’ufficio, come sarebbe stato suo obbligo, evidenziando di avere messo “i giudici in condizioni di comprendere il pericolo cui si andava incontro”.

In disparte il rilievo che il ricorrente non chiarisce se avesse formulato l’istanza di sospensione, al fine di sollecitare il provvedimento, si deve escludere il denunciato error in procedendo poiche’, per le ragioni in precedenza esposte, non e’ non riscontrabile l’asserita pregiudizialita’.

4. Con il terzo motivo il ricorrente principale erroneita’ della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui non e’ stato affermato il divieto dell’uso piu’ intenso della cosa comune a mezzo di opere che sono destinate all’asservimento ad un diverso bene di proprieta’ esclusiva.

Nella specie, come evidenziato dal giudice di primo grado, l’erigenda scala consentirebbe alla (OMISSIS) di accedere alla sua cantina che e’ situata in un edificio diverso da quello al servizio del quale e’ posto il cortile comune identificato come p.ed. (OMISSIS).

5. Con il quarto motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 1102 c.c. nella parte in cui prevede che ciascun partecipante alla comunione puo’ servirsi della cosa comune purche’ non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., comma 2.

Secondo il ricorrente, la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere rispettato il limite fissato dal citato articolo 1102 sul rilievo che la scala rappresenterebbe un vantaggio anche per il (OMISSIS), il quale potrebbe servirsi di tale opera, che comunque non gli impedirebbe di accedere alla sua proprieta’.

Entrambi gli argomenti sarebbero considerazioni di puro fatto, mentre dalla CTU era emerso chiaramente che la costruzione della scala comporterebbe la riduzione dello spazio a giardino per mq. 3,87 per allargare il percorso pedonale.

6. Con il quinto motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 1102 c.c. e si contesta che la Corte d’appello non avrebbe chiarito il concetto di pari uso della cosa comune, limitandosi ad affermare supposti vantaggi che il (OMISSIS) avrebbe potuto trarre dall’opera della (OMISSIS).

7. Con il sesto motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 1102 c.c. con riferimento al divieto di alterazione dei luoghi e delle relative destinazioni della cosa comune, e nella fattispecie le alterazioni sarebbero plurime.

8. Con il settimo motivo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, erroneita’ della sentenza in relazione all’articolo 1102 c.c. e al divieto di alterazione della destinazione della cosa comune.

La Corte d’appello non avrebbe argomentato le ragioni per cui l’opera della (OMISSIS) non produrrebbe alterazione della destinazione della cosa comune, cosi’ venendo meno all’obbligo di motivazione.

9. I motivi dal terzo al settimo, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondati ove non inammissibili.

9.1. La sentenza impugnata ha riformato la decisione del Tribunale sull’assunto che l’erigenda scala, avente funzione di collegamento dei cortili comuni, posti a dislivello, non alterasse la destinazione degli stessi, ne’ impedisse il pari uso da parte del convenuto appellato.

La funzione dei due cortili, che secondo la Corte d’appello costituivano pertinenze dell’unico edificio di abitazione, non era solo quella di quella di dare aria e luce ed agevolare l’accesso agli edifici circostanti (rispettivamente, l’edificio di abitazione e i garage-cantine), ma anche di consentire l’accesso dalla parte inferiore della proprieta’ a quella superiore.

In questa prospettiva, che e’ sorretta dall’accertamento dello stato dei luoghi e dalle risultanze peritali, la realizzazione della scala di collegamento tra la parte inferiore e quella superiore del fondo comune non risulta in contrasto con l’articolo 1102 c.c. nella parte in cui la norma citata vieta interventi che alterino la destinazione della cosa comune.

9.2. A conclusione identica si perviene con riferimento alla necessita’ che l’intervento non si risolva in un abuso della cosa comune, tale da impedire altri partecipanti alla comunione di farne pari uso.

La nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l’articolo 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facolta’ di trarre dalla cosa comune la piu’ intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri (ex plurimis, Cass. 28/08/2020, n. 18038; Cass. 06/03/2019, n. 6458; Cass. 27/02/2007, n. 4617).

In una materia in cui e’ prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini e’ dato dagli interessi altrui, i quali costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto, e nella fattispecie in esame risulta accertato, con apprezzamento in fatto che non puo’ essere oggetto di riesame in questa sede, che la realizzazione della scala di collegamento da parte della (OMISSIS) non comporta alcuna apprezzabile limitazione all’uso del cortile da parte del (OMISSIS).

Il rilievo della Corte d’appello, secondo cui la scala di collegamento costituirebbe un oggettivo vantaggio per il fondo comune, e’ chiaramente un argomento ad abundantiam.

10. Con il primo motivo di ricorso incidentale e’ denunciata violazione degli articoli 115 c.p.c. e 1043 c.c., e si contesta il mancato riconoscimento del diritto alla costituzione di servitu’ coattiva di scarico per il transito della tubazione interrata a carico della p.f. (OMISSIS) ed in favore della p.m. 1 della p.ed. (OMISSIS).

10.1. Il motivo e’ inammissibile.

La Corte d’appello, che sul punto ha confermato la decisione di primo grado, ha rigettato la domanda di costituzione di servitu’ coattiva in ragione della mancanza di prova della interclusione (ex plurimis, Cass. 31/03/2015, n. 6562; Cass. 16/04/2008, n. 10045), e il motivo non si confronta con tale rilievo, che costituisce la ratio decidendi della sentenza impugnata.

11. Con il secondo motivo, la ricorrente incidentale denuncia violazione dell’articolo 115 c.p.c. e contesta la statuizione di condanna alla rimozione delle tubazioni destinate allo scarico di acque nere della p.m. 1 della p.ed. (OMISSIS). La decisione sarebbe frutto della non corretta valutazione della documentazione prodotta (cfr. planimetria ufficiale dell’allaccio fognario della p.ed. (OMISSIS), prodotta sub doc. 11 nel giudizio di primo grado), dalla quale emergerebbe che la tubazione in questione – che attraversa per un piccolo tratto la p.f. (OMISSIS) e’ comune alle p.m. (OMISSIS). A cio’ seguirebbe che la condanna della sola (OMISSIS) alla rimozione della tubazione sarebbe illegittima, e comunque non suscettibile di esecuzione spontanea, giacche’ comporterebbe la rimozione delle tubazioni dell’intero edificio.

11.1. Il motivo e’ inammissibile in quanto attinge l’apprezzamento delle prove, che non e’ sindacabile in sede di legittimita’ (ex plurimis, Cass. 12/04/2017, n. 9356; Cass. 10/06/2016, n. 11892), risolvendosi nella sollecitazione di una diversa ricostruzione della quaestio facti.

12. Il ricorso principale e’ rigettato, quello incidentale e’ dichiarato inammissibile, le spese del presente giudizio sono compensate.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.