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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 31 gennaio 2018, n. 2411
nel condominio d’edifici, il principio, secondo cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, ne’, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunita’ condominiale o l’esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino; pertanto, poiche’ in tali controversie non vi e’ correlazione immediata con l’interesse esclusivo di uno o piu’ partecipanti, bensi’ con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi, la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all’amministratore, sicche’ la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo esclude la possibilita’ per il condomino di impugnarla.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 31 gennaio 2018, n. 2411
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1469/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
CONDOMINIO (OMISSIS) in persona dell’Amministratore pro tempore, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza n. 694/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega dell’Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei controricorrenti, che si e’ riportato agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1) La controversia concerne un’azione possessoria relativa all’accesso alla piazzola antistante la farmacia di (OMISSIS), conduttrice dell’immobile di proprieta’ (OMISSIS) (marito della farmacista), il quale ha acquistato l’immobile nel luglio 2003 da (OMISSIS).
Nell’agosto 2003 il Condominio convenuto ha posto dei colonnotti in luogo di preesistenti fioriere e una sbarra elettrica, dotando di chiavi i condomini, ma impedendo l’accesso nell’area condominiale ai clienti della farmacia che vi sostavano.
Proprietario dell’immobile, farmacista e venditrice hanno agito per la cessazione dello spoglio o delle molestie.
Il Condominio ha resistito eccependo tra l’altro che i lavori erano stati eseguiti in adempimento di delibera condominiale del marzo 2003, delibera alla quale, stando alla sentenza d’appello, la venditrice (OMISSIS) aveva prestato il proprio assenso, firmando il progetto poi realizzato dal Condominio.
Il tribunale di Parma ha accolto la domanda dei signori (OMISSIS), (OMISSIS).
Due condomini dello stabile, signori (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno impugnato con successo la sentenza di primo grado.
Il Condominio e’ rimasto contumace in appello.
La Corte di appello di Bologna, il 18 maggio 2012, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato ogni domanda possessoria.
I coniugi (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, notificato ad alcuni intimati “a mani proprie” a partire dal 2 gennaio 2013 e ad altri con atti notificati successivamente a causa dell’iniziale esito negativo del procedimento, con due motivi.
Il Condominio e’ rimasto intimato, cosi’ come la (OMISSIS) e gli altri condomini.
Gli appellanti (OMISSIS) e Fernanda (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2) I condomini resistenti hanno eccepito la tardivita’ del ricorso per cassazione in quanto notificato loro nel gennaio 2013, ma dopo la scadenza del termine, avvenuta asseritamente il 2 gennaio 2013.
L’eccezione e’ sotto ogni profilo infondata.
Basti dire che, al di la’ dell’applicazione dell’articolo 331 c.p.c., che avrebbe imposto l’integrazione del contraddittorio anche in sede di udienza (SU 14124/2010), rileva la applicazione della L. n. 69 del 2009, articolo 58, in forza del quale il termine applicabile era ancora quello annuale (cfr., tra le tante, Cass. n. 17060 del 5/10/2012, relativa, esattamente in termini, a causa iniziata nel 2003).
3) E’ invece da accogliere il primo motivo del ricorso principale, che mira ad affermare la carenza di legittimazione attiva degli appellanti odierni resistenti, come eccepito senza successo dai coniugi (OMISSIS) davanti alla Corte di appello.
Parte ricorrente, per negare la proponibilita’ dell’appello, denuncia violazione degli articoli 1130 e 11311 c.c., e contesta la legittimazione degli appellanti condomini. Deduce che in causa si controverte delle modalita’ di gestione di un bene comune in uso esclusivo (la piazzola antistante la farmacia), senza che si sia mai discusso di uso pro quota ex articolo 1102 c.c. da parte dei condomini e invoca all’uopo Cass. 9213/05 e Cass. 19223/11.
Parte resistente ammette (controricorso pag. 11) che, se una controversia ha ad oggetto l’impugnazione di delibere condominiali, la legittimazione ad impugnare spetta al solo amministratore; assume tuttavia che nella specie si controverte di diritti relativi alla partecipazione di ogni singolo proprietario di condominio, leso nel suo personale interesse. Aggiunge che “gli atti conservativi di difesa di beni comuni” spettano ad ogni singolo condomino e che la regolazione dell’esercizio di un diritto reale non integra un atto di gestione del bene comune, ma l’esercizio individuale di un diritto.
4) Il ricorso e’ fondato.
Il Collegio e’ consapevole della varieta’ di accenti giurisprudenziali (Cass. 19223/11; 16562/15) che connota le tesi esposte dalle parti in ordine alla legittimazione dei singoli condomini di far valere in sede di impugnazione i propri interessi esclusivi.
Ritiene tuttavia di riaffermare che nel condominio d’edifici, il principio, secondo cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, ne’, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunita’ condominiale o l’esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino; pertanto, poiche’ in tali controversie non vi e’ correlazione immediata con l’interesse esclusivo di uno o piu’ partecipanti, bensi’ con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi, la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all’amministratore, sicche’ la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo esclude la possibilita’ per il condomino di impugnarla. (Cass. n. 9213 del 04/05/2005; Cass. 1208/17, ma gia’, con il sostegno della dottrina di matrice giudiziaria, Cass. 6480/98; 8257/97; 2393/94).
4.1) Per stabilire la sorte del caso di specie e’ decisivo l’esame della sentenza di primo grado, la quale ha posto le qualificazioni da cui scaturisce l’interesse qualificante delle parti.
Il tribunale di Parma ha focalizzato l’attenzione sulla attivita’ di spoglio attuata dall’amministratore in base ad autorizzazione o delibera assembleare. Ha su questa base (pag.6) riconosciuto la legittimazione passiva del precedente amministratore (OMISSIS) quale autore materiale dello spoglio e del Condominio, in persona del nuovo amministratore, in carica al momento della costituzione in giudizio.
Ha poi espressamente ritenuto che l’amministratore abbia agito in base a delibera condominiale (pag.7 e 8), illustrando i contenuti della delibera con cui erano stati disposti preventivi per l’opera poi eseguita, denunciata dai ricorrenti, la cui esecuzione era stata lasciata alla doverosa gestione dell’amministratore. Ha considerato che la delibera, “ad onta delle patenti irregolarita’ procedimentali”, era comunque efficace.
Ha infine ritenuto, individuando il secondo problema che costituiva oggetto del contendere, che l’attivita’ realizzata dall’amministratore in attuazione della delibera era valsa ad opporre all’altrui godimento del piazzale una limitazione che impediva alle auto di transitare in loco, attivita’ costituente spoglio.
Ferma la qualificazione data, che risulta dai limiti dell’azione possessoria proposta dalle parti ricorrenti e qualificata dal giudice di merito, la legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado era solo del Condominio, al quale era stata fatta risalire in via esclusiva la paternita’ dell’iniziativa denunciata, senza immediati riflessi per i diritti dei singoli. Costoro non erano coinvolti dalla richiesta di parte, la quale era limitata a rimuovere l’operato dell’amministratore, attivatosi su delibera condominiale.
Ne discende che i due condomini appellanti, estranei al giudizio di primo grado, non avevano titolo per proporre appello, potendo far valere in altra piu’ appropriata sede i diritti di comproprietari e compossessori.
5) Il ricorso va quindi accolto, restando assorbito il secondo motivo, concernente questioni di merito che sono superate dalla inammissibilita’ dell’appello, che comporta la decisione di merito della causa.
La compensazione delle spese di lite, sia del grado di appello che di quello di legittimita’, e’ giustificata dalla obbiettiva difficolta’ di orientamento giurisprudenziale in materia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello.
Spese compensate sia in grado di appello che di legittimita’.