nei rapporti bancari in conto corrente il correntista che, agisca in giudizio per la ripetizione delle somme indebitamente annotate e’ tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi. Con particolare riferimento alla situazione in cui l’illiceita’ della annotazione e’ fatta discendere dall’applicazione di clausole contrattuali ritenute nulle, il correntista e’ tenuto a produrre in giudizio il relativo contratto, onde consentire l’apprezzamento della dedotta causa di invalidita’, nonche’ i relativi estratti conto – o altri strumenti rappresentativi delle contestate movimentazioni – atteso che solo attraverso tali documenti e’ possibile accertare il carattere indebito dell’annotazione. A tal fine egli non puo’ invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, poiche’ che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilita’ del documento al momento della sua sottoscrizione o, comunque, quanto agli estratti conto, puo’ agevolmente acquisirlo, in caso di omesso invio da parte della banca, mediante richiesta ai sensi dell’articolo 117 t.u.b.; – non pertinente e’ la giurisprudenza menzionata dai ricorrenti che pone a carico della banca l’onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto, in quanto formatasi con riferimento alla diversa situazione in cui e’ la banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente e non gia’, come nel caso in esame, in cui e’ il correntista che intende esercitare un’azione di ripetizione di indebito.
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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|14 dicembre 2022| n. 36585
Data udienza 16 novembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 258/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), sito in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso il loro studio, sito in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 4453/2017, depositata il 24 ottobre 2017
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 novembre 2022 dal Consigliere CATALLOZZI Paolo.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
– la (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 24 ottobre 2017, di reiezione dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arstizio che aveva respinto le loro domande per: i) l’accertamento dell’indebita applicazione di interessi passivi ultralegali, per un ammontare di Euro 29.028,38, al conto corrente accesso presso la (OMISSIS) s.p.a. dalla predetta (OMISSIS) s.r.l.; ii) la condanna di tale banca alla restituzione di Euro 459.741,48, previo accertamento della nullita’, inefficacia o invalidita’ di tre contratti derivati (OMISSIS) (IRS) conclusi dalla societa’ attrice; iii) l’accertamento dell’inefficacia o della nullita’ della fideiussione omnibus rilasciata in favore della banca dall’attrice (OMISSIS); iv) la condanna della banca al risarcimento dei danni;
– la Corte di appello ha disatteso il gravame evidenziando che correttamente il giudice di primo grado aveva ritenuto che fosse onere degli attori produrre in giudizio i pertinenti estratti di conto corrente, per cui il mancato assolvimento di siffatto onere ostava all’accoglimento della domanda relativa all’accertamento dell’indebita applicazione di interessi passivi;
– quanto alla domanda avente a oggetto i contratti derivati, pur rilevando l’erroneita’ della decisione appellata nella parte in cui aveva ritenuto che fosse maturata l’eccepita prescrizione – considerando fondato, sul punto, il motivo di impugnazione proposto dagli appellanti;
– stante l’imprescrittibilita’ dell’azione di nullita’, ha evidenziato che l’esistenza di una dichiarazione della societa’ di essere operatore qualificato esonerava l’intermediario dall’obbligo di procedere a verifiche ulteriori in ordine alla sussistenza della dichiarata qualita’;
– il ricorso e’ affidato a quattro motivi;
– resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a.;
– il pubblico ministero conclude chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
– con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli articolo 2697 c.c. e articoli 112 e 115 c.p.c., per aver la sentenza impugnata ritenuto che, in una situazione in cui era stata accertata la nullita’ della pattuizione di interessi ultralegali, fosse onere dei correntisti dimostrare, mediante deposito dei relativi estratti conto, l’importo delle somme indebitamente annotate in esecuzione di tale invalida pattuizione;
– il motivo e’ infondato;
– nei rapporti bancari in conto corrente il correntista che, come nel caso in esame, agisca in giudizio per la ripetizione delle somme indebitamente annotate e’ tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi (cfr. Cass. 2 maggio 2019, n. 11543; Cass. 28 novembre 2018, n. 30822; Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948);
– con particolare riferimento alla situazione in cui l’illiceita’ della annotazione e’ fatta discendere dall’applicazione di clausole contrattuali ritenute nulle, il correntista e’ tenuto a produrre in giudizio il relativo contratto, onde consentire l’apprezzamento della dedotta causa di invalidita’, nonche’ i relativi estratti conto – o altri strumenti rappresentativi delle contestate movimentazioni – atteso che solo attraverso tali documenti e’ possibile accertare il carattere indebito dell’annotazione;
– a tal fine egli non puo’ invocare – diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti – il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, poiche’ che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilita’ del documento al momento della sua sottoscrizione (cfr. Cass. 13 dicembre 2019, n. 33009) o, comunque, quanto agli estratti conto, puo’ agevolmente acquisirlo, in caso di omesso invio da parte della banca, mediante richiesta ai sensi dell’articolo 117 t.u.b.; – non pertinente e’ la giurisprudenza menzionata dai ricorrenti che pone a carico della banca l’onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto, in quanto formatasi con riferimento alla diversa situazione in cui e’ la banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente e non gia’, come nel caso in esame, in cui e’ il correntista che intende esercitare un’azione di ripetizione di indebito;
– pertanto, la decisione del giudice di merito il quale ha posto a carico della correntista l’onere di dimostrare l’avvenuta annotazione delle voci asseritamente non dovute risulta coerente con i richiamati principi e, per tale motivo, si sottrae alla censura formulata;
– con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 2697 c.c., articolo 31 comma 2, Reg. Consob 1998, n. 11522, e articolo 112 c.p.c., per aver la Corte di appello ritenuto che la dichiarazione della (OMISSIS) s.p.a. avente a oggetto la sua qualita’ di investitore qualificato fosse idonea a esonerare la banca intermediaria dall’obbligo di verifica della sussistenza di siffatta qualita’ in capo alla societa’ investitrice;
– anche tale motivo e’ infondato;
– nei contratti di intermediazione finanziaria, la dichiarazione formale di cui all’articolo 31, comma 2, Reg. Consob n. 11522 del 1998, sottoscritta dal legale rappresentante, in cui si affermi che la societa’ amministrata dispone della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in strumenti finanziari, vale ad esonerare l’intermediario dall’obbligo di effettuare per suo conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull’investitore l’onere di provare elementi contrari emergenti dalla documentazione gia’ in possesso dell’intermediario (cosi’, Cass. 4 aprile 2018, n. 8343);
– l’esistenza dell’autodichiarazione e’, dunque, sufficiente ad integrare la prova presuntiva semplice della qualita’ dell’investitore qualificato in capo alla persona giuridica, spettando a quest’ultima allegare e provare che l’intermediario conosceva, o avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza, l’assenza di dette competenze ed esperienze pregresse, in contrario con quanto dichiarato per iscritto dal suo legale rappresentante;
– orbene, la Corte di appello nel ritenere sufficiente, ai fini dell’accertamento della sussistenza nella societa’ della qualita’ di operatore qualificato, la relativa dichiarazione del suo legale rappresentante, avuto riguardo all’assenza di elementi difformi rispetto al contenuto di tale dichiarazione e, in particolare, alla regolarita’ dell’iter decisionale costituito dalle garanzie tipiche della struttura societaria, in relazione alla previa approvazione di una delibera assembleare che autorizzava la dichiarazione resa dal legale rappresentante, ha fatto corretta applicazione del richiamato principio;
– con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della nullita’ della sentenza impugnata per omessa pronuncia su una pluralita’ di motivi di appello relativi a domande concernenti: la ripetizione di indebito di somme annotate in conto corrente; la segnalazione alla Centrale dei Rischi; il risarcimento dei danni; la nullita’ dei contratti derivati; la fideiussione prestata; il governo delle spese processuali;
– con l’ultimo motivo lamentano, con riferimento alle domande indicate nel motivo precedente, l’omessa motivazione, ritenendo a tal fine inadeguato il riferimento al concetto dell’assorbimento cui la Corte di appello ha fatto ricorso;
– i due motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;
– la Corte di appello ha respinto i motivi di gravame non analiticamente affrontati ritenendo che gli stessi fossero assorbiti, nel senso che il loro esame era divenuto superfluo;
nel caso in esame, dunque, viene in rilievo un assorbimento in senso improprio, configurabile quando la decisione di una questione esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre, il quale impedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza (cfr. Cass. 3 febbraio 2020, n. 2334; Cass. 12 novembre 2018, n. 28995);
– infatti, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento;
– di conseguenza, la statuizione di assorbimento puo’ essere sindacata in cassazione solo attraverso la contestazione dei suoi presupposti applicativi e della sua ricaduta sulla effettiva decisione della causa (cfr. Cass. 4 gennaio 2022, n. 48);
– cio’ posto, i ricorrenti non contestano la statuizione di assorbimento con sufficiente specificita’, omettendo di indicare il contenuto specifico delle censure mosse alla sentenza di primo grado e non essendo a tal fine sufficiente la mera elencazione dei “profili di impugnazione” sui quali la Corte di appello non si sarebbe pronunciata;
– il mancato assolvimento di un siffatto onere non consente a questa Corte di poter effettuare il sollecitato sindacato in ordine alla statuizione di assorbimento;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non puo’ essere accolto;
– le spese processuali secondo il criterio della soccombenza che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimita’, che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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