in tema di conto corrente bancario, l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore. Gli “estratti – conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2 comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi.
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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 7 novembre 2018, n. 21417
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE DICIASETTESIMA CIVILE
Il Giudice, in persona del dr. Tommaso MARTUCCI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 13321/2015 del Ruolo Generale degli Affari Civili, posto in deliberazione all’udienza dell’11/7/2018 e promosso da:
(…) nato ad A. L. (R.) il (…), (C.F. (…))
(…) nato a R. il (…), (C.F. (…)),
(…) nato a C. il (…), (C.F. (…))
(…) nato a R. il (…), (C.F. (…))
(…) nato a L. (A.) il (…), (C.F. (…))
tutti elettivamente domiciliati in Roma, largo (…) presso lo studio dell’avv. Na.Pe., che li rappresenta e difende in virtù di procura allegata all’atto di citazione
OPPONENTI
contro
(…) S.p.A. (C.F.: (…)), con sede legale in R., alla Via (…), soggetta all’attività di direzione e coordinamento della società (…) s.a. – P., elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio degli avv.ti Br.Bi. e Lu.Sc., che la rappresentano e difendono in virtù di procura generale alle liti rilasciata dal 22/10/2007
OPPOSTA
nonché
(…) S.p.A. con sede legale in R., alla P. (…), (C.F. e numero di iscrizione al Registro delle Imprese di Roma (…)), elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio dell’avv. Pi.Sa., che la rappresentata e difende in virtù di mandato alle liti conferito con procura rilasciata a norma dell’art. 83 c.p.c. su foglio cartaceo separato, quale procuratrice di (…) S.R.L. società a responsabilità limitata unipersonale, costituita ai sensi della L. n. 130 del 30 aprile 1999, con sede legale in C. (T.), alla Via (…), C.F. e numero di iscrizione al Registro delle Imprese di Treviso – Belluno (…), iscritta nell’elenco delle società veicolo tenuto dalla (…) ai sensi del regolamento 7 giugno 2017 al numero 35171.8, giusta procura speciale a rogito del Notaio Dr. G.P. di P. in data (…) rep. n. (…) – racc. n. (…)
INTERVENUTA
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 25/2/2015 (…), (…), (…), (…) ed (…) convenivano in giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 27785/2014 emesso dal Tribunale di Roma il 3/12/2014, con cui era stato loro intimato, in qualità di fideiussori, in solido con la debitrice principale (…) s.c. a r.l. in liquidazione, il pagamento in favore della controparte della somma di Euro 600.000,00, oltre agli interessi ed alle spese del procedimento, di cui Euro 144.244,78 quale saldo debitore al 31/8/2014 del conto corrente ordinario n. 33 ed Euro 499.999,68 quale saldo debitore al 30/6/2014 del conto corrente n. (…), invocandone la revoca e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della controparte alla ripetizione della somma di Euro 142.936,66 quale importo indebitamente percepito a titolo di interessi passivi, commissione di massimo ed altre spese e commissioni addebitate sul conto corrente n. (…), chiedendo, in subordine, la compensazione dei reciproci crediti, invocando in ogni caso la declaratoria di inefficacia o la risoluzione delle fideiussioni prestate in favore della debitrice principale, vinte le spese di lite.
Gli opponenti esponevano:
– che i rapporti inter partes avevano tratto origine dall’apertura del conto corrente ordinario n. (…) da parte della società (…) s.c. a r.l. presso la S.p.A. (…), filiale di Roma n. (…), e del conto corrente speciale n. (…) per una linea di credito accordata per l’espletamento, da parte di quest’ultima, di attività commerciale;
– di essersi costituiti fideiussori della società (…) s.c. a r.l. fino all’importo di Euro 600.000 per le obbligazioni da quest’ultima assunte nei confronti dell’opposta;
– che in data 15/10/2013 la controparte, senza preavviso o motivazione alcuna, aveva revocato le facilitazioni creditizie, invitando contestualmente il debitore al pagamento e costituendolo in mora, quindi il 6/12/2014 era stato emesso il decreto ingiuntivo opposto;
– che dall’analisi dei rapporti tra le parti era emersa la mancanza degli estratti conto del conto corrente ordinario n. (…) relativi al periodo anteriore al 1/1/2009, con conseguente impossibilità di verificare la correttezza del saldo iniziale di Euro 46.201,96 indicato a quella data, mentre, in relazione al conto corrente anticipi n. (…), era stata rilevata la mancanza di prova degli accordi sugli affidamenti;
– che dall’analisi dei predetti conti correnti era emerso l’indebito pagamento a titolo di interessi passivi della somma di Euro 33.285,07 in relazione al conto corrente ordinario e di Euro 141.866,84 in ordine al conto corrente anticipi n. (…), per la somma complessiva di Euro 142.936,66;
– che la banca aveva illegittimamente revocato gli affidamenti in mancanza dei presupposti, cagionando alla società (…) s.c. a r.l. uno stato di grave mancanza di liquidità, anche a causa dell’indebita applicazione di interessi, commissioni e spese nel corso dei rapporti sopra menzionati.
Tanto premesso, gli opponenti deducevano:
– la responsabilità della controparte per aver agito in malafede, in particolare in violazione degli articoli 1175 e 1375 c.c., avendo revocato senza giusta causa l’affidamento accordato, con conseguenti danni patrimoniali e non patrimoniali a carico della correntista;
– la mancanza di idonea prova del credito azionato in sede monitoria, tale non potendosi considerare il certificato di cui all’art. 50 D.Lgs. n. 385 del 1993;
– la violazione della normativa vigente in materia di tassi di interessi ed altre condizioni economiche, con conseguente nullità parziale dei contratti di conto corrente, ritenendo necessario accertare la sussistenza di una pattuizione in forma scritta della determinazione del tasso di interesse ultra legale, invocando, in caso contrario, l’art. 117 D.Lgs. n. 385 del 1993 per la mancanza di espressa pattuizione dei tassi di interessi in misura ultra legale ovvero per la loro determinazione in modo generico;
– la nullità di clausole che prevedono il c.d. jus variandi in favore della banca, in violazione dell’art. 188 D.Lgs. n. 385 del 1993;
– l’illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto in mancanza di valida pattuizione scritta e per difetto di causa e delle spese di tenuta del conto corrente;
– la nullità e l’illegittimità della fideiussione omnibus prestata gli ingiunti a causa della condotta contraria a buona fede della banca, che, pur in presenza di considerevoli esposizioni debitorie della società (…) s.c. a r.l., le aveva concesso ulteriore credito, con grave pregiudizio per i fideiussori.
La S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi con comparsa del 24/7/2015, eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione e, in subordine, chiedeva il rigetto della stessa e delle avverse domande riconvenzionali, invocando, in via gradata, la condanna della controparte al pagamento delle somme effettivamente dovute.
L’opposta, in particolare, esponeva:
– che in data 19/11/2008 la società (…) s.c. a r.l. in liquidazione aveva acceso presso la filiale n. (…) della S.p.A. (…) il rapporto di conto corrente n. (…) e, contestualmente, la banca aveva accordato alla correntista una linea di credito connessa al conto corrente ordinario e regolarizzata sul conto corrente speciale n. (…);
– che, a garanzia delle obbligazioni assunte nei propri confronti dalla (…) s.c. a r.l., con contratto del 22/10/2008, gli opponenti si erano costituiti fideiussori fino alla concorrenza di Euro 600.000,00, con espressa rinuncia al beneficio di escussione;
– che, con lettera raccomandata del 15/10/2013, la società ingiungente, avuto riguardo all’ingente esposizione debitoria della debitrice principale, aveva comunicato a quest’ultima e ai fideiussori la revoca delle facilitazioni concesse, chiedendo l’immediato rientro dell’esposizione debitoria maturata sui conti correnti intestati alla debitrice principale, ma detta richiesta era rimasta priva di riscontro e la società (…) s.c. a r.l., dando atto di non disporre più di risorse adeguate a supportare gli ingenti oneri necessari a dare impulso al lancio all’attività di impresa, con contratto di cessione di ramo d’azienda del 5/7/2013 aveva dichiarato di voler chiedere al Tribunale di Roma l’ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Tanto premesso, la banca eccepiva che, stante la natura di contratto autonomo di garanzia del contratto sottoscritto dagli odierni opponenti, questi ultimi non erano legittimati a sollevare eccezioni relative al rapporto principale e rilevava di aver esercitato il recesso dai contratti stipulati con la debitrice principale a causa dell’ingente esposizione debitoria e della grave crisi finanziaria di quest’ultima, richiamando l’art. 6 delle condizioni generali del contratto di conto corrente n. (…), che prevedeva la facoltà di recesso della banca dal apertura di credito ad nutum.
L’opposta deduceva, inoltre, di aver fornito in sede monitoria idonea prova del proprio credito e, con particolare riferimento al conto corrente speciale n. (…), premesso che il rapporto aveva avuto esecuzione per circa sette anni, eccepiva che le linee di credito erano state disciplinate dal contratto di conto corrente ordinario di riferimento n. (…), pertanto non era necessaria la sottoscrizione di apposite convenzioni; quanto agli interessi debitori, la banca deduceva che il contratto sottoscritto dalla debitrice principale in data 19/11/2008 prevedeva l’entità del tasso di interesse debitore e contestava la genericità delle avverse eccezioni in merito alla commissione di massimo scoperto, richiamando, invece, in ordine alle spese di tenuta del conto, quanto previsto dal conto corrente n. (…), lett. c).
Esperiti gli incombenti preliminari, concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo con ordinanza del 12/1/2016 ed intervenuto lo scambio delle memorie ex art. 183, co. VI c.p.c., con comparsa del 3/7/2018 si costituiva la S.p.A. (…), quale mandataria della società (…) società a responsabilità limitata unipersonale, dando atto che, in virtù del contratto di cessione di crediti pecuniari chirografari problematici stipulato in data 8/1/2018 ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto dell’art. 58 D.Lgs. n. 385 del 1993 e degli artt. 1 e 4 della L. 30 aprile 1999, n. 130 (Legge sulla cartolarizzazione dei crediti), la S.r.l. (…) aveva acquistato pro soluto dalla S.p.A. (…) un portafoglio di crediti elencati nel suddetto contratto ed identificati sul sito internet (…), tra i quali quelli su cui si controverte nel presente giudizio, cessione di cui aveva dato notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 7 del 18.01.2018 – Foglio Inserzioni, Parte Seconda, ai sensi degli artt. 1 e 4 della L. 30 aprile 1999, n. 130, dell’art. 58 del T.U.B e dell’informativa ex art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
In seguito, il giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza dell’11/7/2018, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti i termini per le memorie conclusive.
Deve darsi atto che, nelle more del processo, alla S.p.A. (…) è succeduta, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., la s.r.l. (…) società a responsabilità limitata unipersonale, che, in virtù del contratto di cessione di crediti pecuniari chirografari problematici stipulato in data 8/1/2018 ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto dell’art. 58 D.Lgs. n. 385 del 1993 e degli artt. 1 e 4 della L. 30 aprile 1999, n. 130 (Legge sulla cartolarizzazione dei crediti), ha acquistato pro soluto dalla S.p.A. (…) un portafoglio di crediti elencati nel suddetto contratto ed identificati sul sito internet (…), tra i quali quelli sottesi al presente giudizio.
Nel merito, con il primo motivo (…), (…), (…), (…) ed (…) deducono la responsabilità della S.p.A. (…) ex artt. 1175 e 1375 c.c. per avere illegittimamente esercitato il recesso dai contratti stipulati con la società (…) s.c. a r.l.
È appena il caso di osservare che i rapporti controversi traevano origine dal contratto di conto corrente ordinario n. (…) stipulato tra le società (…) S.p.A. e (…) s.c. a r.l. in data 19/11/2008, con cui erano stati pattuiti il tasso d’interesse debitore per utilizzi autorizzati fino ad Euro 50.000,00 del 12% e per scoperti transitori/sconfinamenti il tasso di interesse del 14,30%, oltre alle spese per la tenuta del conto ed alle spese di liquidazione periodiche, con la previsione, all’art. 7, co. V, delle “Norme che regolano i conti di corrispondenza e servizi connessi”, della facoltà di recesso senza preavviso della correntista e della facoltà di recesso della banca per giustificato motivo o con preavviso di 15 giorni; il conto corrente speciale n. (…) su cui era regolarizzata una linea di credito; l’articolo 6 delle citate condizioni generali di contratto regolava le aperture di credito concesse dalla banca alla correntista, prevedendo la facoltà di recesso senza preavviso in favore della Banca; il contratto di fideiussione sottoscritto dagli odierni opponenti in data 17/10/2008, con cui questi ultimi si sono costituiti garanti delle obbligazioni assunte dalla società (…) s.c. a r.l. nei confronti della S.p.A. (…) fino alla concorrenza di Euro 600.000,00.
Tanto premesso, la prima censura è infondata.
Ed invero, ai sensi dell’art. 9 del contratto di fideiussione stipulato dagli ingiunti, “Nessuna eccezione può essere opposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di recedere dei rapporti col debitore”: ebbene, è evidente che agli odierni opponenti è preclusa ogni contestazione in ordine all’esercizio del diritto di recesso della controparte dai rapporti stipulati con la società (…) s.c. a r.l.
Ad abundantiam, il recesso comunicato dalla S.p.A. (…) con lettera raccomandata del 15/10/2013 è conforme agli artt. 6 e 7 delle condizioni generali del contratto di conto corrente n. (…) e risulta congruamente motivato in ragione dell’ingente esposizione debitoria della correntista, pertanto non è configurabile l’abuso del diritto di recesso da parte dell’istituto di credito.
Con il secondo motivo gli opponenti deducono la mancanza di prova del credito azionato dalla controparte in sede monitoria.
La doglianza è priva di pregio.
Invero, per costante giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge.
Pertanto l’eventuale carenza dei requisiti probatori per la concessione del provvedimento monitorio può rilevare solo ai fini del regolamento delle spese processuali e la sentenza non può essere impugnata solo per accertare la sussistenza o meno delle originarie condizioni di emissione del decreto, se non sia accompagnata da una censura in tema di spese processuali (cfr. Cass. civ. n. 16767 del 23/07/2014).
Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della pretesa creditoria dell’opposta, deve aversi riguardo all’intero materiale probatorio offerto dalla banca anche nella presente sede di opposizione, non potendo il giudicante arrestare la propria analisi alle sole prove allegate al ricorso monitorio.
L’adito giudicante condivide l’orientamento consolidato in giurisprudenza, secondo cui, in tema di conto corrente bancario, l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore.
Gli “estratti – conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2 comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi (cfr. Cass. civ. n. 2802 del 5 febbraio 2009).
Infatti può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto, quando il destinatario del medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l’eventuale omissione del conto precedente, cui l’ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale (cfr. Cass. civ. n. 817 del 19/01/2016).
Venendo al caso di specie, la banca ha adempiuto l’onere probatorio a suo carico, avendo versato in atti, oltre ai contratti sopra menzionati ed alle certificazioni ex art. 50 D.Lgs. n. 385 del 1993, gli estratti conto analitici certificati dei conti correnti n. (…) e (…) dalla data di accensione fino al 31/8/2014, con conseguente infondatezza delle contestazioni della controparte circa la carenza probatoria dei crediti azionati in sede monitoria.
Con il terzo motivo (…), (…), (…), (…) ed (…) eccepiscono l’illegittima applicazione, da parte della banca, nei rapporti controversi di interessi ultra legali, della commissione di massimo scoperto e di altre commissioni e spese.
Il motivo è infondato.
Si rileva a tale riguardo l’irrilevanza della qualificazione del contratto come fideiussione tipica o contratto autonomo di garanzia, atteso che, per costante giurisprudenza, nel contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative. Ne consegue che può essere sollevata nei confronti della banca l’eccezione di nullità della clausola anatocistica, atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta (cfr. Cass. civ. n. 371 del 10/01/2018).
Ciò posto, con il contratto di conto corrente n. (…) sono stati regolati i tassi d’interesse per utilizzi autorizzati fino a Euro 50.000 e per scoperti transitori/sconfinamenti, le spese di tenuta del conto e le aperture di credito, con clausole suscettibili di applicazione nei rapporti di apertura di credito, pertanto non rileva la mancata formalizzazione del successivo contratto di apertura di credito mediante ulteriore documento scritto.
Per consolidata giurisprudenza, in materia di disciplina della forma dei contratti bancari, l’art. 3, comma 3, della L. n. 154 del 1992 e, successivamente, l’art. 117, comma 2, del T.U.L.B., nella parte in cui dispongono che il C.I.C.R. può prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, possono essere stipulati in forma diversa da quella scritta, attribuiscono a detto Comitato interministeriale il potere – da questo conferito alla (…) – di emanare disposizioni che integrano la legge e, nei limiti dalla stessa consentiti, possono derogarvi e che, perciò, costituiscono norme di rango secondario, la cui legittimità non è esclusa dalla mancata indicazione delle motivate ragioni tecniche della deroga, dovendo l’onere della motivazione ritenersi adempiuto mediante l’indicazione del tipo di contratto e la precisazione che esso deve riferirsi ad operazioni e servizi già individuati e disciplinati in contratti stipulati per iscritto.
L’intento di agevolare “particolari modalità della contrattazione” non può comportare – in una equilibrata visione degli interessi in campo – una “radicale” soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi la necessaria indicazione delle condizioni economiche del contratto ospitato” (cfr. Cass. civ. n. 27836/2017; Cass. civ. n. 9068/2017; Cass. civ. n. 7763/2017).
Con particolare riferimento al caso di specie, osserva la Suprema Corte che, in tema di disciplina della forma dei contratti bancari, l’art. 117, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993 stabilisce che il C.I.C.R., mediante apposite norme di rango secondario, possa prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, siano stipulati in forma diversa da quella scritta.
Ne discende che, in forza della Del.CICR del 4 marzo 2003, il contratto di apertura di credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, non deve, a sua volta, essere stipulato per iscritto a pena di nullità (cfr. Cass. civ. n. 7763 del 27/03/2017).
Relativamente alla commissione di massimo scoperto, non è stato allegato, né comprovato l’addebito di somme a tale titolo da parte della banca, mentre, con riguardo alle spese relative al conto corrente, viene espressa pattuizione nel contratto di conto corrente n. (…), con conseguente infondatezza delle doglianze sollevate sul punto dagli ingiunti.
Con l’ultimo motivo gli opponenti deducono la illegittimità della fideiussione per violazione, da parte della banca, dell’articolo 1956 c.c.
La doglianza non coglie nel segno.
Premessa la genericità della contestazione al riguardo sollevata dagli ingiunti, ai sensi dell’art. 5 della fideiussione, i garanti hanno assunto l’onere di tenersi informati sulle condizioni patrimoniali della debitrice principale, mentre l’istituto di credito era tenuto, a richiesta di fideiussori, a comunicare loro l’entità dell’esposizione complessiva della debitrice: ebbene, nella specie non vi è prova che gli ingiunti abbiano tenuto una condotta conforme a quest’ultima clausola contrattuale, non risultando dagli atti che si siano informati presso la Banca circa l’esposizione della debitrice principale e che quest’ultima abbia omesso di fornire loro le informazioni del caso.
L’opposizione e le domande riconvenzionali proposte da (…), (…), (…), (…) ed (…) deve essere, quindi, rigettate, stante anche il difetto di legittimazione attiva degli opponenti, in qualità di fideiussori, ad agire per la ripetizione di indebito, in mancanza di prova che abbiano corrisposto all’istituto di credito somme poste a carico della debitrice principale.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore della S.p.A. (…) e della S.r.l. (…) in proporzione alle rispettive attività difensive ed alle fasi in cui si è svolta la loro attività processuale.
P.Q.M.
visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;
il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sull’opposizione proposta con atto di citazione notificato in data 25/2/2015 da (…), (…), (…), (…) ed (…) avverso la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’intervento ex art. 111 c.p.c. della S.p.A. (…), quale procuratrice della società (…) società a responsabilità limitata unipersonale, contrariis reiectis:
RIGETTA l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 27785/2014 emesso dal Tribunale di Roma il 3/12/2014 e le domande riconvenzionali proposte da (…), (…), (…), (…) ed (…) avverso la S.p.A. (…), con la costituzione ex art. 111 c.p.c. della S.p.A. C., quale procuratrice della società (…) società a responsabilità limitata unipersonale;
CONDANNA (…), (…), (…), (…) ed (…) al pagamento in favore delle controparti delle spese processuali, che liquida, quanto alla S.p.A. (…), in Euro 13.000,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge, e, quanto alla S.p.A. (…), quale procuratrice della società (…) società a responsabilità limitata unipersonale, in Euro 6.200,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 5 novembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2018.