in tema di contratti, la condizione risolutiva postula che le parti subordinino la risoluzione del contratto, o di un singolo patto, ad un evento, futuro ed incerto, il cui verificarsi priva di effetti il negozio “ab origine”, laddove, invece, con la clausola risolutiva espressa, le stesse prevedono lo scioglimento del contratto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o lo sia secondo modalità diverse da quelle prestabilite, sicché la risoluzione opera di diritto ove il contraente non inadempiente dichiari di volersene avvalere, senza necessità di provare la gravità dell’inadempimento della controparte.
Tribunale Catania, Sezione 1 civile Sentenza 10 gennaio 2019, n. 110
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Cristiana Gaia Cosentino
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 6618/2013 promossa da:
(…), nato a (…), il (…), rapp. e dif. dall’Avv. NA.RO., elett. dom. presso NA.RO. VIA (…) PATERNO’
ATTORE
contro
(…), nato (…), il (…), rapp. e dif. dall’Avv. AL.GI., elett. dom. presso AL.GI. VIA (…) 95100 CATANIA
CONVENUTO
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
(ex art. 132 c. p. c., sì come sostituito dall’art. 45, comma 17, della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009)
Con atto di citazione notificato il 22.05.2013, (…) conveniva innanzi all’Intestato Tribunale (…), per ivi sentire accogliere le seguenti domande: “accertare e dichiarare risolto ex art. 1456 c.c., il preliminare stipulato in data 19.02.2011, tra il sig. (…) e il sig. (…), condannare il convenuto alla restituzione dell’assegno di Euro 20.000,00, tratto sulla (…), n. assegno (…), versato dal sig. (…) a titolo di caparra confirmatoria; condannare il sig. (…) al risarcimento dei danni subiti dal sig. (…); in via subordinata dichiarare la risoluzione del preliminare di vendita tra le parti per inadempimento del convenuto ex art. 1453 c.c. Con vittoria di spese, compensi ed onorari”. Rappresentava, al riguardo che, con scrittura privata del 19.02.2011 il sig. (…) stipulava con il sig. (…) un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un appartamento sito in P. via (…); il prezzo veniva fissato in Euro 149.500,00. Si conveniva tra le parti che il prezzo di acquisto veniva pagato mediante la somma di Euro 20.000,00, che veniva consegnata dall’attore al momento della stipula del contratto con assegno tratto sulla (…), n. (…), tale assegno veniva dato a titolo di caparra confirmatoria ed acconto prezzo ma la promittente venditrice oggi convenuta si obbligava a non incassare l’assegno e di conservarlo fino alla stipula dell’atto pubblico.
La restante somma sarebbe stata versata al momento dell’atto definitivo che sarebbe stato stipulato entro il 30.03.2011. L’attore, che aveva in corso di approvazione un mutuo per l’acquisto della casa, si impegnava, in caso di diniego dello stesso, a consentire alla parte promittente venditrice la ricerca presso Istituto bancario di propria fiducia del mutuo per l’acquisto dell’immobile.
I contraenti in seno al preliminare stipulavano che “ove tale ricerca dovesse risultare negativa la promittente società venditrice si impegna a restituire la caparra confirmatoria e a sciogliere la parte promissaria acquirente dalla presente scrittura. Di tali eventi si conviene che si debba dare prova per iscritto e che l’impossibilità di accesso al mutuo sia l’unica clausola risolutiva della presente scrittura privata”.
Dopo aver esperito tutti i tentavi possibili per ottenere un mutuo, il (…) informava dei dinieghi il (…), il quale si rivolgeva alla propria banca, (…), per far ottenere un mutuo all’attore, così come previsto dal preliminare; ma anche qui la richiesta di mutuo venne rigettata.
Verificatasi la condizione risolutiva, risolvendosi il contratto di diritto, l’attore chiedeva vanamente al convenuto la restituzione dell’assegno ma questi, con telegramma per tramite del proprio procuratore, gli comunicava l’intenzione di portare l’assegno all’incasso.
Così, l’attore per tramite del proprio legale comunicava al sig. (…) di prorogare il termine per la stipula del contratto definitivo di compravendita nel tentativo di richiedere il mutuo presso la (…).
Poiché anche il tentativo di accedere un mutuo in quest’ultima Banca è risultato vano, l’attore manifestava la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, chiedendo la restituzione dell’assegno: assegno che anziché essere restituito è stato dal (…) portato all’incasso.
La Banca, diffidata dall’effettuare il pagamento, avendo l’attore sporto querela nei confronti del (…), ha consentito il prelievo delle somme esistenti nel conto corrente dell’attore ma ha protestato l’assegno, per mancanza di fondi, e ha disposto la revoca immediata della convenzione d’assegno.
Sì è costituito (…) eccependo che il (…) aveva chiesto di rifinire l’immobile con materiale extra capitolato, costringendo il (…) ad acquistare diversi materiali che superano l’importo di Euro 20.000,00 e che a causa della eccessiva personalizzazione dello stesso il convenuto non ha più potuto venderlo. Pertanto, chiedeva il rigetto della domanda avanzata.
In via riconvenzionale, chiedeva statuire la risoluzione del contratto preliminare stipulato per inadempimento dell’attore e confermare il debito che il sig. (…) conserva nei confronti del sig. (…), portato dall’assegno per cui è causa; condannare il sig. (…) a risarcire spese e compensi del presente procedimento.
La domanda principale avanzata da parte attrice appare meritevole di accoglimento per le ragioni che seguono.
Preliminarmente, si rende necessario precisare la qualificazione giuridica della clausola risolutiva contenuta nella scrittura privata del 19.02.2011 e posta a fondamento della domanda principale di parte attrice, diretta ad ottenere la restituzione dell’assegno bancario suindicato.
Infatti, pur essendo invocata la previa declaratoria di risoluzione del contratto preliminare, tuttavia, il petitum formulato in via principale dalla promissaria acquirente, è diretto ad ottenere la restituzione dell’assegno anzidetto versato in occasione della stipula del preliminare, non già il doppio della caparra medesima.
Pertanto, dovendosi interpretare la domanda formulata in via principale da parte attrice in ragione del petitum in concreto richiesto, occorre effettuare un’indagine sull’efficacia del vincolo negoziale, atteso che la tutela invocata involge l’istituto della condizione del contratto.
La condizione, dunque, incide sull’efficacia dell’accordo sospendendola, ovvero facendola venire meno retroattivamente (cfr. artt. 1353 e ss. c.c.);
Ed allora, in punto di diritto, va osservato che “in tema di contratti, la condizione risolutiva postula che le parti subordinino la risoluzione del contratto, o di un singolo patto, ad un evento, futuro ed incerto, il cui verificarsi priva di effetti il negozio “ab origine”, laddove, invece, con la clausola risolutiva espressa, le stesse prevedono lo scioglimento del contratto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o lo sia secondo modalità diverse da quelle prestabilite, sicché la risoluzione opera di diritto ove il contraente non inadempiente dichiari di volersene avvalere, senza necessità di provare la gravità dell’inadempimento della controparte” (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 20854 del 02/10/2014).
Conseguentemente, ancorata la definitiva e stabile efficacia del contratto all’evento dedotto in condizione risolutiva, il mancato avveramento di quest’ultimo, pur potendo – come normalmente accade – richiedere un comportamento positivo a carico di una delle parti, incide sull’efficacia del contratto, facendola venire meno retroattivamente. Sicché, esula dalla fattispecie odierna un’indagine sull’imputabilità dell’inadempimento ed a fortiori sulla sua gravità, atteso che i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda principale, impongono al giudice uno scrutinio circoscritto alla sopravvenuta inefficacia del contratto sottoposto a condizione risolutiva.
D’altronde, è appena il caso di rilevare che le parti, nella loro autonomia contrattuale, possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell’interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo un’espressa clausola o, quanto meno, una serie di elementi, idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse (cfr. Cass. Civ., n. 5692/2012).
Ebbene, a prescindere dalle locuzioni impiegate dalle parti nella stesura del preliminare, da una attenta lettura del negozio versato in atti a cura di parte attrice è emersa la comune volontà negoziale di subordinare la risoluzione dell’accordo, determinandone l’inefficacia retroattiva, proprio ad un evento futuro ed esterno, quale l’impossibilità di accesso al mutuo.
Acclarata la natura di condizione risolutiva, con il connesso regime giuridico di cui all’art. 1360 c.c., va pertanto accolta la domanda della odierna attrice. Ed infatti, l’assunto attoreo risulta provato dalla documentazione in atti e dalle dichiarazioni rese dal teste escusso. Inoltre, la mancata comparizione del convenuto all’udienza all’uopo fissata per l’interrogatorio formale deferito, senza giustificato motivo, fa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio, tenuto conto degli ulteriori elementi probatori emersi, ex art. 232 c.p.c. D’altronde, parte convenuta non si è più presentata alle ultime udienze, né ha depositato comparse conclusionali e memorie di replica nei termini assegnati.
A ben vedere, la mancata realizzazione dell’evento esterno dedotto in condizione risolutiva, costituisce circostanza dimostrata ed incontestata.
Inoltre, nessuna delle deduzioni difensive prospettate è stata fornita di prova. Mentre, l’immobile anzidetto risulta acquistato successivamente da terzi, come da documentazione prodotta.
Conseguentemente, il contratto preliminare del 19.02.2011 va dichiarato risolto ai sensi dell’art.1360 c.c. e per l’effetto il sig. (…) deve essere condannato alla restituzione dell’assegno bancario sopra descritto. Tuttavia, non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno avanzata in quanto non provata sia nell’an che nel quantum. Parimenti va rigettata la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c., peraltro, non riformulata in sede di comparsa conclusionale.
Ne deriva il rigetto, altresì, delle domande riconvenzionali avanzate dall’odierno convenuto, in quanto non fondate in fatto ed in diritto, per quanto sopra evidenziato.
Stante la soccombenza, il convenuto deve essere, altresì, condannato alla rifusione delle spese processuali che si liquidano, tenuto conto dell’attività processuale espletata e del valore della causa, nella complessiva somma di Euro 4.800,00, per compensi, oltre Euro 214,00 per spese, oltre spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
– In accoglimento della domanda principale avanzata, condanna (…) alla restituzione dell’assegno di Euro 20.000,00, tratto sulla (…), n. (…), versato da (…).
– Rigetta le ulteriori domande avanzate.
– Condanna (…) al pagamento delle spese processuali sostenute da parte attrice che liquida nella complessiva somma di Euro 4.800,00, per compensi, oltre Euro 214,00 per spese, oltre spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Catania l’8 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2019.