in presenza di un contratto di fideiussione, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., nel testo vigente “ratione temporis”, il requisito soggettivo della qualità di consumatore deve riferirsi all’obbligazione garantita, cui quella del fideiussore è accessoria, sicchè, difettando tale condizione, è valida la clausola derogativa della competenza territoriale contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali stipulato da un socio o da un terzo.
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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 26 febbraio 2019, n. 4341
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
XVII Sezione Civile
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 22201 del R.G.A.C.C. dell’anno 2017 e vertente
tra
(…) rappresentato e difeso dall’Avv. Fi.Er., giusta procura in calce all’atto di opposizione a decreto ingiuntivo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via (…);
OPPONENTE;
e
(…) SOC. COOP. A R.L. rappresentata e difesa dall’Avv. Al.To., giusta procura in calce all’atto di opposizione a decreto ingiuntivo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via (…);
OPPOSTA
OGGETTO: fideiussione – polizza fideiussoria
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 25.01.2017, la (…) soc. coop. a r.l. ha chiesto ed ottenuto da questo Tribunale il decreto ingiuntivo n. 2039/2017 (R.G. n. 78816/2016), con il quale (…) è stata condannata, in solido con la (…) srl (debitrice principale) e con (…) (altro fideiussore), al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 171.471,79, oltre interessi come da domanda e spese di procedura, liquidate in Euro 2.135,00 per compensi ed Euro 406,50 per esborsi, oltre spese generali, I.V.A. e CPA come per legge.
A sostegno del proprio ricorso, la (…) Soc. Coop. a r.l. ha dedotto: di aver instaurato rapporti di finanziamento con la società (…) s.r.l.; che in data 30.3.2015 (…) e (…) si costituivano fideiussori della (…) s.r.l., per l’adempimento di qualsiasi obbligazione relativa al mutuo chirografario concesso, sino alla concorrenza dell’importo di Euro. 60.000,00 e successivamente sino alla concorrenza dell’importo di Euro. 240.000,00 relativamente ai rapporti di fido indicati; che con lettere del 3.2.2016 e 4.2.2016 la Banca comunicava agli ingiunti che, a causa dei protesti, degli elementi negativi emersi e dell’anomalo utilizzo del rapporto di c/c, le linee di credito a suo tempo concesse dovevano intendersi revocate con effetto immediato e contestualmente i debitori venivano invitati al versamento di quanto dovuto alla Banca; che con lettera del 22.8.2016 la Banca comunicava agli ingiunti che il contratto di mutuo chirografario doveva ritenersi risolto con effetto immediato, con conseguente decadenza dal beneficio del termine e restituzione della somma di Euro. 28.636,55 oltre interessi di mora, spese e commissioni, invitando i debitori al pagamento di quanto dovuto; che i debitori non provvedevano a sanare la propria posizione debitoria che risultava pari ad Euro. 171.471,79.
Con atto di citazione ritualmente notificato, l’ingiunta (…) ha proposto opposizione al predetto decreto ingiuntivo, eccependo, in via preliminare, l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, in favore di quella del Tribunale di Velletri, quale foro esclusivo inderogabile del consumatore, stante la residenza in A. dell’opponente.
Nel merito, parte opponente ha chiesto di accertare e dichiarare la nullità/annullabilità dei contratti di fideiussione dalla stessa sottoscritti, posti a fondamento del decreto ingiuntivo o, in subordine, la decadenza ex art. 1957 c.c. o la liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c. ed in ogni caso revocarsi il decreto ingiuntivo opposto.
A sostegno dell’opposizione, parte opponente deduceva la mancanza di correttezza, buona fede e trasparenza da parte della Banca, l’invalidità delle fideiussioni perché riferite a contratti originariamente viziati, la conseguente carenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo e l’insufficienza dei documenti prodotti in sede monitoria, inidonei a costituire prova del diritto di credito vantato dalla Banca nella fase a cognizione ordinaria, la decadenza dell’Istituto di credito ex art. 1957 c.c., nonché l’errata ed illegittima quantificazione degli interessi operata in violazione del divieto di anatocismo e di usura.
Si è costituita in giudizio la (…) che ha contestato l’eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Roma, con conseguente individuazione del Foro competente ex art. 20 c.p.c..
Nel merito, ha evidenziato la sussistenza dei presupposti per la concessione del decreto ingiuntivo, stante la piena validità ed efficacia delle fideiussioni prestate da (…) a garanzia dei fidi concessi alla (…) s.r.l., contratti tutti depositati, stipulati in forma scritta e sottoscritti dal legale rappresentante della società, nonché l’infondatezza delle eccezioni e degli assunti di parte opponente, con particolare riferimento all’asserita illegittimità dell’operato della Banca ex art. 1956 c.c., all’asserita eccessiva sproporzione tra il credito concesso e la costituzione di garanzie, all’asserita decadenza ex art. 1957 c.c. nonché relativi all’asserito errato/illegittimo conteggio degli interessi in riferimento alla dedotta sussistenza di anatocismo e usura.
All’udienza di prima comparizione del 6.7.2017, il Giudice, ha ritenuto allo stato infondata l’eccezione di incompetenza territoriale, non potendosi riconoscere in capo all’opponente la qualità di consumatore e non trovando, conseguentemente, applicazione il foro esclusivo e inderogabile del consumatore.
Avendo parte opposta eccepito l’improcedibilità della domanda, per esser stato pretermesso, all’instaurazione del presente giudizio, il previo tentativo di mediazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 5 co. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010, il Giudice ha concesso a parte opponente il termine di quindici giorni per il deposito della domanda di mediazione.
Alla successiva udienza del 29.11.2017, parte opponente dava atto della mancata instaurazione del procedimento di mediazione e la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.
Preliminarmente deve essere confermata l’ordinanza resa a verbale all’udienza del 6.7.2017 di rigetto dell’eccezione di incompetenza del Tribunale di Roma avanzata dall’opponente, che ha invocato la disciplina del Codice del Consumo sostenendo la competenza del Tribunale di Velletri quale foro del consumatore.
Ebbene, la disciplina del consumatore non è invocabile nel caso di specie in quanto, pur essendo l’opponente una persona fisica che, al momento della stipula dei contratti di fideiussione in questione, non ricopriva più la carica di amministratore unico della società debitrice principale a far data dal 31.10.2012.
Sul punto, è nota l’evoluzione giurisprudenziale in materia di riconoscimento della qualità di consumatore, e di applicazione del relativo foro, in caso di fideiussione rilasciata da una persona fisica in favore di una società commerciale.
Secondo il tradizionale orientamento dalla Suprema Corte recentemente ribadito, “in presenza di un contratto di fideiussione, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., nel testo vigente “ratione temporis”, il requisito soggettivo della qualità di consumatore deve riferirsi all’obbligazione garantita, cui quella del fideiussore è accessoria, sicchè, difettando tale condizione, è valida la clausola derogativa della competenza territoriale contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali stipulato da un socio o da un terzo” (Cass. 25155/2018; Cass. 16827/2016; 25212/2011; 10107/2005).
Pertanto, essendo state le fideiussioni sottoscritte dall’opponente a garanzia di un finanziamento e di fidi concessi dalla Banca opposta alla (…) S.r.l., ovvero ad un soggetto che agisce per scopi inerenti l’esercizio dell’impresa, dovrebbe escludersi a priori l’applicabilità del Codice del Consumo e del relativo Foro.
Sul tema è peraltro intervenuta la Corte di Giustizia UE con la pronuncia ord. 19/11/2015 C-74/15 affermando il principio secondo il quale “nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta …. al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata “.
La nozione di consumatore, alla luce della direttiva comunitaria n. 93 del 2013, presenta un carattere oggettivo, e deve essere, pertanto, valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione (cfr. sentenza Costea, C-110/14, EU. C.2015:538).
La Corte di Giustizia ha, di fatto, chiarito che non rileva l’oggetto del contratto, ma la qualità dei contraenti-fideiussori, “..a seconda che gli stessi agiscano o meno nell’ambito della propria attività professionale”.
Ciò posto, dalla visura camerale versata in atti dall’opponente, emerge che l’opponente (…) ha ricoperto la carica di amministratore unico della debitrice principale, la (…) S.r.l., dal 29.7.2005 al 31.10.2012, risulta, quindi, avere avuto un lungo rapporto funzionale con la medesima società sia pure in epoca precedente alla sottoscrizione delle fideiussioni de quibus in data 30.3.2015.
Va inoltre rilevato che entrambi i contratti di fideiussione sono stati sottoscritti, in qualità di cofideiussori, non solo dall’opponente (…), ma anche da (…), ingiunto non opponente, il quale oltre ad essere socio unico, è anche amministratore unico della (…) S.r.l. dal 31.12.2012.
Pertanto, proprio sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Giustizia, deve affermarsi la persistenza, all’atto della sottoscrizione dei contratti di fideiussione, di un collegamento funzionale tra il fideiussore opponente e la società garantita.
Ne consegue che, nel sottoscrivere le fideiussioni rilasciate a favore della società a garanzia del pagamento delle obbligazioni dalla stessa assunte nei confronti della Banca opposta, (…) non ha agito per scopi di natura privata, ma in qualità di professionista, e pertanto non riveste la qualità di consumatore,
In conclusione, l’eccezione di incompetenza per territorio è infondata.
Sempre in via preliminare, si rende necessario esaminare l’eccezione di improcedibilità della domanda proposta da parte opposta, per non avere parte opponente previamente esperito il tentativo di mediazione, obbligatoria nei rapporti bancari.
Al riguardo, l’art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010 (introdotto dal D.L. n. 69 del 2013 e applicabile ratione temporis) individua tra le materie rispetto alle quali è obbligatorio, a pena di improcedibilità della domanda, il previo esperimento del tentativo di mediazione quella relativa alle “controversie in materia di condominio, diritti reali … contratti assicurativi, bancari e finanziari”.
Sul punto, parte opponente ha dedotto che la presente controversia, vertendo su rapporti di garanzia sorti dai contratti di fideiussione, non rientrerebbe tra le materie per le quali sarebbe prescritto, a pena di inammissibilità della domanda, il tentativo obbligatorio di mediazione. La deduzione non è fondata.
Posto che il criterio utilizzato dalla legge si basa sulla natura del rapporto dedotto in giudizio, avendo la Banca creditrice fondato le proprie pretese creditorie nei confronti del fideiussore opponente non solo sulla garanzia fideiussoria, ma sulle obbligazioni principali sorte da negozi rientranti senz’altro nella categoria dei contratti bancari (contratto di apertura di conto corrente, contratto di apertura di credito, contratto di anticipazione su fatture, contratto di finanziamento), il Tribunale ritiene che la controversia dedotta in giudizio non verta esclusivamente su un rapporto di garanzia ma anche rapporti derivanti da contratti bancari.
Neppure va trascurato il fatto che lo stesso fideiussore ha sollevato tanto eccezioni di sua competenza inerenti alla validità delle fideiussioni, quanto eccezioni – quali l’usurarietà degli interessi e l’illegittima applicazione dell’anatocismo – spettanti alla debitrice principale e inerenti alla validità delle clausole dei contratti bancari dai quali sono sorte le obbligazioni principali garantite.
Pertanto, contrariamente a quanto dedotto dall’opponente non osta all’applicazione dell’istituto della mediazione obbligatoria la considerazione che l’obbligazione di garanzia di parte opponente sia sorta da un contratto, come quello di fideiussione, disciplinato dal codice civile, né il fatto che lo stesso sia qualificato come un contratto autonomo di garanzia, essendo dirimente, ai fini dell’operatività della condizione di procedibilità in esame, la circostanza che i crediti azionati in sede monitoria dalla Banca derivino da contratti bancari e che la fideiussione abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni sorte dai predetti contratti bancari.
In conclusione, vertendo la presente controversia non solo su un’obbligazione di garanzia, ma anche su obbligazioni principali derivanti da contratti bancari, l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce “condizione di procedibilità della domanda giudiziale” ai sensi dell’art. 5 co. 1-bis D.Lgs. n. 28 del 2010.
Ciò posto, va rammentato che l’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 – nel testo novellato ed applicabile, ratione temporis, nella fattispecie concreta – al comma 1-bis prevede testualmente che “L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. …J Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.
In relazione alla specificità della fattispecie concreta va, poi, rammentato che l’obbligo di esperire il procedimento di mediazione – pena l’improcedibilità dell’azione – sussiste certamente anche con riferimento ai giudizi ex artt. 645 e ss. c.p.c.; tuttavia, l’obbligo in parola è differito all’esito della adozione delle determinazioni in ordine alla provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio opposto.
Invero, l’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010, al comma 4, così testualmente recita: “I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione …”.
In caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – come evidenziato anche dalla Suprema Corte, con indirizzo dal quale non vi è ragione di discostarsi – l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione grava sulla parte opponente poiché l’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua ratio e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l’opponente ha interesse ad introdurre
In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato che la norma in esame è stata costruita in funzione deflattiva, al fine di rendere il processo la extrema ratio, cioè l’ultima possibilità dopo che le altre sono risultate precluse. Ha ritenuto, dunque, che l’onere di esperire il tentativo di mediazione debba allocarsi presso la parte che ha interesse al processo ed ha il potere di dare impulso allo stesso.
Di conseguenza, considerato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il processo (optando, quindi, per la soluzione più dispendiosa ed osteggiata dal legislatore), è indefettibilmente su tale parte che grava l’onere di attivare la procedura di mediazione obbligatoria.
Fatte le considerazioni di cui sopra e passando all’esame della fattispecie concreta, va, in primo luogo rimarcato che, con ordinanza resa all’udienza del 6.7.2017 – concessa la provvisoria esecutività del provvedimento monitorio opposto, è stato assegnato all’opponente il termine di giorni quindici per l’instaurazione del procedimento di mediazione obbligatoria; nel contempo è stata fissata – nell’osservanza del termine dilatorio di legge – l’udienza per la verifica e per l’eventuale prosecuzione del giudizio, nell’ipotesi di esito infruttuoso della disposta mediazione.
In particolare, con la suddetta ordinanza si è provveduto ad individuare ed indicare espressamente nella parte opponente quella tenuta ad esperire il procedimento obbligatorio di mediazione.
Senonché alla successiva udienza del 20.11.2017, parte opponente, ha chiesto rinvio per la precisazione delle conclusioni dando atto della mancanza della domanda di mediazione non tempestivamente introdotta. La medesima parte neppure ha provveduto a documentare l’avvenuto esperimento, sia pure tardivo del procedimento di mediazione.
Ne consegue che, non essendovi prova del verificarsi della condizione di procedibilità del presente giudizio, non può che dichiararsi l’improcedibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo opposto.
Alla declaratoria della improcedibilità dell’opposizione consegue la conferma del decreto ingiuntivo n. 20392017 (R.G. n. 78816/2016),, già dichiarato provvisoriamente esecutivo con ordinanza del 6.7.2017.
Alla soccombenza consegue la condanna dell’opponente alla rifusione delle spese processuali in favore della Banca opposta, nella misura liquidata in dispositivo, tenendo conto della natura e del valore della causa, nonché del numero e del rilievo delle questioni affrontate, e facendo applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma – Sezione XVII – definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 22201/2017 del R.G.A.C.C., disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta l’eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Roma, sollevata da parte opponente;
2) dichiara l’improcedibilità dell’opposizione proposta da (…);
3) per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 20392017 (R.G. n. 78816/2016), già dichiarato provvisoriamente esecutivo con ordinanza del 6.7.2017;
4) condanna (…) alla refusione delle spese di lite in favore della (…) Soc. coop. a r.l., che liquida in Euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma il 25 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2019.