In caso di contratto preliminare di vendita immobiliare di cosa generica, l’oggetto dello stesso può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua stipulazione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento.
Tribunale|Milano|Sezione 4|Civile|Sentenza|7 febbraio 2020| n. 1097
Data udienza 6 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
QUARTA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonella Cozzi ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 16251/2016 promossa da:
TI.FE. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. ME.GU. e dell’avv. PA.AN. (…), elettivamente domiciliato in VIALE (…) 7 20135 MILANO presso il difensore avv. ME.GU.
ATTRICE
contro
IM. S.r.l. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (…)),
CONVENUTA CONTUMACE
Motivazione
In data 29 settembre 2001 Te.Ba. (madre dell’attrice, Ti.Fe.) stipulava un contratto preliminare di compravendita di una unità abitativa e di un box auto con la convenuta Immobiliare Pr. da consegnarsi entro la fine del mese di giugno 2003; in data 10 maggio 2008 Ti.Fe. stipulava – sempre con Immobiliare Pr. – un nuovo contratto preliminare di compravendita avente a oggetto una seconda unità box da consegnarsi entro la fine del mese di dicembre 2008: in entrambi i contratti veniva previsto che la stipulazione dell’atto notarile avrebbe avuto luogo ‘”solo dopo l’avvenuto integrale pagamento del prezzo ovvero quando i tutti i titoli di credito saranno andati a buon fine”.
Il 15 giugno 2008 Te.Ba., avvalendosi della facoltà prevista nel primo preliminare (“promette di acquistare per sé o per persona da nominare”) dichiarava che l’atto di vendita inerente al primo preliminare sarebbe stato stipulato dalla figlia, Ti.Fe..
Te.Be. prima e l’attrice poi provvedevano ad adempiere alle proprie prestazioni versando in tranche successive il prezzo convenuto così adempiendo progressivamente l’obbligazione a loro carico sino alla concorrenza degli importi dovuti; a seguito di ciò, non ottenendo il trasferimento della proprietà degli immobili mediante conclusione dei definitivi, Ti.Fe. ingiungeva per diffida del 24 giugno 2013 a Immobiliare Pr. di dare esecuzione a entrambi i contratti chiedendole di indicare tempi e modi per la stipula del rogito notarile.
La diffida restava però priva di riscontro e Ti.Fe. agiva ex art. 2932 c.c. convenendo nel presente giudizio Immobiliare Pr. che restava contumace.
Nel corso del processo veniva rilevata d’ufficio la questione della nullità dei contratti preliminari, così come prevista dall’art. 46 del D.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 29, co. 1-bis della L. n. 52/1985, con l’assegnazione all’unica parte costituita del termine per depositare memorie ex art. 101, co. 2, c.p.c. All’udienza del 23 ottobre 2019 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusivi.
E’ noto che il contratto preliminare di compravendita è un negozio preparatorio che consente alle parti di impegnarsi ora per allora a stipulare un successivo contratto (c.d. definitivo) del quale deve contenere gli elementi fondamentali; quanto agli effetti che produce, esso è meramente obbligatorio, non potendo essere utilizzato per costituire o trasferire diritti reali (o altri diritti) ma esclusivamente per far sorgere il predetto obbligo a concludere ed è pertanto da ascriversi alla categoria dei contratti a effetti obbligatori.
Ciò si riverbera, in particolare, sul rimedio previsto dall’art. 2932 c.c. predisposto dall’ordinamento per il caso in cui una parte si rifiuti di contrarre: al ricorrere di questa eventualità, la parte che abbia eseguito o offerto di eseguire la propria prestazione può ottenere una sentenza che produca gli effetti che sarebbero derivati dalla conclusione del contratto definitivo, del quale essa, in altri termini, tiene luogo.
Tuttavia, l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto ruota attorno al presupposto che le parti abbiano non solo predisposto un regolamento contrattuale già riversato nel c.d. preliminare, ma che lo abbiano predisposto in maniera compiuta, ossia senza che residui la necessità di ulteriori integrazioni, precisazioni o aggiunte.
Questa peculiarità è garanzia per i paciscenti che il giudice non interverrà nel merito degli accordi raggiunti, potendo – laddove richiesto e sempre che sia possibile e non escluso dal titolo stesso – solo darvi esecuzione.
Appare chiaro, allora, come un contratto preliminare dovrà essere già del tutto esauriente non in ogni caso, bensì solo per l’eventualità in cui ci si riservi di ricorrere al rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., essendo sufficiente, nelle altre ipotesi, che contenga gli elementi fondamentali del programma contrattuale.
In questo senso si è altresì pronunciata la Suprema Corte, definendo un orientamento costante nel tempo: ex multis Cass. n. 21449/2017 “In caso di contratto preliminare di vendita immobiliare di cosa generica, l’oggetto dello stesso può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua stipulazione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento”; nello stesso senso Cass. n. 952/2013; Cass. n. 11874/2002.
Nel caso di specie, tanto il contratto preliminare stipulato nel 2001 quanto quello concluso nel 2008, presentavano una determinazione della prestazione a carico del convenuto alquanto indeterminata giacché questi si impegnava a trasferire la proprietà di un’unità abitativa e di due box indicando i dati catastali idonei a identificare il solo complesso residenziale all’interno del quale questi ultimi erano ubicati e non anche l’unità abitativa e i box medesimi.
Questa omissione – che peraltro ai sensi dell’art. 29, co. 1 – bis della L. n. 52/1985 sarebbe stata sanzionata con la nullità, laddove fosse stata riscontrata in un contratto a effetti reali – è ostativa all’accoglimento della domanda attorea dal momento che insiste sull’unico documento che è consentito al giudice considerare ai fini della pronuncia costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., cioè il contratto preliminare, e sul quale – come detto – non può in alcun modo intervenire, né può integrare o precisare con elementi ricavati o ricavabili aliunde rispetto al negozio preparatorio.
Alla luce di ciò, entrambi i contratti preliminari paiono affetti da nullità strutturale per mancanza, nell’oggetto, dei requisiti stabiliti dall’art. 1346 c.c. e – segnatamente – per indeterminabilità.
La questione di nullità del contratto preliminare è stata sollevata d’ufficio all’udienza del 15 dicembre 2016 per la mancata menzione nel contratto preliminare del titolo edilizio nelle forme del permesso di costruire ovvero della c.d. “DIA (oggi SCIA) edilizia” (art. 46, co. 1 e 5-bis, D.P.R. n. 380/2001).
La nullità del contratto preliminare può essere posta a base della decisione anche in relazione al profilo della mancata esatta individuazione dell’immobile senza violare l’art. 101 c.p.c., considerato che si tratta sempre di nullità fondata sull’oggetto del contratto preliminare.
Non può quindi trovare accoglimento la domanda dell’attore di trasferire in suo favore, tramite una sentenza costitutiva da emettersi ex art. 2932 c.c., la proprietà degli immobili per cui è causa; e ciò a prescindere dalla loro regolarità catastale – requisito posto a fondamento della domanda di trasferire la proprietà almeno di quegli immobili che la presentassero – giacché la relativa valutazione rappresenta una questione giuridicamente subordinata alla sussistenza di tutti gli elementi strutturali del contratto e che comunque andrebbe affrontata – ex art. 29 della L. n. 52/1985 – solo per i contratti “”aventi ad oggetto la costituzione, il trasferimento (…) di diritti reali” (c.d. contratti a effetti reali) e non è questo il caso, essendo il c.d. preliminare un contratto a effetti obbligatori.
Alla nullità del contratto preliminare conseguono gli effetti restitutori, secondo le norme di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., che, tuttavia, nel presente giudizio non possono essere pronunciati in assenza della domanda.
Non vanno accolte le istanze istruttorie formulate nella memoria ex art. 183, co. 6, n. 3, c.p.c. e riproposte all’udienza di precisazione delle conclusioni e nell’atto di comparsa conclusionale, atteso che il richiesto interrogatorio formale del convenuto e l’audizione della teste, Te.Ba., mirano a dar prova di fatti la cui rilevanza è – in ogni caso – già inficiata dalla nullità del contratto; per la medesima ragione non si ritiene utile neppure disporre la sollecitata CTU, volta a individuare con esattezza gli estremi catastali dell’unità abitativa e dei due box.
Le spese di lite della parte attrice sono irripetibili essendo l’unica parte costituita soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. rigetta la domanda della parte attrice;
2. dichiara l’irripetibilità delle spese processuali.
Così deciso in Milano il 6 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2020.