Il termine per l’adempimento può, infatti, essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c. solo quando, all’esito di un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata.
Tribunale Catania, civile Sentenza 18 aprile 2019, n. 1626
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Specializzata in Materia di Imprese sezione civile
Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Mariano Sciacca – Presidente
dott. Vera Marletta – Giudice
dott. Fabio Letterio Ciraolo – Giudice Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 13926/2014 promossa da:
(…), nata a R. il (…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa, come da procura in atti, dagli avv.ti Ga.Ba., Gi.Ca. e Ma.De.;
ATTRICE
contro
(…), nato a V. il (…) (C.F. (…)), rappresentato e difeso, come da procura in atti, dall’avv. Gi.Fr.;
CONVENUTO e attore in via riconvenzionale
IN FATTO E IN DIRITTO
Con citazione regolarmente notificata in rinnovazione ex art. 291 c.p.c. per l’udienza del 23/11/2015, (…) narrava che con scrittura privata del 17 maggio 2010 (…) aveva assunto l’obbligo di trasferirle, per il prezzo di Euro 90.000,00, il 40% della quota di partecipazione della società a responsabilità limitata denominata “M.L.A.C. s.r.l.”. Rappresentava che, al momento della sottoscrizione del citato preliminare, l’attrice aveva consegnato al convenuto, a titolo di caparra confirmatoria, la somma di Euro 40.000,00 mediante quattro assegni bancari tratti sul proprio conto corrente, di cui produceva copia, dovendo il residuo prezzo di Euro 50.000,00 essere versato al momento della conclusione del contratto definitivo da stipularsi entro il 31/9/2010 a mezzo di assegno circolare.
A tal fine, l’attrice, con raccomandata del 11/11/2013, aveva convocato il convenuto a comparire per la data del 4/12/2013 dinanzi al notaio Giovanna Falco di Ragusa, facendo prontezza di versare il predetto residuo prezzo; tuttavia, il convenuto non si era presentato, come da relativo verbale redatto dal citato notaio. L’attrice, pertanto, con raccomandata del 3/2/2014 aveva esercitato il diritto di recesso dal contratto preliminare per grave inadempimento, recesso che comunque reiterava con l’atto di citazione.
Esposti i fatti, chiedeva la declaratoria di intervenuto recesso per grave inadempimento della controparte e la sua condanna alla restituzione del doppio della caparra confirmaroria (Euro 80.000,00), oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Instauratosi regolarmente il contraddittorio, si costituiva (…), il quale, nel formulare istanza di autorizzazione all’evocazione in giudizio di B.S., padre dell’odierna attrice, chiedeva rigetto delle avverse domande, a cagione dell’altrui inadempimento, ed, elevandosi ad attore in via riconvenzionale, chiedeva fosse dichiarato il proprio diritto alla ritenzione della caparra conformatoria.
Alla prima udienza del 23/11/2015, l’attrice principale formulava domanda subordinata, in ipotesi di rigetto di quelle formulate nell’atto introduttivo e a fronte dell’impossibilità di esecuzione del contratto preliminare dinanzi al tenore delle altrui difese e della domanda riconvenzionale, per la restituzione dell’importo di Euro 40.000,00, oltre interessi.
Con ordinanza del 30/11/2015 veniva denegata la chiesta integrazione del contraddittorio nei confronti di B.S..
Con la propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c. il convenuto affermava di modificare le proprie conclusioni in tal modo:
“- In via preliminare e per le ragioni svolte in narrativa, previa fissazione di altra udienza di prima comparizione, disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti di B.S. nato a R. il (…) (C.F. (…)) ed ivi residente in via C. n.5, autorizzando il convenuto alla chiamata in causa nell’assegnando termine. – Nel merito, in virtù delle risultanze istruttorie, dire che reale promittente acquirente la quota di cui al preliminare per cui è causa era B.S. nato a R. il (…) (C.F. (…)) e, quindi, in accoglimento dell’eccezione di inadempimento formulata dall’odierno concludente, dire, ritenere che (…) e B.S. non hanno adempiuto, entro il termine essenziale del 30.09.2010, alla stipula del rogito ed al pagamento a saldo del prezzo di cessione della quota; per l’effetto, dichiarare risolta la Promessa di Vendita del 17.5.2010 per grave inadempimento dei promittenti acquirenti e, conseguentemente, rigettare -con ogni statuizione- le domande proposte dall’attrice tanto in ordine alla legittimità del recesso pretesamente operato quanto con riferimento alle somme reclamate a titolo di penale, interessi e di risarcimento del maggior danno. – In via riconvenzionale, accertato che B.S. era l’effettivo contraente, per effetto dell’inadempimento di (…) e dello stesso B.S. alle obbligazioni assunte con la Promessa di Vendita del 17.5.2010, dire, ritenere e dichiarare il pieno diritto del Dott. (…) a trattenere, a titolo di penale per come previsto all’art. 6 della Promessa stessa, la caparra confirmatoria di Euro.40.000,00 versata dai promittenti acquirenti al momento della sottoscrizione”.
Il convenuto inoltre, dichiarava di non accettare il contraddittorio sulla domanda nuova proposta dall’attrice all’udienza del 25/11/2015, peché inammissibile.
Con ordinanza del 11/10/2016 non venivano ammesse le prove costituende capitolale dalle parti e la causa veniva ritenuta matura per la decisione.
Dopo alcuni rinvii, all’udienza del 4/6/2018 (la prima celebrata dinanzi all’odierno Giudice relatore) le parti precisavano le conclusioni come da verbale in atti e la causa veniva posta in decisione con l’assegnazione dei termini di legge.
Premesso quanto sopra, le domande dell’attrice principale contenute in citazione sono meritevoli di accoglimento (nei limiti di cui infra), restando assorbita quella subordinata e dovendo rigettarsi la domanda riconvenzionale del convenuto.
Il convenuto nel corpo della propria memoria di costituzione e risposta ha sostenuto l’esistenza di una più complessa operazione economica conclusa da esso convenuto con B.S. e non già con il contraente apparente (…), tanto da aver sostenuto l’interposizione fittizia nel contratto preliminare per cui vi è controversia e chiesto l’evocazione in giudizio di costui.
Siffatta posizione difensiva risulta abbandanata nel corpo della comparsa conclusionale del convenuto, il quale ha in realtà insistito solamente nell’eccezione dell’altrui inadempimento, sostenendo l’essenzialità del termine contenuto nel contratto preliminare e nell’avere senza esito invitato la controparte a concludere il contratto definitivo, con conseguente risoluzione del contratto per l’avverso inadempimento e diritto alla ritenzione della caparra.
Detto ciò, è appena il caso di osservare che la tesi dell’interposizione fittizia nel contratto prelliminare (alla base anche della chiesta evocazione in giudizio di B.S.) non è suscettibile di esame per infondatezza in punto di prospettazione, per come del resto già evidenziato nelle ordinanze pronunciate in corso di giudizio.
Ed in vero, non risulta formulata specifica domanda al riguardo, essendo anzi, contraddittoriamente, la domanda riconvenzionale volta all’accertamento dell’inadempimento sia di (…), sia di B.S..
Inoltre, alla luce delle specifiche eccezioni dell’attrice al riguardo (v. memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. del 18/2/2016), la dedotta simulazione relativa soggettiva impinge nei limiti probatori di cui all’art. 1417 c.c., in assenza di controdichiarazione scritta, con conseguente inammissibilità delle prove costituende richieste dal convenuto.
Quanto all’essenzialità del termine, è appena il caso di ricordare, dinanzi al dato per cui il convenuto nel definire come “improrogabile” il termine non ha meglio articolato le proprie allegazioni sul punto, che pacificamente l’espressione utilizzata dalle parti nel fissare il termine (come nella specie: “entro e non oltre”; v. art. 5 della copia del contratto preliminare prodotta dall’attrice) non è in sé dirimente.
Il termine per l’adempimento può, infatti, essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c. solo quando, all’esito di un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo.
Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. ad es.: Cassazione civile sez. II, 17/03/2005, n.5797).
Del resto, la natura non essenziale del termine di che trattasi risulta confermata dallo stesso convenuto, che, nella propria prospettazione difensiva, ha ammesso di considerare il termine in commento proprogabile, tanto da avere assunto (pur in modo generico, per come si vedrà) di avere invitato controparte alla conclusione del contratto definitivo dopo il suo spirare (v. anche capitolo n. 1 dell’interrogatorio formale formulato nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c.).
Né ovviamente il convenuto è legittimato a rilevare l’eventuale mera carenza di interesse della controparte a stipulare il deifnitivo (v. capitolo n. 2 dell’interrogatorio formale formulato nel corpo della medesima memoria), giacché l’inutilità economica del contratto al decorso del termine postula presupposti diversi, concernenti la causa concreta del contratto stesso.
A fronte di ciò, per come anticipato, il convenuto ha allegato genericamente di avere invitato la controparte alla conclusione del contratto definitivo, senza tuttavia specificare quando e con quali modalità ciò sarebbe avvenuto (con conseguente inammissibilità del generico capitolo di prova al riguardo formulato), non avendo dedotto specificamente né dimostrato di avere a propria volta e in precedenza mostrato disponibilità seria e concreta all’adempimento, dinanzi alla formalizzazione, di contro, dell’altrui invito a comparire dinanzi al notaio rogante, comprovato dalla lettera raccomandata a.r. del 11/11/2013 (spedita il 15/11/2013 e ricevuta dalla di lui moglie il 19/11/2013), dal verbale di macata comparizione del convenuto redatto dallo stesso notaio del 4/12/2013 (v. copia in atti) e dalla copia dell’assegno circolare datato 29/11/2013 tratto sulla BAPR in favore di (…) per l’importo di Euro 50.000,00 (pari al saldo del prezzo; v. all.to 5 del fascicolo di parte attrice).
E ciò senza che emerga in atti (né è stato dedotto) che il convenuto abbia in qualche modo contestato (nemmeno in questa sede) di essere a conoscenza della detta convocazione e, prima del presente giudizio, la legittimità della stessa, a ulteriore prova, per un verso, della non essenzialità del termine per come comunemente ritenuto dalle parti e, per un altro verso, dell’inadempimento dello stesso convenuto rispetto all’obbligazione principale (art. 1455 c.c.).
Sgomberato il campo dall’interposizione fittizia, alla luce di quanto dianzi illustrato, i capitoli di prova testimoniale articolati dal convenuto nella propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c. si palesano non conducenti, attenendo a motivi a contrarre, notoriamente irrilevanti, ancor più nella fattispecie che occupa, tenuto conto dell’eccezione di inadempimento e della domanda riconvenzionale per come dedotte dal (…), che si attestano sull’altrui inadempimento e sull’essenzialità del termine.
Le superiori considerazioni portano all’accoglimento delle domande contenute nell’atto di citazione, con conseguente declatoria della legittimità del recesso esercitato dall’attrice (da ritenersi perfezionato con la notificazione dell’atto di citazione, in assenza di prova, per mancata produzione dell’avviso di ricevimento, della ricezione della raccomandata a.r. del 3/2/2014) e condanna del convenuto, ai sensi dell’art. 1385, comma 2 seconda ipotesi, c.c., alla restituzione del doppio della caparra conformatoria (sulla sui qualificazione vi è comune prospettazione ad opera delle parti), pari a Euro 80.000,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda ex art. 1284, comma 4, c.c..
Non viene riconosciuto il maggior danno da rivalutazione monetaria, ex art. 1224, comma 2, c.c., trattandosi di debito di valuta (cfr. ad es.: Cassazione civile , sez. II , 11/05/2016 , n. 9650) e non essendo stati allegati e comprovati i relativi requisiti (cfr. tra le molte ad es.: Cassazione civile , sez. II , 04/06/2018 , n. 14289).
Al superiore accoglimento segue il rigetto della domanda riconvenzionale del convenuto.
Ogni altro profilo resta assorbito.
In ossequio al principio della soccombenza, il convenuto va condannato alla rifusione, in favore dell’attrice principale, delle spese di lite, nella misura che si liquida in dispositivo e da distrarsi in favore dei difensori come da specifica istanza ex art. 93 c.p.c., avuto riguardo all’atività processuale espletata e allo scaglione di riferimento ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente decidendo, disattesa ogni contraria istanza:
In accoglimento parziale delle domande formulate nell’atto di citazione, dichiara l’intervenuto recesso di (…) dal contratto preliminare di trasferimento di partecipazioni sociali del 17/5/2010 per grave inadempimento di (…) e, ai sensi dell’art. 1385, comma 2 seconda ipotesi, c.c., condanna quest’ultimo al pagamento in favore dell’attrice principale della somma di Euro 80.000,00, oltre interessi al tasso legale ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda. Rigetta per il residuo.
Rigetta la domanda riconvenzionale.
Condanna il convenuto alla rifusione, in favore di parte attrice, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 11.571,28, di cui Euro 1.571,28 per spese vive ed Euro 10.000,00 per compenso, oltre spese generali al 15% sul compenso e ulteriori accessori di legge nella misura dovuta, da distrarsi in favore dei difensori come da specifica
istanza ex art. 93 c.p.c..
Così deciso in Catania il 17 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2019.