la domanda di ampliamento coattivo di un precedente passaggio pedonale e di trasformazione dello stesso in via di transito per veicoli a trazione meccanica e quella di costituzione di passaggio coattivo, pur avendo presupposti in parte identici quali la mancanza di uscita diretta sulla via pubblica del fondo a vantaggio del quale il passaggio dovrebbe essere ampliato o costituito e l’esigenza di uso di coltivazione del fondo stesso hanno contenuto ed oggetto diversi, in quanto la domanda di ampliamento della servitù (articolo 1051 comma 3) presuppone la preesistenza di un passaggio e la possibilita’ di allargamento, mentre la domanda di costituzione del passaggio coattivo (articolo 1051, commi 1 e 2) e’ sperimentabile solo in presenza di una situazione di non asservimento pregressa del fondo da attraversare.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 4 ottobre 2018, n. 24252
SENTENZA
sul ricorso 5338/2013 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), nata a (OMISSIS), (OMISSIS) nata a (OMISSIS), (OMISSIS) nata a (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, depositata il 14/12/2011;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/06/2018 dal Consigliere Dr. Sabato Raffaele;
udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per improcedibilita’ e rigetto del ricorso o in subordine accoglimento IV motivo, rigetto del resto.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata il 14/12/2011 la corte d’appello di Palermo ha accolto l’appello proposto avverso sentenza del tribunale di Agrigento da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), rigettando – previa riforma della prima sentenza che l’aveva accolta – la domanda di ampliamento di servitu’ di passaggio fruita dai signori (OMISSIS) e (OMISSIS) sul fondo del signor (OMISSIS), dai primi considerata inidonea al transito con mezzi agricoli.
2. A sostegno della decisione, la corte territoriale:
– ha preliminarmente ritenuto inammissibile la comparsa conclusionale depositata dagli appellati il 24/10/2011, oltre il termine ex articolo 190 ante L. n. 353 del 1990 di dieci giorni liberi prima dell’udienza di discussione del 1/2/2011, originariamente fissata, a prescindere dal fatto che l’udienza fosse stata rinviata per impedimento del relatore;
– ha poi, in base all’esame dei titoli, riscontrato l’inesistenza di alcuna servitu’ di passaggio costituita a titolo contrattuale sul fondo in questione, neppure essendo stato allegato il diverso modo di costituzione per destinazione del padre di famiglia (p. 3);
– ha ritenuto che, “anche se fosse esistente la servitu’ vantata”, non emergessero i presupposti per l’ampliamento per mancata evidenza di una diversa o piu’ intensa utilizzazione del fondo pretesamente dominante.
3. Avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione articolato su cinque motivi. (OMISSIS) ha resistito con controricorso. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), non hanno svolto difese.
4. Dopo trattazione in camera di consiglio, con ordinanza n. 165 del 2018 la causa e’ stata rimessa in pubblica udienza, in prossimita’ della quale nuovo difensore di (OMISSIS) ha sostituito il precedente patrono deceduto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo, con cui e’ stata dedotta violazione dell’articolo 190 c.p.c., e’ inammissibile.
1.1. Va preliminarmente chiarito che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritualmente esaminato la comparsa conclusionale, dichiarandola inammissibile in quanto depositata asseritamente oltre il termine; non si e’ trattato dunque di decisione emessa prescincendo dalla esistenza in atti dello scritto difensivo.
1.2. Al riguardo, benche’ sia effettivamente incorsa in errore la corte d’appello nel non attenersi – dichiarando inammissibile la comparsa conclusionale – alla giurisprudenza di questa corte (v. ad es. Cass. n. 7516 del 12/08/1997 e n. 8849 del 10/05/2004) per cui il termine per il deposito della comparsa conclusionale, previsto nel testo anteriore alla riforma introdotta dalla L. del 26 novembre 1990, n. 353, articolo 190, comma 2, fa riferimento all’effettiva data di discussione della causa, e non a quella originariamente fissata, e poi rinviata, l’errore non pero’ e’ di per se’ causa di nullita’ della sentenza. In rapporto a cio’ la formulazione del motivo – nell’ambito del quale sono del tutto omesse trascrizione dei passaggi contenuti nella comparsa conclusionale suscettibili di incidere sulla decisione della lite, su profili che si assumano non considerati dalla corte d’appello non consente al giudice di legittimita’ di valutare se sia stato effettivamente leso il contraddittorio e in generale i principi del giusto processo, essendo indispensabile, perche’ possano dirsi violati tali principi, che la irregolare conduzione del processo abbia prodotto in concreto una lesione del diritto di difesa (di solito esercitato mediante lo svolgimento nello scritta dichiarato inammissibile di ulteriori e rilevanti aggiunte o specificazioni a sostegno delle proprie domande e/o eccezioni rispetto a quanto gia’ indicato nelle precedenti fasi del giudizio). L’indicazione dell’esistenza di un siffatto contenuto dello scritto dichiarato inammissibile, con la dimostrazione della sua decisivita’, non e’ stata fornita (e un larvato e non rilevante riferimento contenuto, peraltro, al di fuori del motivo in esame, alla p. 13 del ricorso – cfr. la trattazione del quarto motivo – fa intendere peraltro che la comparsa conclusionale meramente ribadisse precedente posizione sulla non novita’ di una domanda).
2. Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’articolo 1061 c.c., la parte ricorrente sostiene – ripercorrendo le risultanze degli atti – di aver fornito la prova della costituzione della servitu’, che ben avrebbe potuto emergere ad es. da destinazione del padre di famiglia anche rilevata d’ufficio.
Con il terzo motivo, poi, deducendo “omessa valutazione delle risultanze probatorie.. per violazione e falsa applicazione… e per omessa motivazione.. con riferimento all’articolo 1061 c.c., e articolo 116 c.p.c.,”, la parte ricorrente ribadisce le risultanze della prova per testi, lamentando non avere i giudici di primo grado e d’appello considerato l’esercizio ultraventennale della servitu’, attestato anche dal c.t.u..
2.1. I motivi, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili al pari del precedente.
2.2. Le censure, sotto la veste di critiche per violazione di legge e vizio di motivazione, celano in effetti inammissibili istanze di riesame delle risultanze probatorie poste dal corte d’appello alla base del convincimento circa l’insussistenza di una servitu’, attivita’ questa di valutazione probatoria riservata al giudicante di merito. Al riguardo, va richiamato che il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa corte dal Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 65), mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, vizio che, essendo stata la sentenza impugnata depositata anteriormente all’11/9/2012, e’ declinato nel presente procedimento ratione temporis secondo il testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alla modifica di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che consente, appunto, a censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; il parametro di cui al n. 5 predetto richiede quindi il riferimento a un sfatto” controverso o comunque oggetto – di discussione, di cui la parte ricorrente deve farsi carico di dimostrare la decisivita’ per il giudizio.
2.3. Cio’ posto, lungi dal denunciare violazione di legge nei sensi anzidetti, il ricorrente si limita a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinata dalla parte, senza in alcun modo dedurre un’effettiva violazione o falsa applicazione di norma di diritto. Quanto alle critiche per vizio di motivazione, poi, non sono stati indicati fatti controversi in ordine ai quali l’esame della corte di merito sarebbe stato incongruamente motivato, bensi’ si sono contestate le valutazioni cui, coordinando le risultanze fattuali di causa, il giudice di merito e’ pervenuto. Tanto conduce all’inammissibilita’ dei motivi.
3. Con il quarto motivo, deducendosi violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’articolo 1051 c.c., comma 1, la parte Ricorrente ha sostenuto di avere proposto in primo grado domanda di costituzione coattiva di passaggio per interclusione del fondo ai sensi di detta norma, non esaminata per avvenuto riconoscimento di preesistente servitu’ di passaggio, denegata poi invece in appello. Tra le parti, in appello, si sarebbe discusso circa l’essere o meno la relativa istanza di primo grado una domanda nuova (anche con la comparsa conclusionale, oggetto di non ammissione – v. primo motivo – si sarebbe ribadita la tesi della non novita’). La corte d’appello avrebbe, quindi, in tesi, legittimamente trascurato il tema, posto che secondo il ricorrente in una causa avanzata ai sensi dell’articolo 1051 cit., comma 3, una richiesta ai sensi del comma 1, comunque costituirebbe ne’ mutatici ne’ emendatici, essendo i medesimi i presupposti e il petitum.
3.1. Il motivo e’ inammissibile. Invero, la parte ricorrente – al fine di poter svolgere censure quali quelle indicate – avrebbe dovuto impugnare la sentenza d’appello per violazione di legge processuale e, in particolare, per omessa pronuncia in riferimento all’articolo 112 c.p.c., sulla domanda subordinata originaria, deducendo la conseguente nullita’. In argomento va richiamalo che la sorte d’appello ha ritenuto espressamente (cfr. riepilogo supra) neppure allegata la costituzione per destinazione del padre di famiglia.
3.2. Stante la predetta inammissibilita’ del motivo, richiamato per completezza il principio gia’ affermato da questa corte (v. specificamente Cass. n. 5539 del 19/05/1995 e n. 658 del 29/01/1996) secondo il quale la domanda di ampliamento coattivo di un precedente passaggio pedonale e di trasformazione dello stesso in via di transito per veicoli a trazione meccanica e’ quella di costituzione di passaggio coattivo, pur avendo presupposti in parte identici quali la mancanza di uscita diretta sulla via pubblica del fondo a vantaggio del quale il passaggio dovrebbe essere ampliato o costituito e l’esigenza di uso di coltivazione del fondo stesso hanno contenuto ed oggetto diversi, in quanto la domanda di ampliamento della servitu’ (articolo 1051 comma 3) presuppone la preesistenza di un passaggio e la possibilita’ di allargamento, mentre la domanda di costituzione del passaggio coattivo (articolo 1051, commi 1 e 2) e’ sperimentabile solo in presenza di una situazione di non asservimento pregressa del fondo da attraversare (v. recentemente, in generale, ad es. Cass. n. 30317 del 18/12/2017), cio’ da cui la giurisprudenza stessa ha desunto che dalla ontologica diversita’ delle due azioni discende la novita’ di una domanda rispetto all’avvenuta proposizione dell’altra, resta esentata questa corte dal considerare se tale affermazione in diritto (rilevante ove non fosse sussistita la predetta inammissibilita’) permanga valida dopo che le sezioni unite di questa corte (Cass. sez. U n. 12310 del 15/06/2015) hanno statuito che la modificazione della domanda (ammessa ex articolo 183 c.p.c., nel rito del 1990 e piu’ ampiamente in quello precedente applicabile ratione temporis alla causa in esame) puo’ riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi’ modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, percio’ solo, si determini la compromissione delle potenzialita’ difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali.
4. Con il quinto motivo, deducendosi violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’articolo 1051 c.c., comma 3, la parte ricorrente ha contestato la decisione della corte d’appello, che ha ritenuto la mancanza di una “intenzione di procedere ad una concreta, diversa o piu’ intensa utilizzazione del proprio fondo”, ai fini di ottenerne l’ampliamento.
4.1. Il motivo e’ assorbito, concernendo esso la ratio decidendi della sentenza impugnata fondata sull’insussistenza dei presupposti per l’ampliamento, alternativa rispetto all’altra – rimasta ferma stante l’inammissibilita’ dei motivi secondo e terzo – concernente la ratio decidendi in tema di inesistenza della servitu’.
4.2. Solo per completezza si puo’ dunque rilevare che la decisione della corte d’appello – a fronte delle meramente generiche considerazioni riprodotte in ricorso circa le esigenze generali, i mutamenti dei costumi e l’avanzamento tecnologico che sarebbero stati posti a base dell’istanza – risulta conforme alla giurisprudenza (v. recentemente Cass. n. 19388 del 30/09/2015) per cui, in tema di servitu’ prediali, la necessita’ di ampliare il passaggio coattivo, a norma dell’articolo 1051 c.c., comma 3, va collegata alle esigenze del fondo dominante in base non a criteri astratti o ipotetici, ma alle reali possibilita’ di un piu’ intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione e, quindi, e’ subordinata anche all’accertamento di un serio proposito in tal senso del proprietario, che risulti da fatti concreti e non da mere intenzioni, pur manifestate.
5. In definitiva il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente alle spese come in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del articolo 13 cit., comma 1 bis.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, da’ atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del rincorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’articolo 13 cit., comma 1 bis.