Il principio della cumulabilità, dei due tipi di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale) da illecito civile è legittimamente invocabile quando uno stesso fatto autonomamente generatore di danno integri gli estremi tanto dell’inadempimento contrattuale, quanto del torto aquiliano, ma non anche nell’ipotesi in cui un’attività prenegoziale astrattamente generatrice di danno (sostanziantesi nelle cosiddette “trattative”) confluisca fisiologicamente nel negozio cui essa risultava funzionalmente e teleologicamente collegata, risultando, in tal caso, soltanto il negozio stesso l’eventuale fonte di responsabilità necessariamente contrattuale. Pertanto la parte non inadempiente può far valere esclusivamente la responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale e non anche, in via alternativa, la responsabilità precontrattuale da supposta malafede durante le trattative, giacché queste ultime, cristallizzate con la stipula del contratto, perdono ogni autonoma rilevanza, convergendo nella nuova struttura contrattuale che rappresenta la sola fonte di responsabilità risarcitoria.
Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 31 ottobre 2018, n. 20903
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
DICIASETTESIMA (GIA’ IX) SEZIONE CIVILE
in persona del giudice unico dott. Giuseppe Russo ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta nel registro generale per gli affari contenziosi al n. 52928 dell’anno 2013 vertente
tra
(…) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla via (…), presso lo studio dell’Avv. Va.Mo. e Fr.Ma., che la rappresentano e difendono in forza di procura in atti
attrice
e
(…), elettivamente domiciliato in Civitavecchia (Roma) alla piazzetta (…), presso lo studio dell’Avv. Al.Fa., che lo rappresenta e difende in forza di procura in atti
convenuto
(…), quale titolare della ditta individuale (…) di (…), residente in R. al viale (…) scala unica int. 6
convenuto – contumace
FATTO E DIRITTO
La società (…) srl ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Roma il sig. (…) e il sig. (…), in proprio e quale titolare della ditta individuale (…) di (…) (di seguito (…)), esponendo che: in data 24/5/2010 la (…) srl aveva stipulato un contratto con la (…) avente ad oggetto l’allestimento di un villaggio estivo con attrattive varie e stand nel Comune di Fiumicino destinato alla manifestazione “E…STATE CON NOI A FIUMICINO” da tenersi nel periodo compreso tra il 5 giugno e il 12 settembre 2010; nel contratto era stato previsto un corrispettivo di Euro 130.000,00 oltre IVA, da pagare in tre rate, di cui la prima pari al 30% con scadenza il 20/6/2010, la seconda sempre pari al 30% con scadenza il 15/7/2010 e la terza pari al residuo 40% con scadenza il 15/8/2010; alle trattative aveva partecipato, oltre al (…), anche il Sig. (…), il quale, a garanzia del pagamento del corrispettivo previsto dalla citata scrittura contrattuale del 24/5/2010, aveva consegnato alla (…) srl quattro assegni delle poste italiane da lui emessi di cui il primo, con scadenza il 20/6/2010 per Euro 30.000,00, il secondo, sempre con scadenza il 20/6/2010 per Euro 9.000,00, il terzo, con scadenza il 15/7/2010 per Euro 58.500,00 ed il quarto, con scadenza il 15/8/2010 per Euro 58.500,00; in data 27 maggio 2010, come da accordi, l’attrice aveva iniziato l’allestimento del villaggio, che aveva completato il 5 giugno successivo, esattamente nei tempi e secondo le modalità oggetto di pattuizione; il 23/6/2010, il Sig. (…) aveva dichiarato, prima a voce e poi per iscritto, di voler recedere dal contratto, comunicando all’attrice che la manifestazione non aveva avuto l’esito sperato e che era, quindi, indispensabile smontare quanto allestito; la (…) srl aveva rimesso alla ditta convenuta il conteggio di quanto dovuto che era stato accettato da quest’ultima; nei giorni successivi l’intero impianto era stato smontato e la ditta attrice aveva quindi tentato di incassare i primi due assegni che erano risultati privi di copertura con conseguente impossibilità di ottenere il rimborso quantomeno delle spese vive pari ad Euro 41.167,40.
La (…) srl anzitutto ha invocato la responsabilità contrattuale per inadempimento della ditta convenuta avanzando nei confronti di quest’ultima una pretesa creditoria di complessivi Euro 106.200,00, di cui Euro 41.200,00 circa per gli esborsi sostenuti ed Euro 65.000,00 quale penale prevista dall’art. 11 del contratto. L’attrice ha poi affermato la responsabilità da illecito penale ex art. 2043 c.c. e precontrattuale ex art. 1337 c.c. dei sigg.ri (…) e (…) per aver indotto la (…) srl a contrarre ben sapendo che ogni pagamento sarebbe rimasto inevaso ed ha quantificato il danno per ciascuno dei due illeciti in Euro 40.000,00 pari al 30% del valore del contratto.
La società attrice ha concluso chiedendo di:
“1 Accertare e dichiarare il diritto della (…) srl a vedersi corrisposto il rimborso delle spese sostenute in adempimento ai propri obblighi contrattuali, per Euro 41.167,40, o per la somma maggiore o minore che dovesse essere accertata in corso di causa;
2 Accertare e dichiarare il diritto della (…) srl a vedersi risarcita del danno consistente nel pagamento della penale di cui all’art. 11 delle condizioni di contratto e pari ad Euro 65.000,00 (pari al 50% del valore del contratto), o nella misura maggiore o minore emersa in corso di causa, o ritenuta di giustizia anche in via equitativa;
3 Per l’effetto, condannare la (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle somme di cui ai punti 1 e 2, oltre interessi e rivalutazione dalla data del mancato adempimento sino al soddisfo;
4 Accertare e dichiarare il diritto della (…) a vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento dovuto alla mala fede nelle trattative e nella esecuzione del contratto;
5 Ancora per l’effetto, quindi, condannare, a tale titolo, la (…) e il sig. (…) personalmente, nonché il sig. (…), in solido al pagamento della somma che pare congruo indicare in Euro 40.000,00, calcolato come sopra, o in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, anche ex art. 1226 c.c.;
6 Accertare e dichiarare, infine, il diritto della (…) srl a vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno dovuto all’evidente illecito penale posto in essere dai signori (…) e (…);
7 Sempre per l’effetto, condannare questi ultimi, in solido, a tale titolo, alla refusione in favore dell’attrice di questa voce di danno, quantificabile in Euro 40.000,00, o nella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, anche in via equitativa”.
(…), pur ritualmente citato, sia in proprio che quale titolare della ditta (…), non si è costituito ed è stato dichiarato contumace.
Si è costituito invece (…), il quale ha contestato la domanda attrice eccependo in particolare il proprio difetto di legittimazione passiva (da intendere in senso sostanziale).
Con la prima memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. l’attrice ha esteso anche nei confronti del (…) la domanda di pagamento della somma di Euro 41.167,40 per esborsi e dell’ulteriore somma di Euro 65.000,00 per la penale contrattuale, chiedendo, al contempo, l’emissione di un’ordinanza ingiunzione a carico del convenuto costituito ai sensi dell’art. 186 bis c.p.c. o, in subordine, ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c.
In parziale accoglimento di quest’ultima richiesta in data 1/6/2016 è stata pronunciata un’ordinanza – ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c., munita della clausola di provvisoria esecuzione, in favore della (…) srl ed a carico del sig. (…) per la somma di Euro 65.000,00 oltre agli interessi legali e alle spese processuali.
La causa è stata istruita in via documentale con diniego degli ulteriori mezzi di prova richiesti dalle due parti costituite e, all’udienza del 12/4/2018, è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione del termine di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori 20 giorni per le repliche.
Preliminarmente è bene chiarire che la domanda proposta nei confronti di una ditta individuale deve ritenersi intentata, ai fini della legittimazione passiva, contro la persona fisica del suo titolare, in quanto la ditta non ha soggettività giuridica distinta, ma si identifica con il titolare sotto l’aspetto sia sostanziale che processuale (cfr. Cass. 13/02/2006 n. 3052). Nel caso di specie, pertanto, la ditta individuale (…) coincide con la persona fisica del suo titolare (…) e non occorre duplicare le richieste, né tanto meno le pronunce.
Venendo al merito le domande proposte dalla (…) srl sono parzialmente fondate e devono essere accolte nei limiti di seguito precisati.
E’ provato per tabulas che in data 24/05/2010 la ditta (…), in persona del suo titolare (…), ha concluso un contratto con la società (…) srl con il quale ha commissionato a quest’ultima l’allestimento di un villaggio con stand destinato alla manifestazione denominata “E…STATE CON NOI A FIUMICINO” da tenersi nel Comune di Fiumicino nel periodo compreso tra il 5 giugno e il 12 settembre 2010. Il contratto, prodotto in copia dall’attrice (all. 1), prevedeva il noleggio (previo montaggio) di 103 gazebo di varie dimensioni, l’allestimento di tutto l’impianto elettrico e di illuminazione e l’installazione dei servizi igienici chimici per il prezzo complessivo di Euro 130.000,00 oltre IVA da pagare in tre rate: un acconto del 30% da versare il 20/6/2010, un secondo acconto del 30% da versare il 15/7/2010 e il saldo residuo del 40% da versare il 15/8/2010.
Secondo quanto dedotto dall’attrice e non contestato dal convenuto, (…), quest’ultimo, contestualmente alla conclusione del citato contratto, ha emesso e consegnato alla (…) srl quattro assegni delle poste italiane con scadenze coincidenti con le date previste per i pagamenti e precisamente: un assegno di Euro 9.000,00 datato 20/6/2010, un assegno di Euro 30.000,00 datato 20/6/2010 e due assegni di Euro 58.500,00 ciascuno datati rispettivamente 15/7/2010 e 15/8/2010. In tal modo, il convenuto ha assunto inequivocabilmente la posizione di garante rispetto alle obbligazioni contratte dalla (…) con la scrittura del 24/05/2010 nella quale, peraltro, il sig. (…) è indicato quale “referente sul posto”.
La (…) srl ha dato piena e regolare esecuzione alle obbligazioni assunte, avendo provveduto al puntuale allestimento di tutte le strutture e degli impianti promessi, come si desume anche dalla lettera datata 23/6/2010 (all. 12 del fascicolo di parte attrice), con la quale il sig. (…), qualche giorno dopo la consegna dei materiali, ha chiesto, per proprie “problematiche organizzative”, il “disallestimento” di tutte le strutture montate dall’attrice.
Di contro né la ditta committente, né il suo garante, sig. (…), hanno provveduto al pagamento del corrispettivo promesso.
Il conclamato inadempimento dei due convenuti non è stato, infatti, smentito né dalla (…), rimasta contumace, né dal sig. (…), ed è confermato dal fatto che tre dei quattro assegni rilasciati da quest’ultimo sono stati portati all’incasso e protestati come ha documentato la parte attrice (cfr. all. 14).
La (…) srl ha quindi diritto alla penale prevista dall’art. 11 del contratto (rubricato, appunto, “penale in caso di disdetta dell’ordine”) che, nel caso di disdetta successiva alla consegna dei materiali imponeva il pagamento del 50% della somma risultante sul preventivo (Euro 130.000,00) ovvero Euro 65.000,00.
Il risarcimento deve essere limitato alla penale pattuita, alla quale non può essere aggiunto l’importo di Euro 41.167,40 per le spese sostenute dall’attrice come infondatamente preteso da quest’ultima. Ed infatti, la clausola penale configura una liquidazione preventiva e omnicomprensiva del danno da inadempimento, concordata al fine di esonerare il creditore dalla prova della sussistenza e dell’ammontare del danno stesso, di modo che quando è prevista (come nel caso di specie) la risarcibilità del danno ulteriore, la parte adempiente che non voglia limitare la propria richiesta alla penale pattuita, ma intenda richiedere la liquidazione del danno subito, deve dimostrarne l’effettiva entità, non potendo altrimenti risultare provato il danno “ulteriore”, cioè superiore all’entità della penale (Cass. 22/06/2016 n. 12956).
Nella fattispecie in esame l’attrice non ha specificamente allegato, né tanto meno documentato voci di danno ulteriori rispetto alle spese sostenute, il cui ammontare indicato in Euro 41.167,40 è comunque inferiore alla penale di Euro 65.000,00, cosicché allo stato non può ritenersi provata la sussistenza di un maggior danno.
Nessuna somma aggiuntiva può essere liquidata neanche a titolo di responsabilità extracontrattuale o precontrattuale.
Sotto il primo profilo non può ritenersi definitivamente provato l’illecito penale dapprima genericamente denunciato nell’atto di citazione e poi meglio precisato dall’attrice con la prima memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c., laddove si fa riferimento al reato di cui agli artt. 110 e 640 c.p. come ipotizzato a carico dei due convenuti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia.
A ben vedere il decreto di citazione a giudizio prodotto in copia dall’attrice con la seconda memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. nulla prova in ordine alla condotta truffaldina ascritta ai due convenuti, né tanto meno in ordine all’elemento soggettivo del dolo che certamente non può essere desunto sic et simpliciter dall’inadempimento delle prestazioni pecuniarie promesse.
Quanto alla responsabilità dei due convenuti ai sensi dell’art. 1337 c.c. per violazione degli obblighi di buona fede nelle trattative precedenti alla conclusione del contratto poi perfezionatosi tra la (…) e la (…) srl si osserva quanto segue.
Il principio della cumulabilità, nel nostro ordinamento, dei due tipi di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale) da illecito civile è legittimamente invocabile quando uno stesso fatto autonomamente generatore di danno integri gli estremi tanto dell’inadempimento contrattuale, quanto del torto aquiliano, ma non anche nell’ipotesi in cui un’attività prenegoziale astrattamente generatrice di danno (sostanziantesi nelle cosiddette “trattative”) confluisca fisiologicamente nel negozio cui essa risultava funzionalmente e teleologicamente collegata, risultando, in tal caso, soltanto il negozio stesso l’eventuale fonte di responsabilità necessariamente contrattuale (cfr. in tal senso Cass. 25/07/2006 n. 16937).
Pertanto la parte non inadempiente può far valere esclusivamente la responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale e non anche, in via alternativa, la responsabilità precontrattuale da supposta malafede durante le trattative, giacché queste ultime, cristallizzate con la stipula del contratto, perdono ogni autonoma rilevanza, convergendo nella nuova struttura contrattuale che rappresenta la sola fonte di responsabilità risarcitoria (così Cass. 15/04/2016 n. 7545).
Nel caso in esame, quindi, la (…) srl che ha agito per far valere la responsabilità contrattuale della ditta convenuta e del suo garante non può invocare anche la responsabilità precontrattuale da supposta malafede durante le trattative.
Oltretutto non vi è prova che il danno, genericamente allegato dall’attrice in relazione alla responsabilità ex art. 1337 c.c. e forfettariamente quantificato nella somma pari al 30% del corrispettivo pattuito, sia diverso ed ulteriore rispetto al danno già interamente risarcito attraverso la liquidazione della penale.
Al riguardo è bene evidenziare che nel caso di responsabilità precontrattuale il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall’aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (cosiddetto “interesse negativo”) e non anche il lucro cessante derivante dalla omessa esecuzione del contratto. Nel caso in esame non sono state specificamente allegate, né tanto meno documentate altre occasioni contrattuali perdute dall’attrice, sicché nessuna somma aggiuntiva può essere liquidata neanche in via equitativa.
Per quanto fin qui esposto in parziale accoglimento delle domande attrici va confermata l’ingiunzione emessa con l’ordinanza dell’1/06/2016 a carico di (…) per il pagamento della somma di Euro 65.000,00 oltre agli interessi legali e alle spese processuali maturate per la fase di studio, la fase introduttiva e la fase istruttoria del processo (liquidate in complessivi Euro 6.430,00 di cui Euro 660,00 per esborsi ed Euro 5.770,00 per compensi professionali oltre accessori di legge). La condanna al pagamento delle medesime somme deve essere estesa in via solidale anche alla ditta (…) in persona del suo titolare.
Le altre domande proposte dalla (…) srl vanno invece respinte.
In ragione dell’accoglimento soltanto parziale delle domande attrici le ulteriori spese di lite per i compensi relativi alla fase finale (decisoria) devono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulle domande proposte dalla (…) S.r.l. nei confronti di (…) e della ditta individuale (…) di (…) in persona dell’omonimo titolare, ogni altra istanza, difesa ed eccezione disattesa, così provvede:
1. conferma l’ordinanza datata 1/06/2016, con la quale è stato ingiunto ex art. 186 ter c.p.c. a (…) di pagare in favore della (…) S.r.l. la somma di Euro 65.000,00 oltre agli interessi legali dalla domanda giudiziale fino al soddisfo ed alle spese processuali liquidate in complessivi Euro 6.430,00 di cui Euro 660,00 per esborsi ed Euro 5.770,00 per compensi professionali oltre accessori di legge;
2. condanna (…), titolare della ditta (…) di (…), a pagare in favore della (…) S.r.l., in solido con (…), le medesime somme di cui al capo 1;
3. respinge le altre domande proposte dalla (…) S.r.l.;
4. compensa tra l’attrice e i due convenuti le spese di lite per i compensi relativi alla fase decisoria.
Così deciso in Roma il 24 settembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2018.