Quanto ai danni non patrimoniali derivanti da diffamazione, essi consistono nella lesione dell’onore, della reputazione e dell’immagine e il diritto al risarcimento si fonda sul combinato disposto degli artt. 595 co. 3 e 185 c.p. nonché sulla lesione di valori costituzionalmente garantiti dall’art. 2 Cost. Quando il pregiudizio arrecato attiene ad interessi di natura non economica aventi rilevanza sociale, la prova del danno si risolve nella dimostrazione di due condizioni, cioè l’esistenza di un fatto produttivo di conseguenze pregiudizievoli e l’idoneità del medesimo ad ingenerare una ripercussione “dolorosa ” nella sfera personale del soggetto leso. Tale secondo presupposto può ritenersi integrato anche sulla base di presunzioni semplici.
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
Tribunale|Palermo|Sezione 1|Civile|Sentenza|30 marzo 2020| n. 1227
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Palermo, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice Onorario dott. Ignazio Marchese ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento di I grado iscritto al n. 21405/2017 R.G. degli affari civili
TRA
MA.CE., rappresentato e difeso dall’avvocato GA.GI., presso il cui studio in VIALE (…), 90146 PALERMO, è elettivamente domiciliato in virtù di mandato in atti;
ATTORE
E
Organizzazione Sindacale FI., As.Si., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, Ma.Vi., in proprio e nella qualità di direttore responsabile del quotidiano online Bl., rappresentati e difesi dall’avvocato LO.FE., presso il cui studio in VIA (…), 90141, PALERMO, sono elettivamente domiciliati in virtù di mandato in atti, nonché Organizzazione Sindacale C.G.I.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato AM.CL., presso il cui studio in PALERMO, VIA (…), è elettivamente domiciliato in virtù di mandato in atti;
CONVENUTI
Oggetto: Altri istituti relativi allo stato della persona ed ai diritti della personalità.
MOTIVI DELLA DECISIONI
Con atto di citazione, ritualmente notificato, Ma.Ce. conveniva in giudizio le organizzazioni sindacali Fi. – C.g.i.l. e Nu., nonché il signor Ma.Vi. nella qualità di direttore responsabile del quotidiano on-line Bl. e di giornalista autore dell’articolo che lo vedeva protagonista, chiedendo la condanna degli stessi al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato nella somma di Euro 26.000,00 o in quella diversamente determinata dal Decidente, allo stesso derivato dalla pubblicazione di uno scritto che assumeva lesivo dei propri diritti della personalità. Chiedeva, altresì, di: – inibire ai convenuti la ulteriore pubblicazione di tali dichiarazioni e del documento che le contengono; – ordinare al Giornale on line Bl. la rimozione dell’articolo denigratorio del 19.08.2017, allo stato ancora visualizzabile in rete e, nelle more ed in via cautelare, obbligare al Direttore del giornale Bl., la rettifica dell’articolo pubblicato ex art. 8 L. 47/48;-condannare i convenuti, nell’ipotesi di accoglimento dell’incoata azione, alla pubblicazione del dispositivo, con le modalità di adeguato rilievo che saranno stabilite dall’Ill.mo G.U.
Assumeva che con delibera n. 1074 del 7.08.2017, a firma del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera (…) – (…), ing. Ge.Ve., dopo più di due anni di comando, veniva inquadrato nell’organico dell’Azienda con provvedimento di mobilità volontaria esterna, previo assenso dell’amministrazione di provenienza.
Lamentava che con nota rivolta al Commissario dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa (…) e, per conoscenza, all’Assessore Regionale della Salute, pubblicata anche sulla bacheca dell’azienda Ospedaliera e ripresa dalla testata giornalistica (…), le organizzazioni sindacali convenute, nel formulare “Opposizione con richiesta di revoca e conseguente annullamento della delibera n. 1074 del 07.08.2017per palesi violazioni alle norme di legge ed alle circolari dell’Assessorato Regionale Alla Salute”, oltre ad evidenziare eventuali motivi di illegittimità della delibera di mobilità, avrebbero espresso pesanti affermazioni in danno del Ma., e, in particolare: “Appare opportuno evidenziare che Ma.Ce. è stato recentemente eletto in Consiglio Comunale a Palermo per cui, a nostro avviso, se fosse rimasto dipendente del Comune, sarebbe stato costretto a mettersi in aspettativa non retribuita oppure dimettersi da Consigliere Comunale. Sembrerebbe quasi che l’urgenza della delibera, sia stata dettata dall’acquisizione del nuovo stato giuridico di dipendente dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa (…) – V. (…) affinché potesse godere dello stipendio senza rinunciare né all’uno né all’altro”.
Richiamava l’attenzione sulle predette espressioni ritenute lesive del suo diritto all’identità e non ispirate alla tutela dei lavoratori, nonché ad un diritto di cronaca, che avrebbero posto in falsa luce l’attività lavorativa e politica svolta dall’attore, provocando anche una lesione della sua immagine e, in particolare, della sua reputazione personale e professionale.
Con comparsa del 23 marzo 2018 si costituiva in giudizio la Camera del Lavoro Metropolitana di Palermo, la quale preliminarmente eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva affermando che l’attore “ha convenuto in giudizio la Camera del Lavoro Metropolitana Palermo (chiamata genericamente CGIL) e non la FP CGIL”e che “La FP CGIL, firmataria del comunicato oggetto di contestazione da parte dell’attore, costituisce un’organizzazione del tutto autonoma e indipendente… dotata di un proprio autonomo Statuto” e chiedeva, dunque, che venisse dichiarato il difetto di legittimazione passiva e respinta, nei suoi confronti, qualsiasi richiesta risarcitoria.
Con comparsa del 19 marzo 2018, si costituivano nel procedimento le altre OO.SS. convenute (Organizzazione Sindacale FI., Nu.), nonché il Sig. Ma.Vi., in proprio e nella qualità di direttore responsabile del quotidiano online Bl., tutti rappresentati e difesi da un medesimo legale, le quali eccepivano l'”Inammissibilità della domanda risarcitoria – inesistenza della responsabilità solidale delle organizzazioni sindacali e dell’autore dell’articolo-‘articolo – inesistenza della “lesione all’identità personale e dell’illecito trattamento dei dati personali” e il “legittimo esercizio del diritto di cronaca – inesistenza della violazione contestata” con conseguente illegittimità della richiesta risarcitoria, chiedendo, pertanto, il rigetto della domanda introitata.
Alla prima udienza di comparizione, tutte le parti insistevano nelle difese articolate nei rispettivi atti e il procuratore dell’attore, contestando quanto sostenuto dalla Camera di Lavoro Metropolitana di Palermo, chiedeva in subordine, qualora il Decidente ritenesse ammissibili le doglianze della stessa, di procedere con l’integrazione del contraddittorio nei confronti della FP CGIL.
Sciolta la riserva assunta alla predette udienza, il Giudice così disponeva: ” Rilevato che trattasi di giudizio risarcitorio per il quale non sussiste difetto di integrità del contraddittorio da sanare ex art. 102 c.p.c., dovendosi solo verificare la legittimatio ad causam ed eventualmente la fondatezza di tutte le chiamate in condannatorio operate dall’attore;
considerato che occorre dunque assegnare alle parti i tre termini di cui all’art. 183, VI c., c.p.c… assegna la causa al G.O.T. dott. Ig.Ma., cui delega la trattazione e la decisione della controversia, fissando l’udienza per il giorno 24.10.2018″.
A seguito dello scambio rituale delle memorie tra le parti, la causa veniva istruita attraverso l’acquisizione delle produzioni documentali e, all’udienza del 18 settembre 2019, le parti discutevano brevemente la causa chiedendo l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.; indi il procedimento veniva incamerato per la decisione con l’assegnazione dei suddetti termini.
L’azione proposta dall’odierno attore appare fondata e merita accoglimento, seppur nei limiti di cui appresso.
Va preliminarmente affermato il difetto di legittimazione passiva della C.G.I.L. – Camera del Lavoro Metropolitana di Palermo, cui l’atto introduttivo è stato notificato in vece della FP C.G.I.L. (Federazione Lavoratori della Funzione Pubblica).
Sul punto va rilevato che la incompleta individuazione della predetta organizzazione sindacale mediante l’omesso acronimo FP non ha consentito la piena identificazione dell’ente destinatario della notifica. Si aggiunga che, alla luce dello statuto della FP C.G.I.L., versato in atti, quest’ultima sigla sindacale gode di autonomia economica ed organizzativa e di conseguente soggettività giuridica e capacità processuale, non potendosi qualificare, l’ente in parola, quale mera articolazione della CGIL..
Nel merito, osserva il Tribunale che le espressioni più sopra richiamate, inserite nella nota a firma delle sigle sindacali convenute, risultano estranee rispetto all’oggetto della stessa nota – richiesta di revoca e annullamento per illegittimità della delibera – e si risolvono in considerazioni soggettive con le quali gli autori del documento adombrano gravi fatti illeciti posti in essere al fine di consentire al Ma. il conseguimento di vantaggi economici.
Prive del dovuto riscontro, le predette affermazioni sono rimaste delle mere opinioni gravemente incidenti sulla reputazione dell’attore.
Va rammentato che l’onore, il decoro e la reputazione sono beni giuridici tutelati dall’ordinamento e riconosciuti quali diritti della persona e, pertanto, assoluti, indisponibili e imprescrittibili. La reputazione, in particolare, è il bene giuridico tutelato dall’art. 595 c.p. e include sia l’onore in senso oggettivo, sia l’onore in senso soggettivo: il primo inteso come la stima della quale l’individuo gode nella comunità in cui vive e opera, come il patrimonio morale riconosciutogli dai consociati o come il senso della dignità personale nell’opinione di altri; il secondo inteso come il sentimento di ciascuno della propria dignità morale e della somma di qualità che ciascuno attribuisce a se stesso. Nel concetto di reputazione rientra il decoro professionale, da intendersi come l’immagine che un soggetto ha costruito di sé nel proprio ambiente lavorativo. Va, altresì, evidenziato che la pubblicazione dello scritto de quo nella bacheca dell’Azienda Ospedaliera (…) – (…), in assenza di un interesse sindacale, o generale, ha contribuito ad accrescere il pregiudizio al bene giuridico di cui si è detto.
Quanto alla invocata responsabilità del convenuto Ma.Vi., quale direttore e estensore dell’articolo pubblicato sulla testata on line “Bl.” il 19 agosto 2017, va considerato che il diritto di cronaca costituisce ed integra una causa di giustificazione, nell’ambito di un equo bilanciamento con altri diritti parimenti inviolabili e potenzialmente in conflitto, quali quello alla tutela dell’onore e della reputazione altrui, purché ricorrano: a) la sussistenza di un interesse ai fatti narrati da parte dell’opinione pubblica (principio di pertinenza); b) la correttezza con cui i fatti vengono esposti con rispetto dei requisiti minimi di forma (principio di continenza); c) la corrispondenza tra i fatti accaduti e quelli narrati (principio di verità oggettiva), con la precisazione che può ritenersi sufficiente anche la sola verità putativa purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca (cass. 19/1/2007 n. 1205; cass. 22/3/2007 n. 6973).
Orbene, nel caso in esame, ritiene il Tribunale che alcuni dei suindicati requisiti non siano stati soddisfatti dall’articolo giornalistico in questione.
Occorre, in punto di continenza e di verità, sottolineare il carattere assertivo del titolo dello stesso articolo: “Assunzioni illegittime a Villa (…), esposto per chiedere la revoca della delibera”. Nel corpo dello scritto, poi, si legge: “Di fatto, secondo questa tesi, venuti avrebbe violato tutte le disposizioni sia normative che le circolari per assumere il personale in comando. Ed è significativo che tra questi vi siano neoeletti consiglieri comunali che con questa assunzione, non più comando, mantengono sia lo stipendio che il gettone da consigliere, mentre prima avrebbero dovuto optare solo per il gettone”.
L’interpunzione cui segue il secondo periodo (Ed è significativo che…) e l’assenza di virgolette, non consentono di attribuire la detta espressione agli estensori della nota e legittimano l’attribuzione della frase all’autore dell’articolo connotandola quale opinione svincolata da elementi di verità, per quanto più sopra esposto. Né può assumere rilievo la successiva pubblicazione nella medesima testata giornalistica della replica proveniente dall’Azienda Ospedaliera (…) – (…), ove non viene evidenziato il nome dell’attore.
Ciò posto, in ordine alla liquidazione del danno, alla luce della natura eminentemente non patrimoniale del bene giuridico leso, si reputa necessario adottare un criterio equitativo, come, del resto, sancito dalla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, la quale ha affermato che “in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione… la liquidazione del danno morale va necessariamente operata con criteri equitativi, il ricorso ai quali è insita nella natura del danno e nella funzione del risarcimento, realizzato mediante la dazione di una somma di denaro compensativa di un pregiudizio di tipo non economico” (ex plurimis Cassazione civile, sez. III, 05/12/2014, n. 25739).
Con un recente arresto giurisprudenziale, condiviso da questo decidente, la giurisprudenza di merito ha precisato: “Quanto ai danni non patrimoniali derivanti da diffamazione, essi consistono nella lesione dell’onore, della reputazione e dell’immagine e il diritto al risarcimento si fonda sul combinato disposto degli artt. 595 co. 3 e 185 c.p. nonché sulla lesione di valori costituzionalmente garantiti dall’art. 2 Cost. Quando il pregiudizio arrecato attiene ad interessi di natura non economica aventi rilevanza sociale, la prova del danno si risolve nella dimostrazione di due condizioni, cioè l’esistenza di un fatto produttivo di conseguenze pregiudizievoli e l’idoneità del medesimo ad ingenerare una ripercussione “dolorosa ” nella sfera personale del soggetto leso. Tale secondo presupposto può ritenersi integrato anche sulla base di presunzioni semplici” (Tribunale Milano, sez. I, 21/08/2018, n. 8738).
In virtù di quanto sopra, ai fini della liquidazione del danno patito dall’attore, occorre tener conto: della indubbia valenza diffamatoria delle espressioni adottate; della diffusione delle stesse in ambito professionale, attesa la diffusione tramite affissione della nota in questione nella bacheca del luogo di lavoro dell’attore; della notorietà e posizione sociale dello stesso; del risalto dell’articolo giornalistico; della sua diffusione sulla testata web; della facile recuperabilità e leggibilità dell’articolo on-line anche a distanza di tempo.
Alla luce delle considerazioni che precedono e tenuto anche conto delle tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale adottate dal Tribunale di Milano nell’anno 2018, il Tribunale ritiene equa la somma di Euro 15.000,00 da liquidare in favore di Ce.Ma..
In definitiva, in accoglimento delle domande avanzate dall’attore, i convenuti Fi., Nu. e Ma.Vi., vanno condannati al pagamento, in solido, della somma di Euro 15.000,00 in favore di Ma.Ce.. Va, altresì, ordinato al Giornale on line Bl. la rimozione dell’articolo denigratorio del 19 agosto 2017.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza riguardo ai convenuti Fi., Nu. e Ma.Vi., nella qualità di direttore responsabile del quotidiano on-line Bl. e di giornalista autore dell’articolo, mentre Cesare Ma. va condannato a tenere indenne la C.g.i.l. dalle spese processuali, anch’esse liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Palermo, Prima Sezione Civile, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando, così provvede:
– in accoglimento dell’azione promossa dall’attore, condanna Fi., Nu., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, e Ma.Vi., nella qualità di direttore responsabile del quotidiano on-line Bl. e di giornalista autore dell’articolo, in solido, al pagamento della somma di Euro 15.000,00 (Euro quindicimila) in favore Ma.Ce., per la causale di cui in parte motiva;
– ordina al Giornale on line Bl., in persona del legale rappresentante pro tempore, la rimozione dell’articolo denigratorio del 19.08.2017;
– condanna Fi., Nu., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, e Ma.Vi., nella qualità di direttore responsabile del quotidiano on-line Bl. e di giornalista autore dell’articolo, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore di Ma.Ce., liquidate in Euro 3.000,00, oltre IVA, C.P.A. e rimborso forfettario;
– condanna Ma.Ce. al pagamento delle spese di lite in favore della C.g.i.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, liquidate in Euro 1.500,00, oltre IVA, C.P.A. e rimborso forfettario.
Così deciso in Palermo il 19 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2020.