la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un’automatica conseguenza dell’accertata esistenza di lesioni personali, ma esige che sia verificata la attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima. Ne consegue che quando detti postumi siano di lieve entità o, comunque, manchino elementi concreti dai quali desumere una incidenza della lesione sulla attività di lavoro attuale o futura del soggetto leso, vanno escluse l’esistenza e la risarcibilità di qualsiasi danno da riduzione della capacità lavorativa, mentre va privilegiato un meccanismo di liquidazione (quello del danno alla salute) idoneo a cogliere, nella sua totalità, il pregiudizio subito dal soggetto nella sua integrità psico-fisica.
Tribunale|Milano|Sezione 6|Civile|Sentenza|2 luglio 2019| n. 6425
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
SESTA CIVILE
Tribunale di Milano in composizione monocratica, VI sezione civile, in persona della dott.ssa Anna Giorgia Carbone, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 44896 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2014
TRA
(…) (C.F. (…)), rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Bo., presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, Via (…), in virtù di procura alle liti in calce all’atto di citazione;
ATTRICE
E
(…) S.P.A., (C.F./P.I. (…)), in persona del responsabile direzione sinistri (…), rappresentata e difesa dall’Avv. Fr.Ca. presso il cui studio in Milano Galleria (…) è elettivamente domiciliata;
CONVENUTA
E
(…) residente in Via (…)
CONVENUTA CONTUMACE
E
(…) residente in Via L., 26 C. M.
CONVENUTA CONTUMACE
OGGETTO: sinistro stradale- Lesione personale
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Premessa
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 10.07.2014 il sig. (…) ha convenuto in giudizio la Compagnia (…) nonché le sig.re (…), proprietaria dell’autovettura (…) tg. (…) e (…), conducente della (…), chiedendo l’accertamento della responsabilità esclusiva della sig. (…) nella causazione del sinistro stradale verificatosi in data 8.08.2011 e, conseguentemente, chiedendo la condanna, in solido, della compagnia di assicurazioni, della proprietaria e della conducente dell’autovettura danneggiante al risarcimento dei danni patiti a cagione del sinistro, pari all’importo di Euro 50.181,66 oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi.
Parte attrice a fondamento della propria pretesa ha dedotto:
– Che in data 08.08.2011 alle ore 19.25 circa percorreva a bordo del proprio motociclo (…) mod. (…) tg. (…) la Strada Statale Adriatica SS 16 in direzione Civitanova – Ancona, quando giunto all’altezza del Km 237+600 nell’atto di sorpassare a velocità moderata all’interno della propria corsia di percorrenza i veicoli fermi in colonna, veniva impattato dalla vettura (…) mod. (…) tg. (…), di proprietà della sig.ra (…) e condotta dalla sig.ra (…), che omettendo di innestare il segnalatore di svolta, innestava manovra di inversione ad “U”svoltando improvvisamente a sinistra;
– Che in conseguenza della repentina manovra non riusciva ad evitare l’impatto e rovinava a terra riportando lesioni oltre a danni al motociclo;
– Al momento del sinistro era presente il sig. (…) che rilasciava dichiarazione testimoniale ed il sig. (…);
– Di essere stato trasportato presso il P.S. dell’Ospedale di Civitanova Marche dove gli era stata diagnosticata: “frattura malleolo peroneale destro-distrazione cervicodorsolombarecontusione ginocchio destro-escloiriazioni; in particolare registrate escoriazioni dell’arto superiore destro ed in sede dorso-lombare. Radiograficamente risultava una frattura spiroide al malleolo peroneale destro modicamente scomposta che veniva trattata posizionando un gambaletto gessato”
– Che il decorso clinico era stato lungo e doloroso da rendere necessario a distanza di tre anni dal sinistro attività di osteomassaggio per recupero articolare;
– Di avere subito in conseguenza del sinistro un danno da lucro cessante in quanto di professione psicologo psicoterapeuta libero professionista aveva perso svariate ore di attività professionale;
– Di avere ricevuto dalla propria compagnia di (…) S.p.a. un assegno di Euro 892,50 a titolo di offerta danno alle cose ed un assegno di Euro 3.214,00 a titolo di integrale risarcimento del danno alla persona;
– Di avere inoltrato a mezzo PEC richiesta di risarcimento danni alla compagnia assicuratrice RCA del veicolo responsabile allegando che le lesioni erano state superiori al 9%;
– Di avere quantificato in Euro 50.181,66 i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per effetto del sinistro.
In diritto l’attore deduceva la responsabilità esclusiva nella causazione del sinistro della conducente dell’autovettura che, a causa della propria negligente condotta di guida, gli aveva causato danni patrimoniali (Euro 10.000,00 per avere dovuto annullare sedute con i pazienti; Euro 3000,00 per spese di cura; Euro 2.750,00 per danni al motociclo) e non patrimoniali (9/10% danno biologico pari ad Euro 19.488 oltre ad Euro 4.500,00 a titolo di invalidità temporanea, Euro 9.549,17 per personalizzazione del danno oltre al danno da vacanza rovinata quantificato in Euro 5.000,00 per non avere potuto godere della vacanza presso la propria abitazione di Porto Recanati) e chiedeva la condanna, in solido, delle convenute e della compagnia di assicurazioni della proprietaria dell’autovettura danneggiante.
La convenuta compagnia di assicurazione, regolarmente costituitasi in giudizio, ha contestato sia l'”an” che il “quantum” della pretesa attorea ritenendo che la dinamica dell’incidente accertata nell’imminenza del fatto dai Carabinieri porta ad escludere la responsabilità della conducente (…) è opposta alla pretesa attorea asserendo la concorrente responsabilità dell’attore nel sinistro controverso ed opponendosi al quantum della somma richiesta dal sig. T. a titolo di risarcimento dei danni subiti.
Le sig.re (…) e (…), ritualmente citate, non sono comparse né si sono costituite e sono state dichiarate contumaci all’udienza del 06.02.2014.
Concessi i termini i termini di cui all’art. 183, VI comma c.p.c. è stata disposta la consulenza tecnica d’ufficio medico legale ed è stato nominato il dott. (…). All’udienza del 30.06.2017 veniva deferito l’interrogatorio formale alla convenuta contumace, sig.ra (…) e veniva escusso il teste (…). L’escussione del testimone (…) è stata delegata al Tribunale di Ancona.
All’udienza del 17.01.2019, ritenuta la causa matura per la decisione, le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni riportandosi ai fogli di precisazione delle conclusioni e, assegnati i termini ordinari ex art. 190 c.p.c., si è trattenuta la causa in decisione.
Preliminarmente si deve ribadire l’inammissibilità sia della prova orale dedotta da parte attrice la cui richiesta di accoglimento è stata ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, sia la richiesta CTU cinematica atteso che è stato possibile ricostruire il sinistro con gli elementi probatori acquisiti al processo e, pertanto, va confermata l’ordinanza emessa all’udienza del 16.3.2017.
2. Responsabilità del sinistro
Tanto premesso, in punto di responsabilità deve ritenersi che il sinistro sia ascrivibile alla responsabilità esclusiva della convenuta (…), conducente dell’autoveicolo (…).
La dinamica dell’incidente va ricostruita sulla base delle evidenze probatorie in atti, in particolare della relazione di incidente stradale redatta dai Carabinieri di Ancona, nonché delle deposizioni testimoniali rese nel corso del giudizio.
Dalle predette emergenze processuali si evince che l’attore stava percorrendo alla guida del proprio motoveicolo Yamaha mod. XTZ 660 Tenerè tg. (…) la Strada Statale Adriatica SS 16 in direzione Civitanova-Ancona, allorchè, mentre sorpassava le auto incolonnate alla velocità di circa 20/30 Km orari, veniva in collisione con l’autovettura (…) condotta dalla convenuta (…) la quale, all’altezza dell’incrocio con la Via A. effettuava la svolta a sinistra per imboccarla ed in tale frangente il motociclo condotto dall’attore collideva contro la portiera anteriore sinistra della (…).
Tale ricostruzione risulta confermata – oltre che dalla localizzazione degli urti, avvenuta con peculiare riferimento all’autovettura, nella parte anteriore laterale sinistra (nel rapporto di incidente si legge “danni veicolo A “introflessione portiera anteriore sinistra; rottura specchio retrovisore esterno sinistro; piegatura parafango ruota anteriore sinistra”) e con riferimento al motociclo nella parte anteriore (nel rapporto di incidente si legge danni veicolo B “danneggiamento ruota anteriore con relativi organi di sospensione; striature sulla fiancata sinistra”), apparendo così compatibile con la manovra di svolta effettuata dall’autoveicolo – anche dalle dichiarazioni rese dalla conducente della stessa. In effetti, la signora (…) ha dichiarato in udienza (vedi verbale udienza del 30.6.2017) che aveva inserito l’indicatore di direzione, aveva guardato nello specchietto retrovisore e stava svoltando quando veniva impattata dalla moto.
La compagnia convenuta, al riguardo, ha sostenuto la responsabilità esclusiva dell’attore nella causazione del sinistro.
Senonchè, si deve evidenziare che nel corso del giudizio non è stato provato che la conducente dell’autovettura avesse inserito l’indicatore di direzione prima di spostarsi verso sinistra né che lo stesso avesse adeguatamente ispezionato la strada prima di effettuare la manovra indicata (v. verbale di udienza del 30 giugno 2017 testimone V. e verbale di udienza del 7.6.2018 innanzi al Tribunale di Ancona testimone (…)), atteso che entrambi i testi escussi non hanno saputo fornire indicazioni in merito a queste circostanze.
Né si può attribuire valenza confessoria alle dichiarazioni rese dalla convenuta contumace in sede di interrogatorio formale sulla circostanza dell’inserimento dell’indicatore di direzione in quanto trattasi di circostanza favorevole alla convenuta che non ha quindi valore di prova legale ai sensi dell’art. 230 c.p.c. vincolante per il giudice.
Può, quindi, affermarsi che la convenuta ha effettuato una manovra foriera di pericolo ed intralcio alla circolazione dei veicoli, in quanto dalla posizione di sosta nel traffico effettuava una imprudente svolta a sinistra senza verificare di non creare intralcio alla circolazione. Sebbene la sig. (…) in sede di interrogatorio formale (vedi verbale di udienza del 30.6.2017) abbia dichiarato di non avere visto nessuno sopraggiungere da tergo è ben probabile che non si sia accorta della presenza del motociclo che era quasi di fianco alla propria vettura.
Tale circostanza trova un riscontro sia nei rilievi effettuati dai Carabinieri i quali non hanno trovato tracce di frenata e/o scarrocciamento e, ciò, si giustifica in quanto il conducente del motociclo, stante la repentinità della svolta dell’auto, non ha avuto il tempo di azionare i dispositivi di frenata; che nella localizzazione dell’urto desumibile dalle parti dei veicoli danneggiate.
Infatti, considerato che l’autovettura ha subito la rottura dello specchietto retrovisore esterno sinistro e la piegatura del parafango della ruota anteriore sinistra, oltre alla introflessione della portiera anteriore si può ritenere ragionevolmente che durante la fase di svolta a sinistra il motociclo si trovasse in quella porzione di spazio di fianco all’autovettura non visibile dallo specchietto (cd. “punto cieco”).
In tal caso, quindi, la conducente avrebbe dovuto agire con maggiore cautela e prudenza prima di effettuare la svolta a sinistra e, piuttosto che limitarsi a guardare nello specchietto laterale, come dichiarato dalla stessa (…) (vedi verbale udienza del 30.6.2017) avrebbe dovuto voltarsi indietro con la testa per verificare se il “punto cieco” era stato impegnato da qualche motociclo in fase di sorpasso, come nella specie è accaduto.
Trattandosi di una manovra di svolta a sinistra, che poteva determinare una situazione di pericolo per i veicoli che sopraggiungevano o seguivano, la signora (…) avrebbe dovuto effettuare la manovra di svolta in assoluta prudenza e sicurezza e, conformemente alle previsioni di cui all’art. 154 D.Lgs. n. 285 del 1992, avrebbe dovuto:
a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi;
b) segnalare con sufficiente anticipo la sua intenzione.
Non risulta che tali cautele siano state rispettate, atteso che non vi è prova dell’utilizzo delle segnalazioni di cambiamento di direzione, né della circostanza che la manovra sia stata posta in essere dopo aver adeguatamente ispezionato il campo stradale al fine di verificare l’eventuale sopraggiungere di altri veicoli intersecanti la propria traiettoria, tenuto altresì conto che si trattava di una strada interessata da intenso traffico.
Non vi è dubbio che se il conducente dell’autovettura avesse diligentemente controllato l’eventuale sopraggiungere di altri veicoli assicurandosi di potersi spostare senza alcun pericolo per gli altri utenti della strada, avrebbe potuto evitare la collisione con la moto guidata dal signor T..
Non sono invece ravvisabili elementi di colpa a carico dell’attore tenuto conto che lo stesso viaggiava regolarmente sulla propria corsia superando le auto ferme in coda nel traffico ad una velocità modesta, e considerata l’incongruità della manovra effettuata dall’automobilista che dapprima si trovava ferma incolonnata nel traffico e successivamente effettuava un’improvvisa svolta a sinistra senza adeguate segnalazioni.
Consegue pertanto che il sinistro va addebitato in via esclusiva alla convenuta (…).
Accertata in tal modo la responsabilità del sinistro, occorre procedere all’accertamento ed alla liquidazione dei danni richiesti dall’attore tenuto conto, con particolare riferimento al danno non patrimoniale, alle conclusioni della esperita CTU medico legale.
3. Sul risarcimento del danno non patrimoniale e non patrimoniale
In merito al danno non patrimoniale, tenuto conto delle conclusioni elaborate dal dott. (…), nominato CTU medico legale, che appaiono condivisibili in quanto congruamente motivate e, comunque, non contestate dalle parti, e giunte in seguito ad indagini accurate e tecnicamente corrette, è risultato che l’attore in seguito al sinistro ha riportato “frattura malleolo peroneale destro-distrazione rachide cervicodorsale-flc avambraccio destro”.
I postumi sono descritti nell’elaborato che qui integralmente si richiama unitamente alle conclusioni – in ordine alla natura ed entità delle lesioni – alle quali si può senz’altro aderire attesa la correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti.
Nel dettaglio, il consulente ha riconosciuto postumi permanenti nella percentuale del 6,5%, con un ulteriore periodo di giorni 30 di inabilità temporanea parziale pari al 75%, di giorni 45 al 50% ed in ulteriori 45 giorni al 25%.
Ha rilevato che sono state documentate spese mediche, ritenute necessarie e congrue, pari ad Euro 4.634,19, con l’esclusione della fatturazione successiva al mese di settembre del 2012 perché collocate cronologicamente in un periodo eccessivamente lontano dall’evento lesivo nonché per la carenza di riscontro specialistico prescrittivo; ha escluso la necessità di spese mediche future.
Infine, il CTU ha escluso ogni incidenza sulla capacità lavorativa specifica di psicoanalista svolta dall’attore.
Questo Giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni, tra l’altro non contestate da alcuna delle parti che non hanno presentato osservazioni, cui è pervenuto il CTU in merito al danno non patrimoniale, che appaiono congruamente motivate.
Pertanto, in virtù dell’art. 139 del D.Lgs. n. 209 del 2005, e del D.M. 9 gennaio 2019 (pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 29 del 4 febbraio 2019), tenuto conto dell’età del danneggiato al momento del fatto (59 anni, e non 60 come sostiene controparte considerato che il sig. T. è nato in data (…) e l’incidente è avvenuto in data 8.8.2011), si liquida per il danno biologico permanente la somma di Euro 7.159,18, (pari alla media fra 6% e 7%) delle lesioni micropermanenti. Ai sensi della medesima fonte si liquida per l’invalidità temporanea parziale, l’importo complessivo di Euro 2.647,20 (=euro 1.059,00 pari ad Euro 35,30 x 30 giorni, + Euro 1.059,00, pari ad Euro 23,53 x 45 giorni, + Euro 529,20, pari ad Euro 11,76 x 45 giorni).
Non essendo stato allegato in modo specifico nulla in merito al fatto posto in essere dalla conducente dell’autovettura, non è possibile valutare l’astratta ravvisabilità degli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose, punito ex art. 590 c.p., con conseguente esclusione del risarcimento del pretium doloris, ai sensi dell’art. 2059 c.c. e 185 c.p.
Né può essere accolta la richiesta di personalizzazione del danno avanzata da parte attrice in quanto il danno non patrimoniale anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato, con la conseguenza che la parte lesa dovrà comunque allegare tutti gli elementi idonei a fornire, nella concreta fattispecie, la serie concatenata di fatti che permettano di presumere e individuare i vari profili di danno (Cass. S.U. 11 novembre 2008, n. 26973, n. 9528/2012) e nel caso in esame non è stato assolto tale onere assertivo prima che probatorio.
In considerazione delle lesioni subite e della situazione concreta della parte lesa si deve ritenere che i riflessi sulla sua integrità psico-biologica, il condizionamento ed il pregiudizio dello svolgimento delle attività areddituali dell’attore ed ogni ulteriore aspetto morale che concorre a descrivere il danno non patrimoniale sono contemplati nella liquidazione del danno non patrimoniale, atteso che la giudicante ha quantificato i giorni di invalidità temporanea facendo applicazione dell’importo giornaliero di Euro 47,07 previsto dalla tabella allegata all’art. 139 D.Lgs. n. 209 del 2005 cit. senza operare alcuna decurtazione.
A titolo di danni non patrimoniali, quindi, spetta all’attore l’importo di Euro 9.806,38.
Per le spese mediche va liquidata la somma di Euro 4.634,19 che appare congrua ed è stata documentata da parte attrice (documenti prodotti sub (…) e (…) del fascicolo attoreo) e non specificamente contestata dalla compagnia convenuta. Mentre non può essere riconosciuto l’ulteriore importo di Euro 3.447,00 richiesto dall’attore anche in sede di comparsa conclusionale in quanto si tratta di spese che, come il CTU ha avuto modo di evidenziare, non sono utili sul piano clinico in quanto cronologicamente collocate a distanza dall’evento.
Quanto alla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali subiti per effetto della incidenza del sinistro sulla capacità lavorativa svolta dall’attore psicoterapeuta, alcuna somma può essere riconosciuta all’attore attesa la mancata allegazione e dimostrazione di una contrazione del reddito (dimostrazione che non poteva essere fornita con la prova testimoniale sulla circostanza di cui al cap. n. 7 della memoria depositata in data 7.4.2015 ai sensi dell’art. 183 VI comma c.p.c. che verte sull’orario di lavoro dell’attore) oltre all’assenza di prova del nesso causale tra il sinistro oggetto di causa e l’invocato danno da conseguente all'”annullamento di svariate sedute con i propri pazienti” se si considera che il sinistro è avvenuto in data 8.8.2011 in concomitanza, quindi con il periodo feriale in cui l’attività di un libero professionista è, di regola, sospesa. Ne consegue che solo un onere assertivo rigoroso avrebbe consentito all’attore di ottenere il riconoscimento di tale voce di danno.
Al riguardo, si deve anzitutto evidenziare come lo stesso CTU ha escluso ogni incidenza delle riscontrate lesioni sulla capacità lavorativa specifica di psicoterapeuta.
Si rileva, inoltre, un difetto di allegazione da parte della stessa attrice circa l’effettiva incidenza dei postumi sul concreto atteggiarsi dell’attività lavorativa dichiarata e sulla capacità di guadagno, atteso che l’attore nell’atto introduttivo e si è limitato ad affermare in modo del tutto generico che il sinistro aveva inciso sulla propria capacità lavorativa determinato una perdita di circa Euro 10.000,00.
Secondo il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza in materia di invalidità permanente, tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste alcun rigido automatismo, per cui in presenza di una lesione della salute, anche di non modesta entità, non può ritenersi ridotta in egual misura la capacità di produrre reddito, ma il soggetto leso ha sempre l’onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l’invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno (così Cass. 29/1/2010 n. 2062; cfr. anche Cass. 27/7/2001 n. 10289; Cass. 12/2/2013 n. 3290).
Ancora, si è affermato che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un’automatica conseguenza dell’accertata esistenza di lesioni personali, ma esige che sia verificata la attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima. Ne consegue che quando detti postumi siano di lieve entità o, comunque, manchino elementi concreti dai quali desumere una incidenza della lesione sulla attività di lavoro attuale o futura del soggetto leso, vanno escluse l’esistenza e la risarcibilità di qualsiasi danno da riduzione della capacità lavorativa, mentre va privilegiato un meccanismo di liquidazione (quello del danno alla salute) idoneo a cogliere, nella sua totalità, il pregiudizio subito dal soggetto nella sua integrità psico-fisica (Cass., 24 febbraio 2011 n. 4493)
In conclusione, trattandosi di voci di danno contestate dalla convenuta, non può ritenersi provato il danno in questione.
Infine, deve respingersi anche la voce di danno “da vacanza rovinata” consistita, secondo la prospettazione attorea nel mancato godimento “appieno della tanto agognata vacanza presso la propria abitazione di Porto Recanati” in primo luogo in quanto incompatibile con la richiesta di danno da lucro cessante per avere dovuto annullare svariate sedute di psicoanalisi con i clienti.
Se nel periodo di agosto l’attore aveva programmato di svolgere la propria attività lavorativa si deve escludere il disagio psico-fisico da mancata realizzazione della vacanza che, quindi non era stata programmata.
Inoltre, anche in tal caso l’onere assertivo è carente con conseguente rigetto di tale voce di danno che è stata creata dalla dottrina e dalla giurisprudenza a tutela del viaggiatore che dimostri l’inadempimento del contratto di pacchetto turistico e la mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero (vedi Cass. Civ. Sez. 3, Sent. n. 7256 del 11/05/2012).
Per quel che attiene il risarcimento del danno patrimoniale corrispondente ai costi per gli interventi di riparazione del motoveicolo Yamaha quantificati da parte attrice in Euro 2.750,00 si deve ritenere che il preventivo prodotto (doc. n. 5 fascicolo attoreo) non è idoneo a dimostrare i danni effettivamente subiti.
Peraltro, considerato che nel rapporto di incidente si legge che per effetto del sinistro la moto presentava danni alla ruota anteriore e alle sospensioni oltre che striature sulla fiancata sinistra, si deve ritenere che tali danni siano stati adeguatamente e congruamente indennizzati dalla compagnia convenuta in data 15.12.2011 per l’ammontare di Euro 892,50 (vedi doc. n. 7 fascicolo attoreo).
In conclusione, va riconosciuta all’attore a titolo di risarcimento dei danni subiti, la complessiva somma di Euro 15.333,07 in moneta attuale, oltre interessi legali dalla data odierna e sino al soddisfo.
Al fine di determinare il residuo credito risarcibile occorre, peraltro, considerare l’acconto di Euro 892,50 corrisposto dalla convenuta all’attore in data 15.12.2011 (doc. 7 attore), l’acconto di Euro 3.214,00 corrisposto dalla convenuta all’attore in data 2.8.2013 (doc. 8 attore) oltre all’acconto di Euro 9.500,00 corrisposto in corso di causa dalla convenuta all’attore in data 27.1.2017 (doc. 3 convenuta).
Considerato che in presenza di acconti occorre rendere omogenei i valori del calcolo e, quindi, che è necessario rivalutare gli acconti alla data della liquidazione (Cass. 10/3/99 n. 2074), ne consegue che alla data della presente sentenza l’acconto di Euro 892,50 si è rivalutato in Euro 944,27, l’acconto di Euro 3.214,00 si è rivalutato in Euro 3.284,71 e l’importo di Euro 9.500,00 si è rivalutato in Euro 9.699,50 per il totale di acconti versati di Euro 13.928,48 in moneta attuale.
Detraendo dall’importo riconosciuto di Euro 15.333,07 in moneta attuale l’importo dell’acconto, reso omogeneo, pari ad Euro 13.928,48, il residuo credito riconoscibile all’attore è pari all’importo di Euro 1404,59 in moneta attuale.
Su tale somma devono essere altresì riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato godimento tempestivo dell’equivalente pecuniario del bene perduto.
Gli interessi compensativi, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass., SS.UU., n. 1712 del 17.2.95), decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano non sulla somma già rivalutata ma, di anno in anno, sulle somme iniziali, ossia devalutate alla data del fatto illecito, a mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell’indice Istat.
Pertanto, recependo i principi di cui alla sentenza n. 1712 del 17 febbraio 1995 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, appare congruo adottare, anche in applicazione del principio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, tenuto conto della natura del danno, dell’arco temporale considerato e di tutte le circostanze accertate, quello degli interessi legali.
Ai soli fini del calcolo degli interessi compensativi dovranno, quindi, essere effettuate le seguenti operazioni.
La somma corrispondente al capitale riconosciuto a titolo di risarcimento in moneta attuale (Euro 15.333,07) deve essere, anzitutto, devalutata alla data del fatto (8.08.2011); l’importo così devalutato deve essere, quindi, mensilmente rivalutato secondo la variazione degli indici Istat del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, dalla data del fatto a quella dei singoli acconti (15.12.2011, 2.8.2013 e 27.1.2017);
sulla somma via via rivalutata devono essere calcolati gli interessi al tasso legale dalla data del fatto a quella dell’acconto; dalla somma rivalutata a tale data deve detrarsi l’acconto e sul residuo deve procedersi ancora alla rivalutazione e al computo degli interessi sulla somma via via rivalutata fino alla data della presente sentenza. Dalla data della sentenza sono dovuti gli interessi al tasso legale sul solo importo residuo liquidato (Euro 1404,59), corrispondente al capitale già rivalutato.
Più in generale, quanto alle spese di lite (ivi comprese quelle relative all’attività stragiudiziale e alla consulenza medica di parte), sussistono le condizioni per la loro compensazione tra le parti, ogni diversa statuizione al riguardo apparendo non conforme a giustizia (cfr. Cass. Civ., 11 luglio 2014, n. 16037 in riferimento alla sussistenza delle condizioni, pur dopo la riforma del richiamato art. 92 c.p.c. ex L. n. 69 del 2009, per la compensazione totale o parziale delle spese processuali, condizioni che devono riguardare – come nel caso in esame, alla luce delle considerazioni fin qui svolte – specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa).
In effetti, si ritiene che l’accoglimento parziale delle domande proposte, anche per importi notevolmente inferiori rispetto a quelli richiesti, l’avvenuto pagamento ante causam di gran parte del risarcimento dovuto e la corresponsione in tale sede anche di un importo a titolo di spese legali integrano un’ipotesi di soccombenza reciproca che giustifica la compensazione integrale delle spese ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (in tal senso, v. Cass., 22 febbraio 2016 n. 3438 ove si ribadisce che la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento).
Le spese di CTU liquidate in corso di causa sono ripartite in quote uguali a carico di parte attrice e parte convenuta (vedi Corte di Cassazione, sezione sesta civile, sentenza n. 17739/2016).
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (…) contro (…) S.p.a. nonché (…) e (…), contumaci, così provvede:
a. accertato che il sinistro per cui è causa è stato determinato dalla responsabilità esclusiva della convenuta contumace (…), liquidati complessivamente i danni non patrimoniali e patrimoniali subiti dall’attore nell’importo di Euro 15.333,07 in moneta attuale e detratti gli acconti corrisposti, condanna la convenuta (…) S.p.a., la sig. (…) e (…), in solido e nelle rispettive qualità, a pagare all’attore la somma di Euro 1.404,59 in moneta attuale, oltre interessi da calcolarsi con i criteri indicati in motivazione;
b. compensa integralmente le spese di giudizio tra l’attrice e la convenuta (…) S.p.a.
c. pone le spese di C.T.U., come liquidate in via provvisoria in corso di causa, a carico di parte attrice e parte convenuta in quote uguali.
Così deciso in Milano il 2 luglio 2019.
Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2019.