ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non e soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. n. 44 del 1999, articolo 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura.
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Corte di Cassazione|Sezione 6|Civile|Ordinanza|12 settembre 2019| n. 22787
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5973-2018 proposto da:
(OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di Curatore del FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.N.C. e di (OMISSIS) e di (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO PAZZI.
RILEVATO
che:
1. il Tribunale di Termini Imerese dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.n.c. malgrado questi avesse ottenuto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo il provvedimento di sospensione dei termini previsto dalla L. n. 44 del 1999, articolo 20, a seguito della presentazione di un esposto con cui aveva denunziato la (OMISSIS) s.p.a. per usura;
2. la Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata in data 9 gennaio 2018, rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante di (OMISSIS) s.n.c., ritenendo da un lato che la sospensione prevista dalla L. n. 44 del 1999, articolo 20, non riguardasse le procedure prefallimentari, dall’altro che gli ottetti del provvedimento di sospensione non si estendessero ai crediti rimasti estranei all’usura denunciata;
3. per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ sopra indicata, prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.n.c., (OMISSIS) e (OMISSIS);
l’intimata (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto alcuna difesa.
CONSIDERATO
che:
4. il motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 Cost. e della L. 23 febbraio 1999, n. 4420: la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto Che la sospensione disposta ai sensi di quest’ultima norma determini una moratoria non generalizzata dei debiti dell’imprenditore ma solo nei confronti dei creditori che abbiano commesso fatti di usura, benche’ il disposto legislativo intenda tutelare il patrimonio aziendale dell’imprenditore danneggiato da interventi intimidatori di matrice estorsiva o abusi usurari dall’aggressione di qualsiasi creditore, onde non aggravare oltre misura la sua situazione economica gia’ precaria e per il tempo presumibilmente necessario a conseguire il contributo statale: ne conseguirebbe la carenza di legittimazione attiva del creditore istante, il cui diritto si sarebbe formato in un periodo in cui il debitore era gia’ vittima di usura;
oltre a cio’ il provvedimento di sospensione opererebbe ope legis anche rispetto alle procedure prefallimentari, in ragione dell’equiparazione dell’effetto della sentenza di fallimento a quello di un pignoramento riguardante l’intero patrimonio del debitore e non essendovi motivo per sospendere solo le esecuzioni individuali c non l’esecuzione generale:
5. la doglianza presentata, sotto ambedue i profili dedotti, inammissibile, ex articolo 360-bis c.p.c., in quanto la sentenza impugnata ha deciso le questioni diritto poste dal reclamante in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo presentato non (dire elementi per riconsiderare tale consolidato orientamenti);
5.1 quanto al primo profilo di lagnanza e sufficiente tare richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui la sospensione prevista dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20, in favore del soggetto rimasto vittima di richieste estorsive o usura mira ad offrire tutela alla vittima del reato di usura e intende bilanciare l’interesse del creditore all’adempimento con la verifica di un nesso eziologico tra la difficolta’ solutoria dell’obbligato e la genesi criminale del debito;
la norma in questione intende cosi’ assicurare tutela alle vittime di particolari reati non solo tramite un sostegno economico, ma anche alterando le ordinarie relazioni civili correlate all’attivita’ delittuosa in un quadro di prevalenza dell’interesse pubblico alla protezione di ogni situazione debitoria incisa anche indirettamente da tali reati;
l’effetto di tali misure non puo’ pertanto che riguardare le sole fattispecie negoziali che trovino giustificazione’ nella ratio legis posta a base della limitazione del diritto di difesa e del diritto di credito;
va percio’ data continuita’ al consolidato principio secondo cui la sospensione prevista dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20, riguarda la scadenza dei singoli crediti correlati al reato denunciato e non investe le altre posizioni creditorie (Cass. 22756/2019, Cass. 6309/2014);
non si presta percio’ a censura il provvedimento impugnato laddove ha ritenuto che il provvedimento di sospensione emesso dalla Procura della Repubblica non abbia minato la legittimazione del creditore istante, pacificamente estraneo all’usura denunciata, a sollecitare la dichiarazione di fallimento;
5.2 rispetto poi al secondo motivo di critica occorre invece ricordare come questa Corte abbia gia’ chiarito che la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva, ma cogniti a, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non puo’ dirsi iniziata l’esecuzione collettiva, cosi’ come, prima del pignoramento, non puo’ ritenersi cominciata l’esecuzione individuale;
ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non e soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. n. 44 del 1999, articolo 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura (Cass. 10172/2016, Cass. 99945/9018);
e’ la sentenza dichiarativa di fallimento che apre invece una nuova fase del processo concorsuale (Cass. 7471/2008), dotata di sicura vocazione liquidatoria, sicche’ solo ad essa pub essere ricondotta la nozione esecutiva cui ha riguardo la norma appena richiamata, potendo la portata inibente del titolo ivi previsto, ove riconosciuto nei suoi presupposti, operare per la fase successiva, con altri rimedi e a seguito di distinte iniziative, del tutto estranee al giudizio critico sulla mera pronuncia in se’ dei requisiti di fallibilita’ (Cass. 8434/2012);
6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile:
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 -bis.