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la decadenza del correntista ex art. 1832 cod. civ. (richiamato per le operazioni bancarie in conto corrente dal successivo art. 1857) dal diritto di impugnare le partite incluse negli estratti – conto, non si riferisce alla validità ed efficacia dei rapporti da cui i rispettivi accrediti ed addebiti derivano; né la mancata contestazione (o approvazione) del conto comporta che il debito fondato su negozio nullo od annullabile o comunque su situazione illecita divenga per ciò “nuovo” e, come tale, incontestabile.
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Tribunale Latina, Sezione 1 civile Sentenza 21 agosto 2018, n. 2035
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA
PRIMA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Paola Romana Lodolini ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1762 R.G. cont. 2010
TRA
(…) SRL, C.F. (…),
già elettivamente domiciliata in Latina, via (…), presso l’avv. Gi.Di., dal quale era rappresentata e difesa giusta procura a margine dell’atto di citazione
ATTRICE – CONVENUTA IN RICONVENZIONALE
E
(…) SPA, risultante dalla fusione per incorporazione del (…) in (…) SPA
elettivamente domiciliata in Latina, via (…), presso lo studio dell’avv. Ro.Ma., dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTA – ATTRICE IN RICONVENZIONALE
NONCHÉ
(…), (…), (…),
elettivamente domiciliate in Latina, piazza (…), presso l’avv. Pa.De., dal quale sono rappresentate e difese giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
(…), (…), E (…), C.F. (…),
elettivamente domiciliati in Cisterna di Latina, piazza (…), presso gli avv. Gi.Mu. e Pi.Fi., dai quali sono rappresentati e difesi giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
(…) – contumace
CHIAMATI IN CAUSA
NONCHÉ
(…) S.P.A., C.F. (…), quale mandataria di (…) S.R.L.,
elettivamente domiciliata in Cisterna di Latina, via (…), presso l’avv. Si.Im., e rappresentata e difesa dall’avv. Co.De. giusta procura in calce alla (così denominata) comparsa di costituzione di nuovo difensore
INTERVENUTA EX ART. 111 C.P.C.
OGGETTO: conti correnti bancari
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Alla prima udienza dell’11.1.2011, il difensore della (…) srl ha dichiarato l’intervenuto fallimento della società attrice.
Il giudizio è stato pertanto dichiarato interrotto limitatamente al rapporto processuale tra la (…) srl e la (…), e non è stato riassunto.
Ne discende la declaratoria di estinzione del giudizio, limitatamente alle domande proposte dalla società attrice nei confronti dell’istituto di credito convenuto, nonché alla domanda riconvenzionale avanzata dalla convenuta nei confronti della società attrice.
All’udienza del 28.1.2016 è stato dichiarato il decesso della terza chiamata (…), ed il giudizio è stato dichiarato interrotto, limitatamente al rapporto processuale con la stessa. Alla successiva udienza del 31.3.2016 è stato dichiarato il decesso di (…), ed il giudizio è stato dichiarato interrotto limitatamente al rapporto processuale con quest’ultimo.
A tali interruzioni non ha fatto seguito alcuna riassunzione, cosicché deve altresì essere dichiarata l’estinzione del giudizio, limitatamente alle domande proposte nei confronti dei terzi chiamati dall’istituto di credito convenuto, nonché delle domande avanzate dai medesimi terzi chiamati nei confronti della parte convenuta (cfr. Cass. n. 9960 del 20/04/2017: “Nel caso di cumulo di cause scindibili, l’evento interruttivo riguardante il debitore principale non si propaga al debitore solidale in qualità di fideiussore, ed il giudice ha la facoltà, non l’obbligo, di separare le cause, sicché, ove non si avvalga di tale facoltà, una volta mancata la riassunzione nell’interesse della parte colpita dall’evento interruttivo e determinatasi l’estinzione (parziale) del giudizio nei confronti di quest’ultima, il processo deve continuare tra il fideiussore, che non ha alcun onere di provvedere alla riassunzione del giudizio, ed il creditore, non potendosi profilare l’estinzione anche di tale giudizio”).
Deve pertanto essere esaminata la domanda di accertamento dei rapporti di dare ed avere tra le parti, originariamente proposta dalla società attrice (sulla base delle contestazioni dalla stessa sollevate in ordine alla determinazione dei saldi, asseritamente risultanti da addebiti illegittimamente effettuati, anche in esecuzione di clausole nulle) fatta propria dai terzi chiamati (…) ed (…), nonché la domanda di condanna avanzata dalla convenuta nei confronti dei fideiussori (ad eccezione delle domande proposte da, e nei confronti di, (…) ed (…), deceduti in corso di causa, in ordine ai quali il rapporto processuale si è estinto).
Tanto premesso, la domanda proposta dalla banca convenuta nei confronti del fideiussore (…) è infondata e deve pertanto essere rigettata.
La terza chiamata ha infatti depositato, nel rispetto del terzo termine assegnato ai sensi dell’art. 183 comma VI c.p.c., una missiva datata 13 marzo 1998 della (…), del seguente testuale tenore: “Oggetto: fideiussione limitata a Lit. 400.000.000 rilasciata dalla (…) in nostro favore nell’interesse di (…) srl in data 13.6.1997. Ci riferiamo alla Sua richiesta del 9 marzo 1998 con la quale la (…) ci ha comunicato il recesso dalla citata fideiussione, nel prendere atto della sua comunicazione e nel darle formale scarico della fideiussione descritta in oggetto…”.
Da tale comunicazione emerge tanto che il fideiussore abbia esercitato il recesso (cfr. Cass. 8129 del 03/04/2009, secondo cui la recedibilità della fideiussione è conforme al principio generale dell’ordinamento che tende ad evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori, nonché alla buona fede che, ai sensi dell’art. 1375 cod. civ., deve ispirare il comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto), quanto che la banca non abbia sollevato, in ordine allo stesso, alcuna contestazione, senza comunicare l’esistenza di alcun debito all’epoca in cui il recesso è stato esercitato (anno 1998).
Ne discende che la domanda di pagamento azionata dalla convenuta nei confronti di (…) appare priva di fondamento.
A fronte delle contestazioni sollevate dalla convenuta in ordine alla tempestività del deposito della comunicazione del 13.3.1998 della (…), deve rilevarsi che tale deposito costituisce prova contraria rispetto alla fideiussione depositata in allegato alla comparsa di costituzione e risposta, cosicché lo stesso appare tempestivamente effettuato nel termine assegnato per la relativa articolazione.
La domanda avanzata da (…) SpA nei confronti di (…) deve pertanto essere integralmente rigettata.
I terzi chiamati (…) ed (…) hanno in primo luogo invocato il disposto dell’art. 1956 c.c., deducendo che la banca convenuta avesse fatto credito alla società debitrice principale, pur nella consapevolezza del peggioramento delle sue condizioni patrimoniali.
La prospettazione è infondata e non può pertanto essere condivisa, in assenza di specifiche allegazioni tanto in ordine al dedotto peggioramento delle condizioni patrimoniali della società debitrice, quanto in ordine alla consapevolezza di tale peggioramento in capo al creditore.
I medesimi fideiussori si sono altresì associati alle domande svolte dalla società attrice.
Deve tuttavia essere dichiarata inammissibile la domanda di condanna della banca alla restituzione delle somme asseritamente indebitamente riscosse. Tale richiesta, invero, si riferisce alla restituzione in favore del debitore principale (peraltro fallito, e nei cui confronti è stata dichiarata l’estinzione del giudizio), con la conseguenza che, in ordine alla stessa, i terzi sono evidentemente privi di legittimazione.
Deve inoltre rilevarsi che la domanda riconvenzionale proposta dalla banca convenuta si riferisce al saldo passivo del conto corrente n. (…) (oggetto anche delle contestazioni della società attrice, alle quali si sono associati i fideiussori (…) ed (…)), ed al saldo passivo del conto anticipi fatture cessione di credito (…), posizione a sofferenza n. 9522/120, per complessivi Euro 24.991,00.
Tale secondo rapporto non ha formato oggetto di alcuna allegazione, né di alcuna contestazione, né nell’atto di citazione, né nella comparsa di costituzione e risposta depositata dai terzi chiamati (…) ed (…).
La domanda riconvenzionale proposta nei confronti dei terzi chiamati (…) ed (…), con riferimento al pagamento del saldo passivo del conto anticipi fatture, è fondata e deve pertanto essere accolta.
La prospettazione attorea è stata infatti dimostrata attraverso il deposito, da parte dell’istituto di credito, dei contratti di finanziamento dietro cessione di credito, con menzione degli importi erogati, nonché dalle fatture n. (…) del 28.2.2009 e (…) del 28.2.2009, per complessivi Euro 9.364,10, e delle fatture n. (…), (…) e (…) del 31.8.2009, per complessivi Euro 22.464,00, e relativi anticipi.
In assenza di dimostrazione del pagamento degli importi finanziali, deve ritenersi che il credito di (…), in virtù del conto anticipi fatture – cessione di credito (…), posizione a sofferenza n. (…), sia pari all’importo richiesto, pari ad Euro 24.991,00 (inferiore a quello finanziato). In assenza di pattuizioni relative a tassi di interesse, su tale importo decorrono gli interessi al tasso legale dalla data della domanda giudiziale.
Ne discende che i terzi chiamati (…), (…) ed (…), che hanno prestato fideiussione relativa a tutte le obbligazioni assunte dalla società fallita, fino alla concorrenza di Lire 400.000.000 (cfr. le fideiussioni allegato 10 alla comparsa di costituzione) devono essere condannati al pagamento del relativo importo in favore della banca convenuta.
Quanto, invece, al conto corrente n. (…) ed agli altri rapporti derivati, elencati nell’atto di citazione, ed oggetto della domanda riconvenzionale della banca convenuta, deve preliminarmente essere disattesa l’eccezione di nullità sollevata dalla banca convenuta, atteso che tanto la causa petendi quanto il petitum appaiono sufficientemente determinati, atteso che la società attrice ha fornito sufficienti elementi (svolgendo le proprie contestazioni in ordine alle conduzioni pattuite ed a quelle applicate, e depositando, quasi integralmente, gli estratti conto a decorrere dall’apertura del conto corrente) per addivenire alla determinazione del saldo dei rapporti, necessariamente da effettuarsi attraverso CTU.
Parimenti infondata è l’eccezione di decadenza del diritto di impugnazione degli estratti conto, posto che la decadenza del correntista ex art. 1832 cod. civ. (richiamato per le operazioni bancarie in conto corrente dal successivo art. 1857) dal diritto di impugnare le partite incluse negli estratti – conto, non si riferisce alla validità ed efficacia dei rapporti da cui i rispettivi accrediti ed addebiti derivano; né la mancata contestazione (o approvazione) del conto comporta che il debito fondato su negozio nullo od annullabile o comunque su situazione illecita divenga per ciò “nuovo” e, come tale, incontestabile (cfr., tra le altre, Cass. n. 7662 del 13/04/2005).
Tanto premesso, deve rilevarsi che la censura relativa all’indebita applicazione di interessi debitori capitalizzati trimestralmente, sollevata dalla società attrice ed alla quale si sono associati i fideiussori, appare fondata.
Tale capitalizzazione risulta infatti contrattualmente pattuita all’art. 7 del contratto di conto corrente del 22.5.1991 (unitamente alla capitalizzazione annuale degli interessi creditori), previsione da ritenersi affetta da nullità.
A tal proposito, pare sufficiente, in questa sede, richiamare il più recente orientamento della Suprema Corte, a partire dal 1999 e consacrato dalla sentenza n. 21095 del 2004 delle Sezioni Unite (orientamento che questo giudice condivide ed al quale ritiene debba prestarsi adesione), che ha ulteriormente ribadito la nullità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori.
Ha infatti chiarito, la Suprema Corte, che “il parametro di riferimento è costituito dall’art. 1283 del codice civile (anatocismo) e, in particolare, dall’inciso “salvo usi contrari” che, in apertura della norma, circoscrive la portata della regola, di seguito in essa enunciata, per cui “gli interessi scaduti possono produrre interessi (a) solo dalla domanda giudiziale o (b) per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi”. Come è noto, in sede di esegesi della predetta norma, le richiamate sentenze (nn. 2374, 3096, 3845) della primavera del 1999, ponendosi in consapevole e motivato contrasto con pronunzie del ventennio precedente (nn. 6631/81; 5409/83; 4920/87; 3804/88; 2444/89; 7575/92; 9227/95; 3296/97; 12675/98), hanno enunciato il principio – reiteratamente, poi, confermato dalle successive sentenze nn. 12507/99; 6263/01; 1281, 4490, 4498, 8442/02; 2593, 12222, 13739/03, ed al quale ha dato comunque immediato riscontro anche il legislatore (che, con l’art. 25 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 ha, all’uopo, ridisciplinato le modalità di calcolo degli interessi su base paritaria tra banca e cliente) – (principio) per cui gli “usi contrari”, idonei ex art. 1283 c.c. a derogare il precetto ivi stabilito, sono solo gli usi “normativi” in senso tecnico; desumendone, per conseguenza, la nullità delle clausole bancarie anatocistiche, la cui stipulazione risponde ad un uso meramente negoziale ed incorre quindi nel divieto di cui al citato art. 1283. 4.3. Al di là di varie ulteriori argomentazioni, di carattere storico e sistematico, rinvenibili nelle pronunzie del nuovo corso, destinate più che altro ad avvalorare il “revirement” giurisprudenziale, emerge dalla motivazione delle pronunce stesse come, nel suo nucleo logico – giuridico essenziale l’enunciazione del principio di nullità delle clausole bancarie anatocistiche si ponga come la conclusione obbligata di un ragionamento di tipo sillogistico. La cui premessa maggiore è espressa, appunto, dalla affermazione che gli “usi contrari”, suscettibili di derogare al precetto dell’art. 1283 c.c., sono non i meri usi negoziali di cui all’art. 1340 c.c. ma esclusivamente i veri e propri “usi normativi”, di cui agli artt. 1 e 8 disp. prel. cod. civ., consistenti nella ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato comportamento (usus), accompagnato dalla convinzione che si tratta di comportamento (non dipendente da un mero arbitro soggettivo ma) giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme a una norma che già esiste o che si ritiene debba far parte dell’ordinamento giuridico (opinio juris ac necessitatis).
E la cui premessa minore è rappresentata dalla constatazione che “dalla comune esperienza emerge che i clienti si sono nel tempo adeguati all’inserimento della clausola anatocistica non in quanto ritenuta conforme a norme di diritto oggettivo già esistenti o che sarebbe auspicabile fossero esistenti nell’ordinamento, ma in quanto comprese nei moduli predisposti dagli istituti di credito, in conformità con le direttive dell’associazione di categoria, insuscettibili di negoziazione individuale e la cui sottoscrizione costituiva al tempo stesso presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari. Atteggiamento psicologico ben lontano da quella spontanea adesione a un precetto giuridico in cui, sostanzialmente, consiste l’opinio juris ac necessitatis, se non altro per l’evidente disparità di trattamento che la clausola stessa introduce tra interessi dovuti dalla banca e interessi dovuti dal cliente” (Cass. SS.UU. n. 21095 del 2004).
Tale nullità determina l’inefficacia degli addebiti per capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, sino al 9.2.2000 (data nella quale è intervenuta la delibera CICR che ha stabilito “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”), atteso che successivamente a tale data è stata prevista l’analoga periodicità della capitalizzazione degli interessi debitori e di quelli creditori.
Le sezioni unite della Suprema Corte, nella sentenza 24418/2010 hanno ulteriormente chiarito che “dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 cod. civ. (…), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione”.
Purtuttavia, per il periodo antecedente al decennio precedente la notifica dell’atto di citazione, deve altresì tenersi conto dell’eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata dalla convenuta, da valutarsi alla luce della distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie, secondo il principio di diritto dettato da Cass. SSUU n. 24418/2010.
Non è invece applicabile, alla specie, la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., pur invocata dalla banca convenuta, non vertendosi, per quanto innanzi argomentato, in tema di prescrizione di importi dovuti periodicamente ad anno o in termini più brevi.
Per le medesime argomentazioni che precedono, non può essere accolta l’eccezione di irripetibilità, ex art. 2034 c.c., delle somme addebitate sul conto corrente, atteso – peraltro – che il suddetto addebito non consegue ad uno spontaneo pagamento del debitore, ma ad un’operazione contabile effettuata sul conto corrente ad iniziativa della banca, sulla base di clausole contrattuali affette da nullità.
Pure fondata è la doglianza attorea riferita alla commissione di massimo scoperto, atteso che la stessa non risulta contrattualmente pattuita. Ne discende che il saldo del rapporto deve essere determinato prevendo l’esclusione degli addebiti a tale titolo.
Con riferimento al conto corrente ordinario n. (…), contrariamente a quanto assunto dalla società attrice, risulta l’espressa pattuizione tanto dell’interesse creditore (al tasso del 2,50%) quanto dell’interesse debitore (al tasso del 18,50%).
Al contrario, in assenza di contratti relativi agli altri conti indicati nell’atto di citazione, non risulta alcuna pattuizione del tasso di interesse.
Ne discende che, con riferimento al rapporto anticipo fatture (…) – (…) -(…) ed al rapporto (…) – (…) -(…), instaurati prima della entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, deve essere applicato il tasso legale per la determinazione degli interessi passivi, senza alcuna capitalizzazione.
Quanto, invece, al conto altri ant. e sovv. comm. (…) e al rapporto conto anticipi generici (…), apparentemente sorti in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, gli interessi passivi devono essere determinati al tasso previsto dall’art. 117 TUB, senza capitalizzazione
L’espletata CTU ha proceduto al ricalcolo del saldo del conto corrente ordinario n. (…) (sul quale sono confluiti gli altri rapporti), attenendosi a tali criteri. All’esito dell’indagine peritale, le cui conclusioni devono essere integralmente condivise, siccome raggiunte all’esito di adeguate indagini e sorrette da argomentazioni prive di errori e vizi logici, è stato verificato che il conto corrente presentava, alla data del 31.3.2010 (data in cui si è verificato il passaggio a sofferenza) un saldo, a credito della società correntista, pari ad Euro 54.023,52.
Ne discende l’integrale rigetto delle domande avanzate dalla convenuta nei confronti dei fideiussori (…), (…) ed (…), con riferimento al saldo del conto corrente ordinario n. (…).
Avuto riguardo alla soccombenza reciproca delle parti, le spese di lite devono essere integralmente compensate.
Le spese della CTU, liquidate con separati decreti, devono essere definitivamente poste a carico della banca convenuta, posto che l’indagine peritale era attinente esclusivamente al conto ordinario n. (…) e rapporti collegati, in ordine al quale l’istituto di credito convenuto risulta soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide:
dichiara l’estinzione del giudizio, limitatamente alle domande proposte da (…) srl, (…) e (…), nonché alle domande proposte nei confronti dei medesimi;
in accoglimento per quanto di ragione della domanda riconvenzionale avanzata da (…) SpA, condanna i terzi chiamati (…), (…) ed (…) al pagamento, in favore di (…) SpA, della somma di Euro 24.991,00, oltre agli interessi al tasso legale dalla data della domanda giudiziale;
rigetta nel resto la domanda avanzata dalla convenuta nei confronti dei terzi chiamati;
compensa integralmente le spese del giudizio;
pone definitivamente le spese della CTU, liquidate con separati decreti, a carico di (…) SpA.
Così deciso in Latina l’1 agosto 2018.
Depositata in Cancelleria il 21 agosto 2018.