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il decreto ingiuntivo richiesto dall’amministratore di condominio per il pagamento dei contributi condominali ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ. trova il proprio fondamento e titolo nella delibera dell’assemblea che ha approvato e ripartito la relativa spesa, con l’effetto che la sua rimozione, in forza di revoca della stessa assemblea o di annullamento in via giurisdizionale, determina la sopravvenuta perdita di efficacia della causa del credito azionato. Ne discende che il giudice investito dell’opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali deve accogliere l’opposizione e revocare il provvedimento di ingiunzione qualora la relativa delibera condominale di approvazione della spesa abbia perduto la sua efficacia a seguito di sospensione o annullamento da parte del giudice davanti al quale la delibera stessa è stata impugnata.

 

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Tribunale Roma, Sezione 5 civile Sentenza 4 luglio 2018, n. 13700

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il dott. Roberto Ghiron, in funzione di Giudice Unico di primo grado, V Sezione Civile del Tribunale di Roma ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 26678/16 Ruolo Generale Contenzioso

TRA

(…) SRL

elettivamente domiciliata in Rieti presso lo studio dell’avv. Ma.Le. che la rappresenta e difende in forza di procura in atti

OPPONENTE

E

CONDOMINIO VIA (…)

elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. Fr.Ca. che lo rappresenta e difende in forza di procura in atti

OPPOSTO

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in opposizione al d.i. n. 27761/15 la (…) srl esponeva quanto segue. Che l’opposto le aveva notificato il decreto suindicato in data 3-2-2016 per l’importo di Euro24015,00 oltre accessori. Che il ricorso per d.i., cui era seguita l’emissione del titolo, era fondato sul mancato pagamento di oneri condominiali e segnatamente di somme dovute in forza della delibera assembleare del 22-5-2012 con la quale era stato approvato il preventivo di spesa per lavori di manutenzione straordinaria e della successiva Delib. dell’8 ottobre 2013. Che era previsto il pagamento della somma dovuta in 20 rate e che non aveva versato le rate decorrenti dal febbraio 2013. Che per le rate dal febbraio al novembre 2013 aveva conseguito separato decreto come altro decreto aveva conseguito per le rate dal dicembre 2013 all’aprile 2014. Che controparte aveva abusato del processo in violazione delle norme di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. parcellizzando il credito e chiedendo adempimenti parziali nascenti da un unico rapporto con tre distinte domande (alle quali si era separatamente opposta) donde l’inammissibilità della domanda avanzata in questa sede a mente di quanto affermato da Cass. 23726/07. Che le somme oggetto di ingiunzione non erano dovute nella misura richiesta in quanto le spese straordinarie deliberate avrebbero dovuto essere ripartite in base alle clausole di cui agli artt. 21 dei regolamenti contrattuali inerenti le quattro palazzine site in via (…) che prevedevano che le botteghe e gli scantinati “contribuiranno” alle spese di ordinaria e straordinaria manutenzione “dell’ossatura del fabbricato”, del tetto e della fognatura principale in base alla tabella A1 dell’art. 31 per l’intero valore e per due terzi con riguardo alla manutenzione delle terrazze di copertura. Con la conseguente esclusione delle spese non concernenti il tetto, la fognatura principale e “l’ossatura” quali le deliberate spese per la manutenzione della facciata e dei frontalini come evidenziato nella perizia asseverata da un proprio tecnico che aveva affermato che la complessiva somma dovuta da essa opponente ammontava ad Euro 24064,21. Che aveva versato quanto dovuto il 15-2-2016. Che le delibere fondanti il credito erano affette da nullità in quanto erano stati approvati riparti in deroga alla previsioni regolamentari senza voto all’unanimità. Ciò premesso chiedeva che l’avversa domanda fosse dichiarata inammissibile per violazione del criterio di buona fede. Ulteriormente chiedeva, previo accertamento incidenter tantum della nullità delle delibere del 22-5-2012 e dell’8-10-2013, che fosse accertata l’inesistenza del credito in quanto la somma dovuta, pari ad Euro24064,21, era già stata corrisposta con conseguente revoca del decreto e condanna di controparte alla restituzione della somma di Euro 25006,92 versata al Condominio il 15-2-2016 in seguito alla notifica del d.i.. Con vittoria di spese e risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Si costituiva l’opposto affermando che le spese per i deliberati lavori (inerenti, oltre alla manutenzione ordinaria, in particolare l’eliminazione di infiltrazioni, il rifacimento dei frontalini e dei marcapiani e l’eliminazione dell’amianto dal tetto) avrebbero dovuto essere ripartite in base ai mm generali anche con riguardo alla posizione della opponente che era proprietaria di locali commerciali e non di scantinati e botteghe e che i motivi di doglianza sollevati avverso le delibere, da qualificarsi di annullabilità, erano stati tardivamente proposti. Concludeva chiedendo il rigetto dell’opposizione e la condanna di controparte al pagamento della somma di Euro 24015,00, con vittoria di spese.

All’esito del giudizio le parti precisavano le conclusioni come in atti. Infine la causa veniva trattenuta in decisione con i termini di legge all’udienza del 10-4-2018.

La preliminare richiesta di accertamento dell’illiceità della condotta del Condominio opposto per avere, in violazione dei criteri di correttezza e di buona fede, “parcellizzato” l’unico credito riferibile al medesimo rapporto di durata adendo più volte l'(…) con conseguente duplicazione di attività istruttoria e decisoria non merita accoglimento.

Invero, premesso che – come si ricava in particolare dalla prima memoria ex art. 190 c.p.c. versata dalla opponente – i crediti portati dal decreto opposto in questa sede (afferenti le mensilità di maggio – settembre 2014) ineriscono rate diverse da quelle oggetto delle precedenti richieste monitorie, la vicenda oggetto di esame non appare rientrare nei paradigmi indicati dalla citata giurisprudenza di legittimità (Cass. 1540/07 e Cass. 4090/17) in quanto le domande proposte dall’opponente hanno ad oggetto singoli crediti distinti, pur riferibili a medesimo rapporto di durata, ma esigibili nel corso del tempo in momenti diversi donde il legittimo interesse del creditore di invocare l’immediata tutela giudiziale alla maturazione delle varie rate di tal guisa non frazionando illecitamente il credito ma cercando di conseguire, a fronte dei reiterato inadempimento, rapidamente – appunto – il pagamento delle varie rate (pagamento peraltro non chiesto con riguardo alle “singole unità” del debitore ma complessivamente) man mano che si sono maturate onde poter far correttamente funzionare l’organizzazione condominiale a presidio della quale sono poste fra l’altro le norme di cui all’art. 63 disp. att. c.c. (Cass. SSUU 4421/07) e poter versare, come da contratto ed in base agli stati di avanzamento, quanto dovuto alla ditta appaltatrice.

Costituisce jus receptum il principio che il decreto ingiuntivo richiesto dall’amministratore di condominio per il pagamento dei contributi condominali ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ. trova il proprio fondamento e titolo nella delibera dell’assemblea che ha approvato e ripartito la relativa spesa (v. citata sentenza della S.C.), con l’effetto che la sua rimozione, in forza di revoca della stessa assemblea o di annullamento in via giurisdizionale, determina la sopravvenuta perdita di efficacia della causa del credito azionato. Ne discende che il giudice investito dell’opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali deve accogliere l’opposizione e revocare il provvedimento di ingiunzione qualora la relativa delibera condominale di approvazione della spesa abbia perduto la sua efficacia a seguito di sospensione o annullamento da parte del giudice davanti al quale la delibera stessa è stata impugnata (Cass. n. 19938 del 2012, la quale precisa altresì che è irrilevante che la sentenza di annullamento sia ancora soggetta ad impugnazione, dal momento che essa, a prescindere dal suo passaggio in giudicato, esplica un’efficacia di accertamento al di fuori del processo in cui è stata pronunciata).

Ciò posto si osserva che parte opponente non ha contestato la validità delle delibere onde conseguire l’accoglimento dell’opposizione ma ha chiesto, seppur incidenter tantum con pronuncia da valere nel presente giudizio, la declaratoria di nullità delle delibere fondanti il credito, domanda ammissibile anche nel giudizio di opposizione a mente dell’art. 104 c.p.c.. Pertanto, laddove fosse accertata l’invalidità delle dette delibere, il decreto dovrebbe essere revocato. Donde la necessità logica di dover trattare dapprima tale domanda.

La (…) srl afferma la nullità del riparto delle spese assunte con le delibere del 22-5-2015 e dell’8-10-2013 sull’assunto che il riparto sarebbe stato effettuato in violazione in particolare degli artt. 21 comma 2 dei regolamenti contrattuali inerenti le 4 palazzine che formano il Condominio convenuto laddove si afferma in particolare che le botteghe e gli scantinati contribuiscono alle spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria “dell’ossatura del fabbricato, della copertura a tetto e della rete principale della fognatura…” traendone segnatamente la conseguenza che spese non riferibili “all’ossatura del fabbricato” non possono essere poste a carico dei proprietari delle unità di tal guisa denominate. Le spese il cui riparto è stato oggetto di contestazione riguardano (come si ricava in particolare dalla perizia tecnica dell’arch. N. versata dalla opponente) interventi di ripristino dei frontalini, sottobalconi e marcapiani nonché lavori di bonifica amianto e spese accessorie. Nell’atto introduttivo della fase a cognizione piena la società opponente non avanza, invece, alcuna contestazione circa l’inserimento illegittimo nel piano di riparto di spese inerenti beni non di proprietà comune ma esclusiva (ad esempio i balconi) donde la domanda, avanzata tardivamente sul punto in particolare solo con le memorie conclusive, deve essere dichiarata inammissibile.

Premesso che la partecipazione alle spese inerenti talune parti comuni quali i marcapiani sono state riconosciute (v. perizia) ed ad altre (quelle di bonifica del tetto dall’amianto) non vi è esclusione regolamentare, la controversia appare inerire le sole spese per i frontalini e sottobalconi con particolare riguardo al fatto se detti beni rientrino o meno “nell’ossatura” del fabbricato. Al riguardo si ritiene, come affermato dal Tribunale di Roma nella prodotta sentenza n. 11749/18 che ha deciso in ordine ad opposizione a diverso precedente decreto (al riguardo mette conto di evidenziare che la diversa interpretazione di clausole regolamentari che disciplinano l’organizzazione dell’ente di gestione opposto nell’ambito di diversi processi non è idonea a determinare contrasto fra giudicati quando, come nel caso in esame, le motivazioni al riguardo hanno valore solo endoprocessuale e cadono su fatti non suscettibili di essere coperti dal giudicato), l’interpretazione della locuzione “ossatura del fabbricato” come perorata dalla opponente non coglie nel segno. Invero si deve evidenziare che per “ossatura” non deve intendersi il mero “telaio” del fabbricato ma tutte le pareti dell’edificio che costituiscono l’involucro esterno dello stesso come si ricava non solo dal fatto che i proprietari delle botteghe e degli scantinati godono dell’intera facciata e del suo decoro (donde l’esclusione sarebbe priva di ragione) ma anche dall’esame dell’art. 5 nro 1 del regolamento che include fra i beni comuni a tutti i partecipanti anche l’area su cui sorge la palazzina, la tubazione principale dell’acqua, ecc. e dell’art. 5 n. 2 che elenca le parti comuni ai soli appartamenti ivi non comprendendo tuttavia le tamponature, i balconi, ecc. (che evidentemente sono godute da tutti i proprietari) ma solo le parti interne (che, differenza da quelle esterne, non sono utilizzate o godute, perché celate, da taluno dei partecipanti). Senza considerare che anche l’art. 1117 c.c., come interpretato, porta a ritenere plurima la funzione dei muri maestri ed estensibile tale disciplina anche ai muri non portanti.

Segue il rigetto della domanda volta a conseguire incidenter tantum la declaratoria di nullità delle delibere fondanti il credito.

Non può essere accolta la domanda di condanna ulteriormente avanzata in comparsa dall’opposto essendo fra l’altro, il predetto, già munito di titolo (il decreto per ingiunzione) ed essendo stato, il debito, finanche successivamente estinto per pagamento.

Il decreto deve invero essere revocato essendo emersa prova (v. doc. 20 allegato all’atto di opposizione) del pagamento di quanto dovuto in data 15-2-2016 come si ricava dal bonifico prodotto recante la causale “saldo decreto ingiuntivo 27761/15”. Nel giudizio di opposizione non si deve verificare solo la validità del decreto ma anche la fondatezza della pretesa creditoria e, se questa sia venuta meno nel corso del giudizio, il decreto cessa di produrre effetti.

La sussistenza originaria del credito, fondato su valide delibere, consente di rigettare, invece, la domanda di restituzione di detta somma, avanzata dalla opponente, in quanto versata non indebitamente ma a saldo di un accertato debito.

Alla soccombenza di parte opponente avuto riguardo alle domande inerenti la validità delle delibere ma anche al tardivo versamento di quanto dovuto (il pagamento è stato effettuato solo dopo la notifica del decreto ingiuntivo) segue la condanna di detta parte a rifondere, in favore di controparte, le spese di lite.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo, ogni ulteriore domanda o eccezione disattesa, rigetta le domande avanzate, incidenter tantum, da parte opponente volte a conseguire la nullità delle delibere di riparto delle spese portate dal decreto opposto.

Revoca il decreto ingiuntivo opposto.

Condanna la società opponente a rifondere, in favore della parte opposta, le spese di lite che si liquidano in complessivi Euro5500,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali.

Così deciso in Roma il 3 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2018

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.