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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 18 aprile 2018, n. 9578
la dichiarazione di fallimento determina l’automatica interruzione del processo, con termine trimestrale per la sua riassunzione che decorre dalla data della conoscenza “legale” dell’evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo ed acquisita, quindi, non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 27165 del 2016), senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 18 aprile 2018, n. 9578
Integrale
ARBITRATO – IMPUGNAZIONI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 4820/2016 proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del curatore dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati Prof.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), presso il cui studio elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. (p. iva. (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, Avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Francesco Cerasi, presso il cui studio ( (OMISSIS)) elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– controricorrente –
e
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del curatore dott. (OMISSIS), e FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del curatore dott. (OMISSIS).
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI MILANO depositata il 29/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
La curatela del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, contro la sentenza del 16 settembre/29 ottobre 2015 con cui la Corte di appello di Milano dichiaro’ estinto il giudizio di impugnazione ex articolo 829 c.p.c., comma 1, nn. 5 ed 11, intrapreso dalla menzionata societa’ in bonis nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. e del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., concernente il lodo, tra le medesime parti, sottoscritto da due arbitri (dandosi atto che il terzo non aveva inteso sottoscriverlo) in (OMISSIS).
1.2. Per quanto di interesse in questa sede, la corte milanese giustifico’ la sua pronuncia sull’assunto che il processo innanzi ad essa, interrottosi per effetto della sopravvenuta dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, era stato tardivamente riassunto dal curatore fallimentare di quest’ultima, come tempestivamente eccepito dalla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS).
Il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli articolo 43, comma 3, e articolo 95, comma 2, L. Fall.; degli articoli 302 e 305 c.p.c., e articolo 307 c.p.c., comma 3; nonche’ dell’articolo 24 Cost. – Mezzo di cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, ascrive alla corte territoriale di aver erroneamente dato rilevanza, ai fini del decorso del termine trimestrale ex articolo 305 c.p.c., alla comunicazione PEC con la quale (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) aveva trasmesso al curatore, il 6 novembre 2014, la domanda di ammissione al passivo fallimentare, ed alla comunicazione del curatore, inviata tramite PEC il 24 novembre 2014, recante il progetto di stato passivo e contenente il riferimento al “giudizio pendente” (quello di impugnazione per nullita’ del lodo) al cui esito era stata condizionata l’ammissione stessa dei crediti vantati da (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a.: la prima, invero, non configurerebbe una dichiarazione, notificazione o certificazione assistita da fede privilegiata, mentre la seconda sarebbe inidonea a dimostrare l’acquisizione della “conoscenza legale” della pendenza di quel giudizio (e, cioe’, che il curatore ne fosse venuto a conoscenza per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione assistita da fede privilegiata), provando la sola “conoscenza empirica” del fatto, insufficiente a far decorrere il termine di legge per la riassunzione, da considerarsi scaduto, quindi, non il 24 febbraio 2015, come ritenuto dalla decisione impugnata, bensi’ il 2 marzo 2015, tre mesi dopo, cioe’, il provvedimento interruttivo del giudizio, da ritenersi “il primo ed unico atto idoneo a determinare la conoscenza legale e non di mero fatto, in capo alla curatela, dell’evento interruttivo; e quindi a far decorrere il termine di tre mesi per la riassunzione” (cfr. pag. 7 del ricorso).
2.1. Il secondo motivo, recante “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 43, comma 3, L.Fall., e degli articoli 303 e 305 c.p.c. e articolo 307 c.p.c., comma 3, in relazione agli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c. – Mezzo di cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, censura la sentenza impugnata per aver dichiarato estinto il giudizio pur in mancanza della prova, il cui onere sarebbe spettato alla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), della conoscenza legale, e non di mero fatto, in capo al curatore, della pendenza del giudizio sul quale l’effetto interruttivo avrebbe in concreto operato.
La (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) resiste con controricorso, mentre il Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. e quello della (OMISSIS) s.r.l. non hanno spiegato difese. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1.
Il ricorso e’ certamente ammissibile, dovendosi disattendere l’eccezione sollevata dalla controricorrente, ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine ad una asserita esposizione generica, al suo interno, dei fatti di causa. Il tenore complessivo del menzionato atto, infatti, consente agevolmente a questa Suprema Corte di avere completa cognizione della vicenda processuale svoltasi innanzi alla corte milanese, cosi’ da poter valutare la correttezza, o meno, del suo decisum alla stregua delle argomentazioni giustificative dei formulati motivi.
Questi ultimi, peraltro, esaminabili congiuntamente perche’ palesemente connessi, sono infondati.
5.1. Risulta incontroverso, in fatto, che, nel corso del giudizio di impugnazione ex articolo 829 c.p.c., comma 1, nn. 5 ed 11, intrapreso dalla (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, innanzi alla Corte di appello di Milano, nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. e del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., e concernente il lodo, tra le medesime parti, sottoscritto da due arbitri (dandosi atto che il terzo non aveva inteso sottoscriverlo) in (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione venne dichiarata fallita dal Tribunale di Ferrara (giusta sentenza del 24 giugno 2014), che la conseguente interruzione del processo fu dichiarata dalla corte milanese all’udienza del 2 dicembre del 2014 e che il ricorso per la riassunzione dello stesso fu depositato dalla curatela del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione il 27 febbraio 2015.
5.2. Altrettanto incontroversa, in diritto, e’ l’applicabilita’ alla fattispecie delle disposizioni di cui agli articoli 43, comma 3, L. Fall., articoli 300 e 305 c.p.c., nella attuale formulazione, in base alle quali la dichiarazione di fallimento determina l’automatica interruzione del processo, con termine trimestrale per la sua riassunzione che decorre dalla data della conoscenza “legale” dell’evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo ed acquisita, quindi, non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 27165 del 2016), senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva (cfr. Cass., SU, n. 7443 del 2008. In senso analogo, si veda in motivazione, anche la piu’ recente Cass. n. 25831 del 2017).
5.3. Alla stregua di tali ultime disposizioni, la corte milanese (cfr., amplius, pag. 8-10 della sentenza impugnata): i) ha dato atto che, con comunicazione PEC del 6 novembre 2014, la (OMISSIS) s.pa. (OMISSIS) aveva trasmesso al curatore del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a in liquidazione la domanda di ammissione al passivo fallimentare dei propri crediti “… fondati sulle statuizioni del lodo rituale reso in data 5.7.2013, che era stato impugnato dalla (OMISSIS) s.p.a. con atto di citazione notificato il 12.6.2014, con il quale era stato introdotto davanti alla Corte di appello di Milano il presente giudizio iscritto al R.G. con il n. 2107 del 2014”, e che, successivamente, il menzionato curatore, con comunicazione tramite PEC del 24 novembre 2014, aveva inviato alla menzionata societa’ il progetto di stato passivo contenente il riferimento al “giudizio pendente” (quello di impugnazione per nullita’ del lodo) al cui esito era stata condizionata l’ammissione stessa dei crediti invocati da quest’ultima; ii) ha ritenuto che “…Da tali documenti… risulta provato che il Fallimento ha avuto la conoscenza legale del fatto che l’effetto interruttivo della dichiarazione di fallimento era destinato ad operare nel presente giudizio, esattamente individuato nella domanda di ammissione proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), quantomeno dal momento in cui il curatore ha comunicato alla stessa l’ammissione al passivo del credito con l’espressa precisazione che l’ammissione era condizionata “all’esito del giudizio pendente e nella misura in cui verra’ accertato””; iii) ha concluso affermando che “La riassunzione del giudizio e’ quindi da ritenersi tardiva, dato che, rispetto alla comunicazione del progetto di stato passivo, avvenuta il 24.11.2014, il deposito del ricorso, in data 27.2.2015, e’ stato effettuato quando il termine di tre mesi previsto dall’articolo 305 cod. proc. civ. era ormai scaduto…”.
Fermo quanto precede, rileva il Collegio che la sentenza impugnata risulta conforme alla giurisprudenza di questa Corte (che il ricorso non offre elementi per rivedere) nella parte in cui ha opinato che, in tema di interruzione del processo, nel caso di evento con effetti interruttivi automatici (quale e’ certamente il fallimento di una delle parti in causa), il termine per la riassunzione decorre, piuttosto che da quella della formale dichiarazione di interruzione, dalla data della conoscenza “legale” dell’evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo. Di tale principio, invero, ha fatto corretta applicazione laddove, dopo aver compiutamente descritto il contenuto sia dell’istanza di ammissione al passivo trasmessa, a mezzo PEC, dalla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) al curatore del fallimento della (OMISSIS) s.p.a., che del progetto di stato passivo predisposto da quest’ultimo con riguardo ad essa, ha ritenuto che “…Da tali documenti… risulta provato che il Fallimento ha avuto la conoscenza legale del fatto che l’effetto interruttivo della dichiarazione di fallimento era destinato ad operare sul presente giudizio, esattamente individuato nella domanda di ammissione proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), quantomeno dal momento in cui il curatore ha comunicato alla stessa l’ammissione al passivo del credito con l’espressa precisazione che l’ammissione era condizionata “all’esito del giudizio pendente e nella misura in cui verra’ accertato”..”.
6.1. Deve, infatti, sottolinearsi che la “conoscenza legale” – locuzione che esprime un concetto tecnico giuridico che, generalizzandosi, potrebbe definirsi come un effetto che l’ordinamento giuridico ricollega, in capo ad un soggetto, al verificarsi di un evento o di specifiche circostanze – puo’ dirsi realizzatasi, quanto all’evento che determina l’interruzione di un giudizio, esclusivamente in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 27165 del 2016; Cass. n. 3085 del 2010; Cass. n. 6348 del 2007), essendo insufficiente la conoscenza altrimenti acquisita dalla parte, sicche’ quella locuzione, come e’ palese, attribuisce rilievo non solo al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla fonte dalla quale essa proviene.
6.1.1. Nella vicenda in esame, e’ innegabile che la notizia della pendenza del giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, innanzi alla Corte di appello di Milano, in cui si era prodotto l’evento interruttivo causato dal fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione fosse pervenuta al nominato curatore della corrispondente procedura concorsuale fin dal momento (6 novembre 2014) in cui la (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) aveva trasmesso a quest’ultimo, tramite PEC, la propria istanza di ammissione al passivo recante il riferimento, quanto al titolo giustificativo dei crediti invocati, al lodo oggetto di impugnazione nell’appena descritto procedimento.
6.1.2. Al riguardo, in senso negativo quanto alla possibilita’ di ritenere idonea una siffatta domanda allo scopo di determinare, per il curatore, la conoscenza legale suddetta, non giova richiamare Cass. n. 5650 del 2013. Questa pronuncia, infatti, come condivisibilmente osservato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, ha si’ escluso che la conoscenza “legale” possa essere fornita dall’indicazione della pendenza del giudizio nella domanda di ammissione al passivo, ma detta affermazione ha reso in riferimento ad un giudizio in cui tale domanda era stata proposta anteriormente al 2012 (anche se in un fallimento dichiarato dopo il 2006).
6.1.3. Tuttavia, l’articolo 93 L. Fall., nel testo modificato dal Decreto Legge n. 179 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012), qui applicabile, sancisce che “Il ricorso puo’ essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed e’ formato ai sensi del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 21, comma 2, ovvero articolo 22, comma 3, e successive modificazioni e, nel termine stabilito dal primo comma, e’ trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell’avviso di cui all’articolo 92, unitamente ai documenti di cui al successivo sesto comma”.
6.1.4. Tale modifica – come ancora condivisibilmente sottolineato dal P.G. – ha introdotto una novita’ di grande spessore anche (se non, forse, soprattutto) quanto all’individuazione del destinatario di siffatta trasmissione, che non e’ piu’ la cancelleria del tribunale, bensi’ il curatore. La domanda di ammissione al passivo produce, poi, come e’ noto, tutti gli effetti della domanda giudiziale (cfr. articolo 94 L. Fall.) e la sua trasmissione, in via telematica, all’indirizzo di posta certificata comunicato dal curatore costituisce l’unico mezzo per proporla.
6.1.5. La comunicazione effettuata mediante posta elettronica certificata e’, inoltre, pacificamente equivalente, ai sensi del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 48, commi 1 e 2, alla notificazione a mezzo posta, sicche’ e’ idonea (rientrando, alla stregua della giurisprudenza in precedenza richiamata, in una di quelle modalita’ comunicative – dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa assistita da fede privilegiata di un evento), in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell’evento medesimo da parte del destinatario (cfr. Cass. n. 21375 del 2017).
6.2. In applicazione di detti principi rileva, quindi, che la corte milanese ha accertato e precisato che nella domanda di ammissione, ritualmente presentata a mezzo PEC il 6/11/2004, era stato “specificamente indicato che i crediti di cui (la ricorrente) ha chiesto l’ammissione (…) erano fondati sulla statuizione del lodo rituale”, con la puntualizzazione che tuttavia questo “era stato impugnato dalla (OMISSIS) s.p.a. con citazione notificata il 12.6.2014, con il quale era stato introdotto davanti alla Corte d’appello di Milano il (…) giudizio iscritto al R.G. n. 2107 del 2014”. Tale accertamento rende, infatti, chiaro – come condivisibilmente osservato dal P.G. – che il giudice del merito ha correttamente ritenuto che la domanda di ammissione al passivo (tenuto conto della natura della stessa e delle considerazioni sopra svolte in ordine alla modalita’ di presentazione ed agli effetti a questa conseguenti) aveva determinato in capo al curatore la conoscenza legale della pendenza del giudizio (specificamente ed analiticamente indicato) che, per le ragioni sopra esposte, era sufficiente a determinare il decorso dalla data della ricezione del termine per la riassunzione. La valorizzazione anche del contenuto del provvedimento reso sulla domanda di ammissione al passivo (riportato a pag. 9 della sentenza) e’ stato, quindi, ragionevolmente valorizzato a conforto dell’impossibilita’ di negare l’avvenuta conoscenza delle circostanze necessarie e sufficienti a determinare il decorso del termine di riassunzione, del pari esattamente ritenuto perento.
6.3. Da ultimo, e per mera completezza, va rimarcato che l’assunto della ricorrente secondo cui la domanda di ammissione al passivo della (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), cosi’ come la successiva comunicazione del progetto di stato passivo da parte del curatore fallimentare della prima, benche’ recanti il riferimento al giudizio di impugnazione del lodo innanzi alla Corte di appello di Milano, erano privi della indicazione dell’evento (fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione) che ne aveva determinato la interruzione, appare poco persuasiva al fine di privare quegli atti della possibilita’ di assicurare conoscenza legale anche di quest’ultimo, e cio’ per la decisiva considerazione che quel curatore era stato nominato proprio per effetto della pronuncia del suddetto fallimento, che, quindi, evidentemente non poteva ignorare.
Il ricorso va, quindi, respinto, restando regolate le spese dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresi’, – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione e’ vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13.