la responsabilità per gravi difetti di cui all’art. 1669 cod. civ., dettata in materia d’appalto e applicabile nei confronti del costruttore, in considerazione della sua natura extracontrattuale e delle ragioni in genere di pubblico interesse per cui è prevista, è invocabile nei confronti del venditore soltanto nell’ipotesi in cui questi abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero abbia progettato l’opera e diretto i lavori, oppure abbia nominato un direttore dei lavori o sorvegliato personalmente l’esecuzione dell’opera impartendo precise e continue disposizioni all’appaltatore sui materiali da adoperare, sul modo di procedere e sulle tecniche operative per i singoli elementi edilizi, si da rendere l’appaltatore un “nudus minister”. Inoltre l’art. 1669 c.c. è applicabile anche nel caso in cui la venditrice-costruttrice sia una cooperativa, atteso che ai fini dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 cod. civ., riveste la qualità di costruttore – venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa.
Tribunale|Milano|Sezione 7|Civile|Sentenza|17 aprile 2020| n. 2438
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SEZIONE SETTIMA CIVILE
In funzione di giudice unico nella persona del dott. Federico SALMERI ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da:
COND. VIA (…) PESCHIERA BORROMEO, CF/PI: (…), LI.MA., CF/PI: (…), DA.MA., CF/PI: (…), GH.VA., CF/PI: (…), con l’avv. Fe.Fa.
– attori –
CONTRO
NU.AM. SOCIETÀ COOPERATIVA, CF/PI: (…), con gli avv.ti Ca.Co. e Ca.Ma.
CH.ED. SRL, CF/PI: (…), con gli avv.ti Sa.Cl. e Sa.Ma.
GA.GU., CF/PI: (…), con gli avv.ti De.Lu. e Le.Gi.
– convenuti –
E
NEI CONFRONTI DI
GR. SPA, CF/PI: (…), con gli avv.ti Ro.Ma. e Es.Gi.
– terza chiamata da Ga.Gu. –
Concise ragioni della decisione
1. Sui fatti di causa.
Gli odierni attori lamentano l’esistenza di gravi vizi ex art. 1669 c.c. nelle parti comuni e nelle rispettive proprietà esclusive, come meglio dedotto in atti e per come accertato in sede di ATP RG 76655/2014 Tribunale di Milano.
Al fine di ottenere il risarcimento dei danni pari alla spesa per il ripristino dello stato dei luoghi e per il ristoro del pregiudizio dovuto alla “impossibilità di pieno godimento delle rispettive proprietà durante l’esecuzione delle lavorazioni de quibus ed al relativo disagio” (cfr. pag. 24 citazione), gli attori hanno citato in giudizio:
(I) la Nu.Am. Soc. Coop. a r.l. in qualità di venditrice-costruttrice;
(II) l’impresa Ch.Ed. s.r.l. in qualità di appaltatrice;
(III) l’arch. Gu.Ga. in qualità sia “di progettista sia di direttore lavori, anche generale” (cfr. pag. 13, punto 16, citazione).
A sua volta l’arch. Ga. ha chiamato in causa la propria compagnia di assicurazione, Gr. s.p.a..
La Cooperativa ha contestato la pretesa avversaria, eccependo gradatamente:
(I) di avere rivestito il ruolo di mera venditrice, ciò escludendo l’applicabilità nei suoi confronti dell’art. 1669 c.c.;
(II) l’inapplicabilità della disciplina del contratto di vendita ai casi di assegnazione di alloggi ai soci di cooperative edilizie, come avvenuto nella specie con riguardo ai sig.ri Da./Gh. ed alla sig.ra Li.;
(III) la liberazione da parte dei sig.ri Da./Gh. e della sig.ra Li. da qualsivoglia responsabilità della Cooperativa, come emergerebbe dalla dichiarazione nell’atto notarile di assegnazione in cui si legge alla clausola 4 che le parti “si rilasciano reciproca quietanza e liberazione a saldo, dichiarando di nulla più avere a pretendere l’una dall’altra”;
(IV) l’intervenuta decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c.;
(V) la responsabilità della appaltatrice Ch.Em., nei cui confronti avanza domanda di manleva sulla scorta dell’impegno assunto dall’appaltatrice nella missiva del 20.12.2007 a sollevare la Cooperativa da ogni e qualsiasi onere per porre rimedio a qualsivoglia vizio di costruzione.
L’impresa Ch.Em. ha contestato la pretesa avversaria, eccependo:
(I) l’inesistenza dei vizi lamentati da parte attrice;
(II) la propria estraneità dai vizi accertati in sede di ATP;
(III) la qualificazione dei vizi ex art. 1667 c.c., ciò comportando l’inapplicabilità nei confronti della costruttrice della tutela azionata dagli attori ex art. 1669 c.c..
L’arch. Ga. ha contestato la pretesa avversaria, eccependo:
(I) la propria estraneità dai vizi lamentati dagli attori, avendo ricoperto il solo ruolo di progettista e direttore dei lavori delle opere architettoniche, ma non anche di progettista e direttore dei lavori per gli impianti elettrici, meccanici, di fognatura, della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione delle opere, per la prevenzione incendi e per i profili attinenti al consumo energetico, prestazioni queste ultime affidate dalla Cooperativa all’ing. Um.Ca.;
(II) mancanza dei presupposti per l’applicabilità degli artt. 1669 e 2043 c.c., oltre che intervenuta decadenza e prescrizione.
Da ultimo, Gr. ha chiesto il rigetto della domanda attorea e, in via subordinata, limitare la manleva entro il massimale di polizza, associandosi nel merito alle difese del proprio assicurato.
Di talché, concessi i termini ex art. 183 sesto comma c.p.c., disposta l’acquisizione dei fascicoli per ATP RG 82094/20102 e 76655/2014 del Tribunale di Milano, ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni, in occasione della quale sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c.. Depositate le memorie di cui alla suddetta norma, la causa viene decisa sulla scorta delle seguenti motivazioni.
2. Sui vizi lamentati da parte attrice e sulla loro natura.
I vizi lamentati da parte attrice sono stati oggetto di indagine tecnica ante causam dalle cui conclusioni, salve le precisazioni che seguono, non si ha motivo di dissentire, in quanto l’elaborato peritale ha vagliato – con i dovuti approfondimenti, con ampia motivazione e rimettendo al giudice le decisioni di diritto – ogni profilo tecnico della controversia, tenendo in considerazione tutte le osservazioni delle parti, ad esse replicando con puntuale attenzione.
II Tribunale dunque – aderendo alle conclusioni del CTU che ha tenuto conto dei rilievi dei CTP, replicandovi – “esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non è necessario che si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte” (cfr. Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 2618/16, in cui si richiama Cass. sentenza n. 10222/2009).
Pertanto le motivazioni della CTU si intendono qui integralmente richiamate, attesa la legittimità della motivazione per relationem all’intero elaborato della CTU come affermato dalla Sentenza della Corte di Appello di Milano, n. 2607/2017.
Nel dettaglio, si riportano qui di seguito i soli vizi gravi3 accertati dal CTU e per i quali il consulente ha rilevato profili tecnici di responsabilità addebitabili ai convenuti. Altri vizi (per i quali si rinvia alla CTU) sono stati invece ritenuti non gravi, inesistenti ovvero riferibili a responsabilità di terzi soggetti ovvero al non corretto utilizzo dei beni (cfr. pagg. 7 e ss dell’ATP RG 76655/14):
A. Parti condominiali.
I. “Errata realizzazione nella rete di scarico acque bianche e nere dei colli d’oca che favoriscono il ristagno dei liquami e delle relative ispezioni che risultano o inaccessibili o rendono impossibile l’inserimento delle sonde per la pulizia e lo spurgo; tale vizio ha più volte comportato l’otturazione della rete di scarico con tracimazione di liquame nel piano cantinato ed in alcune unità immobiliari al piano terreno” (cfr. pagg. 15 e ss ATP)
La non corretta esecuzione dell’opera rende “inefficiente il deflusso delle acque nere, favorendo l’accumulo di depositi solidi che con il tempo generano intasamenti. Inoltre, per la conformazione delle ispezioni, in molti casi l’inserimento delle sonde per lo spurgo è difficoltoso”.
E’ evidente che un vizio siffatto limita significativamente l’utilizzo della struttura fognaria e pertanto va qualificato ex art. 1669 c.c..
A dire del CTU “la responsabilità è dell’esecutore delle opere di fognatura e dell’impresa appaltatrice generale. La Direzione Lavori (sia generale che impiantistica) tuttavia avrebbe dovuto segnalare l’errata esecuzione di un dettaglio errato che è stato ripetuto in tutto il cantiere”.
Costi di ripristino: Euro 18.795,55 (cfr. pag. 34 ATP).
II. “Distacco della pavimentazione in pietra in tutti gli ingressi pedonali verso via Nassiriya e verso il camminamento interno per una superficie pari a circa mq. 90,00 e presenza di infiltrazioni d’acqua sopra lo zoccolino in pietra” (cfr pag. 17 ATP).
Il vizio può certamente ritenersi grave attenendo alla struttura della pavimentazione e limitando significativamente il godimento della pavimentazione, come accertato dal CTU, secondo il quale: “Si è riscontrato un parziale fenomeno di distacco della pavimentazione dal supporto. Il sottofondo si presenta sfarinato e non coeso. Alcune lastre sono sollevate e possono provocare disagi ai condomini che transitano lungo i camminamenti”.
A dire del CTU: “la responsabilità è in parte dovuta al naturale invecchiamento e in parte, probabilmente, all’impresa appaltatrice, poiché il sottofondo non è stato in grado di sopportare i cicli di gelo e disgelo per un modesto numero di anni”.
Costi di ripristino: Euro 9.449,37 (cfr. pag. 35 ATP).
III. “La rete di distribuzione interna del gas metano dai contatori alle singole utenze realizzata in tubazioni in polietilene corre all’interno di un vespaio nel sottopavimento dei camminamenti pedonali esterni con gravissimo pericolo in caso di fuga di gas per la formazione di sacche di miscela gassosa all’interno dello stesso con possibilità di esplosione in caso di innesco” (cfr. pag. 19 ATP).
Il vizio è senza dubbio grave, senza necessità di qualsivoglia ulteriore commento, anche a fronte dei rischi prospettati dal CTU per “l’incolumità per i condomini” (cfr. pag. 22 ATP).
A dire del CTU: “La responsabilità è dovuta alla ditta che ha eseguito le opere di posa della rete del gas e all’impresa appaltatrice generale, che ha sempre il ruolo di coordinamento”, nonché al “mancato controllo da parte dei Tecnici incaricati della direzione dei lavori della parte impiantistica specifica”.
Il CTU ha altresì affermato che è da “attribuire parte della responsabilità all’Ing. Ca. che, in qualità di D.L. degli impianti, avrebbe dovuto vigilare su un aspetto così rilevante. Tuttavia anche il progettista e D.L. architettonico, nel caso in cui avesse avuto funzione di coordinamento e di Direzione Lavori generale, avrebbe dovuto segnalare all’impresa appaltatrice una modalità posa così palesemente errata: il passaggio di tubazioni del gas all’interno di un’intercapedine è infatti notoriamente pericoloso e dovrebbe essere notato anche dal il professionista non specializzato negli aspetti impiantistici, soprattutto se egli assume il ruolo di D.L. generale” (cfr. pagg. 22 e 23 ATP).
Costi di ripristino: Euro 70.330,46.
IV. “Si è rilevata al piano interrato la mancanza di un idrante e della relativa rete di alimentazione idrica che lascerebbe scoperta all’azione estinguente in caso di incendio una porzione di autorimessa” (cfr. pag. 23 ATP).
La responsabilità del vizio è stata addebitata dal CTU al “progettista e DL degli impianti antincendio”.
Costi di ripristino: Euro 2.000,00 (cfr. pag. 39 ATP).
B. Parti esclusive.
v. Unità immobiliare Da./Gh..
-“Degrado dei muretti a perimetro del terrazzo a sbalzo sul lato verso via (…)” (cfr. pag. 23 ATP). Il complessivo degrado della struttura, come confermato anche dalle fotografie nn. 28 e 29 a pag. 25 ATP, consente di qualificare come grave il vizio in esame, in quanto concernente la struttura dei muretti, in stato avanzato di cedimento.
A dire del CTU la “responsabilità per quanto riguarda l’assenza di impermeabilizzazioni e protezione dell’umidità delle terrazze a sbalzo è a carico dell’impresa appaltatrice generale. Dalla sezione depositata in Comune si evince la presenza della guaina era stata prevista nel progetto. Il sottoscritto ritiene che anche la DL avrebbe dovuto verificare la problematica, dato che essa sembra essere diffusa su diverse unità immobiliari (alcune delle quali non oggetto del presente procedimento)” (cfr. pag. 26 ATP).
– “Scivolamento del terreno attorno alla terrazza a sbalzo”. Il CTU ha “riscontrato che il terreno del giardino tende a scivolare al di sotto della terrazza a sbalzo sul lato verso via Caduti di Nassiriya. Questo fenomeno produce dei vuoti sul perimetro del terrazzo e costituisce motivo di disagio per i proprietari, rendendo potenzialmente poco sicura (soprattutto per la presenza di bambini) la fruizione delle aree esterne”.
Il limitato godimento del bene consente dunque di considerare come grave il vizio in esame.
A dire del CTU la responsabilità del vizio in esame sarebbe riconducibile alla “ditta incaricata dei reinterri fallimento Ni. s.r.l.) e (al)l’impresa appaltatrice generale” (cfr. pag. 26 ATP).
Costi di rispristino per entrambe le voci: Euro 4.052,74.
vi. Unità immobiliare Li..
– “Risalita di umidità lungo la muratura perimetrale esterna”. L’accertata assenza di guaina impermeabilizzante, al posto della quale è stato rinvenuto un “semplice foglio di polietilene”, ha provocato “efflorescenze sulle pareti”.
Tale vizio non può tuttavia considerarsi grave in quanto non riguarda né la struttura della muratura né limita significativamente il godimento del bene, manifestandosi piuttosto in una mera scrostatura dell’intonaco (cfr. pagg. 26, 27 ATP e fotografia n. 32).
– “Scivolamento del terreno attorno alla terrazza a sbalzo”.
Il CTU richiama le medesime descrizioni e considerazioni, anche in punto responsabilità, già svolte in merito alla unità immobiliare di Da./Gh..
Costi di ripristino per il solo secondo vizio: Euro 2.335,92.
VII. Unità immobiliare Po..
“Infiltrazioni di acqua piovana all’interno del box di proprietà del sig. Po. provenienti dal muro perimetrale contro terra”.
Al riguardo il CTU ha rilevato una “copiosità del fenomeno” dovuto tuttavia “all’intervento che è stato eseguito per sistemare il probabile vizio precedente; vi è senza dubbio responsabilità della ditta (di cui non si ha il nominativo) che ha eseguito il foro e il tentativo di eliminazione del difetto. Si può ipotizzare una responsabilità anche di Ch.Ed., visto che verosimilmente vi era un fenomeno di infiltrazione pregresso a cui si è successivamente cercato di porre rimedio; il sottoscritto però non ha elementi certi su cui basarsi’ (cfr. pag. 11 ATP).
La modifica dello stato dei luoghi non consente di addebitare la responsabilità del fenomeno infiltrativo agli odierni convenuti, come del resto emerge dalla stessa incertezza del CTU, le cui conclusioni di responsabilità di Chiara Edificatrice appaiono una mera supposizione priva di “elementi certi su cui basarsi”.
In conclusione, (I) i vizi alle parti comuni ammontano a complessivi Euro 98.575,38; (II) i vizi alle parti esclusive sono pari a: quanto alla unità immobiliare Da./Gh. ad Euro 4.052,74 e quanto alla unità immobiliare Li. ad Euro 2.335,92.
Così delineato il quadro dei vizi gravi per i quali parte attrice ha la legittimazione ad agire, il tema di indagine concerne ora la responsabilità dei singoli convenuti.
3. Sulla responsabilità di Nu.Am. Società Cooperativa.
La Cooperativa sostiene di avere rivestito il ruolo di mera venditrice, ciò escludendo l’applicabilità nei suoi confronti dell’art. 1669 c.c..
L’eccezione è infondata.
La Cooperativa ha commissionato la realizzazione del complesso immobiliare a Ch.Ed..
Ebbene, con specifico riferimento alla posizione del committente dell’opera, il quale abbia successivamente venduto ad un terzo acquirente, la giurisprudenza ha affermato che: “In tema di responsabilità del venditore-costruttore per gravi difetti dell’opera, l’art. 1669 cod. civ., mirando a finalità di ordine pubblico, è applicabile non solo nei casi in cui il venditore abbia personalmente, cioè con propria gestione di uomini e mezzi, provveduto alla costruzione, ma anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l’opera di soggetti professionalmente qualificati, come l’appaltatore, il progettista, il direttore dei lavori, abbia mantenuto il potere di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell’altrui attività, sicché anche in tali casi la costruzione dell’opera è a lui riferibile; pertanto, il venditore può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell’opera non soltanto quando i lavori siano eseguiti in economia, ma anche nell’ipotesi in cui la realizzazione dell’opera è affidata a un terzo al quale non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale. Ne consegue che il giudice di merito, nel verificare la responsabilità del venditore ex art. 1669 cod. civ., non può limitarsi ad accertare se l’opera sia stata direttamente compiuta dal medesimo, essendo necessario stabilire – anche quando nell’esecuzione siano intervenuti altri soggetti – se la costruzione sia ugualmente a lui riferibile, per avere egli mantenuto il potere di direttiva o di controllo sull’operato dei predetti. (Nella specie, è stata ritenuta la responsabilità ex art. 1669 cod. civ. del venditore, in quanto l’esecuzione dell’opera da parte dell’appaltatore era avvenuta sotto il controllo tecnico affidato dallo stesso venditore a persona di sua fiducia)” (cfr. Cass. sentenza n. 567/2005).
In merito alla Cooperativa si osserva come la stessa abbia partecipato attivamente alla costruzione dell’edificio, così che la sua posizione appare essere quella di venditrice-costruttrice dell’immobile, figura quest’ultima cui la giurisprudenza ritiene applicabile l’art. 1669 c.c..
Invero, la profonda ingerenza della Cooperativa nella costruzione dell’edificio emerge per tabulas dal minuzioso capitolato predisposto in data 12 novembre 2003 dalla stessa Cooperativa committente (cfr. doc. n. 2 Ch.Em.).
Tanto più che più che la Cooperativa ha affidato incarichi professionali progettuali e di controllo dell’esecuzione dell’opera a soggetti di propria fiducia, ing. En.Ga. e arch. Gu.Ga..
Quanto poi alle opere impiantistiche ed antincendio, la progettazione e la D.L. è stata affidata dalla Cooperativa all’ing. Ca., non parte del giudizio, in quanto deceduto (cfr. pag. 5 ATP)
Conseguentemente, la nomina dei predetti professionisti da parte della Cooperativa conferma la qualifica della convenuta quale venditrice-costruttrice, atteso che “la responsabilità per gravi difetti di cui all’art. 1669 cod. civ., dettata in materia d’appalto e applicabile nei confronti del costruttore, in considerazione della sua natura extracontrattuale e delle ragioni in genere di pubblico interesse per cui è prevista, è invocabile nei confronti del venditore soltanto nell’ipotesi in cui questi abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero abbia progettato l’opera e diretto i lavori, oppure abbia nominato un direttore dei lavori o sorvegliato personalmente l’esecuzione dell’opera impartendo precise e continue disposizioni all’appaltatore sui materiali da adoperare, sul modo di procedere e sulle tecniche operative per i singoli elementi edilizi, si da rendere l’appaltatore un “nudus minister” (cfr. Cass. sentenza n. 13003/2000).
L’applicabilità nella specie dell’art. 1669 c.c. nei confronti della Cooperativa in qualità di venditrice-costruttrice comporta il rigetto, in quanto inconferente, dell’ulteriore eccezione secondo cui la disciplina del contratto di vendita sarebbe inapplicabile ai casi di assegnazione di alloggi ai soci di cooperative edilizie, come avvenuto nella specie con riguardo ai sig.ri Da./Gh. ed alla sig.ra Li..
Inoltre l’art. 1669 c.c. è applicabile anche nel caso in cui la venditrice-costruttrice sia una cooperativa, atteso che: “Ai fini dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 cod. civ., riveste la qualità di costruttore – venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa” (cfr. cass. sentenza n. 12675/2014).
L’applicabilità, per i vizi gravi, dell’art. 1669 c.c. assorbe l’eccezione di intervenuta decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c..
E anche laddove la domanda per i residui vizi non gravi fosse riqualificata d’ufficio ex art. 1495 c.c. nei soli confronti della venditrice Cooperativa, ad ogni modo tale azione appare irrimediabilmente prescritta, atteso che “In tema di compravendita, l’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia ex art. 1495 c.c. si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò indipendentemente dalla scoperta del vizio” (cfr. Cass. sentenza n. 11037/2017).
Ebbene, come evidenziato al CTU, a pag. 4, “I lavori sono stati consegnati, secondo la documentazione prodotta da Ch.Ed., in data 08/06/2006 (unità sig.ra Li.), 13/07/2006 (unità DaRios e Gh.) e 27/07/2007 (parti comuni)”.
Nell’anno successivo al luglio 2007 non è intervenuto alcun atto interruttivo della prescrizione ex art. 1495 c.c..
Da ultimo va dichiarato infondato l’assunto della Cooperativa secondo la quale i sig.ri Da./Gh. e la sig.ra Li. avrebbero liberato da qualsivoglia responsabilità della Cooperativa, a fronte della dichiarazione effettuata nell’atto notarile di assegnazione in cui si legge alla clausola 4 che le parti “si rilasciano reciproca quietanza e liberazione a saldo, dichiarando di nulla più avere a pretendere l’una dall’altra”.
I vizi lamentati dagli attori, infatti, sono occulti e pertanto non potevano essere conosciuti al momento della predetta dichiarazione.
4. Sulla responsabilità di Ch.Ed. s.r.l,.
Ch.Ed. s.r.l. è stata citata in giudizio in qualità di appaltatrice, la quale è da ritenersi responsabile per i gravi vizi ex art. 1669 c.c. in quanto: “In tema di appalto, l’azione prevista dall’art.1669 cod. civ. può essere fatta valere nei confronti dell’appaltatore anche dagli aventi causa del committente nel termine di dieci anni dal compimento dell’opera” (cfr. Cass. sentenza n. 12790/2007).
Occorre dunque indagare sulla effettiva responsabilità di Ch.Em., in merito ai vizi qualificati come gravi al paragrafo n. 2.
Parti condominiali.
i. “Errata realizzazione nella rete di scarico acque bianche e nere dei colli d’oca”.
A dire del CTU, tra l’altro, “la responsabilità è dell’esecutore delle opere di fognatura e dell’impresa appaltatrice generale”.
Ch.Em. sostiene che “la scelta tecnica adottata dall’impresa realizzatrice dell’impianto (ancora una volta non si tratta di Ch.Ed.) (sarebbe avvenuta) nel rispetto delle indicazioni progettuali (e) non penalizza di per se stessa il buon funzionamento della rete di scarico” (cfr. pag. 11 comparsa conclusionale).
L’assunto è infondato.
La circostanza che la rete di scarico sia stata realizzata da altra impresa non esclude la responsabilità dell’appaltatrice, la quale, pur non avendo direttamente effettuato il lavoro, comunque è responsabile dei propri subappaltatori. Né Ch.Em. ha dimostrato che la specifica realizzazione di tale opera fosse stata commissionata direttamente dalla Cooperativa ad altra impresa.
Inoltre, l’appaltatrice è sempre responsabile del progetto (e dunque della scelta tecnica della propria subappaltatrice) e pertanto, anche laddove tale scelta tecnica fosse stata errato, Ch.Em. sarebbe comunque responsabile, atteso che:
“l’appaltatore è tenuto non solo ad eseguire a regola d’arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente, anche nel caso di ingerenza di costui, gli eventuali errori riscontrati, quando l’errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente” (cfr. Cass. sentenza n. 6754/2003).
Nella specie l’appaltatore non ha mai denunciato né al committente né al direttore dei lavori l’erroneità del progetto.
II. “Distacco della pavimentazione in pietra in tutti gli ingressi pedonali verso via Nassiriya e verso il camminamento interno per una superficie pari a circa mq. 90,00 e presenza di infiltrazioni d’acqua sopra lo zoccolino in pietra”.
A dire del CTU: “la responsabilità è in parte dovuta al naturale invecchiamento e in parte, probabilmente, all’impresa appaltatrice, poiché il sottofondo non è stato in grado di sopportare i cicli di gelo e disgelo per un modesto numero di anni”.
Contrariamente a quanto assume Ch.Em. a pag. 9 della comparsa conclusionale, il vizio non è dovuto solo al “naturale invecchiamento”, bensì anche alla posa ed alle criticità del sottofondo, realizzato non in conformità della regola dell’arte che avrebbe dovuto consentire al sottofondo di sopportare gli effetti climatici e degli agenti atmosferici nel lungo periodo.
III. I difetti della rete di distribuzione interna del gas metano.
Il CTU, tra l’altro, ha concluso che “La responsabilità è dovuta alla ditta che ha eseguito le opere di posa della rete del gas e all’impresa appaltatrice generale, che ha sempre il ruolo di coordinamento”.
Al riguardo, Ch.Em. sostiene che il contratto di appalto tra la Cooperativa e Ch.Em. avrebbe affidato l’esecuzione di alcune opere particolari (come la rete di distribuzione del gas metano) ad imprese specializzate. Nella specie, la rete del gas sarebbe stata progettata dall’ing. Um.Ca. e realizzata dalla Fa. s.r.l.. Per questi motivi dunque l’appaltatrice convenuta non sarebbe responsabile del malfunzionamento della rete del gas.
L’assunto è infondato.
Il contratto di appalto tra la Cooperativa e Ch.Em. affida i lavori per la rete di distribuzione del gas metano alla stesa Ch.Em., come emerge all’art. n. 19 del contratto stesso che, si badi, non esclude dal contratto di appalto tale opera, limitandosi, per contro, a prevedere che: “Per la realizzazione degli impianti per i materiali da utilizzare e per la normativa da seguire, vedi allegato: “Descrizione impianti e stralcio capitolato speciale d’appalto” (cfr. doc. n. 2 Ch.Em.).
Né Ch.Em. ha prodotto un diverso contratto a dimostrazione dell’affidamento diretto dei lavori per la rete di distribuzione del gas metano ad altra impresa, quale la Fa. s.r.l.. Anzi, è proprio il doc. n. 11 della stessa Ch.Em. a dimostrare che in realtà la realizzazione della rete per la distribuzione del gas metano è stata affidata dalla Cooperativa alla stessa Ch.Em. e che, in subappalto, l’opera è poi stata effettuata dalla Fa. s.r.l..
Trattasi della dichiarazione di conformità dell’impianto della rete gas alla regola dell’arte sottoscritta sia dalla Ch.Em. sia dalla Fa..
Ebbene, Ch.Em. ha sottoscritto il documento in qualità di (sub)committente ed ivi si legge altresì che il lavoro è stato commissionato da Ch.Em..
Appare dunque inconfutabile il ruolo della odierna appaltatrice convenuta, la quale va dunque ritenuta responsabile sia per l’errata esecuzione dell’opera da parte della propria subappaltatrice sia per gli errori progettuali dell’ing. Ca., conformemente al principio giurisprudenziale sopra citato ex Cass. sentenza n. 6754/2003.
iv. Il difetto riscontrato “al piano interrato (per) la mancanza di un idrante e della relativa rete di alimentazione idrica che lascerebbe scoperta all’azione estinguente in caso di incendio una porzione di autorimessa”.
La responsabilità del vizio è stata addebitata dal CTU al “progettista e DL degli impianti antincendio”.
Con particolare riferimento al difetto in esame Ch.Em. non ha puntualmente contestato l’addebito di responsabilità da parte del Condominio, né nella comparsa di costituzione né nella comparsa conclusionale.
Pertanto, sebbene il CTU abbia concluso che la responsabilità andrebbe addebitata al progettista ed al D.L. degli impianti antincendio, ciò non esclude tuttavia la responsabilità dell’appaltatrice, atteso che: (I) non vi è prova che tale opera sia stata affidata direttamente dalla Cooperativa ad una impresa diversa da Ch.Em. (anzi, il contatto prevede espressamente l’impianto antincendio al punto 21); (II) l’appaltatore Ch.Em. è comunque responsabile della “congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori”, come affermato dalla citata Cass. sentenza n. 6754/2003.
Parti esclusive: Unità immobiliare Da./Gh. e Li..
Ch.Em. si limita a sostenere che i vizi lamentati sarebbero emersi solo a distanza di molti anni e che dunque sarebbero riconducibili alla sola mancata manutenzione degli immobili (cfr. pag. 12 comparsa conclusionale.
L’assunto è infondato e le responsabilità esecutive dei vizi gravi sono già state evidenziate al paragrafo n. 2 sulla descrizione dei vizi lamentati da parte attrice.
In conclusione, Ch.Em. va ritenuta responsabile per tutti i vizi gravi per come accertati e quantificati al paragrafo n. 2.
5. Sulla responsabilità dell’arch. Ga.Gu..
Preliminarmente l’arch. Ga., citato in giudizio in qualità sia “di progettista sia di direttore lavori, anche generale”, ha sollevato eccezioni di decadenza e prescrizione.
Regola il tema il seguente principio giurisprudenziale: “Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera (nella specie, dalla data del deposito della relazione del consulente, nominato in sede di accertamento tecnico preventivo), non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti” (cfr Cas. Ord. n. 777/2020).
Ebbene, nella specie, anche a voler considerare che l’apprezzabile grado di conoscenza fosse stato conseguito già al momento delle relazioni tecniche di parte attrice, comunque l’odierna pretesa è tempestiva (cfr. relazione ing. Ma. su parti condominiali del 10 ottobre 2014 e sull’appartamento Da./Gh. del 15 ottobre 2014, sub docc. nn. 4 e 5 citazione; relazione arch. Ro. su appartamento Li. del 10 ottobre 2014, sub doc. n. 6 citazione).
Successivamente, infatti, gli attori hanno denunciato i vizi ivi riscontrati a tutti gli odierni convenuti con missiva del 16 ottobre 2014 (cfr. doc. n. 41 parte attrice).
Di talché, in data 8 gennaio 2015, è stato notificato all’arch. Ga. l’ATP RG 76655/2014, ciò interrompendo il decorso del termine di prescrizione.
La consulenza è stata depositata il 2 ottobre 2015, data dalla quale decorre nuovamente il termine di prescrizione annuale ex art. 1669 c.c..
Ebbene, tale termine è stato interrotto con le comunicazioni attoree del 6 agosto 2016 e del 10 luglio 2017 (cfr. docc. n. 13 e 14, parte attrice), sino a quando è stato introdotto l’odierno giudizio di merito, il cui atto di citazione è stato tempestivamente notificato all’arch. Ga. in data 7 novembre 2017.
Può pertanto esaminarsi il merito della pretesa attorea nei confronti dell’arch. Ga., la quale muove dal seguente principio giurisprudenziale: “L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione” (cfr. Cass. sentenza n. 17874/2013).
L’arch. Ga. sostiene di avere ricoperto il solo ruolo di progettista e direttore dei lavori delle opere architettoniche, mentre la Cooperativa avrebbe incaricato l’ing. Um.Ca. della progettazione e della direzione dei lavori per gli impianti elettrici, meccanici (idrico-sanitari e di irrigazione dei giardini, di riscaldamento e del gas), di fognatura, della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione delle opere, nonché in materia di prevenzione incendi e di consumo energetico.
Parte attrice, invece, assume che l’arch. Ga. avrebbe ricoperto il ruolo di coordinatore e di direttore lavori generale e pertanto sarebbe responsabile per tutti i vizi, anche per quelli attinenti alle opere impiantistiche e non solo architettoniche.
La difesa dell’arch. Ga. è smentita per tabulas,
Il doc. di parte attrice n. 39-5 concerne una Relazione tecnica sul sistema fognario a firma dell’arch. Ga., depositata presso il Comune di Peschiera Borromeo (cfr. parimenti il doc. n. 39-14, con schema riguardante anche il sistema fognario, a firma dell’arch. Ga.).
Il doc. di parte attrice n. 51 conferma il ruolo di Direttore dei Lavori generale in capo all’arch. Ga. che, nella Relazione sullo stato dei lavori all’8 febbraio 2004, riferisce anche sull’andamento di tutte le opere di urbanizzazione primaria, tra le quali la fognatura e l’estensione della rete gas metano in tubazione interrata (cfr. pag. 3 del doc. in esame, punti nn. 2 e 6).
Del resto appare inverosimile che per l’esecuzione di un intervento edilizio così rilevante non vi fosse un Progettista e Direttore Lavori Generale, come rilevato dallo stesso CTU, che, a pag. 50, precisa che: “Di prassi il progettista e D.L. architettonico ha anche la funzione di coordinamento e funge da D.L. generale, cooperando con i D.L. specialistici (strutture e impianti)”.
E se per davvero l’arch. Ga. non avesse mai ricevuto l’incarico di coordinamento e di D.L. generale, appare quanto mai singolare che il professionista convenuto abbia assunto spontaneamente e per mero spirito di liberalità l’onere e la responsabilità di occuparsi della redazione (I) della Relazione tecnica sul sistema fognario e (II) della Relazione sullo stato dei lavori all’8 febbraio 2004 sull’andamento di tutte le opere di urbanizzazione primaria, tra le quali la fognatura e l’estensione della rete gas metano in tubazione interrata.
Può pertanto concludersi che l’arch. Ga. non si è occupato esclusivamente delle opere architettoniche, bensì anche delle opere impiantistiche, a ciò conseguendo la responsabilità in capo al convenuto professionista per tutti i vizi gravi accertati al paragrafo n. 2, in cui sono riportate le ragioni tecniche per le quali l’arch. Ga. va ritenuto responsabile per i predetti vizi.
6. Sulla domanda di manleva di Ga.Gu. nei confronti di Gr. s.p.a..
La compagnia di assicurazione chiamata in causa dall’arch. Ga., oltre a contestare il merito della pretesa attorea e ad associarsi alle difese del proprio assicurato, ha precisato che la manleva deve essere limitata (I) al massimale di polizza di Euro 1.550.000,00; (II) alla sola quota di pertinenza del proprio assicurato, in caso di accertata responsabilità solidale con altri soggetti.
Inoltre, Gr. ha evidenziato che resta a carico dell’assicurato la franchigia di Euro 2.000,00 e che le spese legali per la difesa dell’arch. Ga. restano a carico dell’assicurato stesso.
I rilievi di cui sopra non sono stati contestati dall’arch. Ga. e pertanto i limiti della richiesta manleva saranno applicati come indicato da Gr..
7. Sulla corresponsabilità dei convenuti e sulla domanda di manleva della Cooperativa nei confronti della Ch.Em..
Al riguardo trova applicazione il principio giurisprudenziale per il quale tutti i convenuti sono solidalmente responsabili ex art. 1669 c.c., atteso che “in tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 cod. civ., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva riconosciuto la responsabilità solidale del progettista e direttore dei lavori e dell’appaltatore per i difetti della costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo, rientrando nei compiti di entrambi l’indagine sulla natura e consistenza del terreno edificatorio)” (cfr. Cass. sentenza n. 14650/2012).
Nella specie ricorrono i presupposti per affermare che i tre convenuti sono corresponsabili per quote uguali, pari dunque ad un terzo ciascuno, non emergendo dagli atti circostanze per ritenere l’uno maggiormente responsabile dell’altro.
La quota di responsabilità riferibile alla Cooperativa deve essere posta a carico di Ch.Em., in accoglimento della domanda di manleva svolta dalla Cooperativa nei confronti della appaltatrice Ch.Em..
Invero, nella missiva del 20.12.2007 l’impresa ha assunto l’impegno di sollevare la Cooperativa da ogni e qualsiasi onere per porre rimedio a qualsiasi vizio di costruzione; ivi si legge infatti: “Resta inteso che qualsiasi vizio di costruzione, sia per la qualità dei materiali che della loro posa in opera, si dovesse riscontrare successivamente alla data odierna, nelle unità immobiliari che compongono i fabbricati e nelle parti comuni esterne ed interne del complesso residenziale, sarà sistemato a cura e spese dell’Impresa, sollevando la Cooperativa da ogni e qualsiasi onere al riguardo” (cfr. doc. n. 2 Cooperativa).
Tale conclusione è altresì conforme a quanto già affermato nella sentenza del Tribunale di Milano n. 9015/2012 (resa tra l’odierno Condominio e le convenute Cooperativa e Ch.Em.), in cui si legge: “Per quanto riguarda il rapporto interno tra le due convenute (la Cooperativa e Ch.Em., ndr) il tribunale deve accogliere la domanda di manleva formulata dall’impresa venditrice committente nei confronti dell’impresa appaltatrice, tenuta nei confronti della prima secondo le regole dell’appalto” (cfr. doc. n. 3, Cooperativa).
8. Sull’ulteriore domanda di risarcimento del danno sub punto II) delle conclusioni attoree. Parte attrice ha chiesto da ultimo la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per il pregiudizio conseguente alla realizzazione delle opere rimediali e connesso all’impossibilità di pieno godimento delle rispettive proprietà durante l’esecuzione delle lavorazioni ed al relativo disagio.
Trattasi di danno non patrimoniale, infondato.
E’ sufficiente al riguardo evidenziare che: “Il danno cd. esistenziale è integrato esclusivamente in presenza di uno “sconvolgimento esistenziale” e non del mero “sconvolgimento dell’agenda” o della perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e, pertanto, non ricorre a fronte di meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità” (cfr. Cass. ordinanza n. 27229/2017).
Va da sé che in applicazione di tale principio giurisprudenziale il danno preteso da parte attrice non è giuridicamente apprezzabile.
9. Conclusioni.
Le domande di parte attrice meritano accoglimento entro i limiti di cui in motivazione.
Le parti convenute vanno condannate, in solido tra loro, a corrispondere:
– in favore del Condominio attore: Euro 98.575,38;
– in favore di Da. e Gh.: Euro 4.052,74;
– in favore di Li.: Euro 2.335,92.
A tali somme va aggiunta l’iva.
Al riguardo e proprio in tema di contratto di appalto4 un recente arresto giurisprudenziale di legittimità ha affermato: “valga il richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ancorché in relazione ai danni derivanti da circolazione stradale, ma senza che tale diversa genesi del danno possa incidere sulla soluzione da seguire anche nel caso in esame, poiché il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e consequenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l’IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta – a meno che il danneggiato, per l’attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell’IVA versata (cfr. Cass. n. 10023/1997; Cass. n. 1688/2010; Cass. n. 14535/20 ,13).
Trattandosi appunto di un onere accessorio e consequenziale, deve quindi ritenersi che la richiesta di risarcimento del danno involga in sé anche la richiesta di riconoscimento dell’IVA, che doveva quindi essere aggiunta alla somma corrispondente all’importo dei danni, e senza che possa venire in rilievo, come dedotto dalla difesa dell’intimato, un profilo di novità della domanda, trattandosi di una componente insita nella richiesta risarcitoria” (cfr. Cass. ordinanza n. 21739/19, pagg. 8 e 9 parte motiva).
Inoltre, alle predette somme, vanno aggiunti interessi legali e rivalutazione monetaria.
Si badi infatti che “in tema di appalto, mentre la somma liquidata a favore del committente per la eliminazione dei vizi e difformità dell’opera – a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo di cui all’art. 1668 cod. civ. – ha ad oggetto un debito di valore dell’appaltatore, che, non essendo soggetto al principio nominalistico, deve essere rivalutato in considerazione del diminuito potere d’acquisto della moneta intervenuto fino al momento della decisione, il diritto dell’appaltatore al corrispettivo ha natura di debito di valuta, che non è suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta” (cfr. Cass. sentenza n. 11594/04).
Trattandosi di debito di valore, sulle somme sopra indicate – espresse in moneta attuale – sono dovuti gli interessi legali e rivalutazione monetaria per la ritardata corresponsione dell’equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell’evento di danno; peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell’interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma devono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale sino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi, a far data dal deposito della relazione per ATP (2 ottobre 2015) al saldo effettivo.
Ch.Em. va condannata a tenere indenne la Cooperativa di quanto questa avrà a corrispondere a parte attrice.
Gr. va condanna a manievare l’arch. Ga. di quanto questo avrà a corrispondere a parte attrice, entro i limiti del massimale di polizza e della quota di responsabilità (pari ad un terzo) del proprio assicurato, detratta la franchigia di Euro 2.000,00.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla scorta del D.M. 55/14, tenuto conto del numero di parti e del valore della controversia, con riferimento al “decisum” e non al “disputatomi” (cfr. Cass. S.U. sentenza 11 settembre 2007, n. 19014).
La natura documentale della controversia – in forza della quale la fase istruttoria si è limitata alla sola redazione delle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. ed alla acquisizione dei fascicoli per ATP di cui sopra – comporta l’applicazione dei valori minimi della fase istruttoria.
Parte attrice ha altresì chiesto al punto (I) delle conclusioni la condanna al pagamento delle “spese sostenute dai medesimi attori per il proprio Consulente Tecnico di Parte, per compensi legali e per il CTU dell’espletato accertamento tecnico preventivo”.
Quanto alle spese del CTU in sede di ATP, trova applicazione il seguente principio giurisprudenziale: “le spese dell’accertamento tecnico preventivo “ante causam” vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto” (cfr. Cass. sentenza n. 14268/17).
Pertanto i compensi del CTU vanno posti a carico dei convenuti, per come liquidati dal Tribunale ante causam.
Parimenti, le spese di lite relative alla fase ante causam vanno poste a carico dei convenuti, in virtù del principio della soccombenza.
Quanto alle spese sostenute dagli attori per i consulenti tecnici di parte, trova applicazione il seguente principio giurisprudenziale: “Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue” (cfr. Cass. sentenza n. 84/2013).
Ebbene, nella specie tali spese non appaiono né eccessive né superflue, in quanto del tutto congrue rispetto al valore della causa e necessarie per lo svolgimento delle difese strettamente tecniche che hanno interessato la fase istruttoria della controversia.
Tali spese ammontano ad Euro 5.964,64: quanto all’ing. Ma., tecnico di parte del Condominio e della proprietà Da./Gh., Euro 4.061,44; quanto all’arch. Ro., tecnico di parte della proprietà Li., Euro 1.903,20, per come documentato al doc. n. 23 di parte attrice, relativa alla attività svolta dai predetti professionisti (cfr. relazioni ing. Ma. su parti condominiali del 10 ottobre 2014 e sull’appartamento Da./Gh. del 15 ottobre 2014, sub docc. nn. 4 e 5 citazione; relazione arch. Ro. su appartamento Li. del 10 ottobre 2014, sub doc. n. 6 citazione).
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, così decide:
1) accoglie entro i limiti di cui in motivazione le domande di parte attrice;
2) accerta e dichiara la responsabilità solidale dei convenuti per i vizi ex art. 1669 c.c. indicati in motivazione, nella misura di un terzo ciascuno;
3) condanna i convenuti, in solido tra loro, a corrispondere:
– in favore di Condominio via (…) Peschiera Borromeo: Euro 98.575,38, oltre iva;
– in favore di Da.Ma. e Gh.Va.: Euro 4.052,74, oltre iva;
– in favore di Li.Ma.: Euro 2.335,92, oltre iva, oltre interessi e rivalutazione monetaria, secondo le modalità di conteggio indicate in motivazione, a decorrere dal 2 ottobre 2015 al saldo effettivo;
4) condanna Ch.Ed. S.r.l. a tenere indenne Nu.Am. Società Cooperativa di quanto questa avrà a corrispondere agli attori, in riferimento ai punti 3, 7, 8 e 9 del dispositivo;
5) condanna Gr. S.p.A. a tenere indenne Ga.Gu. di quanto questo avrà a corrispondere agli attori, in riferimento ai punti 3, 7, 8 e 9 del dispositivo, entro i limiti del massimale di polizza e della quota di responsabilità dell’assicurato, detratta la franchigia di Euro 2.000,00;
6) rigetta ogni altra domanda;
7) pone a carico solidale dei convenuti le spese della CTU di cui all’ATP RG 76655/2014, per come liquidate dal Tribunale;
8) condanna i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore di parte attrice, che si liquidano: (I) quanto alla fase per ATP, in Euro 286,00 per spese esenti ed Euro 2.225,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge; (II) quanto alla fase di merito, in Euro 545,00 per spese esenti ed Euro 16.756,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge;
9) condanna i convenuti, in solido tra loro, a corrispondere, a titolo di spese sostenute da parte attrice per i propri consulenti tecnici:
– in favore di Condominio via (…) Peschiera Borromeo e di Da.Ma. e Gh.Va.: Euro 4.061,44;
– in favore di Li.Ma.: Euro 1.903,20.
Così deciso in Milano il 16 aprile 2020.
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2020.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto