L’attività informativa del giornalista che realizza e pubblica una intervista consiste nella diffusione del pensiero dell’intervistato, pensiero che costituisce esso stesso “notizia”, purché assistito dal necessario interesse pubblico; non è necessario che il professionista controlli la verità storica del contenuto delle dichiarazioni raccolte; inoltre costituirebbe una indebita limitazione alla libertà di stampa la pretesa che lo stesso intervistatore alteri il contenuto del pensiero del dichiarante o si astenga addirittura dal pubblicarlo perché potenzialmente offensivo; come si ripete la notizia nel caso di specie è costituita proprio dalla conoscenza del pensiero dell’intervistato, che assume in via esclusiva la responsabilità delle proprie affermazioni, sempre che l’intervistatore non abbia intenzionalmente provocato le dichiarazioni raccolte o non abbia manifestato aperta adesione ai contenuti offensivi, divenendone di fatto coautore.
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
Tribunale Roma, Sezione 18 civile Sentenza 12 febbraio 2019, n. 3205
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE di ROMA
XVIII sezione civile
in persona del Giudice Cecilia Pratesi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n.r.g. 82059/2017 promossa da:
(…), con il patrocinio degli avv.ti Ma.Ma. e Pa.Ca.
ATTORE
contro
(…), con il patrocinio dell’avv. Gi.Ci.;
(…), (…), (…) SPA, col patrocinio dell’avv. Vi.Ri.
CONVENUTI
ESPOSIZIONE DEI FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il giorno 16 maggio 2017, sul quotidiano “(…)”, venne pubblicata – pagine 48 e 49-un’intervista all’artista (…) (meglio noto come (…)), a firma del giornalista (…), dal titolo “(…) ALLO SPECCHIO/Ho cinque dischi già pronti ma ormai mi hanno crocifisso”.
Nella interlocuzione tra intervistato e giornalista viene affrontato il tema della emarginazione artistica dell’intervistato, che si afferma incompreso nella sua cifra espressiva e nel suo modo di essere; a tal proposito, (…) ricorda che durante la realizzazione del programma televisivo “(…)”, aveva girato una scena, poi tagliata in fase di montaggio, nella quale egli, volendo operare una citazione di analoghe provocazioni riferibili a (…) e (…), aveva fatto il saluto romano uscendo dal portellone di un aereo. Di fronte al rammarico mostrato dall’intervistato, il giornalista commenta:
“Forse è stata una fortuna =che abbiano tagliato la scena. Sarebbe scoppiato un altro pandemonio…”.
È a fronte di questo commento che (…) risponde: “Tanto succede lo stesso. Ormai è di moda stroncarmi e a proposito di ostacoli che ne hanno oscurato la visibilità dovevo andare a (…), avevo un grande potere in mano, avevo il consenso, di tutti, ma non mi hanno fatto salire su quel palco, e così è andata per i cinque anni consecutivi.
Anche quest’anno, io già lavoravo con la (…), lei mi disse “(…) vorrebbe trascinarmi a (…), ma figurati se ci vado”.
In realtà aveva già firmato, e io avevo già consegnato la canzone, e tutti e due, (…) e (…), hanno detto che era un capolavoro, però non mi hanno selezionato. (…) disse “io non ho voce sul cast. E sì, certo, poi però tra i giovani ha vinto (…)”.
Ebbene, (…) ha convenuto in giudizio l’intervistato (…), il giornalista (…), il direttore responsabile della testata, (…), e la società editrice, ritenendosi gravemente danneggiata da alcune delle dichiarazioni del cantante.
In particolare, nell’atto di citazione viene posto l’accento sulla chiosa finale del passaggio sopra riportato, volta a suggerire al lettore la convinzione che (…) possa aver influenzato il regolare svolgimento del concorso musicale della categoria “(…) giovani”.
(…), precisando di avere rivestito unicamente il ruolo di co-conduttrice e di non avere potuto incidere in tale veste sulla né sulla selezione delle canzoni, né sulla scelta dei vincitori, sostiene con fermezza la falsità dell’accusa rivoltale dall’intervistato, lamentandone peraltro l’ ampia risonanza mediatica, e la diffusione su numerose riviste di settore.
Il convenuto (…), nella propria comparsa, evidenzia come le dichiarazioni rese, a prescindere dalla qualificazione diffamatoria, non abbiano avuto la capacità concreta di incidere negativamente sulla personalità pubblica dell’attrice, che del resto non risulta essersi premurata di smentirne il contenuto.
Gli altri convenuti rilevano, da un lato, come l’intera intervista sia declinata in forma di raccolta di pensieri dell’artista, volti unicamente ad evidenziare la situazione di emarginazione del protagonista, dall’altro, come il giornalista si sia limitato a riportare fedelmente le affermazioni (…), senza manifestare condivisione od accompagnarvi esternazioni personali.
Viene rilevato, inoltre, che il passo ritenuto diffamatorio dall’attrice costituisse di fatto espressione di una polemica già radicata pubblicamente, tanto che su diversi siti internet potevano rinvenirsi tracce delle stesse perplessità in seguito espresse da (…) nel corso dell’intervista.
La difesa (…) – (…) – (…) richiama infine il consolidato orientamento della Cassazione che esclude la responsabilità della testata per il contenuto delle affermazioni dell’intervistato, se fedelmente riportate. Tutti i convenuti rilevano infine l’assenza di qualsiasi prova della quantificazione del danno.
In via preliminare è bene chiarire che l’oggetto del presente giudizio deve intendersi limitato ai passaggi dell’intervista censurati nell’atto introduttivo, mentre le doglianze espresse per la prima volta nella comparsa conclusionale in ordine ad un segmento successivo, nel quale viene ricostruita la versione di (…) in merito al suo allontanamento dalla trasmissione “(…)”, non possono essere prese in esame perché estranee al petitum cristallizzato definitivamente con il deposito della prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., termine ultimo nel quale può essere definito e plasmato il thema decidendum.
L’articolo si apre dunque commentando un omaggio di (…) al defunto artista britannico (…), così cercando di mettere risalto i caratteri da sempre eclettici e non-convenzionali dell’intervistato, assai simili, per certi versi, a quelli del cantante inglese.
Nel ripercorrere la figura di (…), il giornalista ha così la possibilità di mettere man mano in risalto il carattere ed il pensiero di (…). (…) lo introduce al lettore come una figura tormentata, che non è riuscita a dare piena espressione al proprio talento musicale, né a trovare il corretto canale comunicativo per esprimere la propria personalità.
Il dialogo prosegue ricordando come alcuni aspetti della vita personale dell’artista, o alcune sue esternazioni, abbiano – alle volte – compromesso o comunque danneggiato la sua popolarità e la sua carriera.
Alla domanda del giornalista “senta (…), ma le canzoni, l’arte, possono davvero rendere più felici?”, (…) risponde “ma certo, (…) per me è un nascondiglio, un posto dove si sta bene, dove sei compreso nelle tue stranezze, dove tutto quello che la gente ti dice che non va bene, lì è permesso”; ed è in questo contesto che (…) chiede spiegazioni; “eppure si potrebbe immaginare che qualche volta (…) ci goda a scatenare reazioni scomposte. Possiamo dire che è anche un provocatore?”.
Da qui prende piede uno spunto polemico dell’intervistato, in primo luogo nei riguardi di un mondo dello spettacolo non in grado di comprendere il suo carattere eclettico: “si, a volte, ma tanto non vengo capito.
Una volta a (…) sono uscito da un aereo e ho fatto il saluto fascista.
Tutti sconvolti, io ho detto: ma non capite, sto solo citando (…), che citava (…), è una metacitazione, ha perso completamente il suo valore politico, ma non potevano capirla, e infatti l’hanno tagliata”.
L’intervista, quindi, continua con i commenti già riportati in precedenza, quindi con la critica rivolta all’attrice.
È ormai indiscusso che la peculiarità del diritto di critica abbia il suo punto focale nell’esternazione di un giudizio di valore formulato a partire dalla lettura soggettiva di fatti veri o, perlomeno, ritenuti putativamente tali(ex plurimis, Corte di Cassazione, sez. V Pen., sentenza n. 562/2019).
In questo senso la Corte di Cassazione, sin dalla sentenza del 18 ottobre 1984 n. 5259 e con pronunce più recenti (v. Corte di Cassazione, sez. III Civ., 7 giugno 2018 n. 14727), precisa che il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi (che ha, per sua natura, carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica), con la precisazione che, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre tuttavia che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive.
Ebbene le parole di (…) “(…) disse “io non ho voce sul cast. E sì, certo, poi però tra i giovani ha vinto (…)””, sollecitano nel lettore il dubbio che l’attrice possa aver condizionato non solo l’ammissione degli artisti, quanto addirittura l’esito del concorso musicale.
Un’affermazione del genere, pur chiaramente intrisa di convincimenti e giudizi personali, non viene ricondotta neppure dal dichiarante ad un fatto storico reale o ragionevolmente ritenuto tale, e risulta lesiva della reputazione della conduttrice, perché suggerisce il compimento da parte sua di azioni scorrette nell’esercizio della sua attività professionale, e nell’ambito di un servizio pubblico quale la (…); non si è dunque di fronte alla semplice manifestazione di una opinione dell’intervistato sul modo di agire dell’attrice, ma alla attribuzione ad essa di un fatto determinato obiettivamente lesivo della reputazione.
Ora, la Corte di Cassazione precisa che l’elaborazione critica può essere legittimamente formulata a partire dal un nucleo dei fatti rispondente al vero, non travisato o manipolato (v. Corte di Cassazione, sez. V Pen., sentenza n. 562/2019), mentre nel caso di specie, partendo dai due dati storici della partecipazione di (…) quale co-conduttrice alla famosa gara musicale, e della vittoria del cantante (…) nel concorso “(…) giovani”, si giunge alla conclusione che la conduttrice abbia interferito sull’esito della gara, illazione di cui lo stesso (…) in questa sede non è in grado di dimostrare la rispondenza al vero, mentre sarebbe suo onere farlo per sottrarsi a responsabilità civile, e riportare la sua affermazione nell’alveo del diritto di critica.
Se la dichiarazione dell’intervistato presenta un contenuto diffamatorio, la condotta del giornalista, quindi dal direttore della testata e del gruppo editoriale quali responsabili solidali, è invece da ritenersi del tutto lecita.
La Corte di Cassazione (v. Cassazione nn.11232/2017 e 23168/2014) ha specificato che il giornalista, laddove non abbia manipolato o elaborato le dichiarazioni, in modo da falsarne anche parzialmente il contenuto, non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall’intervistato, sempreché ricorrano gli ulteriori requisiti dell’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista e della continenza, da intendersi rispettato per il solo fatto che il giornalista abbia riportato correttamente le dichiarazioni, a prescindere da valutazione sul loro contenuto. Non vi dev’essere, pertanto, alcuna adesione, neppure per implicito o allusivamente, al contenuto delle dichiarazioni.
L’attività informativa del giornalista che realizza e pubblica una intervista consiste nella diffusione del pensiero dell’intervistato, pensiero che costituisce esso stesso “notizia”, purché assistito dal necessario interesse pubblico; sotto questo profilo, come chiarisce la Cassazione penale nella sentenza n. 6911 del 2016, non è necessario che il professionista controlli la verità storica del contenuto delle dichiarazioni raccolte; inoltre costituirebbe una indebita limitazione alla libertà di stampa la pretesa che lo stesso intervistatore alteri il contenuto del pensiero del dichiarante o si astenga addirittura dal pubblicarlo perché potenzialmente offensivo; come si ripete la notizia nel caso di specie è costituita proprio dalla conoscenza del pensiero dell’intervistato, che assume in via esclusiva la responsabilità delle proprie affermazioni, sempre che l’intervistatore non abbia intenzionalmente provocato le dichiarazioni raccolte o non abbia manifestato aperta adesione ai contenuti offensivi, divenendone di fatto coautore (Cass. pen., Sez. V, 11 aprile 2013, n. 28502).
Ora leggendo attentamente il testo apparso su Repubblica si può ragionevolmente escludere che (…) abbia suscitato maliziosamente lo sfogo del cantautore; la difesa attrice sostiene a tal fine che l’episodio del “saluto fascista” censurato durante le riprese di X-Factor, sia stato “abilmente sfruttato dal giornalista per formulare l’osservazione provocatoria: “….Forse è stata una fortuna. Sarebbe scoppiato un altro pandemonio ….” e raccogliere in tal modo le gravissime ed infamanti accuse mosse da “(…)” sul ruolo asseritamente avuto dalla sig.ra (…) nella scelta dei partecipanti e perfino dei vincitori del Festival di (…)”.
Tale rilievo non sembra però condivisibile: nella frase forse è stata una fortuna, sarebbe scoppiato un altro pandemonio non è dato rinvenire alcuna sollecitazione né ad affrontare il tema del Festival di (…) né a formulare critiche specifiche sulla persona di (…) o sull’andamento della trasmissione “(…)”; neppure sembra rinvenirsi alcuna malizia nel commento “brutta storia questa con (…), si poteva evitare?”: si tratta di una osservazione del tutto ragionevole e pacata, non necessariamente volta a suscitare l’aspra ricostruzione delle modalità dell’allontanamento del cantante dal programma (passaggio che come chiarito non forma comunque oggetto della domanda), ma se mai sembra volta a stimolare una riflessione su un possibile diverso esito della relazione umana e professionale tra i due protagonisti della presente vicenda.
Per altro verso appare innegabile che la pubblicazione dell’intervista rispondesse ad un criterio di interesse generale, tanto più in quanto collocata con pertinenza nella sezione del giornale “R2 Spettacoli”, inserto espressamente dedicato al mondo della musica, della cultura e dello spettacolo, rivolta ad un pubblico specificamente attratto da tali temi, e riferita comunque ad un personaggio di significativa notorietà; si può affermare che le dichiarazioni e lo stesso vissuto di (…), personaggio poliedrico, aduso a proporsi in differenti vesti al mondo della musica e dello spettacolo (attraverso la partecipazione a talent shows di vario genere, la registrazione di album discografici, l’interpretazione di diverse figure del panorama musicale internazionale), rappresentino un importante punto di vista per il giornalista, per la rubrica intera e per i destinatari della stessa, e diffondano il pensiero ed il bagaglio professionale di un personaggio senza dubbio poliedrico.
La condotta del giornalista, e per derivazione dei potenziali coobbligati solidali, è dunque priva di disvalore.
Dunque è solo il convenuto (…) a dover rispondere del danno cagionato dalle dichiarazioni rese.
In questo giudizio- si precisa – non è stata fornita dimostrazione alcuna dell’insorgere di pregiudizi a carattere patrimoniale o di impedimenti alla carriera professionale dell’attrice in dipendenza della pubblicazione (anzi, le schermate prodotte dalla difesa (…) – (…) – (…) attestano che la conduttrice viva un momento di particolare fulgore artistico); resta perciò da valutare sulla base dei principi ormai consolidati in materia (si veda in particolare Cass. SS.UU. 24.6/11.11.2008, n.26972), ed in applicazione di un legittimo procedimento presuntivo, la portata del patimento psicologico (cd. patema d’animo, o danno morale soggettivo), in ragione del pregiudizio alla reputazione, personale e professionale della diffamata, che nella specie, può dirsi assolutamente contenuto, considerato che la carriera della show-woman non ha registrato la minima flessione, e che le dichiarazioni rese sono state verosimilmente inquadrate dal pubblico nel solco di una polemica tra i due artisti ormai in essere da diverso tempo a seguito della rottura del loro sodalizio professionale (vedi le pubblicazioni sui contrasti tra i due prodotte dalla difesa (…), precedenti all’articolo per cui è causa).
Si ritiene dunque che il danno patito possa essere ampiamente ristorato attraverso l’attribuzione della somma di Euro 18.000,00, comprensiva del danno da ritardo e degli interessi sin qui maturati, senza necessità di ulteriori misure risarcitorie.
Nei rapporti tra attrice e controparti vittoriose la regolazione delle spese di lite segue la soccombenza e le spese sono commisurate al valore indicato in citazione; nei rapporti tra attrice e convenuto soccombente, invece, vengono compensate per un terzo in ragione del divario tra la misura del risarcimento invocato e quella in concreto liquidata. I rimanenti due terzi, liquidati in ragione del decisum, sono posti a carico di (…).
P.Q.M.
il tribunale definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe,
– Condanna il convenuto (…) a pagare all’attrice la somma di Euro 18.000,00, oltre interessi dalla presente pronuncia al saldo.
– Rigetta la domanda proposta nei confronti dei convenuti (…), (…) e di (…) s.p.a.;
– Condanna l’attrice a rifondere ai convenuti (…), (…) E (…) spa le spese di lite, che si liquidano in Euro 8.030,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese generali.
– Compensa per un terzo le spese di lite nei rapporti tra l’attrice ed il convenuto parte (…), e condanna quest’ultimo a rimborsare a (…) i residui due terzi, che si liquidano – in tale quota – in Euro 560,00 per esborsi, Euro 2.156,00per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00 % per spese generali.
Così deciso in Roma il 12 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2019.