la L. n. 223 del 90, articolo 30, al comma 3 sancisce la responsabilita’ colposa dei soggetti indicati al comma 1, fra cui la persona delegata al controllo della trasmissione, nel caso in cui sia omesso il controllo necessario ad impedire la commissione dei reati di cui ai commi 1 e 2, vale a dire qualora le trasmissioni abbiano carattere di oscenita’ o si tratti di pubblicazioni destinate all’infanzia (L. n. 47 del 1948, articolo 14) od abbiano contenuto impressionante o raccapricciante (articolo 15 citata Legge).Il successivo comma 4, estende ai soggetti indicati al comma 1 le sanzioni previste dalla L. n. 47 del 1948 nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell’attribuzione di un fatto determinato.Non vi e’ alcun appiglio testuale o logico per ritenere che i due commi, il terzo e il quarto, debbano essere interpretati congiuntamente e sia percio’ configurabile una forma di responsabilita’ colposa per omesso controllo al di fuori dei reati elencati al comma 3.La responsabilita’ del concessionario o del delegato al controllo della trasmissione televisiva in ordine al delitto di diffamazione aggravata puo’, quindi, essere riconosciuta a titolo di dolo e in cio’ si sostanzia l’errore contenuto nell’imputazione.
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 20 gennaio 2017, n. 2738
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. MORELLI Francesc – rel. Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA;
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
nei confronti di:
(OMISSIS) ANZI (OMISSIS) ANZI (OMISSIS) nata i (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/12/2015 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCA MORELLI;
sentite le conclusioni del PG Dr. GIOVANNI DI LEO per il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori avv. (OMISSIS) per la parte civile chiede l’accoglimento del ricorso; Avv. (Ndr: testo originale non comprensibile) in sost. Avv. (OMISSIS), per il responsabile civile (OMISSIS), si riporta alla memoria depositata; avv. (OMISSIS), per gli imputati chiede il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Viene proposto ricorso avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 425 c.p.p. dal GUP presso il Tribunale di Roma, in data 18.12.15, nel processo a carico di (OMISSIS) e (OMISSIS), imputati, la prima, quale giornalista ed autrice del servizio, di diffamazione aggravata in danno del Presidente della Corte dei Conti (OMISSIS) e il secondo, quale soggetto delegato al controllo della trasmissione, del reato di cui alla L. n. 223 del 1990, articolo 30, comma 4 per avere omesso di esercitare il dovuto controllo sul contenuto della trasmissione televisiva “(OMISSIS)” andata in onda il (OMISSIS) e nel corso della quale, durante un servizio relativo al cd. (OMISSIS), era stata mostrata una fotografia raffigurante il dr. (OMISSIS), persona completamente estranea alla vicenda.
1.1. Il GUP sostiene che la fotografia era stata visibile per pochissimi secondi e poteva essere considerata come esemplificativa della Corte dei Conti nella sua figura apicale, per facilitare il richiamo, fatto dalla giornalista, all’organo giurisdizionale astrattamente considerato, in quanto risultavano coinvolti nell’inchiesta personaggi istituzionali e magistrati.
L’intento meramente esemplificativo era stato reso palese dalle parole del conduttore, il quale, dopo circa 30 minuti dalla messa in onda, aveva specificato la totale estraneita’ alla vicenda da parte del dr. (OMISSIS).
Nella sentenza si accenna, inoltre, alla possibilita’ che la messa in onda della fotografia sia stato frutto di un mero errore, trattandosi di una trasmissione in diretta in cui il controllo preliminare non e’ sempre possibile.
Quanto all’imputato (OMISSIS) si ritiene che, non essendovi prova della qualifica di delegato alla trasmissione, non sia integrato uno dei presupposti del reato contestatogli.
2. Il ricorso del Pubblico Ministero si articola su tre motivi.
Si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in quanto il GUP avrebbe fondato il proprio giudizio su una disamina degli elementi probatori, per giunta travisati, anziche’ sulla mera idoneita’ di tali elementi ad essere proficuamente impiegati in dibattimento.
2.1. Con il secondo motivo si deduce la contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione nonche’ il travisamento della prova; ci si duole, in particolare, del fatto che il GUP abbia attribuito rilievo alla circostanza che l’immagine del dr. (OMISSIS) sia comparsa soltanto per pochi minuti, quando, in realta’, era chiaro il collegamento fra il magistrato e i fatti corruttivi narrati, di tal che l’avere ritenuto il contrario rappresenterebbe un vero e proprio travisamento della prova.
Si sostiene, inoltre, che nessun rilievo va attribuito alla smentita da parte del conduttore del programma, posto che e’ intervenuta a distanza di un notevole intervallo di tempo rispetto alla comparsa della fotografia e in termini non dotati della stessa risonanza.
2.2. Con il terzo motivo si deducono analoghi vizi motivazionali e travisamento della prova con riferimento alla posizione dell’imputato (OMISSIS), in quanto il GUP avrebbe erroneamente escluso la sua qualita’ di delegato al controllo della trasmissione.
3. Il ricorso della parte civile si articola anch’esso su tre motivi di analogo contenuto.
In particolare si afferma l’assoluta irrilevanza della rettifica intervenuta ad opera del conduttore dopo la comparsa della fotografia, in quanto si tratta di condotta a cui la legge non attribuisce alcuna efficacia scriminante della diffamazione compiuta.
La contraddittorieta’ della motivazione sarebbe ravvisabile nella incompatibilita’ delle diverse prospettazioni congiuntamente invocate dal giudicante a sostegno della propria decisione; in particolare se la fotografia del Dr. (OMISSIS) era stata mandata in onda a titolo esemplificativo dell’istituzione da egli rappresentata e senza alcun riferimento alla persona, non si comprende il motivo della successiva precisazione ad opera del conduttore; ulteriore contraddittorieta’ sarebbe ravvisabile fra il giudizio di liceita’ delle affermazioni proferite e della condotta della giornalista rispetto alla formula di proscioglimento, perche’ il fatto non costituisce reato.
Del tutto congetturale, poi, l’affermazione secondo cui la messa in onda della fotografia sarebbe stata frutto di un errore e, in ogni caso, tale eventuale incertezza avrebbe reso necessario il vaglio dibattimentale.
Quanto alla posizione di (OMISSIS) si osserva che, ove non risultasse provata la delega conferitagli per il controllo della trasmissione, il GUP avrebbe potuto e dovuto provvedere all’integrazione probatoria o, comunque, a disporre il rinvio a giudizio.
4. Il difensore del responsabile civile (OMISSIS) s.p.a. ha presentato una memoria difensiva in data 8.9.16 in cui, premessa la sintesi della vicenda processuale ed esternate alcune perplessita’ sulla linearita’ della motivazione della sentenza impugnata, evidenzia come essa possa essere confermata.
4.1. Con specifico riferimento alla posizione di (OMISSIS), si osserva che le circostanze evidenziate dal GUP rendono comunque evidente l’assenza di dolo.
4.2. Quanto a (OMISSIS), si sostiene che, a prescindere dalla prova della sua qualita’ di delegato al controllo della trasmissione televisiva, non e’ penalmente sanzionato l’omesso controllo colposo di una trasmissione televisiva.
La L. n. 223 del 1990, articolo 30, comma 3 prevede tale tipo di responsabilita’ soltanto per le trasmissioni aventi contenuto osceno o raccapricciante ovvero destinate all’infanzia o all’adolescenza; il riferimento al delitto di diffamazione contenuto nel comma 4, che prevede una responsabilita’ del concessionario o del suo delegato a carattere doloso, non ha carattere di regola generale e non consente di ipotizzare una responsabilita’ colposa.
Ne’ e’ estensibile in via analogica la norma di cui all’articolo 57 c.p., dettato per la stampa periodica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Pare opportuno premettere che “In sede di legittimita’, il controllo sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere non deve incentrarsi su distinzioni astratte tra valutazioni processuali e valutazioni di merito, ma deve avere riguardo – come per le decisioni emesse all’esito del dibattimento – alla completezza ed alla congruita’ della motivazione stessa, in relazione all’apprezzamento, sempre necessario da parte del G.u.p., dell’aspetto prognostico dell’insostenibilita’ dell’accusa in giudizio, sotto il profilo della insuscettibilita’ del compendio probatorio a subire mutamenti nella fase dibattimentale” Sez. 6, n. 29156 del 03/06/2015 Rv. 264053 e che “Il controllo del giudice di legittimita’ sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere c.p.p., non puo’ avere per oggetto gli elementi acquisiti dal P.M., ma solo la riconoscibilita’ del criterio prognostico adottato dal giudice dell’udienza preliminare – alla stregua della sommaria valutazione delle fonti di prova offerte dal P.M. – per escludere che l’accusa sia sostenibile in giudizio” Sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010 Rv. 246874.
2. Sotto tale profilo, si deve riconoscere che il GUP ha presentato, seppure in modo non lineare, una serie di circostanze e di considerazioni logiche che, con riferimento alla posizione della giornalista (OMISSIS) ed alla imputazione di diffamazione, portano tutte ad una sola conclusione, quella dell’assenza dell’elemento soggettivo del reato, qualificabile in termini di dolo generico.
Se il reato di diffamazione deve essere sorretto dalla consapevolezza di offendere l’onore e la reputazione di un altro soggetto, le circostanze evidenziate nel provvedimento impugnato, vale a dire:
– che la fotografia sia stata visibile per pochi secondi;
– che i partecipanti alla trasmissione non abbiano fatto alcun riferimento alla persona del dr. (OMISSIS);
– che, anzi, il conduttore della trasmissione abbia precisato l’estraneita’ del Dr. (OMISSIS) alla vicenda giudiziaria di cui si trattava;
– che, trattandosi di una trasmissione in diretta, il controllo non fosse sempre possibile valutate nel loro insieme, sono dirette ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo, piuttosto che la materialita’ del fatto o l’offensivita’ della condotta o l’esistenza di scriminanti.
Gli argomenti complessivamente rappresentati dal GUP sono quindi idonei a sorreggere la formula di non luogo a procedere adottata nei confronti della giornalista, vale a dire “il fatto non costituisce reato”.
2.1. Le circostanze sopra enunciate non sono state contestate nei ricorsi, che si sono limitati essenzialmente a censurare la contraddittorieta’ della motivazione, in quanto dai presupposti in fatto non sarebbero state tratte le dovute conseguenze in punto di diritto, e non hanno neppure chiarito in che misura dette risultanze avrebbero potuto essere sconfessate in un eventuale giudizio dibattimentale.
Se si parte dal presupposto per cui, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il GUP deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio, ne’ formulare un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato, essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui gli elementi di prova acquisiti a carico di quest’ultimo si prestino a valutazioni alternative, aperte o, comunque, tali da poter essere diversamente valutati in dibattimento anche alla luce delle future acquisizioni probatorie (Sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016 Rv. 266443), si deve constatare che nella sentenza impugnata sono evidenziati elementi in fatto ormai acquisiti come tali ed insuscettibili di diversa interpretazione, i quali portano ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
3. L’avere escluso la responsabilita’ della giornalista in ordine al reato di diffamazione, cosi’ come contestatole, porta necessariamente ad escludere la responsabilita’ dell’altro imputato, (OMISSIS), cui si addebita il reato di cui alla L. n. 223 del 1990, articolo 30, comma 4 perche’, per colpa, avrebbe omesso di esercitare il dovuto controllo sul contenuto della trasmissione, controllo necessario ad impedire la commissione del reato di diffamazione in danno del Dr. (OMISSIS).
3.1. Pare comunque opportuno precisare che, a prescindere dalle argomentazioni svolte dal GUP e dai ricorrenti circa la prova o meno della qualifica di delegato al controllo della trasmissione in capo all’imputato, la L. n. 223 del 90, articolo 30, al comma 3 sancisce la responsabilita’ colposa dei soggetti indicati al comma 1, fra cui la persona delegata al controllo della trasmissione, nel caso in cui sia omesso il controllo necessario ad impedire la commissione dei reati di cui ai commi 1 e 2, vale a dire qualora le trasmissioni abbiano carattere di oscenita’ o si tratti di pubblicazioni destinate all’infanzia (L. n. 47 del 1948, articolo 14) od abbiano contenuto impressionante o raccapricciante (articolo 15 citata Legge).
Il successivo comma 4, estende ai soggetti indicati al comma 1 le sanzioni previste dalla L. n. 47 del 1948 nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell’attribuzione di un fatto determinato.
Non vi e’ alcun appiglio testuale o logico per ritenere che i due commi, il terzo e il quarto, debbano essere interpretati congiuntamente e sia percio’ configurabile una forma di responsabilita’ colposa per omesso controllo al di fuori dei reati elencati al comma 3.
La responsabilita’ del concessionario o del delegato al controllo della trasmissione televisiva in ordine al delitto di diffamazione aggravata puo’, quindi, essere riconosciuta a titolo di dolo e in cio’ si sostanzia l’errore contenuto nell’imputazione.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali.