i diritti reali si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto (ossia il bene che ne forma l’oggetto) e non al titolo che ne costituisce il fondamento, sicché l’allegazione nel giudizio di rivendicazione, in primo come in secondo grado, di un titolo diverso rispetto a quello originariamente posto a base della domanda rappresenta solo un’integrazione delle difese sul piano probatorio, non implicando la proposizione di una domanda nuova né la rinunzia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza. Pertanto, decisa la controversia sulla base di uno dei titoli suddetti, al giudice dell’impugnazione non è preclusa la decisione sulla base dell’altro o di entrambi i titoli dedotti, anche se la parte interessata non abbia proposto alcuna specifica doglianza ed istanza in tal senso, giacché l’art. 346 c.p.c. attiene alle domande ed eccezioni non accolte nella sentenza appellata e non riproposte in appello, non agli elementi di prova che, acquisiti al giudizio ma pretermessi dal primo giudice, il secondo ritenga, invece, rilevanti ai fini dell’esatta definizione della controversia.
Corte d’Appello Potenza, civile Sentenza 18 settembre 2018, n. 590
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Potenza, sezione Civile, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei signori Magistrati:
– dr. Cataldo C. Collazzo, Presidente est
– dr.ssa Paola Barracchia, Consigliere
– dr.ssa Lucia Iodice, Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in grado di appello iscritto al n. 170/2008 RGAC, avente ad oggetto “Rivendicazione di proprietà” e vertente tra:
CA.MA., CA.EG., CA.AN., IE.PI., IE.GI., IE.DO. (quali eredi di CA.MA.)
CA.MA.
(quale erede di CA.NI.)
rappresentati e difesi dall’avv. Gi.So. ed elettivamente domiciliati in Moliterno alla via (…) presso lo studio del medesimo
APPELLANTI
CONTRO
GU.MA.
rappresentata e difesa dall’avv. Ca.Mi. ed elettivamente domiciliata in Potenza alla via (…), presso lo studio dell’avv. Si.La.
APPELLATA
NONCHÉ
PA.EG., PA.AN. (quali eredi di CR.)
APPELLANTI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Le sorelle Ca.Ma., Ma., Ni., Eg. e An. hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lagonegro, Ma.Ce. Gu., esponendo di essere comproprietarie, ciascuna per 1/5 dell’intero, di una piccola abitazione sita in Molitemo alla via (…) (in catasto al Foglio n. (…) p.lla n. (…) sub 18), avendone acquistato la proprietà in parte per successione dal padre Gi.Ca., per l’altra parte per donazione dalla madre Ca.La..
Le attrici hanno allegato che tale abitazione era originariamente servita da due accessi, uno dei quali privo di numero civico ed in comune con l’abitazione di proprietà della convenuta.
Nella prospettazione delle attrici, la Gu. aveva loro impedito loro l’accesso da tale secondo ingresso.
Le attrici affermavano infine di avere intenzione di vendere tale loro abitazione, ma che la persona interessata all’acquisto aveva dichiarato di voler concludere il contratto solo nel caso gli fosse stato garantito il secondo accesso.
Chiedevano pertanto di sentir dichiarare il loro diritto di proprietà sull’ingresso di cui si è detto e di condannare parte convenuta al ripristino dello stesso, nonché al risarcimento del danno provocato dalla sua chiusura.
Si è ritualmente costituiva la convenuta, contestando la domanda e deducendo: che con l’atto di divisione dei germani Sa. e Ro.La. (avendo ella acquistato la proprietà della sua abitazione per successione mortis causa del marito Vi.La., il quale era succeduto a sua volta a Sa.La.), non era stata costituita alcuna servitù in favore dell’abitazione degli attori; che dal 1974 tale ingresso non era stato utilizzato da persone estranee al suo nucleo familiare; che esso comunicava con la propria cucina ed il bagno; che le attrici avevano già stipulato il contratto di compravendita dell’abitazione e che, pertanto, nessun danno poteva derivare dalla chiusura dell’ingresso”.
Interveniva volontariamente in giudizio Ma.Cr., il quale deduceva di aver acquistato dalle sorelle Ca. l’abitazione già di loro proprietà, aderendo alla domanda già proposta dalle attrici.
2. Il Tribunale di Lagonegro, con la sentenza impugnata, ha rigettato la domanda e condannato le attrici al pagamento delle spese di lite.
Il Tribunale ha affermato:
a) che la domanda proposta deve essere qualificata come azione di rivendicazione;
b) che l’atto introduttivo del giudizio non contiene alcuna allegazione, quale fatto costitutivo della pretesa attorea, di un acquisto per usucapione dell’ingresso per cui è causa;
c) che la prova testimoniale richiesta, tesa a provare l’acquisto per usucapione in capo alle attrici, è inammissibile; difatti i fatti costitutivi della domanda possono essere allegati al processo fino alla scadenza dei termini perentori di cui all’art. 183 comma 5 c.p.c.;
d) che tale conclusione non muta per il fatto che l’azione è relativa, nel caso di specie, a diritti autodeterminati, giacché secondo le regole processuali introdotte con la legge 353/1990, qualsiasi allegazione deve comunque avvenire prima della definitiva cristallizzazione del thema probandum;
e) che pertanto, avendo prodotto solo atti di acquisto a titolo derivativo, le attrici non hanno provato il fondamento della domanda.
3. Avverso detta sentenza hanno proposto appello Ca.Ma., Ca.Ma., Ca. Ni., Ca. Eg., Ca.An. e Cr.Ma..
Si è costituita Gu.Ma., contestando l’appello e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza del 7.5.2008 la Corte ha ammesso la prova testimoniale richiesta da parte appellante.
All’udienza del 4.4.2017 il processo è stato dichiarato interrotto per la morte di Ca.Ma. e Ca. Ni., dichiarata dal loro procuratore.
Il processo è stato riassunto dalle odierne appellanti con atto notificato, oltre che all’originaria parte appellata, agli eredi di Cr.Ma. (anch’egli nelle more deceduto), che tuttavia non si costituivano in giudizio.
All’udienza del 27 marzo 2018 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. L’appello è fondato.
Già con l’ordinanza istruttoria del 7.5.2008, questa Corte ha osservato che l’azione di rivendicazione ex art. 948 c.c. era sostanzialmente già per implicito contenuta nella citazione introduttive del giudizio laddove in essa si allegava un acquisto a titolo derivativo avvenuto nel 1991 da parte attrice e, da parte dei relativi danti causa, nel 1978, il che sta a significare che era stato allegato un possesso ultraventennale (oltre che ultradecennale agli eventuali fini di cui all’art. 1159 c.c.).
A ciò si aggiunga che la giurisprudenza di legittimità afferma che i diritti reali si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto (ossia il bene che ne forma l’oggetto) e non al titolo che ne costituisce il fondamento, sicché l’allegazione nel giudizio di rivendicazione, in primo come in secondo grado, di un titolo diverso rispetto a quello originariamente posto a base della domanda rappresenta solo un’integrazione delle difese sul piano probatorio, non implicando la proposizione di una domanda nuova né la rinunzia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza. Pertanto, decisa la controversia sulla base di uno dei titoli suddetti, al giudice dell’impugnazione non è preclusa la decisione sulla base dell’altro o di entrambi i titoli dedotti, anche se la parte interessata non abbia proposto alcuna specifica doglianza ed istanza in tal senso, giacché l’art. 346 c.p.c. attiene alle domande ed eccezioni non accolte nella sentenza appellata e non riproposte in appello, non agli elementi di prova che, acquisiti al giudizio ma pretermessi dal primo giudice, il secondo ritenga, invece, rilevanti ai fini dell’esatta definizione della controversia. (Nella specie, la S. C. ha escluso che, accolta in prime cure la domanda, proposta in via subordinata, di acquisto per usucapione della proprietà di una terrazza di copertura, fosse necessaria, ai fini dell’esame, in appello, di un diverso titolo di acquisto – già dedotto in prime cure in via principale – la formulazione di impugnazione incidentale) (Sez. 6-2, Ordinanza n. 24435 del 17/10/2017, Rv. 646813 -01).
La prova testimoniale assunta conferma il possesso ad usucapionem, in capo alle attrici, dell’ingresso di cui si controverte.
Il teste Fa.An. ha difatti dichiarato di aver sempre visto la Pa.Ca. (ovvero la madre delle attrici) seduta dinanzi all’ingresso di via Orione che dà accesso anche all’abitazione della signora Gu.; ritengo che la Pa. per accedere alla propria abitazione si servisse sia di tale accesso che dell’altro sito al numero civico 10.
Il teste Br.At. ha dichiarato risultargli che la signora Pa.Ca. sino all’epoca della sua morte per accedere alla propria abitazione sita alla via Orione di Moliterno si serviva sia dell’accesso sito al numero civico 10, sia dell’altro, senza numero civico che serve anche l’abitazione della signora Gu.Ce.. Ha inoltre aggiunto essere vero che la suddetta casa di abitazione, anche quando era di mia proprietà, era servita da entrambi i suddetti accessi.
E’ stato prodotto inoltre l’atto di compravendita del 2 agosto 1978 con il quale Ca.Gi. acquistò da Br.At. l’abitazione in questione.
Inoltre, è stato prodotto l’atto di donazione con il quale Pa.Ca. donava alle figlie i diritti pari a 15/20 sulla casa di via Pa., acquistati per successione alla morte di Ca.Gi..
Entrambi gli atti risultano trascritti.
Consegue a tanto l’accoglimento della domanda di rivendicazione.
Quanto all’ulteriore domanda di risarcimento del danno, il rigetto della stessa contenuto nella sentenza del Tribunale di Lagonegro non è oggetto di gravame, giacché sulla stessa si è formato il giudicato.
8. La disciplina delle spese del doppio grado di giudizio è governata dal principio della soccombenza.
Il parziale accoglimento della domanda costituisce tuttavia giusto motivo di compensazione delle stesse in regione della metà (ai sensi dell’art. 92 c.p.c. applicabile ratione temporis).
L’odierna parte appellata deve essere pertanto condannata al pagamento della restante metà delle spese in favore delle parti appellanti.
Poiché non è possibile stabilire il valore della causa ai sensi dell’art. 15 c.p.c., la liquidazione è effettuata in base allo scaglione fino a 26.000,00 Euro, in base al valore dichiarato della causa.
La liquidazione dei compensi è effettuata, per il primo grado, applicando le tariffe previste dal D.M. n. 127 del 2004 (cfr. Cass. seni. n. 2748/2016).
Per il grado di appello, essa effettuata alla stregua degli artt. 1, 2, 4 e 28 del Decr. Min Giustizia 10.3.2014 n. 55 (cfr. Corte Cosi., ord. n. 261/2013), tenuto conto dei valori medi dello scaglione.
Tali valori sono diminuiti nella misura del 30%, tenuto conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.
P.Q.M.
la Corte di Appello, definitivamente pronunciando sull’appello proposto con atto depositato il 16 gennaio 2008 e successivamente riassunto da CA.MA., CA.EG., CA.AN., IE.PI., IE.GI., IE.DO. (gli ultimi tre quali eredi di CA.MA.), CA.MA., (quale erede di CA.NI.) avverso la sentenza del Tribunale di Lagonegro n. 7/2007, depositata il 9 gennaio 2007, nei confronti di GU.MA., con l’intervento di CR.MA., nel contraddittorio delle parti così provvede in parziale riforma dell’impugnata sentenza:
a) accoglie parzialmente la domanda e per l’effetto dichiara CA.MA., CA.EG., CA.AN., IE.PI., IE.GI., IE.DO. (gli ultimi tre quali eredi di CA.MA.), CA.MA., (quale erede di CA.NI.) comproprietari dell’accesso di via Orione s.n.c. alla loro casa di abitazione sita in Moliterno (in catasto al foglio n. (…), p.lla n. (…) sub 18), unitamente a GU.MA.;
b) compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio nella misura della metà;
c) condanna Gu.Ma. al pagamento della restante metà delle spese del doppio grado di giudizio in favore di CA.MA., CA.EG., CA.AN., IE.PI., IE.GI., IE.DO. (gli ultimi tre quali eredi di CA.MA.), CA.MA., (quale erede di CA.NI.) e CR.MA., quota che liquida per il primo grado in complessivi Euro 2.175,70 (di cui Euro 669,50 per diritti di procuratore ed Euro 1.506,25 per onorari di avvocato), oltre spese generali, e per il presente grado in complessivi Euro 2.311,50 (di cui Euro 85,00 per spese vive ed Euro 290,00 per spese generali) oltre IVA e CA come per legge.
Così deciso in Potenza il 27 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 18 settembre 2018.