nel caso in cui il richiedente gli alimenti sia divorziato, occorre coordinare le disposizioni ex artt. 433 e ss. c.c. con l’art. 5 comma 6, della L. n. 898 del 1970 che prevede che con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Da ciò deriva che l’ex coniuge, a carico del quale non sia stato disposto alcun assegno divorzile, può essere chiamato in causa ai sensi dell’art. 433 c.c. e che solo dopo aver chiamato in causa l’ex coniuge, l’alimentando potrà rivolgere richieste ai soggetti successivamente elencati dall’art. 433 c.c.
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Tribunale|Sassari|Sezione 1|Civile|Sentenza|3 gennaio 2023| n. 8
Data udienza 3 gennaio 2023
Tribunale Ordinario di Sassari
Prima Sezione Civile
Il Tribunale civile di Sassari, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Elisabetta Carta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. …/21 R.G. promossa da:
C.V. (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Sassari, viale…, presso e nello studio dell’Avv. …(C.F. (…)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce all’atto di citazione;
ATTORE
CONTRO
C.M.C. (C.F.: (…)), elettivamente domiciliata in Sassari, via…, presso e nello studio dell’Avv. …(C.F. (…)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta,
CONVENUTO
E
C.P. nato a S. il (…), ivi residente in via M. n. 5, e C.G., nata ad O. il (…), ivi residente in via D. S. n. 20,
CONVENUTI CONTUMACI
OGGETTO: alimenti
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
In via di premessa si osserva che gli art.132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. prevedono che la sentenza deve contenere “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” la quale “consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”, così che debba ritenersi conforme al modello normativo richiamato (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, 26 luglio 2012 n. 13202), nonché l’esame e la trattazione nella motivazione delle sole questioni – di fatto e di diritto – “rilevanti ai fini della decisione” concretamente adottata, dovendo le restanti questioni eventualmente esposte dalle parti e non trattate dal giudice essere ritenute non come “omesse” (per l’effetto dell’error in procedendo), ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante.
Richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della presente vicenda controversa, il contenuto assertivo della citazione, nonché dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice in corso di causa, si osserva quanto segue in ordine alla decisione.
Con atto di citazione ritualmente notificato C.V. ha convenuto in giudizio i germani C. M.C., C.P. e C.G. per sentirli condannare alla prestazione degli alimenti ex artt. 433 ss c.c.., assumendo di trovarsi in stato di bisogno, priva dei mezzi necessari al proprio sostentamento, affetta da patologia che le impedisce di svolgere i lavori pesanti, e rischiando di essere senza tetto, in quanto ripetutamente sollecitata a lasciare la casa ove è ospitata.
Benché ritualmente citati C.P. e C.G. sono rimasti contumaci nel presente giudizio.
Si è costituita C.M.C. eccependo preliminarmente l’inammissibilità della richiesta avanzata dall’attrice ai sensi dell’art. 433 c.c., in quanto la norma predetta prevede che gli alimenti debbano essere corrisposti dai soggetti elencati secondo un ordine tassativo e, segnatamente, dal coniuge; dai figli (legittimi o legittimati o naturali o adottivi) anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (anche naturali); dai genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, gli adottanti; dai generi e le nuore; dal suocero e dalla suocera; dai fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
Ha difatti allegato che l’attrice risultava essere ancora sposata con il Sig. P.C. e che, pertanto, alla luce di quanto argomentato, la prestazione alimentare sarebbe dovuta essere avanzata in primis nei confronti del coniuge e solo qualora lo stesso fosse risultato impossibilitato ad adempiere C.V. avrebbe potuto procedere nei confronti dei successivi obbligati.
Premesso inoltre che affinché sorga il diritto agli alimenti allo stato di bisogno del richiedente deve aggiungersi la capacità dell’obbligato di adempiere l’onere alimentare, ha dedotto di non essere in grado di adempiere quanto richiesto da parte attrice.
Ha rappresentato, difatti, di essere separata dal marito, C.G., di abitare nella casa coniugale cointestata con il marito e con la figlia C.A., non ancora economicamente indipendente, di percepire uno stipendio di circa Euro 400,00, di non avere la possibilità di poter svolgere attività lavorativa a tempo pieno a causa di diverse patologie pregresse, essendole stata riconosciuta un’invalidità del 64% (in ordine alla quale stava svolgendo le pratiche necessarie per ottenere l’aggravio).
Ha infine allegato che all’attrice erano state proposte varie offerte di lavoro che erano state costantemente rifiutate, come quella di provvedere all’assistenza della madre quando era ancora in vita, in cambio di regolare retribuzione e alloggio presso la casa familiare, e altre offerte di lavoro comunicate dalla nipote C.A., nonché da parte di vari amici di famiglia che intendevano offrire un’opportunità di reddito, mai accolta.
Ha concluso chiedendo in via preliminare e in rito dichiararsi inammissibile la domanda avanzata da parte attrice e carente di legittimazione passiva la convenuta, in via principale e nel merito rigettarsi le domande avverse in quanto infondate in fatto ed in diritto. Con V. di spese compensi di lite.
La causa è stata istruita mediante la produzione di referente documentale e, all’esito, all’udienza cartolare del 19 luglio 2022, precisate le conclusioni, è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
La domanda attorea deve essere dichiarata inammissibile per i motivi in appresso illustrati.
Come è noto l’art. 433 c.c. indica le persone tenute agli alimenti, stabilendone l’ordine relativo, la cui elencazione è tassativa e progressiva e, dunque, il primo soggetto in grado di adempiere esclude gli altri atteso che la ratio di tale previsione si trova nell’intensità decrescente del vincolo di parentela o di affinità.
In primo grado è pertanto menzionato il coniuge. Al riguardo peraltro è da tenere presente che nello svolgimento normale dei rapporti matrimoniali il marito è tenuto al mantenimento della moglie, e la moglie a contribuire al mantenimento del marito, quando questi non abbia mezzi sufficienti, a norma dell’art. 145 c.c. Poiché l’obbligo del mantenimento non è derogato dalla norma che dichiara il coniuge tenuto agli alimenti, è ovvio che quest’ultima non troverà applicazione quando non vi sia separazione ovvero nei riguardi del coniuge, che non ha colpa nella separazione, giacché questi conserva tutti i suoi diritti, secondo quanto dispone l’art. 156 c.c. Anzi queste considerazioni inducono a rilevare che l’obbligazione alimentare anche per altre categorie di obbligati, come, ad esempio, i genitori verso i figli, non deroga al più ampio dovere del mantenimento tutte le volte che la legge lo prescrive.
Si osserva, inoltre, che nel caso in cui il richiedente gli alimenti sia divorziato, occorre coordinare le disposizioni ex artt. 433 e ss. c.c. con l’art. 5 comma 6, della L. n. 898 del 1970 che prevede che “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Da ciò deriva che l’ex coniuge, a carico del quale non sia stato disposto alcun assegno divorzile, può essere chiamato in causa ai sensi dell’art. 433 c.c. e che solo dopo aver chiamato in causa l’ex coniuge, l’alimentando potrà rivolgere richieste ai soggetti successivamente elencati dall’art. 433 c.c.
Tutto ciò premesso si osserva che l’attrice, solo a seguito delle contestazioni operate dalla convenuta costituita, ha allegato di essere divorziata dal marito C.P.G. ed ha prodotto agli atti tardivamente, ossia solo contestualmente al deposito della comparsa conclusionale, la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale che rimanda per la definizione delle condizioni di scioglimento del vincolo matrimoniale a quanto riportato nel ricorso introduttivo mai depositato, di tal che non risulta dimostrato che la stessa abbia richiesto di porre a carico del marito un assegno di divorzio, avendone diritto, (il che escluderebbe la possibilità di agire nei confronti degli altri obbligati) o che, non sussistendo i presupposti per ottenerlo, e trovandosi in stato di bisogno possa agire ex art. 433 c.c. dovendo in tal caso rivolgere la propria domanda in prima battuta proprio nei confronti dello stesso ex coniuge e, solo in via sussidiaria e residuale, nei confronti degli altri soggetti elencati nella norma predetta.
Avendo, per contro, l’attrice agito direttamente ed in via principale nei confronti dei germani, la relativa domanda deve essere dichiarata inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo prendendo come scaglione di riferimento quello di valore indeterminabile, complessità bassa, ed il valore minimo per la fase studio, introduttiva e decisionale, uniche svolte, da intendersi eseguite in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria
Deve inoltre revocarsi l’ammissione al gratuito patrocinio dell’attrice per manifesta infondatezza della domanda, rilevandosi che parte attrice ha dedotto di essere divorziata dal coniuge solo a seguito delle specifiche contestazioni della convenuta costituita, ha omesso di allegare e dimostrare le condizioni di scioglimento del matrimonio, non consentendo di conoscere se la stessa goda o meno di assegno divorzile, o se ne abbia diritto, ed avendo agito in vi diretta e principale nei confronti dei soli germani.
P.Q.M.
Il Tribunale di Sassari, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1. – Dichiara la domanda attorea inammissibile.;
2. – Condanna C.V. al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 2.906,00 per compensi professionali; dispone che il pagamento sia eseguito in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria.
3. – Revoca l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore dell’attrice.
Conclusione
Così deciso in Sassari, il 3 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2023.
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