Il diritto del coniuge divorziato, che sia anche titolare dell’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, ad ottenere la quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge sorge nel momento in cui quest’ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento e, dunque, al tempo della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito e’ esigibile solo quando – e nei limiti in cui – l’importo e’ effettivamente erogato; una volta cessato il rapporto di lavoro, non ha, dunque, alcuna incidenza sulla debenza della menzionata quota la presentazione, nel corso del giudizio instaurato per la relativa liquidazione, della richiesta di revoca dell’assegno divorzile, il cui eventuale accoglimento, anche se disposto dalla data della domanda, e’ successivo alla insorgenza del diritto previsto dalla L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis
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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|8 agosto 2022| n. 24403
Data udienza 7 aprile 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1186/2019 della Corte d’appello di Ancona, depositata il 17/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2022 dalla Dott.ssa ELEONORA REGGIANI;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 4/2018, depositata il 28/02/2018, il Tribunale di Macerata ha condannato (OMISSIS) a pagare in favore della ex moglie (OMISSIS) l’importo di Euro 21.893,76, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, quale quota di TFR a quest’ultima spettante, revocando pero’ l’assegno divorzile di Euro 270,00, posto a carico di (OMISSIS) dalla sentenza che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, a decorrere dalla domanda giudiziale formulata in via riconvenzionale da quest’ultimo.
Con sentenza n. 1186/2019, depositata il 17/07/2019, la Corte d’appello di Ancona, accogliendo l’appello proposto da (OMISSIS) contro la decisione, ha condannato (OMISSIS) a versarle il maggiore importo di Euro 66.545,10, computando le ulteriori somme percepite da quest’ultimo in corso di causa, sempre a titolo di TFR, e ha ripristinato l’obbligo dell’appellato di corresponsione dell’assegno divorzile.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi.
(OMISSIS), nonostante la ritualita’ della notifica, e’ rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso e’ dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio sulla revoca dell’assegno divorzile, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), riguardanti il miglioramento della situazione economica di (OMISSIS) (il decesso della madre con lei convivente, avvenuto il 01/07/2015, il verosimile aumento del suo patrimonio derivante dall’eredita’, la maggiorazione del reddito da pensione dalla medesima percepito) e il peggioramento della situazione economica del ricorrente (in ragione dell’aggravamento delle sue condizioni di salute e del conseguente carattere di stabilita’ delle spese mediche da affrontare per sottoporsi ai necessari controlli, nonche’ della riduzione dei redditi della sua seconda moglie, risultante dalle relative dichiarazioni, allegate con il doc. 18 al fascicolo di parte di primo grado).
Con il secondo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione e/o la falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della L. n. 898 del 1970, articolo 9, in ragione dell’omessa valutazione delle circostanze sopravvenute di cui al primo motivo.
Con il terzo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione e/o la falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, sempre con riferimento alla statuizione sulla richiesta di revoca dell’assegno divorzile, per non avere la Corte d’appello rilevato che (OMISSIS) e’ del tutto autosufficiente economicamente, dato che puo’ godere dell’abitazione familiare e di una significativa pensione senza dover piu’ mantenere i figli, e non ha diritto all’assegno in funzione perequativo/compensativa, non avendo sacrificato le sue aspirazioni professionali nel corso della vita matrimoniale.
Con il quarto motivo di ricorso e’ dedotta la violazione e/o la falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis, per avere la Corte d’appello riconosciuto la spettanza a (OMISSIS) anche della quota dell’ulteriore importo liquidato al ricorrente a titolo di TFR in pendenza di lite, mentre invece avrebbe dovuto tener conto solo dell’importo gia’ liquidato al momento dell’instaurazione del giudizio di primo grado, considerato anche che l’auspicata revoca dell’assegno divorzile avrebbe dovuto avere effetto dal momento della domanda giudiziale.
2. Il primo motivo di ricorso va respinto nella parte in cui lamenta il mancato esame di fatti decisivi riguardanti il dedotto miglioramento delle condizioni economiche dell’intimata, mentre risulta fondato nella parte in cui censura l’omesso esame di fatti rilevanti per la valutazione delle condizioni economiche del ricorrente.
2.1. Contrariamente a quanto affermato dal (OMISSIS), la morte della madre di (OMISSIS) e’ stata espressamente considerata nella sentenza impugnata, ma a tale evento non e’ stata data rilevanza, sia perche’ il mini appartamento un tempo occupato dalla defunta, per poter essere locato, avrebbe dovuto essere sottoposto a lavori di adattamento (come pure ritenuto dal giudice del divorzio), sia perche’ non vi era prova della titolarita’ in capo a quest’ultima di beni immobili suscettibili di essere trasmessi alla figlia per successione (v. p. 13 e 15 della decisione impugnata).
Anche con riferimento all’ammontare della pensione percepita dall’intimata, vi e’ una chiara pronuncia della sentenza impugnata, che ha ritenuto esistente una sostanziale equivalenza rispetto a quanto accertato in sede di divorzio, aggiungendo che il lieve aumento costituiva un mero adeguamento dell’assegno pensionistico (v. p. 14 della decisione impugnata).
Per tale parte il motivo si risolve nella richiesta di una valutazione in fatto diversa da quella operata dal giudice, cui (OMISSIS) vorrebbe contrapporre la propria.
2.2. Diverso e’ il discorso con riferimento al dedotto peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente.
2.2.1. (OMISSIS) ha criticato la decisione impugnata nella parte in cui ha statuito sulla dedotta riduzione dei redditi percepiti dall’attuale sua moglie, la Dott.ssa Vetuli, di professione psicologa-psicoterapeutica.
La Corte d’appello ha ritenuto che “la riduzione di reddito di quest’ultima asseritamente correlata alla malattia (documentata) dell’anziana madre, non risulta supportata da idonea documentazione contabile o fiscale in quanto fondata sulla sola dichiarazione della Dott.ssa Vetuli” (p. 15 della decisione impugnata).
Il ricorrente ha, pero’, affermato di avere prodotto le dichiarazioni dei redditi della moglie gia’ al doc. 18 del fascicolo di primo grado (p. 8 e 14 del ricorso per cassazione), evidenziando che dal 2013 al 2016 si era verificato un progressivo calo del reddito della stessa (nel 2016, Euro 441,00 mensili), tale da imporre al ricorrente di contribuire al suo mantenimento (p. 14 del ricorso per cassazione).
La documentazione fiscale, dunque, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, era stata acquisita al processo e offerta al contraddittorio delle parti.
Il ricorrente ha anche prospettato la decisivita’ della stessa, perche’ rappresentativa del significativo calo delle entrate della seconda moglie, che gli imponeva di prestarle assistenza materiale, con conseguente incidenza sulla statuizione relativa all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.
Sul punto, la decisione va, conseguentemente, cassata.
2.2.2. In ordine alle spese mediche del ricorrente, la Corte di appello ha ritenuto che “L’aggravamento delle condizioni di salute del sig. (OMISSIS) risulta suscettibile di assumere rilievo soltanto sotto il profilo di eventuali spese che, sebbene, documentate, appaiono riferibili al solo anno 2016 in cui l’odierno appellato si e’ sottoposto ad intervento chirurgico si’ da non poter essere assumere, nell’entita’ indicata dal predetto, carattere stabile” (p. 15 della sentenza impugnata).
Il ricorrente ha affermato di dover sostenere con continuita’ spese mediche, perche’ soffre di patologie croniche, evidenziando di avere reiteratamente affermato tale circostanza, comunque desumibile dalla ricca documentazione prodotta e, soprattutto, dal certificato del Dott. (OMISSIS) (doc. 8 del fascicolo di primo grado), ove si legge che gli e’ stato diagnosticato un melanoma cutaneo, unitamente a insufficienza renale cronica, complicata da anemia, cardiopatia ipertensiva e gammopatia monoclonale e che, per tali problemi, necessita di terapie e di frequenti controlli clinici e specialistici e di monitoraggio strumentale (p. 15 del ricorso per cassazione).
La Corte di appello ha omesso di considerare la fondamentale circostanza della cronicita’ delle patologie del ricorrente, dedotta e documentata nel corso del giudizio, decisiva ai fini della statuizione sull’assegno divorzile, in quanto comportante spese mediche continuative, suscettibili di incidere sulle disponibilita’ economiche del medesimo.
Anche in ordine a tale aspetto, la decisione va cassata.
3. Il secondo motivo e’ assorbito.
4. Il terzo motivo e’ inammissibile, perche’ in parte fondato su circostanze esaminate dalla corte d’appello e in parte volto ad ottenere una nuova valutazione dei presupposti e dell’entita’ dell’assegno sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni delle parti (diritto di (OMISSIS) al riconoscimento dell’assegno in funzione sia assistenziale che perequativo/compensativa) gia’ compiuta in sede di sentenza divorzile (cfr. Cass. n. 7666/2022, Cass. n. 11177/2019).
5. Il quarto motivo e’ infondato.
5.1. Com’e’ noto, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis, comma 1, “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennita’ di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennita’ viene a maturare dopo la sentenza”.
Questa Corte, con orientamento oramai consolidato, ritiene che condizione per l’ottenimento della quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge e’ che il richiedente sia titolare di un assegno divorzile – o abbia presentato domanda di divorzio (seguita dalla relativa pronuncia e dall’attribuzione dell’assegno divorzile) – al momento in cui l’ex coniuge maturi il diritto alla corresponsione di tale trattamento (cfr. da ultimo Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4499 del 19/02/2021).
La ratio della norma e’, infatti, quella di correlare il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto alla percezione dell’assegno divorzile (tra le tante, v. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12175 del 06/06/2011).
Tale trattamento e’ percepito quando il vincolo matrimoniale e’ ormai sciolto, ma deriva dall’accantonamento di somme operato nel corso del rapporto di lavoro e, per il tempo in cui il menzionato rapporto si e’ svolto durante la convivenza matrimoniale, l’ex coniuge del lavoratore, che abbia ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, e’ ex lege chiamato a godere pro quota di detto trattamento.
Alla base della disposizione normativa si rinvengono profili assistenziali, evidenziati dal fatto che la disposizione presuppone la spettanza dell’assegno divorzile, ma anche compensativi, legati all’importanza data allo svolgimento del rapporto di lavoro durante la vita matrimoniale.
La finalita’, in sintesi, e’ quella di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi, finche’ il matrimonio e’ durato.
5.2. In applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis, la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’ottenimento della quota del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge va, dunque, verificata al momento in cui nasce, per quest’ultimo, il diritto all’ottenimento del menzionato trattamento nei confronti del datore di lavoro.
Sul punto, e’ consolidata l’opinione della giurisprudenza, secondo la quale tale diritto sorge, e puo’ essere azionato, quando cessa il rapporto di lavoro (v. tra le tante Cass., Sez. L, Sentenza n. 2827 del 06/02/2018 e Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5376 del 27/02/2020; cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 34050 del 12/11/2021).
In sintesi, insieme al diritto del lavoratore a tale trattamento, sorge anche il diritto dell’ex coniuge a percepire una sua quota, in presenza degli altri presupposti dalla L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis.
5.3. Si deve, tuttavia, precisare che, come stabilito dalla norma appena richiamata, solo l’effettiva percezione di tale trattamento rende esigibile la quota di spettanza dell’ex coniuge, essendo previsto il diritto di quest’ultimo “ad una percentuale dell’indennita’ di fine rapporto percepita dall’altro coniuge”.
In sintesi, il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto, che matura con l’insorgenza del diritto a tale trattamento da parte dell’altro coniuge, diviene esigibile quando quest’ultimo percepisce il relativo trattamento (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 27233 del 14/11/2008 e Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5719 del 23/03/2004).
Non e’, pero’, necessario che l’importo su cui calcolare la quota di spettanza sia gia’ incassato al momento della proposizione della relativa domanda, essendo sufficiente che sia esistente al momento della decisione.
Come avviene in tutti i casi in cui sia promosso un giudizio teso all’accertamento di un credito, la sentenza che decide la causa deve accogliere la domanda del creditore quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere, pur se non sussistenti al momento della proposizione della domanda, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione (cfr. con riferimento ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, ove il credito diviene esigibile successivamente all’emissione del decreto, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6421 del 22/04/2003 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 15224 del 16/07/2020).
5.4. Non incide sulla spettanza della quota del trattamento di fine rapporto la proposizione della domanda di revoca dell’assegno divorzile, dopo che sia maturato il diritto a tale trattamento – e cioe’ dopo che sia cessato il rapporto di lavoro – poiche’, anche considerando il possibile accoglimento di tale domanda con effetto dalla data della sua proposizione, comunque tale effetto e’ successivo al momento in cui e’ maturato il diritto al trattamento di fine rapporto (v. la fattispecie esaminata da Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4499 del 19/02/2021).
Diversamente opinando, la stessa esistenza del diritto sancito dalla L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis, verrebbe subordinata ad un fatto del tutto estraneo ai rapporti tra gli ex coniugi, dato dall’adempimento del datore di lavoro all’obbligo di corrispondere il menzionato trattamento, il quale, per molteplici ragioni, puo’ non avvenire o avvenire solo in parte, ovvero essere effettuato, come e’ oramai ordinario, in modo scaglionato nel tempo.
Come sopra evidenziato, deve, dunque, guardarsi al momento in cui matura la spettanza del trattamento e, se in tale momento, l’ex coniuge del lavoratore gode dell’assegno divorzile, ha anche diritto alla quota del trattamento di fine rapporto, che potra’ essere liquidata al momento dell’effettiva percezione da parte dell’ex coniuge obbligato.
5.5. Nel caso di specie, nella decisione impugnata si legge con chiarezza che l’intimata, titolare di assegno divorzile, ha chiesto la corresponsione della quota del trattamento di fine rapporto, maturata dal marito dopo la pronuncia di divorzio.
La parte non risulta avere operato alcuna limitazione in ordine al quantum richiesto, avendo, anzi, precisato che la quota ad essa spettante dovesse essere determinata nella misura corrispondente al 40% dell’indennita’ totale, riferita agli anni in cui il rapporto di lavoro si era svolto durante il matrimonio (p. 2 della sentenza impugnata).
Nella menzionata decisione e’ altresi’ specificato che una parte di tale trattamento e’ stata corrisposta all’ex marito prima dell’introduzione del giudizio e un’altra parte e’ stata erogata nel corso del giudizio di primo grado, con la precisazione che, al momento della decisione, erano stati percepiti entrambi gli importi, sul cui ammontare complessivo il giudice dell’appello ha, dunque, correttamente determinato la quota di spettanza della (OMISSIS) (p. 3, 4 e 5 della sentenza impugnata).
In sintesi, il motivo di ricorso deve essere respinto in applicazione del seguente principio:
“Il diritto del coniuge divorziato, che sia anche titolare dell’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, ad ottenere la quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge sorge nel momento in cui quest’ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento e, dunque, al tempo della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito e’ esigibile solo quando – e nei limiti in cui – l’importo e’ effettivamente erogato; una volta cessato il rapporto di lavoro, non ha, dunque, alcuna incidenza sulla debenza della menzionata quota la presentazione, nel corso del giudizio instaurato per la relativa liquidazione, della richiesta di revoca dell’assegno divorzile, il cui eventuale accoglimento, anche se disposto dalla data della domanda, e’ successivo alla insorgenza del diritto previsto dalla L. n. 898 del 1970, articolo 12 bis”.
6. In conclusione, accolto parzialmente il primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti indicati, con conseguente rinvio della causa, anche per quanto riguarda le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione.
7. In caso di diffusione della presente ordinanza, devono essere omesse le generalita’ e i dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, dichiara assorbito il secondo e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimita’;
dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalita’ e i dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
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