Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 febbraio 2018, n. 3263
in relazione all’ipotesi dell’azione di disconoscimento di paternita’ di figlio legittimo, “la “scoperta” dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’articolo 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto – non riducibile, percio’, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.” (Cass. 14556 del 26/06/2014), cosi’ rimarcando la necessita’ che la conoscenza certa deve involgere proprio il nesso di causalita’ tra adulterio e procreazione del figlio che si intende disconoscere.
Integrale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20502/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 74/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2017 dal cons. TRICOMI LAURA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che chiede che la Corte di Cassazione rigetti il ricorso con le conseguenze previste dalla legge.
FATTO E DIRITTO
RITENUTO CHE:
La Corte di appello di Perugia, in riforma della sentenza del Tribunale del capoluogo, sulla domanda di disconoscimento di paternita’ proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) (precedentemente coniugata con l’attore) e dei figli (OMISSIS) e (OMISSIS), la ha ritenuta tempestiva in quanto esperita entro il termine decadenziale di un anno dalla conoscenza dell’adulterio, come previsto ex articolo 244 c.c..
Pur sulla premessa che il termine decadenziale decorre dalla conoscenza dell’adulterio e non dalla certezza dell’incompatibilita’ genetica del presunto padre rispetto ai presunti figli, la Corte territoriale ha affermato che, nel caso di specie, “la certezza dell’adulterio al momento del concepimento e’ stata acquisita dal (OMISSIS) soltanto con gli esami del DNA”.
Quindi, essendo incontestato tra le parti che (OMISSIS) e (OMISSIS) non erano figli biologici di (OMISSIS), ha accolto la domanda di disconoscimento.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), affidandosi a due motivi. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Il ricorso e’ stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c., e articolo 380 bis c.p.c., comma 1.
Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Le parti ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
CONSIDERATO CHE:
1.1. Il primo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 342, 348 bis e 348 ter c.p.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte di appello ritenuto ammissibile il gravame proposto dal (OMISSIS), in assenza dei requisiti di forma, e’ inammissibile.
1.2. Osserva la Corte che “L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilita’) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.” (Cass. n. 22880 del 29/09/2017).
1.3. Ne consegue che il ricorrente, ove censuri – come nel caso in esame -la statuizione di inammissibilita’ di un motivo di appello per difetto di specificita’, ha comunque l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non puo’ limitarsi – come nel caso in esame – a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificita’.
2.1. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 244 c.c., comma 2, (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale tempestiva l’azione di disconoscimento, e’ infondato.
Secondo i ricorrenti, che invocano la necessita’ di privilegiare la certezza dello status di figlio rispetto alla verita’ della paternita’, e’ dirimente, ai fini della valutazione delle tempestivita’, la circostanza che (OMISSIS) sapesse da tempo di non essere il padre biologico dei figli e fosse anche a conoscenza dell’adulterio della moglie da molti anni, ben prima dell’esame del DNA, che aveva solo confermato una situazione a lui gia’ nota.
2.2. Innanzi tutto va sottolineato che quanto i ricorrenti apoditticamente assumono – sostenendo che il (OMISSIS) sapeva da tempo di non essere il padre biologico dei figli – costituisce in realta’ l’oggetto del contendere, atteso che il motivo concerne proprio la statuizione di secondo grado che tale assunto ha parzialmente disatteso.
2.3. Cio’ premesso, osserva la Corte che, come e’ stato gia’ affermato, in relazione all’ipotesi dell’azione di disconoscimento di paternita’ di figlio legittimo, “la “scoperta” dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’articolo 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto – non riducibile, percio’, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.” (Cass. 14556 del 26/06/2014), cosi’ rimarcando la necessita’ che la conoscenza certa deve involgere proprio il nesso di causalita’ tra adulterio e procreazione del figlio che si intende disconoscere.
2.4. Orbene, nel caso in esame la Corte di appello, ha affermato che i sospetti dell’adulterio della moglie vennero a crearsi nel (OMISSIS) in epoca risalente, ma non prima del 2000, laddove la nascita dei figli si colloca in epoca antecedente nel 1987 e 1990, e che la confidenza circa i dubbi sulla effettiva paternita’ dei figli fatta nel 2004 dal (OMISSIS) alla teste (OMISSIS), motivata anche dalla sterilita’ da lui stesso presunta – e poi risultata meramente ipotetica e infondata alla luce di una CTU effettuata in merito- doveva ritenersi come “lo sfogo di un sospetto – ancorche’ molto forte e fondato – di una relazione extraconiugale della coniuge ma non la certezza di essere giunto ad una conclusione basata peraltro su una premessa errata” in merito alla effettiva paternita’ (fol. 4 della sent. imp.).
Ha, inoltre, escluso che le informazioni fornite dal (OMISSIS) all’Agenzia investigativa, incaricata nel 2006 di indagare sulla moglie, pur denotando una conoscenza certa dell’adulterio, potessero ritenersi riferite ad un contesto temporale cosi’ ampio da ricomprendere anche l’epoca del concepimento dei figli.
In buona sostanza la Corte di appello, pur ravvisando una pregressa conoscenza dell’adulterio da parte del (OMISSIS), ha tuttavia escluso che, prima dell’espletamento della prova del DNA effettuato il 19.02.2007, questi avesse acquisito la certezza che adulterio vi fosse stato anche al momento del concepimento dei due figli.
2.5. Non risulta quindi pertinente il principio invocato, secondo il quale la prova dell’intempestivita’ dell’azione di disconoscimento della paternita’ fondata sull’adulterio della moglie, puo’ derivare, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni rese dal marito ad un terzo, sul momento di conoscenza dell’adulterio (Cass. n. 1264 del 30/01/2001), principio utilizzato dai ricorrenti per sottolineare il rilievo probatorio della testimonianza resa dalla (OMISSIS): invero, la Corte territoriale non ha escluso la rilevanza del mezzo probatorio in se’, ma ne ha escluso in concreto la valenza probatoria e la decisivita’.
2.6. Infatti, la Corte di appello con un sindacato di fatto elaborato logicamente ed adeguatamente motivato in conformita’ al diritto, sulla scorta della valutazione individuale e complessiva di tutte le plurime emergenze processuali, ha escluso che, sulla scorta di tale deposizione testimoniale e degli altri elementi probatori raccolti, potesse ritenersi acclarata la conoscenza dell’adulterio all’epoca del concepimento, da parte del (OMISSIS).
Questa specifica statuizione, peraltro, non risulta attinta da alcuna censura motivazionale.
3.1. Conclusivamente, il ricorso va rigettato, inammissibile il primo motivo, infondato il secondo; le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
3.2. Si da’ atto, – ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
3.3. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso, inammissibile il primo motivo, infondato il secondo;
– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nel compenso di Euro 3.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
– Da’ atto, ai sensi Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.