in ordine alla distinzione tra azione di restituzione e azione di rivendicazione, per cui non è azione di restituzione ma di rivendicazione quella con la quale l’attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l’occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto. L’azione personale di restituzione è, infatti, destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo.
Tribunale Nola, Sezione 1 civile Sentenza 15 gennaio 2019, n. 127
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI NOLA
PRIMA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica in persona del giudice dott.ssa Rosa Anna Capozzi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile iscritto al n. 2008/2004 R.G.A. COD. CIV., avente ad oggetto: rivendica, vertente
TRA
GO. S.p.A. (già S.p.A. AC.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Re.Bu., con studio in Ercolano, alla Piazza (…), in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione
– attore –
E
S.r.l. SU., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lu.Am., elettivamente domiciliati presso il suo studio in Mariglianella (NA), alla Via (…), in virtù di procura alle liti a margine della comparsa di costituzione e risposta
– convenuto –
RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell’art. 132 cod. proc. civ., così come inciso dall’art. 45, comma 17, legge 18.6.2009, n. 69.
In primo luogo si reputa necessario evidenziare che lo scrivente magistrato è subentrato nel presente procedimento solo in data 12 dicembre 2017 e di aver riservato la causa in decisione all’udienza del 2 ottobre 2018, a seguito del ritrovamento del fascicolo d’ufficio, dopo aver preso atto dell’impossibilità per le parti di ricostruirlo.
Ne deriva che, sebbene al fascicolo d’ufficio non risultano tuttora allegati tutti i verbali di causa, quest’ultima non potrà che essere decisa allo stato degli atti, stante anche la vetustà del presente procedimento.
2. Nel merito, le domande non possono trovare accoglimento.
La società attrice, con l’atto di citazione, ha dedotto di essere proprietaria della striscia di terreno larga 2 metri, riportata in Catasto terreni del Comune di Mariglianella, al foglio (…), p.lla (…) al di sotto della quale è posata una tubatura in ghisa e che l’impresa Su. s.r.l stava realizzando un complesso di palazzine occupando in parte il terreno di sua proprietà chiedendone l’immediata rimozione con ripristino dello stato dei luoghi, oltre all’accertamento della responsabilità per i danni causati alla condotta idrica con conseguente condanna al risarcimento dei danni.
La convenuta impresa edile ha sin dalla costituzione in giudizio contestato la proprietà rivendicata dall’attrice e respinto ogni addebito in ordine alla rottura della conduttura idrica nel corso dei lavori eseguiti.
2.1. Orbene, la domanda principale proposta dall’attrice, alla luce della sua precisazione fornita anche nelle memorie successive, va qualificata come domanda di rivendica finalizzata ad ottenere la restituzione della “striscia di terreni in cui passa la tubazione mediante la immediata rimozione delle opere ivi realizzate” (cfr. conclusioni della memoria ex art. 183, comma quinto, cod. proc. civ. del 23/05/2005 di parte attrice).
La società attrice non ha, però, affatto assolto al rigoroso onere probatorio sulla stessa gravante.
L’allegazione della titolarità della proprietà sulla striscia di terreno rivendicata è evidentemente rimasta del tutto sfornita di prova né la stessa sarebbe potuta essere oggetto di prova testimoniale, in quanto inammissibile ai sensi dell’art. 2721 cod. civ. ovvero fornita mediante l’acquisizione della planimetria catastale da parte del c.t.u. nominato nell’ambito del sub-procedimento instaurato con ricorso per denunzia di danno temuto.
D’altronde, costituisce oramai principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, in tema di accertamento della proprietà esclusiva, di un immobile, la prova della proprietà deve essere data con rigore per chi agisce in rivendicazione (art. 948 cod. civ.).
Chi afferma di avere la proprietà di un bene ha l’onore di provare rigorosamente i fatti che ne costituiscono il fondamento risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino all’acquisto a titolo originario mediante la c.d. “probatio diabolica”, sicché nessun valore probatorio, utile ai fini della identificazione dell’immobile, può desumersi dalla produzione di certificati catastali, i quali sono semplicemente elementi sussidiari ed indiziari (cfr., da ultimo, Corte appello Palermo sez. II, 20/07/2017, n. 1389).
Sul punto va richiamato anche quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in ordine alla distinzione tra azione di restituzione e azione di rivendicazione, per cui non è azione di restituzione ma di rivendicazione quella con la quale l’attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l’occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto (cfr. Cass. SS.UU., 28 marzo 2014, n. 7305).
L’azione personale di restituzione è, infatti, destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo.
In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma esclusivamente nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica.
Le superiori considerazioni determinano il rigetto della domanda in esame, non risultando assolto il rigoroso onere della prova della proprietà da parte dell’attrice che avrebbe dovuto dimostrare non solo il suo titolo di acquisto, ma anche quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario.
Giova, infine, evidenziare l’assoluta estraneità alla giurisdizione del G.O. adito delle doglianze relative all’irregolarità della lottizzazione dei suoli che sarebbe dovuto essere oggetto di apposita impugnativa dinanzi al A.G.A.
2.2. La domanda risarcitoria va parimenti rigettata per assoluta carenza di allegazione e prova in ordine all’an e al quantum. Tale lacuna probatoria non sarebbe potuta essere colmata neppure dalla prova testimoniale espletata, in considerazione dell’assoluta
genericità dei capitoli di prova articolati da parte attrice, né dalla c.t.u. che nulla ha riferito sul punto.
Dunque, per tutti questi motivi, complessivamente considerati, entrambe le domande vanno rigettate.
2.3. Quanto al ricorso per denunzia di danno temuto in corso di causa, va evidenziato che non risulta agli atti alcun provvedimento interinale né di concessione né di rigetto della tutela cautelare invocata, ma solo il provvedimento di conferimento dell’incarico al c.t.u., ing. An.Ma.
Ebbene, dalla relazione peritale in atti risultava evidente l’assenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare di rimozione delle opere realizzate dalla società edile Su., non essendo stato ravvisato dal c.t.u. alcun pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del diritto o del possesso vantato dalla società attrice, concludendo, anzi, nel senso che “l’attuale stato di esercizio della condotta non provoca alcun disagio statico(…)”, ma solo maggiori oneri manutentivi in capo alla società attrice-ricorrente (cfr. conclusioni della relazione peritale in atti).
3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenuto conto anche delle spese del sub-procedimento di denunzia del danno temuto e considerando il valore indeterminabile della causa e il comportamento processuale delle parti.
Le spese occorse per la redazione della c.t.u. vanno poste definitivamente a carico dell’attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo, ogni contraria ed istanza disattesa, così provvede:
1. rigetta tutte le domande proposte dall’attrice;
2. condanna GO. SPA. (già SPA. AC.), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese del giudizio sostenute dalla convenuta S.r.l. SU., in persona del legale rappresentante pro tempore, che liquida in complessive Euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, oltre IVA e CPA, se dovute, come per legge, con attribuzione al procuratore antistatario, ai sensi dell’art. 93 cod. proc. civ.
Così deciso in Nola il 14 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2019.