la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore e’ scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca se ricorrono: a) la verita’ oggettiva (o anche solo putativa, purche’ frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) della notizia; b) l’interesse pubblico all’informazione, cioe’ la cosiddetta pertinenza; c) la forma “civile” dell’esposizione e della valutazione dei fatti, cioe’ la cosiddetta continenza, intesa come correttezza formale dell’esposizione e non eccedenza da quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, si’ da garantire che cronaca e critica non si manifestino tramite strumenti e modalita’ lesivi dei diritti fondamentali all’onore ed alla reputazione; siffatto limite della continenza comporta, pertanto, moderazione, misura, proporzione nelle modalita’ espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignita’ morale e professionale, con riferimento, non solo al contenuto dell’articolo, ma all’intero contesto espressivo in cui l’articolo e’ inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per se’, a fuorviare e suggestionare i lettori piu’ frettolosi.
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|6 giugno 2019| n. 15311
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9154-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) (CELL. (OMISSIS)), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giuste procure in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 2102/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 12/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Cuneo le associazioni non riconosciute ” (OMISSIS)” e “(OMISSIS)” nonche’, in proprio, (OMISSIS) e (OMISSIS), per sentir accertare la sussistenza, a carico degli stessi, del reato di diffamazione aggravata e dell’illecita lesione ex articolo 2043 c.c. dell’onore, della reputazione e dell’immagine; tanto, sia in relazione alla pubblicazione sul giornale “(OMISSIS)” di un manifesto intitolato “(OMISSIS)” ed alla pubblica affissione dello stesso sia in relazione alla pubblicazione sul detto giornale di un articolo intitolato “(OMISSIS)”; con conseguente condanna al risarcimento del danno ed al pagamento di ulteriore somma a titolo di riparazione pecuniaria L. n. 47 del 1948, ex articolo 12.
A sostegno della domanda esposero che il manifesto e l’articolo erano diffamatori in quanto, attraverso gli stessi, era stato espresso e divulgato il messaggio secondo il quale l’aggiudicazione di una gara di appalto indetta dalla Fondazione per opere di ristrutturazione sarebbe avvenuta a seguito di accordi corruttivi.
L’adito Tribunale accolse la domanda (ad eccezione di quella rivolta nei confronti di (OMISSIS)); in particolare il Tribunale ritenne che era stata “propinata al lettore una situazione non vera” e che era stato violato il criterio della continenza; a tale riguardo evidenzio’ che i fatti erano stati riferiti in maniera incompleta e con “modalita’ espositive volte ad ingenerare false e suggestive rappresentazioni della realta’”, e che la scelta dei titoli, dei sottotitoli e dei termini con connotazioni spregiative nonche’ la spettacolarizzazione degli avvenimenti erano idonei a ledere l’onore e la reputazione dei protagonisti dei fatti descritti.
Con sentenza 2102/2016 del 12-12-2016 la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato inammissibile, sia l’appello principale proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sia quello incidentale proposto dall’associazione “(OMISSIS)”; in particolare, per quanto ancora rileva, la Corte ha ritenuto inammissibile ex articolo 342 c.p.c. il gravame principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e quello incidentale proposto dall’associazione “(OMISSIS)” in quanto gli appellanti avevano censurato la sentenza solo con riferimento al profilo della “verita’” dei detti articoli mentre nessuna tempestiva doglianza era stata formulata in ordine al mancato rispetto, nell’esercizio del diritto di critica, del criterio della continenza; la Corte, inoltre, “per completezza” e “sebbene la questione sia assorbita”, ha ritenuto non rispettato anche il criterio della verita’ ed inammissibili sia la documentazione prodotta sia la richiesta di prove orali.
Avverso detta sentenza il ” (OMISSIS)” e (OMISSIS) propongono ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria.
La (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio, resistono con controricorso, anch’esso illustrato da successiva memoria.
La associazione non riconosciuta “(OMISSIS)” non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. e conseguentemente dell’articolo 24 Cost., comma 2 e articolo 339 c.p.c., nonche’ – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 342 c.p.c. e, in relazione all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, grave difetto di motivazione, si dolgono della declaratoria di inammissibilita’ dell’appello per non avere la sentenza impugnata ritenuto sufficientemente specifici ed articolati i motivi di gravame, con i quali erano stati invece censurati in modo puntuale gli elementi fondanti della condotta di primo grado.
Il motivo e’ infondato.
Come gia’ precisato da questa S.C. la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore e’ scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca se ricorrono: a) la verita’ oggettiva (o anche solo putativa, purche’ frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) della notizia; b) l’interesse pubblico all’informazione, cioe’ la cosiddetta pertinenza; c) la forma “civile” dell’esposizione e della valutazione dei fatti, cioe’ la cosiddetta continenza, intesa come correttezza formale dell’esposizione e non eccedenza da quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, si’ da garantire che cronaca e critica non si manifestino tramite strumenti e modalita’ lesivi dei diritti fondamentali all’onore ed alla reputazione; siffatto limite della continenza comporta, pertanto, moderazione, misura, proporzione nelle modalita’ espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignita’ morale e professionale, con riferimento, non solo al contenuto dell’articolo, ma all’intero contesto espressivo in cui l’articolo e’ inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per se’, a fuorviare e suggestionare i lettori piu’ frettolosi.
Il legittimo diritto di cronaca, per costituire scriminante rispetto alla diffusione di notizie lesive dell’onore, deve essere esercitato con il concorso di tutti e tre i menzionati presupposti (verita’, pertinenza e continenza), sicche’, in mancanza anche di uno solo degli stessi, non puo’ ritenersi sussistente la detta scriminante, con conseguente configurabilita’, in caso di divulgazione di notizie lesive dell’onore di altri soggetti, dell’illecito diffamatorio.
Esattamente, pertanto, la Corte territoriale, proprio in ragione di siffatti principi, ha osservato che i gravami investivano solo l’elemento della verita’, concettualmente (come visto) distinto da quello della continenza e di cui non puo’ costituire (come invece sostenuto dal ricorrente) “l’altra faccia”, ed ha quindi correttamente ritenuto gli stessi inammissibili per difetto di specificita’ dei motivi, in quanto riferiti solo ad uno degli elementi posti a base della sentenza di condanna.
Ne’ puo’ ritenersi sussistente la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in quanto la Corte territoriale, come evidente da quanto sopra precisato, ha esposto in modo coinciso, non perplesso ed obiettivamente comprensibile, le ragioni di fatto e di diritto della decisione, con motivazione eccedente il minimo costituzionale richiesto dalla nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 4 – l’inesistenza (o comunque la nullita’ assoluta ex articolo 161 c.p.c.) “in parte qua” della sentenza impugnata, si dolgono che la Corte, dopo avere dichiarato l’inammissibilita’ del gravame, abbia poi pronunciato, in carenza assoluta di potestas iudicandi, sul merito della controversia, prendendo posizione sul tema della verita’ dei fatti denunciati e sulle avanzate richieste di acquisizione documentale e di assunzione di prove orali.
Con il terzo motivo, i ricorrenti, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame di fatti decisivi per il giudizio risultanti dalle prove documentali acquisite in corso di causa, nonche’ – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con riferimento all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – nullita’ della sentenza per motivazione perplessa, incomprensibile e radicalmente contrastante con l’oggettivo tenore dei documenti, si dolgono che la Corte d’Appello abbia negato “sia l’esistenza di “intrecci societari” e di spostamenti di denaro tra i soggetti menzionati nel manifesto sia la reticenza del (OMISSIS) alle inchieste del MEF sulla base dell’incomprensibile argomento secondo cui le vicende delle societa’ non toccano le vicende delle persone che ne sono socie e che impersonano organi di un ente portatore di doveri di imparzialita’, autonomia e trasparenza”.
I motivi sono inammissibili per difetto di interesse.
Per consolidata giurisprudenza di legittimita’, invero, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’, con la quale si e’ spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; conseguentemente e’ inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata (Cass. 8087/2007; conf., tra le tante, Cass. 13068/2007; 24469/2013; 30393/2017).
Il rigetto del primo motivo, con la conseguente conferma della declaratoria di inammissibilita’ dei gravami, rende pertanto le doglianze (che concernono il merito della causa) prive di interesse.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, poiche’ il ricorso e’ stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed e’ stato rigettato, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 7.800,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.