la donazione indiretta consiste nell’elargizione di una liberalità che viene attuata, anziché con il negozio tipico dell’art. 769 c.c., mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio ed in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario della liberalità medesima.
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Eredità e successione ereditaria
Corte d’Appello Catania, Sezione 2 civile Sentenza 8 gennaio 2019, n. 19
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI CATANIA
Seconda sezione civile
La Corte, composta dai signori magistrati
Dr Giovanni Dipietro – Presidente
Dr Massimo Escher – Consigliere rel
Dr ssa Marcella Murana – Consigliere
Ha emesso la seguente
Sentenza
Nella causa civile iscritta al n. 260/2017 r.g., avente ad oggetto “rendiconto e divisione ereditaria”
Promossa
DA
(…), cod. fisc. (…), nata a S. l'(…) ed ivi residente in via D. n. 42, P.M., cod. fisc. (…), nato a S. il (…) ed ivi residente in via D., n. 42, (…), nato a S. il (…), cod. fis. (…), residente a S. (F.), via (…), (…), cod. fisc. (…), nata a S. l'(…) ed ivi residente in via A. F. n. 3, (…), cod. fisc. (…), nato a S. l'(…) ed ivi residente in viale S. P. n. 81/b e (…), cod. fisc. (…), nato a S. l'(…) e residente a F. (S.), in via (…), tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Ma.Ra. del Foro di Siracusa (CF.:(…)) elettivamente domiciliato in Catania, Piazza (…), giusta procura in atti
Appellanti
nei confronti di
(…), cod. fisc. (…), nato a S. il (…) ed ivi residente in via (…), rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Bo. (cod. fisc. (…))
e nei confronti di
(…), cod. fisc. (…), nato a (…) il (…) ed ivi residente in Via (…), rappresentato e difeso dall’avv. Em.Li. (cod. fisc. (…))
Appellato
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Facendo seguito al giudizio cautelare (conclusosi con l’ordinanza del 10.06.2010 del Tribunale di Siracusa, che in parziale accoglimento del reclamo ha ridotto il sequestro conservativo sui beni di (…) ad Euro 350.000,00, (…) (deceduto il 29.05.2012 in corso di causa), (…) e (…) hanno agito (giusta citazione ritualmente notificata il 30.04.2010) innanzi al Tribunale di Siracusa, proponendo nei confronti di (…) le seguenti domande:
A) ritenere e dichiarare che il denaro di cui al conto corrente n. (…) ed al dossier titoli n. (…) depositati presso la (…), agenzia di (…), viale S. P. angolo viale (…), era interamente di esclusiva proprietà di (…) e, pertanto, facente parte dell’asse ereditario che, relativamente al denaro contante e ai titoli, non poteva avere una consistenza inferiore ad Euro 715.000,00, come specificati in citazione, o a quella cifra maggiore o minore che risulterà dagli atti del giudizio, alla data del decesso avvenuta il 20.03.2009;
B) ritenere e dichiarare che (…) ha sottratto al patrimonio della sig.ra (…) una somma non inferiore ad Euro 530.000,00 o quella cifra maggiore o minore che risulterà dagli atti del giudizio;
C) condannare (…) alla restituzione in favore degli eredi attori delle somme illegittimamente prelevate dal conto corrente e dal dossier titoli, descritti nella parte narrativa della citazione, di (…), per una cifra non inferiore ad Euro 530.000,00, o della diversa maggiore, o minore, salvo gravame, che risulterà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal giorno dei singoli prelievi, ovvero in subordine, dalla domanda all’effettivo soddisfo;
D) ritenere la legittimità ed opportunità del sequestro cautelare disposto ante causam con il provvedimento descritto nella parte narrativa della citazione e conseguentemente condannare il convenuto al pagamento delle relative spese di lite incluse quelle relative al successivo reclamo;
E) condannare (…) a titolo di responsabilità aggravata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
(…) si è costituito nel giudizio di merito chiedendo il rigetto delle domande ed avanzando la richiesta di chiamata del terzo, (…), coerede nonché padre del convenuto.
(…), terzo chiamato in giudizio, si è costituito chiedendo che venisse, piuttosto, riconosciuto che le somme ed i titoli di credito cointestati appartenessero al figlio per la quota del 50%.
All’udienza del 28.09.2012, si sono costituiti in prosecuzione del giudizio, ai sensi degli artt. 110 e 300 c.p.c. (…), (…), (…) ((…)) e (…), in qualità di successori universali di (…), deceduto il 29.05.2012, insistendo nelle domande, difese, eccezioni e richieste istruttorie contenute nei verbali e atti di causa precedenti.
Frattanto è accaduto che con atto di citazione notificato il 23.07.2010 (…), (…) e (…) hanno convenuto in separato giudizio (…) e (…) affinché il Tribunale di Siracusa “disponesse lo scioglimento della comunione ereditaria tra i sigg.ri (…), (…), (…) e (…), anche in via parziale, e per l’effetto, secondo un progetto predisposto dal Giudice o da un Notaio incaricato, con l’ausilio, ove occorra, di un consulente tecnico, dichiarare la divisione sui beni mobili ed immobili sui quali non vi è contestazione, tra cui:
1) la piena proprietà dell’immobile sito in S., via (…), piano III, int. 13, censito al Catasto Urbano, foglio (…), numero (…), subalterno (…), vani 4, rendita Euro 348,61, oltre i frutti rappresentati dal canone locatizio pari ad Euro 300,00 mensili dalla data del decesso e che, a partire da agosto 2009 a tutt’oggi, è stato riscosso direttamente dal sig. (…), e, pertanto, dovranno essere decurtate nonché maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria, rispetto alla quota ereditaria a lui spettante;
2) la piena proprietà della quota di 4/12 indivisa dell’immobile sito in (…), via (…), piano 1 int. 1, censito al catasto Urbano, foglio (…), numero (…), subalterno (…), rendita Euro 206,58;
3) Euro 164.940,00 pari al 50% di Euro 329.879,99 quale saldo del conto corrente n. (…) della (…), filiale di S., sita in viale S. P. angolo viale T., cointestato a firme disgiunte al sig. (…) ed alla sig.ra (…);
4) Euro 30.553,16 pari al 50% di Euro 61.106,31 quale importo del titolo di credito B. TV CTV, facente parte del dossier titoli n. (…) presso la filiale B. di (…), sita in viale (…) angolo viale (…), cointestato a firme disgiunte al sig. (…) ed alla sig.ra (…);
5) Euro 14.000,00 quale saldo del libretto di deposito a risparmio nominativo n. (…), emesso dalla (…) a r.l., agenzia di Modica, il 1.06.2004, detenuti dal sig. (…) e che pertanto, dovranno essere decurtati nonché maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria, rispetto alla quota ereditaria a lui spettante;
6) Euro 15.000,00 che il (…), in qualità di procuratore della sig.ra (…), ha ricevuto, in seguito alla vendita dell’immobile sito in S., via M. P. n. 33 tramite assegno bancario n. (…), espressamente indicato nell’atto di vendita del 7.12.2007, rep. n. (…) e racc. n. (…), in Notaio (…) di (…), e che pertanto, dovranno essere decurtati nonché maggiorati di interessi e rivalutazione mone- taria, rispetto alla quota ereditaria a lui spettante;
7) gioielli preziosi (tra cui diamanti, pervenuti anche per successione materna) di cui la sig.ra (…) era proprietaria per un importo pari ad una somma non inferiore ad Euro 100.000,00 detenuti dal sig. (…) e di cui l’equivalente in denaro, dovrà essere decurtato nonché maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria, rispetto alla quota ereditaria a lui spettante;
8) Euro 75.000,00 pari al 50% del titolo BOT (…) facente parte del dossier titoli n. (…), disinvestito in data 23.03.2009, e consegnati dal sig. (…) al sig. (…) o, comunque, quell’ulteriore somma che verrà accertata nel corso del giudizio, oltre interessi e rivalutazione Istat dal 23.03.2009 allo data del soddisfo”.
I detti attori concludevano chiedendo al tribunale di disporre il progetto divisionale se del caso delegando il notaio e facendo inoltre riserva di chiedere una divisione suppletiva, all’esito del giudizio di merito rubricato al n. 1872/2010 tribunale di Siracusa promosso contro (…) e del concreto recupero delle somme illegittimamente prelevate dallo stesso.
Costituitosi, (…) ha aderito alla domanda di divisione contestando tuttavia l’entità della massa ereditaria.
Costituitosi, (…) ha chiesto l’estromissione dal giudizio in quanto terzo e non erede.
All’udienza del 28.09.2012, si sono costituiti in prosecuzione del giudizio, ai sensi degli artt. 110 e 300 c.p.c. (…), (…), (…) ((…)) e (…), in qualità di successori universali di (…), deceduto il 29.05.2012, ed hanno insistito nelle domande, difese, eccezioni e richieste istruttorie contenute nei verbali e atti di causa precedenti.
Quindi con sentenza non definitiva dell’8.4.2016, il tribunale ha rigettato l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal (…), disponendo con separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio
I due giudizi (n. 1872/2010 ed 3417/2010 R.G.) sono stati quindi riuniti dal tribunale con ordinanza del 15.02.2017.
Precisate le conclusioni, il tribunale con sentenza depositata il 3.11.2017, n. 1807/2017, ha deciso quanto segue:
“1. rigetta tutte le domande, anche riconvenzionali, formulate dalle parti nel procedimento iscritto al n. 1872/2010 R.G.A.C. (giudizio che quindi definiva);
2. dichiara l’inefficacia del sequestro conservativo disposto dall’intestato Tribunale con ordinanza del 3 marzo 2010 nel giudizio iscritto al n. 4783/2009 R.G.A.C.;
3. dichiara l’inammissibilità di ogni domanda di scioglimento della comunione formulata anche in via riconvenzionale nel procedimento iscritto al n. 3417/2010;
4. compensa integralmente le spese di lite di entrambi i giudizi riuniti”
Sia la sentenza non definita n. 694/2016 sia la definitiva n. 1807/2017 sono state impugnate da (…), (…), (…), nato a (…) il (…), (…) (eredi di (…), deceduto nel corso del giudizio di primo grado) nonché da (…), nato a (…) l'(…) e (…).
Costituitisi, sia V. sia (…) hanno resistito all’impugnazione.
All’udienza del 3.7.2018 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’appello (…), (…), (…), nato a (…) il (…), (…) (eredi di (…), deceduto nel corso del giudizio di primo grado) nonché da (…), nato a (…) l'(…) e (…) assumono che la sentenza di primo grado è errata laddove ha ritenuto l’originaria esclusiva proprietà, in capo alla defunta, (…), sia delle somme confluite nel conto corrente n. (…) sia dei titoli di credito di cui al dossier titoli n. (…), tutti depositati presso la (…), cointestati con (…). Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Ed invero, diversamente da quanto assumono gli attori, il primo giudice ha dichiarato sia pure implicitamente, che il saldo del conto corrente ed il saldo del dossier titolo appartengono per metà in capo a (…) perché oggetto di donazione indiretta con ciò riconoscendo che la provvista di entrambi i rapporti era stata realizzata esclusivamente con poste attive della de cuius.
Che questa sia la decisione del tribunale è certo considerato quanto si legge a pagina 3 della sentenza, laddove si afferma che la contitolarità va esclusa “dovendosi dare credito piuttosto all’assunto secondo cu (…) abbia voluto donare in vita al nipote, dato anche lo stretto vincolo di parentela, metà delle somme esistenti su detti conti, a tal fine optando per la co-intestazione dei relativi rapporti”; affermazioni queste, da cui emerge ictu oculi che secondo il primo giudice le somme versate erano ab origine tutte della P. e che in tanto (…) ne ha acquistata la metà in quanto la stessa gli sarebbe stata donata dalla zia titolare esclusiva.
Ciò posto, va esaminato il secondo motivo laddove si contesta la possibilità di configurare nella specie una donazione indiretta.
Il motivo è fondato.
Procedendo per gradi, va premesso che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la donazione indiretta consiste nell’elargizione di una liberalità che viene attuata, anziché con il negozio tipico dell’art. 769 c.c., mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio ed in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario della liberalità medesima (Cass. 8.5.1998, n. 4680; in tal senso vedi pure Cass. 16.4.2002, n. 5461; Cass. 29.9.2004, n. 19601).
Se quindi quel che contribuisce a caratterizzare la liberalità indiretta (in questo al pari della donazione tipica) è lo spirito di liberalità che ebbe a determinarla, è certo che ove vi sia da qualificare un cointestazione di conto corrente, in tanto si può ipotizzare una donazione indiretta in quanto sia dato evincere l’animus donandi (che peraltro dovrebbe assistere anche le operazione di alimentazione successiva del conto).
Di ciò invero non dubita la giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui la contestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, è liberalità indiretta qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta a uno solo dei cointestatari, sempre che si provi l’animus donandi e ciò in quanto le finalità per le quali l’originario proprietario del denaro versato sul conto decida la cointestazione potrebbero essere le più diverse (Cass. 4.5.2012, n. 6784; Cass. 12.11.2008, n. 26983; vedi pure Cass. 16.1.2014, n. 809, che ha annullato la sentenza della corte di merito rilevando come non basti la cointestazione del conto a far ritenere la donazione del cinquanta per cento delle somme versate sul conto stesso, in quanto l’animus donandi non poteva essere riconosciuto sulla sola base di detta contestazione, dovendo il giudice di secondo grado motivare sullo spirito di liberalità che assisteva ogni versamento. Sul punto si veda altresì Cass. 20.9.1979, n. 4823, che evidenzia la necessità che si possa “attribuire alla cointestazione un significato univoco”).
Oltre che per la mancata prova del detto elemento psicologico, la decisione del tribunale (la cointestazione equivale a donazione indiretta) non può esser condivisa anche per l’impossibilità di ricondurre alla detta cointestazione iniziale anche gli accrediti successivi (i quali anch’essi avrebbero dovuto essere accompagnati dal detto elemento soggettivo).
Ciò posto, poiché, come esattamente rilevato dagli appellanti, nel caso di specie non emerge che la (…), nel cointestare il conto corrente ed il dossier titoli al nipote (…), abbia agito animata da spirito di liberalità (in accoglimento del motivo di impugnazione), va dichiarato – con riferimento al conto corrente n. (…) ed al dossier titoli n. (…) depositati presso la (…), agenzia di Siracusa – che i rispettivi saldi attivi in essere al momento dell’apertura della successione erano interamente di esclusiva proprietà di (…) e, pertanto, ricompresi nel di lei asse ereditario.
Ulteriore conseguenza dell’accoglimento del motivo d’appello in ordine alla non configurabilità nella fattispecie di alcuna donazione indiretta è la riforma della sentenza non definitiva n. 694/2016 (oggetto di regolare riserva d’appello) nella parte in cui afferma apoditticamente che essendovi stata una cointestazione dei titoli, sarebbe per ciò solo sorta una comunione tra (…) e gli eredi di (…).
Così accolta la tesi attorea, vanno dichiarati assorbiti i motivi d’appello con cui al fine di negare la sussistenza di una donazione indiretta si contesta l’omessa valutazione delle prove testimoniali assunte durante la fase cautelare e la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio del sequestro conservativo e della fase di reclamo; così come quello con cui si contesta il significato ed il valore attribuiti dal tribunale alla documentazione contabile depositata dalle parti.
Ciò detto, va accolto il motivo d’appello con cui si contesta la sentenza di primo grado allorché si sono dichiarati legittimi i prelievi effettuati da (…) sia antecedentemente sia successivamente al decesso della zia.
Ed infatti, una volta accertato che le somme oggetto dei due rapporti bancari erano di pertinenza esclusiva della de cuius, tali prelievi sono senz’altro indebiti quanto alla parte posti in essere dopo l’apertura della successione (non essendo (…) erede) e privi di idonea giustificazione, quanto alla parte posta in essere prima del decesso della zia.
Dovendosi a questo punto determinare il debito di (…) per i prelievi dallo stesso effettuati sui rapporti bancari cointestati quando la de cuius era ancora in vita, va premesso che dall’analisi della documentazione contabile emergono una serie di operazioni poste in essere sul c/c cointestato.
Ebbene dalla documentazione bancaria versata in atti dagli originari attori (doc. 4 – 7, in produzione parte attrice) si ricavano le seguenti operazioni:
il 20/9/2006 risulta l’acquisto di un titolo (…) per un valore di Euro 100.000,00, titolo che, al contrario di altri successivi, non risulta rimborsato e che risulta esser stato trasferito su altro dossier il 27/02/2007 per un valore di Euro 101.132,00, dossier – questo – di cui è titolare, in base al principio di non contestazione (avendo ciò affermato le parti con affermazione non contestata dal convenuto), (…).
Ed ancora: il 3/10/2006 un prelievo di Euro 25.100,00; il 19/02/2007 un prelievo di Euro 30.000,00; il 20/04/2007 un prelievo di Euro 3.000,00; il 10/7/2007 un prelievo di Euro 3.000,00; il 5/11/2007 un prelievo di Euro 3.000,00; il 21/01/2007 l’emissione assegni circolari per Euro 8.676.00; il 25/02/2008 un prelievo di Euro 4.000,00; il 14/03/2008 un prelievo di Euro 1.000,00; il 19/05/2008 un prelievo di Euro 4.000,00; il 11/08/2008 un prelievo di Euro 4.000,00; il 21/10/2008 un prelievo di Euro 3.000,00; il 31/12/2008 un prelievo di Euro 4.000,00.
Documentato inoltre è l’acquisto in data 28/10/2008 di un BOT per un valore di Euro 148.400,81, titolo che (al contrario di altri precedenti e successivi), non risulta rimborsato (mancando una corrispondente operazione in avere) ed anzi risulta trasferito su un dossier (non riferibile alla de cuius) per un valore di Euro 149.906,00.
Così stando le cose, poiché (…) deve rispondere della gestione delle somme secondo le regole del mandato, e dovendosi quindi applicare il disposto dell’art. 1713 co. 1 c.c. (ai sensi del quale il mandatario deve rendere conto del suo operato e quindi dimostrare che le somme fuoriuscite dai conti sono state utilizzate a vantaggio del mandante), mancando la prova dell’utile gestione, (…) va condannato a riversare nella coeredità della defunta (…) le superiori somme.
Orbene, posto che al momento della apertura della successione il saldo attivo era di Euro 329.879,99, (…) va condannato a rimborsare alla coeredità le somme come sopra evidenziate complessivamente pari ad Euro 343.814,00, somma che si ottiene computando Euro 92.776,00 (i prelievi dal c/c) ad Euro 251.038,00 (disinvestimenti dal dossier titoli). Detta somma, trattandosi di debito di valuta, deve essere maggiorata degli interessi nella misura legale dalla data della messa in mora, che, in mancanza di intimazioni precedenti, deve farsi coincidere con la data della notifica del ricorso per sequestro conservativo.
A tale debito deve aggiungersi quello derivante dai prelevamenti indebitamente effettuati successivamente all’apertura della successione. Con riferimento a tali operazioni risultano documentati prelievi per Euro 196.527,72, così nello specifico: Euro 150.000,00 investiti in certificati di deposito il 23/03/2009; Euro 8.000,00 prelevati il 23/03/2009; Euro 1007,49 prelevati il 25/5/2009; Euro 37.048,23 prelevati il 13/10/2009; Euro 472,00 prelevati il 14/01/2009.
Tali operazioni non risultano giustificate da adeguate pezze d’appoggio, se non con riferimento al prelievo di Euro 1.007,49 (restituzione all’Inpdap per pensione indebitamente percepita), somma questa cui devono aggiungersi Euro 8.000,00 consegnate da (…) al coerede (…) perché provvedesse alle spese funerarie.
Pertanto al debito di (…) come sopra individuato per operazioni compiute antecedentemente al decesso del de cuius (343.814,00) nei confronti della massa va sommato l’importo di Euro 187.520,23. La conseguente condanna va maggiorata degli interessi legali dalla messa in mora e quindi dalla notifica del ricorso per sequestro conservativo.
Prima di passare all’esame della domanda di divisione, va dichiarata inammissibile la domanda volta a far dichiarare “la legittimità ed opportunità del sequestro cautelare disposto ante causam con ordinanza del 3.03.2010, poi confermato in fase di reclamo con ordinanza del 10.06.2010 e condannare il sig. (…) al pagamento delle relative spese di lite incluse quelle relative al successivo reclamo e, per l’effetto, revocare la dichiarazione di inefficacia del sequestro, ai sensi dell’art. 669 novies c.p.c.”.
Ed infatti, osta all’accoglimento della domanda come sopra formulata la perdita di efficacia del provvedimento cautelare suddetto conseguente alla declaratoria di inesistenza del diritto a tutela del quale il sequestro era stato concesso disposta dal giudice di primo grado (art. 669 novies c.p.c.)”.
Passando all’esame dei motivi d’appello relativi alla domanda di divisione ereditaria, è inammissibile il motivo d’appello con cui si afferma che la sentenza definitiva non avrebbe potuto negare lo scioglimento della comunione ereditaria perché, così decidendo, sarebbe andata di contrario avviso rispetto alla sentenza non definitiva (la n. 694 del 2016) nella parte in cui ha dichiarato lo scioglimento della comunione.
Ed infatti, posto che il tribunale con la detta sentenza non fa riferimento ad alcuna ipotesi divisionale, è evidente che si è trattato di un mero lapsus calami o comunque un obiter dictum, privo quindi di portata decisoria: null’altro si è inteso affermare se non la sussistenza del diritto in capo agli eredi di (…) di partecipare alla comunione ereditaria (art. 785 c.p.c.).
Escluso che il tribunale al momento della sentenza definitiva fosse vincolato (dalla non definitiva) a sciogliere la comunione, va esaminato il motivo d’appello con cui si contesta la decisione del primo giudice allorché con la seconda sentenza ha negato la divisione ereditaria sol perché nella stessa sono presenti anche quote di beni (in comunione con soggetti terzi).
L’appello sul punto è fondato non essendo stata domandata una divisione plurimassa (cioè fondata su titoli diversi), ma una divisione della sola comunione ereditaria, comunione che ben può avere al suo attivo anche soltanto quote di beni (in comproprietà con soggetti estranei alla coeredità).
Infondato è invece l’impugnazione nella parte in cui censura la mancata ammissione da parte dei tribunale della relazione notarile.
La parte, senza contestare la ritenuta necessità della relazione notarile, afferma che il deposito della detta relazione, avvenuto all’udienza del 28 settembre 2012, era stato autorizzato dal giudice istruttore previa ordinanza del 19.7.2013 mai revocata.
La tesi non coglie nel segno, ed invero, certo essendo che il procedimento divisorio sottostà all’ordinario regime delle preclusioni (atteso che, per giurisprudenza ormai costante, è pacifica la natura contenziosa del giudizio in oggetto, con la conseguente applicabilità integrale delle regole del processo di cognizione ordinario, vedi sul punto definitivamente Cass. ss. uu. 2006, n. 14109), è parimenti certo che la detta documentazione avrebbe dovuto essere prodotta nel termine assegnato dal giudice istruttore ai sensi dell’apposita previsione dell’art. 183 comma 6, n. 2, c.p.c., termine che, essendo stato assegnato all’udienza del 30 settembre 2011, era scaduto all’udienza in cui invece i documenti sono stati di fatto prodotti.
Né rileva che nel depositare la relazione notarile alla citata udienza del 28 settembre 2012 il procuratore degli attori abbia chiesto di essere rimesso in termini, e ciò trattandosi di istanza non accompagnata da alcuna motivazione a sostegno. Come pure del tutto irrilevante è il provvedimento con cui, alla successiva udienza del 19 luglio 2013, il giudice istruttore ha, senza alcuna motivazione a sostegno, rinviato ad altra udienza “per la produzione dei documenti richiesti dagli attori nel presente verbale”, non potendo tale ordinanza vincolare la decisione con sentenza.
Parimenti non corretto è infine affermare che la detta relazione notarile era superflua potendo – secondo la tesi degli appellanti – tutte le informazioni relative alle trascrizione ed iscrizioni esser fornite dal c.t.u. Ed infatti, è certo che il regime delle preclusioni non può essere aggirato mediante un intervento impropriamente suppletivo del consulente d’ufficio, soggetto, questo, che è tenuto ad operare le sue valutazioni sulla base della documentazione ritualmente acquisita al processo.
In base al principio di soccombenza, (…) va condannato al pagamento di metà delle spese processuali di entrambi i gradi in favore degli appellanti, con compensazione tra le parti della restante metà.
Non essendo stato (…) reso destinatario in appello di domande di rimborso, ma esclusivamente della domanda di divisione, al cui accoglimento si è, a ragione, opposto, gli appellanti vanno condannati al pagamento delle spese processuali del presente grado relative alla domanda divisoria, spese che si liquidano, siccome in dispositivo, in base al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva effettivamente svolta.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da (…), (…), (…), (…), (…) e (…) nei confronti di (…) e (…), in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa in data 3/11/2017 dichiara che le somme di cui al conto corrente n. (…) ed al dossier titoli n. (…) depositati presso la (…) agenzia di (…), viale (…) angolo viale (…), sono ricomprese per intero nella massa ereditaria della de cuius (…).
In riforma della sentenza suddetta condanna (…) al pagamento in favore della coeredità formatasi a seguito della apertura della successione di (…) della somma di Euro 531.334,23 (Euro 343.814,00 più Euro 187.520,23), oltre interessi nella misura legale come specificato in motivazione.
In riforma della sentenza non definitiva n. 694/2016 annulla la stessa nella parte in cui dichiara esser sorta una comunione tra (…) e gli eredi di (…).
Rigetta i restanti appelli promossi sia avverso la sentenza definitiva emessa il 3/11/2017 sia avverso la sentenza non definitiva emessa l’8/4/2016.
Condanna (…) al pagamento di metà delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio in favore degli appellanti (…), (…), (…), nato a S. il (…), (…) (eredi di (…), deceduto nel corso del giudizio di primo grado) nonché da (…), nato a (…) l'(…), e (…), che liquida nell’intero per il primo grado in Euro 1110,00 per esborsi, in Euro 4.388,00 per la fase di studio, in Euro 2.895,00 per la fase introduttiva, ed Euro 12.890,00 per la fase istruttoria ed Euro 7.631,00 per la fase decisoria oltre IVA CPA ed oltre rimborso spese forfetarie ex art. 1, comma 2, nella percentuale del 15 % del compenso totale per la prestazione, e che liquida nell’intero per il presente grado in Euro 1264,50 (metà di Euro 2.529,00) per esborsi, in Euro 5.434,00 per la fase di studio, in Euro 3.159,00 per la fase introduttiva ed in Euro 9.035,00 per la fase decisoria, oltre IVA CPA ed oltre rimborso spese forfetarie ex art. 1, comma 2, nella percentuale del 15% del compenso totale per la prestazione. Compensa tra le parti la metà residua.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese processuali del presente grado in favore di (…), spese che liquida per il presente grado in Euro 1264,50 (metà di Euro 2.529,00) per esborsi, in Euro 5.434,00 per la fase di studio, in Euro 3.159,00 per la fase introduttiva ed in Euro 9.035,00 per la fase decisoria, oltre IVA CPA ed oltre rimborso spese forfetarie ex art. 1, comma 2, nella percentuale del 15% del compenso totale per la prestazione.
Così deciso in Catania il 19 dicembre 2018.
Depositata in Cancelleria l’8 gennaio 2019.