In caso di patologie contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, il rapporto eziologico tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la specifica patologia insorta viene apprezzato sulla base delle cognizioni scientifiche acquisite al tempo della valutazione, le quali hanno consentito di identificare e nominare le malattie tipiche (HBV, HIV e HCV), ma cio’ che rileva ai fini del giudizio sul nesso causale e’ l’evento obiettivo dell’infezione e la sua derivazione probabilistica dalla trasfusione, a prescindere dalla specificazione della prima in termini di malattia tipica.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15735
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24159-2015 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difeso per legge;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 734/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
1. Il Ministero della Salute ha proposto ricorso per cassazione contro (OMISSIS), (OMISSIS), “in proprio e quale genitrice della minore (OMISSIS)”, “nonche’ per quanto possa occorrere” contro costei “presumibilmente divenuta maggiorenne”, avverso la sentenza del 12 febbraio 2015 della Corte d’Appello di Napoli Palermo.
Con tale sentenza, in parziale accoglimento del relativo appello delle intimate e in riforma della sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Napoli, il Ministero e’ stato condannato al pagamento a titolo risarcitorio della somma di Euro 257.584,23 per ciascuna in accoglimento della domanda proposta nel novembre del 2006 ed intesa a far valere il risarcimento dei danni subiti iure proprio dalla (OMISSIS) in qualita’ di coniuge e dalle (OMISSIS) quali figlie, per la morte di (OMISSIS), avvenuta nel 2001 a seguito degli esiti di una epatopatia cronica da virus di HCV correlata a trasfusioni di sangue infetto. La Corte territoriale ha invece confermato, sebbene con diversa motivazione, il rigetto della domanda delle qui ricorrenti intesa ad ottenere il risarcimento del danno sofferto iure hereditatis in ragione delle lesioni sofferte in vita dal de cuius a causa del contagio.
2. Il Tribunale aveva ritenuto prescritte entrambe le pretesa risarcitorie, mentre la corte territoriale e’ stata di diverso avviso quanto alla domanda iure proprio ed ha giustificato con una diversa motivazione la prescrizione della domanda iure hereditatis.
3. Al ricorso hanno resistito con congiunto controricorso le intimate.
4. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, e non sono state depositate conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, ne’ memorie.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso, che naturalmente attinge l’accoglimento della domanda iure proprio, si deduce “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3” e si prospetta “erroneita’ della sentenza che ha dato per scontata la sussistenza del nesso di causalita’ e la sussistenza di un comportamento colpevole imputabile al Ministero tra patologia epatica del sig. (OMISSIS) e le trasfusioni effettuate nel 1964, in epoca in cui non era ancora stato scoperto il virus HBV (e dunque era sconosciuto anche l’HCV) e non erano stati scoperti metodi efficaci di individuazione del virus nel sangue dei donatori. Difetto di nesso causale e, in ogni caso, difetto di qualsiasi comportamento omissivo colpevole imputabile al Ministero”.
Nella illustrazione si lamenta che la corte territoriale abbia aderito alle conclusioni del C.Testo Unico in ordine alla sussistenza del nesso causale fra il comportamento colpevole del Ministero ed il contagio, pur essendo esso avvenuto in dipendenza di trasfusioni risalenti al 1964 e, dunque, “somministrate in data anteriore alla scoperta del virus HBV e in data anteriore alla scoperta di metodi efficaci di individuazione di sangue contagiato nei donatori”.
Si ripercorre, quindi, la motivazione della sentenza impugnata, premettendo che essa e’ stata espressa in adesione all’orientamento di cui a Cass. n. 17865 del 2011. Si da’ atto, dopo l’ampia riproduzione della motivazione della detta sentenza, che le Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 581 del 2008 hanno disatteso l’assunto di Cass. n. 11609 del 2005, secondo cui la responsabilita’ del Ministero poteva affermarsi solo con riferimento alla data di scoperta di ciascun virus e, dunque, al 1978 per l’HV, al 1985 per l’HIV ed al 1988 per l’HCV, e si dichiara di dissentire dall’avviso delle SS.UU.
Di seguito, si assume che Esse – pur accogliendo la tesi che la responsabilita’ del Ministero ricorrerebbe comunque a far tempo dalla scoperta del primo di detti virus, cioe’ dal 1978 – avrebbero comunque escluso quella responsabilita’ per trasfusioni risalenti, come nella specie al periodo anteriore ed al riguardo si invoca la motivazione di Cass., Sez. Un. n. 581 del 2008 (e le gemelle nn. da 576 a 584), onde nella specie erroneamente la corte territoriale avrebbe riconosciuto esistente il nesso causale in relazione al contagio da HBV, scoperto nel 1978, per una trasfusione avvenuta nel 1964.
Si dichiara, quindi, di essere consapevoli dell’orientamento inaugurato da Cass. n. 17865 del 2011, secondo cui la responsabilita’ del Ministero dovrebbe essere retrodatata agli anni 1960, “essendo gia’ noto, in quegli anni un virus di epatite NON-A/NON-B” e se ne riproduce un ampio brano motivazionale dimostrativo dell’assunto, ma, di seguito si sostiene che le argomentazioni di quella sentenza sarebbero state erronee e comunque superate da un orientamento piu’ recente, espresso da Cass. n. 2250 del 2013, che, superando anche le altre decisioni che avevano ritenuto responsabile il Ministero per trasfusioni anteriori al 1978 (vengono citate Cass. nn. 1592 del 2013 e 9315 del 2010), avrebbe ribadito la prospettazione che nessuna responsabilita’ colpevole puo’ essere addebitata al Ministero per danni da emotrasfusioni effettuate in data antecedente alla scoperta del virus HBV.
Sulla base di tale percorso argomentativo si sostiene, con evidente sovrapposizione del profilo del nesso di causa e di quello della colpa, che l’impugnata decisione sarebbe errata “nella parte in cui, senza alcuna motivazione, ritiene esistente una responsabilita’ del Ministero anche prima del 1978 (cfr. sentenza pag. 7), ma non chiarisce le ragioni per le quali la responsabilita’ potrebbe essere ritenuta esistente sino al 1964, epoca i cui non era ancora noto il rischio di contagio epatico per HCV”. Si’ soggiunge ancora che “anzi, la Corte ritiene che dovrebbe essere il Ministero a provare di avere effettuato i controlli sul sangue destinato alle trasfusioni quando invece, alla luce dello stato delle conoscenze mediche esistenti nel 1964, questi controlli pacificamente no era possibile farli e non avrebbero giammai potuto avere effetto positivo”, con la conseguenza che la responsabilita’ del Ministero sarebbe stata considerata come “oggettiva”.
2. Il motivo non puo’ trovare accoglimento.
In primo luogo e’ da rilevare che non e’ condivisibile l’assunto che, sotto il profilo del nesso causale le sentenze delle Sezioni Unite del 2008 avessero inteso fissare l’anno 1978 come momento ultimo in relazione al quale esso potrebbe configurarsi in subiecta materia in relazione agli obblighi normativi ricollegabili al dovere di vigilare del Ministero quanto al controllo sul sangue da utilizzarsi per le trasfusioni.
In disparte le notazioni gia’ ampiamente svolte dalla evocata Cass. n. 17865 del 2011, rileva il Collegio che recentemente Cass. (ord.) n. 17084 del 2017 si e’ fatta carico del (falso) problema della pretesa individuazione, in base alle sentenze delle Sezioni Unite del 2008, di un limite temporale a monte del quale il nesso causale fra il contagio di cui trattasi e l’esecuzione di trasfusioni non potrebbe ravvisarsi ed ha statuito che: “In caso di patologie contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, il rapporto eziologico tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la specifica patologia insorta viene apprezzato sulla base delle cognizioni scientifiche acquisite al tempo della valutazione, le quali hanno consentito di identificare e nominare le malattie tipiche (HBV, HIV e HCV), ma cio’ che rileva ai fini del giudizio sul nesso causale e’ l’evento obiettivo dell’infezione e la sua derivazione probabilistica dalla trasfusione, a prescindere dalla specificazione della prima in termini di malattia tipica.”.
Alle ampie considerazioni della citata ordinanza, che il Collegio fa proprie e che sono idonee a superare sia l’evocata (e per la verita’ assertoria) Cass. n. 2250 del 2013, sia Cass. n. 10291 del 2015, con cui la decisione si e’ in modo articolato confrontata, e’ sufficiente rinviare per evidenziare come la prospettazione del limite temporale del 1978 ai fini della sussistenza del nesso causale sia priva di fondamento. Correttamente, dunque, la Corte territoriale, pur motivando prima del ricordato arresto, ha rilevato – argomentando sulla base di richiamo a Cass., Sez. Un., n. 581 e n. 576 del 2008 e rilevandone il distacco da Cass. n. 11609 del 2005, nonche’ a Cass. n. 11685 del 2011 e 5954 del 2014 – che il nesso causale risultava conclamato pur vertendosi in ipotesi di trasfusione subita dal de cuius prima del 1978.
Quanto alla seconda censura presente nel motivo, quella afferente alla individuazione di un comportamento addebitabile al Ministero, si deve rilevare che essa risulta svolta in termini meramente assertivi e generici rispetto alla motivazione svolta dalla corte territoriale nelle pagine 7-8.
Ne segue che la censura e’ inammissibile per difetto di specificita’, giusta il principio di diritto che, recentemente, e’ stato avallato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7074 del 2017, riprendendo il filone di giurisprudenza inaugurato da Cass. n. 4741 del 2005.
E, peraltro, la motivazione della corte di merito, la’ dove ha dato rilievo all’accertamento che all’epoca era comunque possibile e doveroso il controllo della presenza nel sangue di transaminasi eccedentarie rispetto ai livelli normali risulta anche condivisibile.
3. Il ricorso e’ rigettato, ma ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese, atteso il regime dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, applicabile al giudizio e considerato che il motivo quanto al nesso causale discuteva lo stato della giurisprudenza di questa Corte sulla base della invocazione del precedente di cui a Cass. n. 2250 del 2013.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.