il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla L. n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo.

Corte d’Appello Catania, Sezione 1 civile Sentenza 13 marzo 2019, n. 591

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE APPELLO DI CATANIA

PRIMA SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio, nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Giuseppe Ferreri – Presidente

dott. Veronica Milone – Consigliere

dott. Monica Zema – Consigliere Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. 1232/2013 avente ad oggetto “risarcimento danni da emotrasfusione”

PROMOSSA DA

(…), (C.F. (…)), nato il (…) a C., elettivamente domicil. in P. D. N.6 C.; rappres. e dif. dall’avv. SC.DA. (C.F. (…)) giusta procura in atti.

APPELLANTE

CONTRO

AZIENDA (…) (P. IVA (…)),

elettivamente domicil. in V.LE (…); rappres. e dif. giusta procura in atti dall’avv. GI.GI. (C.F. (…))

MINISTERO DELLA SALUTE ed ASSESSORATO REGIONALE ALLA SANITA’ REGIONE SICILIANA

elettivamente domicil. in VIA (…) 95100 CATANIA; rappres. e dif. giusta dall’avv. AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO CATANIA

APPELLATI

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con sentenza depositata il 28.8.2012, il Tribunale di Catania rigettava, ritenendola prescritta, la domanda proposta da (…) nei confronti del Ministero della Salute, dell’Azienda (…) e dell’Assessorato Regionale alla Sanità al fine di ottenere il risarcimento dei danni (biologico, morale, patrimoniale ed esistenziale), quantificati in Euro 681.047,97, subiti a causa della condotta, ritenuta negligente e omissiva, tenuta dai convenuti nei loro rispettivi compiti di vigilanza e controllo in materia di raccolta preparazione, conservazione ed utilizzo del sangue umano per le trasfusioni.

Con atto notificato il 20.9.2013, (…) proponeva appello avverso la suddetta sentenza chiedendo, in riforma della stessa, l’accoglimento della domanda proposta in primo grado.

Si costituivano tutti gli appellati che chiedevano il rigetto della domanda.

Disposta ctu medico legale, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 4.7.2018 le parti concludevano come da verbale in atti e la causa veniva posta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..

Va premesso che con l’atto introduttivo del giudizio, notificato l’11.12.2007, il (…) esponeva che, a seguito di un incidente stradale, era stato ricoverato dal 29.9.1988 all’8.10.1988 presso l'(…) di Catania ed era stato sottoposto a splenectomia e ad alcune trasfusioni di sangue; che a seguito di ciò aveva contratto epatite cronica C (HCV).

Soggiungeva che il nesso causale tra trasfusione ed epatite risultava accertato dal verbale di visita medica del 26.2.99 della Commissione Medica Ospedaliera incaricata a seguito della domanda presentata al Ministero della Salute per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992.

Il Tribunale ha dichiarato prescritto il diritto azionato in quanto, in applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza 2008/583, ha ritenuto che il termine di prescrizione applicabile è quello del reato di lesioni colpose, pari ad anni cinque, che lo stesso è interamente decorso dalla data della presentazione della domanda per il riconoscimento dell’indennizzo di cui alla L. n. 1992 del 210, avvenuta il 23.5.1996.

Ha ritenuto che il suddetto termine non potesse ritenersi interrotto avendo l’attore depositato tardivamente e, precisamente, solo con la comparsa conclusionale, le raccomandate inviate al Ministero della Salute ed all’Azienda (…).

Pertanto, la prescrizione si era maturata anche a voler applicare all’Assessorato ed all’Azienda il termine prescrizionale decennale in considerazione della natura contrattuale del rapporto instauratosi tra i suddetti ed il (…).

Con il primo motivo di appello (…) lamenta innanzitutto che il Tribunale ha errato a ritenere tardiva la produzione delle lettere raccomandate interruttive della prescrizione ricevute dalle controparti l’1 ed il 3.2.2006, in quanto le stesse erano state prodotte con la memoria depositata ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c..

La doglianza è fondata risultando dagli atti quanto sostenuto dal (…).

L’appellante, inoltre, afferma che, in riforma della sentenza appellata, deve applicarsi il termine decennale di prescrizione sussistendo gli estremi del reato di epidemia colposa; deduce, altresì, che il dies a quo deve farsi decorrere dalla data di notifica del verbale redatto dalla Commissione Medica di cui alla L. n. 210 del 1992 che ha attetato la sussistenza del nesso di causalità tra le trasfusioni subite e la malattia contratta.

La doglianza non è specifica.

Ed invero, in violazione dell’art. 342 c.p.c., l’appellante non ha opposto argomentazione dirette a contrastare la motivazione del primo giudice che ha richiamato, riportandola letteralmente, la motivazione della sentenza n. 583 del 2008 delle Sezioni Unite della Cassazione che hanno affermato, peraltro condivisibilmente, che in capo al Ministero sussistono nella materia de qua gli estremi del reato di lesioni colpose e non di quello di epidemia colposa, che il termine di prescrizione è pertanto di 5 anni e che il dies a quo decorre dalla data di presentazione della domanda amministrativa da parte della vittima del contagio (nel caso di specie, il 23.5.1996).

L’appellante si è limitato ad citare giurisprudenza di merito antecedente alla sentenza delle Sezioni Unite del 2008.

Ne consegue, pertanto, che, con riferimento al Ministero (responsabile in via extracontrattuale) l’atto interruttivo inviato nel febbraio del 2006 è giunto a termine prescrizionale oramai decorso.

Per quanto riguarda l’Assessorato Regionale, si osserva che le missive sopra citate non sono state allo stesso indirizzate e che, conseguentemente, il termine di prescrizione, sia a ritenerlo quinquennale che decennale, (decorrente dalla data di presentazione della domanda di indennizzo, 23.5.1996) era interamente decorso al momento della notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio (11.12.2007).

Per l’Azienda (…) si rinvia a quanto oltre verrà rilevato.

Con il secondo motivo di appello il (…) deduce, per l’ipotesi di rigetto del primo motivo di appello, di avere ugualmente diritto ad essere risarcito dall’Azienda (…) perché sussiste una responsabilità di natura contrattuale della stessa.

Sul punto si osserva che la natura del rapporto che si instaura in caso di ricovero è certamente contrattuale come affermato anche dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 577 del 2008 secondo cui

“La responsabilità della struttura sanitaria privata per danno da emotrasfusione si configura come responsabilità contrattuale per inadempimento ad obblighi che la struttura stessa ha assunto nei confronti del paziente.

La responsabilità della struttura sanitaria, come quella del medico da essa dipendente, hanno natura contrattuale: la prima perché l’obbligazione inadempiuta trae origine da un contratto innominato di assistenza sanitaria o di spedalità, la seconda perché si fonda sul contatto sociale tra il medico e il paziente ricoverato.

In relazione alla responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi.

La responsabilità della struttura sanitaria è contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto”.

Con la conseguenza che il termine di prescrizione è quello decennale.

In via teorica, pertanto, la raccomandata inviata all’Azienda (…) nel febbraio 2006 ha interrotto il decorso dello stesso.

Si osserva, però, che, all’epoca delle trasfusioni per cui è causa (1988), l’Azienda appellata non esisteva ancora e che le Regioni, com’è noto, sono state individuate quali soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti delle soppresse USL.

Sussiste, quindi, un difetto di legittimazione passiva della stessa.

Per completezza, si osserva che la ctu disposta nel presente grado di giudizio ha individuato, in capo al (…) e in conseguenza del virus contratto in occasione delle trasfusioni de quibus, un’invalidità permanente del 15% che, in applicazione delle Tabelle di Milano, non consentirebbe di liquidare all’appellante una somma superiore ai 50.000,00 Euro a titolo di danno biologico e morale (in applicazione del c.d. punto non patrimoniale).

Né alcuna personalizzazione o appesantimento del risarcimento si potrebbe operare in virtù dell’età che il (…) aveva al momento del contagio (15 anni), come vorrebbe l’appellante, in quanto l’importo previsto dalle Tabelle di Milano è individuato proprio con riferimento a soggetti di 15 anni di età.

L’appesantimento, così come il riconoscimento del richiesto danno esistenziale, va provato, dimostrando, e prima ancora deducendo, specifiche e particolari sofferenze ovvero modifiche dello stile di vita che consentano appunto di personalizzare il danno. Deduzione e prova che, nel caso di specie, sono mancati.

Ciò posto, si osserva, com’è noto, che il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla L. n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass., Sez. Un., 2008/584).

Nel caso di specie, su richiesta di questa Corte, l’appellante ha dichiarato di aver ottenuto il riconoscimento da parte del Mistero della Salute di ” un indennizzo di Euro 63.295,11 oltre ad Euro 18.004,88 iniziali ed una rendita bimestrale vitalizia di circa Euro 1.450,00″.

Ne consegue che (…) ha ottenuto un indennizzo superiore al risarcimento eventualmente spettantegli per l’ipotesi in cui l’Azienda (…) fosse stata passivamente legittimata nel presente giudizio.

Pertanto, in ogni caso, nulla gli sarebbe spettato a titolo di risarcimento danni.

Alla luce di quanto sopra, l’appello va integralmente rigettato.

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza.

Essendosi le prestazioni professionali dei difensori delle parti in causa esauritesi dopo l’entrata in vigore del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (3.4.2014) e dovendosi considerare il compenso unitario e non frazionabile secondo le diverse fasi, le spese processuali vanno liquidate, come da dispositivo, secondo le nuove tariffe (Cass., Sez. U., 17406/2012), in considerazione del valore della controversia e dell’attività difensiva spiegata.

Va evidenziato, trattandosi di procedimento iniziato in questo grado di appello successivamente al 30.1.2013, che sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (secondo cui ” Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”), per dare atto della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza n. 14645/2007 dal Tribunale di Catania:

rigetta l’appello;

condanna (…) a rimborsare a ciascuna parte appellata (il Ministero della Salute e l’Assessorato Regionale, da un lato, e l’Azienda (…), dall’altro) le spese processuali, che si liquidano, per ciascuna parte, in Euro 8.813,00 per compensi, di cui Euro 2,717,00 per la fase di studio, Euro 1.579,50 per la fase introduttiva ed Euro 4.517,00 per la fase decisoria, oltre ad i.v.a., c.p.a e spese generali; lascia a suo carico le spese di ctu;

dà atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento a carico dell’appellante della somma di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Così deciso in Catania il 6 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.