l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore. Gli “estratti-conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2 comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi.

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Tribunale Roma, Sezione 12 civile Sentenza 11 aprile 2019, n. 7961

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE DODICESIMA CIVILE

Il Giudice, in persona del dr. Tommaso MARTUCCI, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 24092/2014 del Ruolo Generale degli Affari Civili, posto in deliberazione all’udienza del 16/1/2019 e promosso da:

(…) S.R.L. con sede in R., via (…) V. n. 489, (C.F. e iscrizione Reg. Imprese (…), n. REA rm-1145717), elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio dell’Avv. Ma.Io., che la rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con l’Avv. Gr.Pu. giusta procura a margine della memoria di costituzione di nuovo avvocato

ATTRICE

contro

(…) S.p.A. con Direzione Generale in Piazza (…) – 20154 Milano, Capitale Sociale Euro 20.257.667.511,62 interamente versato – Banca iscritta all’Albo delle Banche e Capogruppo del Gruppo Bancario (…) – Albo dei Gruppi Bancari n. (…) – iscrizione al Registro delle Imprese di Milano – Monza – Brianza – Lodi, Codice Fiscale e (…) IVA n. (…) – Aderente al Fondo (…), elettivamente domiciliata in Roma, via (…), presso lo studio degli avv.ti Lu.Al. ed Ac.Bu., che la rappresentano e difendono in virtù di procura generale alle liti per atto notaio Ca.Vi. di Bologna del 29/10/2010

CONVENUTA

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 31/3/2014 la s.r.l. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in 5 milioni di euro per il danno emergente e in 25 milioni di euro per lucro cessante, derivanti dalla condotta illecita del personale della convenuta, nonché alla ripetizione della somma di Euro 4.509.740,51 a titolo di interessi usurari indebitamente corrisposti dall’attrice in esecuzione dei rapporti di mutuo e di conto corrente inter partes, previo accertamento della nullità delle relative clausole concernenti i tassi di interesse.

L’attrice esponeva:

– che nella seconda metà dell’anno 2006 aveva chiesto alla S.p.A. (…) un mutuo edilizio “costruttori” per la realizzazione di un complesso immobiliare abitativo sito in R., via (…), operazione imprenditoriale illustrata in un dettagliato documento consegnato alla banca, denominato piano economico finanziario o business plan, condiviso ed accettato dal funzionario competente della convenuta (…), da cui si evincevano i costi vivi da sostenere per l’acquisto del suolo e per la costruzione dell’edificio, gli utili previsti, il crono esecutivo, gli strumenti finanziari e i relativi costi per sostenere l’iniziativa imprenditoriale;

– che i termini dell’erogando mutuo erano stati oggetto di negoziazione con il (…) e con il capo area (…) e poi definiti in un atto denominato term sheet datato 28/2/2007, che prevedeva l’importo del mutuo e del connesso finanziamento per un totale di Euro 25.200.000, da restituirsi in 15 anni, oltre al preammortamento di 24 mesi e il tasso di interesse pari all’Euribor, maggiorato di uno spread;

– che la pratica relativa al mutuo era rimasta inspiegabilmente sospesa fino alla comparsa del sedicente esperto finanziario (…), soggetto che aveva piena cognizione delle condizioni economiche del mutuo in corso di erogazione a favore dell’attrice, che aveva millantato conoscenze personali e che aveva fatto intendere che per ottenere l’erogazione del mutuo sarebbe stato necessario conferirgli un incarico di mediazione;

– che di tali circostanze l’attrice aveva informato la convenuta, la quale, tramite il proprio personale, si era limitata a rappresentare di non conoscere bene il (…), senza peraltro intraprendere alcuna iniziativa nei suoi confronti, pertanto l’attrice era stata costretta a soggiacere all’offerta di consulenza da parte di (…), sostenendone i relativi costi, ma, ciò nonostante, la banca aveva deliberato l’erogazione del mutuo a condizioni più sfavorevoli per la mutuataria rispetto a quelle che risultavano dal documento (…);

– che, a fronte delle rimostranze dell’attrice in ordine alla mancata coincidenza tra il mutuo deliberato dalla banca e il documento programmatico concordato dalle parti, i dipendenti della convenuta avevano dato ampie rassicurazioni di pieno sostegno finanziario all’iniziativa dell’attrice, tanto che il (…), con l’ausilio di (…), si era impegnato a far concedere all’attrice un finanziamento collaterale sotto forma di sconto fatture da concedere all’appaltatrice (…) S.p.A. al fine di colmare la differenza tra il business plan e l’erogazione finanziaria del mutuo, promessa rivelatasi del tutto ingannevole;

– che il 19/4/2007 era stato stipulato il contratto di mutuo, con cui erano state pattuite, tra l’altro, le seguenti clausole: l’articolo 2, n. 5 disciplinava l’erogazione delle rate di mutuo proporzionali agli stati di avanzamento dei lavori, l’articolo 4 disciplinava l’applicazione degli interessi e l’articolo 4 delle condizioni generali regolava il frazionamento del mutuo, mentre la promessa di erogazione di anticipazioni bancarie all’appaltatore si era rivelata del tutto ingannevole, essendo stato lo sconto di fatture praticato per una sola fattura, mentre il finanziamento per il pagamento dell’IVA concordato in misura pari ad Euro 5.500.000 era stato ridotto, con la Delib. del 31 marzo 2007, ad Euro 2.720.000;

– che il Municipio VI aveva chiesto al Comune di Roma di rinegoziare la convenzione sottoscritta con il precedente proprietario del terreno al fine di porre a carico dell’attrice oneri di valore molto più elevato, avendo chiesto la costruzione di un asilo nido di 450 m2 in luogo di quello precedentemente concordato di 169 m2, oltre ad un parcheggio ad uso pubblico di dimensioni pari a circa 2500 m2, ponendo l’attrice nella condizione di dover aumentare i costi di 3,5 milioni di euro e, a fronte di tali costi, il dottor (…) aveva consigliato di accogliere le nuove richieste municipali, promettendo di integrare il sostegno creditizio all’epoca in corso, ma in seguito la banca non accolse la richiesta attorea del 22/12/2008 di modificare la delibera di concessione del mutuo al fine di tener conto dei nuovi termini necessari per ottenere la nuova convenzione da parte del Comune di Roma;

– che il 23/2/2009 erano iniziati i lavori per la costruzione dell’edificio e l’erogazione del mutuo era stata attuata per un certo periodo mediante pagamenti a stati di avanzamento dei lavori certificati dal geometra M.C., perito della banca, sia pure previa sollecitazione, fino a quando, il 26/11/2010, pur essendo maturato lo stato di avanzamento dei lavori n. 11 per circa Euro 600.000, la banca aveva denegato l’erogazione del pagamento dovuto, con conseguente impossibilità per la s.r.l. (…) di pagare i corrispettivi dell’appalto dovuti alla S.p.A. (…) e con aumento dell’indebitamento dell’attrice nei confronti della banca convenuta, che applicò un tasso di interesse fino al 30% annuo, con conseguente necessità per l’attrice di distrarre, dal 30/11/2010, le somme incassate per pagare le rate di preammortamento del mutuo con scadenza successiva ad ottobre 2011;

– che a nulla erano valse le riunioni e le richieste di adeguamento del mutuo alle varianti che si erano rese necessarie nel corso dei lavori relativi all’appalto per la costruzione del complesso immobiliare da parte dell’attrice;

– che il 22/3/2012 la s.r.l. (…) aveva inviato la dichiarazione di fine lavori al perito della banca, con conseguente apertura della fase di frazionamento del mutuo, pertanto l’attrice aveva trasmesso alla banca il piano di frazionamento redatto in aderenza alle disposizioni contrattuali, ma i funzionari della banca, in modo vessatorio, avevano chiesto all’attrice il pagamento delle rate di preammortamento scadute sul finanziamento ipotecario, il rientro dell’anticipazione per la linea IVA, la regolarizzazione delle eccedenze per competenze e spese sul conto corrente n. (…) della s.r.l. (…), il ripianamento del conto corrente n. (…) della S.p.A. (…), che risultava scoperto di Euro 1.500.000, la regolarizzazione delle eccedenze di utilizzo del conto corrente n. (…) intestato all’attrice, nonché l’impegno a destinare il 15% del prezzo di vendita pattuito con gli acquirenti degli immobili sul conto corrente n. (…);

– che l’attrice non aveva accettato tali richieste, con conseguente mancata risposta al piano di frazionamento da parte della banca, cui seguirono la mancata messa a disposizione dell’attrice della liquidità derivante dagli incassi delle prime vendite stipulate con atto unico, che sarebbe stata necessaria per pagare quanto dovuto alla S.p.A. (…), nonché l’omessa valutazione del fatto che il ripianamento delle linee di credito concesse per l’Iva sull’acquisto di terreni sarebbe matematicamente avvenuto con l’incasso dell’Iva pagata dagli acquirenti degli immobili;

– che, non essendo mai pervenute alla s.r.l. (…) né alla S.p.A. (…) comunicazioni di revoca di fidi o di scoperti di conto corrente, l’attrice, confidando sull’autorizzazione di scoperti sui conti, aveva proposto alla Banca una dilazione di 24 mesi per il rientro delle varie esposizioni, con contestuale erogazione dell’ultimo stato di avanzamento lavori e con la possibilità di utilizzare la liquidità derivante dalle vendite degli immobili per il pagamento dei residui importi dovuti ai fornitori di cantiere, con ulteriore richiesta di delibera di frazionamento del mutuo per poter procedere alle vendite ed al pagamento dei fornitori e dell’appaltatrice;

– che il 17/5/2012 la convenuta aveva emesso la delibera di proroga del preammortamento fino al 30/11/2012, aveva chiesto la regolarizzazione delle rate del preammortamento arretrate, oltre agli interessi moratori, aveva stimato prudenzialmente l’immobile in misura pari ad Euro 29.500.000, aveva chiesto l’impegno dell’attrice a destinare il 15% del prezzo di vendita delle unità immobiliari a saldo dell’esposizione relativa alla linea di credito IVA, aveva chiesto la postergazione del finanziamento dei soci dell’attrice, la regolarizzazione delle eccedenze del conto corrente n. (…), l’impegno a destinare il 15% del prezzo di vendita pattuito al ripianamento delle esposizioni del conto corrente n. (…), l’accantonamento sul conto corrente n. (…) del 90% dell’importo incassato a titolo di acconti futuri sui preliminari, utilizzabili solo successivamente alle compravendite definite, con pretesa di adempimento dell’appaltatrice;

– che il 1/6/2012 S.S., funzionaria della convenuta, aveva inviato un proprio piano di frazionamento, contestato dall’attrice, che aveva contestato l’elaborato del C. ed in particolare la sua perizia valutativa, ritenendola non veritiera, in base alla quale la banca aveva sottostimato il valore del compendio immobiliare, aumentando al 72% l’incidenza del mutuo su ciascun immobile;

– che l’attrice era stata indotta ad accettare la delibera della banca del 15/5/2012 dalle rassicurazioni fornite dalla controparte in ordine alla una sua successiva modifica, ma soltanto il 18/7/2012, quando il disastro finanziario dell’attrice si era consumato, erano stati erogati i successivi stati di avanzamento dei lavori, i cui importi furono utilizzati per il pagamento delle rate di preammortamento scadute e per gli interessi usurari addebitati sulle stesse rate;

– che la convenuta aveva, in data 1/8/2012, delegato l’esecuzione di un ordine di bonifico di Euro 44.435,37 da parte dell’attrice nei confronti del fornitore S. s.r.l., da far valere sul conto corrente su cui giaceva la somma di Euro 691.871,92 e tale comportamento era stato motivato dal fatto che, in pari data, la banca, senza alcuna autorizzazione da parte dell’attrice, aveva provveduto, per diminuire l’esposizione derivante dal mutuo, a prelevare dal conto corrente della s.r.l. (…) la somma di Euro 260.000,00;

– che la S.p.A. (…) si era, altresì, opposta alla richiesta dell’attrice di poter utilizzare le somme ricavate dalla vendita fissata per settembre 2012 per pagare la rata di preammortamento del mutuo e i corrispettivi dovuti ai fornitori e soltanto l’1/10/2012, a seguito di durissime contestazioni scritte dell’attrice, la convenuta aveva concesso l’uso della somma di Euro 88.387,54 ricavato dalla vendita per pagare la rata scaduta del preammortamento del mutuo e il successivo 28/9/2012, stante l’insostenibile gestione del rapporto da parte della banca, l’attrice aveva informato delle vicende sopra descritte gli organi superiori della S.p.A. (…) e, vista la situazione di forzata inattività a causa della crisi finanziaria, aveva sospeso le vendite;

– che il 9/11/2012 l’attrice aveva ribadito alla banca la necessità di utilizzare le somme versate dagli acquirenti per il pagamento dei residui oneri di urbanizzazione e costruzione per evitare il rischio della risoluzione della convenzione sottoscritta con il Comune di Roma, che avrebbe determinato la perdita del diritto edificatorio;

– che soltanto a gennaio 2013 (…), per conto della banca, aveva invitato (…)(…) a fissare una riunione, che in realtà si svolse il 22/1/2013 a Milano, nel corso della quale il (…) rappresentò le problematiche inerenti ai rapporti tra le parti e L.(…), capo della competente divisione della banca, diede atto dell’anomalia della pratica, proponendo di risolvere la questione mediante l’erogazione di una nuova parte di mutuo pari a circa 3,5 milioni di euro al fine di pagare l’appaltatore, completare i lavori dell’asilo nido in sostituzione del pagamento a saldo degli oneri di urbanizzazione e costruzione, soluzione più volte prospettata dall’attrice, dando atto, altresì, che l’ufficio di Roma della banca era stato estromesso dalla trattativa, quindi gli architetti M.E.A. ed A.Z., unitamente ad un tecnico dell’attrice, redassero una nuova perizia, da cui emergeva che il valore di tutti gli immobili era pari a 35 milioni di euro;

– che l’8/5/2013 era stata stipulata l’ultima compravendita avente ad oggetto due appartamenti e due box appartenenti all’immobile edificato dall’attrice, con l’intervento della banca al fine di cancellare l’ipoteca sugli immobili oggetto di vendita soltanto dopo l’impegno attoreo di destinare l’importo incassato al ripianamento della rata del mutuo scaduta il 28/2/2013, con evidente abuso di dipendenza economica;

– che il 21/6/2013 si era tenuta una riunione a Milano, durante la quale il (…) aveva informato che la banca aveva rivisitato i passaggi della pratica, con subentro del Mercato Real Estate, di cui il Pioli era il vicario deputato a dirigere tutte le operazioni di ristrutturazione e, in seguito, quest’ultimo aveva dichiarato che la banca non era disponibile ad erogare una nuova tranche di mutuo, così contraddicendo quanto in precedenza affermato.

Tanto premesso, la s.r.l. (…) riteneva sussistente nella fattispecie l’abuso di dipendenza economica rilevante ai sensi della L. n. 192 del 1998 da parte della banca, che aveva promesso il sostegno creditizio, che aveva poi negato, oltre a ritenere configurabili numerosi fatti illeciti (la redazione di una perizia mendace da parte del C.), l’indebita appropriazione di risorse finanziarie dell’attrice, storni arbitrari, commissioni e prospettazioni ingannevoli, nonché gravi violazioni del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di mutuo, avendo l’istituto di credito erogato con grave ritardo le rate del mutuo, fino alla loro mancata erogazione ed avendo impedito alla s.r.l. Gin di attuare il proprio piano di frazionamento finalizzato al soddisfacimento dei crediti dei fornitori ed al completamento delle opere a scomputo di oneri di urbanizzazione e costruzione.

L’attrice riteneva sussistente la malafede nelle trattative prodromiche all’erogazione del mutuo da parte della banca, che aveva ingenerato nella controparte l’affidamento con la consegna del documento term sheet, poi non onorato, che aveva indotto l’attrice ad accettare il minor importo del mutuo sul presupposto che la banca avrebbe accordato agevolazioni e crediti all’appaltatrice mediante lo strumento tecnico dello sconto delle fatture, promessa non mantenuta ed evidenziava, altresì, che la convenuta non aveva posto in essere alcuna misura di legge a fronte della richiesta del (…) di compensi non dovuti per accelerare la pratica del mutuo.

L’attrice si doleva, inoltre, dell’applicazione di interessi usurari da parte della banca, che riteneva responsabile per la condotta dei propri funzionari ai sensi dell’articolo 2049 c.c. e concludeva come in epigrafe.

La S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi con comparsa del 4/7/2014, chiedeva il rigetto delle avverse domande e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice al pagamento del complessivo importo di Euro 19.433.245,29, quale sommatoria dei saldi debitori registrati nei cessati rapporti di conto corrente n. (…) (Euro 478.589,57), n. (…) (Euro 1.270,15), delle operazioni di anticipo finanziario n. (…) (Euro 2.378.519,35 per sorte capitale ed Euro 137.678,67 per interessi maturati dal 5/8/2013 al 2/7/2014), nonché di rate scadute per 2.001.725,51, interessi moratori per Euro 77.571,20 e capitale residuo a scadere di Euro 14.357.890,84 di cui al finanziamento n. (…), oltre agli interessi legali fino al saldo.

La convenuta, nel contestare tutte le avverse accuse, nonché la prospettazione dei fatti proposta dalla controparte, deduceva:

– che alla fine dell’anno 2006 (…), nell’interesse della s.r.l. (…), società costituita nel 2006 per realizzare un’iniziativa immobiliare in R., zona Il (…), si era rivolta alla banca per sottoporle una richiesta di mutuo ipotecario destinato al finanziamento dell’acquisto dell’immobile e della realizzazione del complesso immobiliare, da erogare a stati di avanzamento dei lavori unitamente ad ulteriore richiesta di finanziamento IVA;

– che la banca aveva acquisito il business plan dal proponente, da trasmettere al comparto finanza di impresa dell’istituto onde predisporre il cosiddetto term sheet, che fu effettivamente redatto il 28/2/2007, documento che racchiudeva il riassunto dei principali punti del negoziato da svolgere, privo di effetto vincolante per le parti;

– che il 13/4/2007, con tempistica minima per la valutazione del finanziamento, la banca aveva comunicato alla controparte la delibera di affidamento per complessivi Euro 21.320.000, da utilizzare secondo i termini e le condizioni di cui all’ulteriore term sheet portante la data del 21/3/2007, con un contenuto che teneva conto dei consistenti affidamenti già pendenti a beneficio di altre società del gruppo (…), dando atto che non poteva imputarsi alla S.p.A. (…) alcuna responsabilità in ordine alla decisione dell’attrice di sottoscrivere un contratto di mediazione con il (…);

– che pertanto la banca aveva accordato l’erogazione di affidamenti in favore della controparte per complessivi Euro 21.300.000,00, affidamenti accettati dalla s.r.l. (…), che addivenne alla stipulazione del relativo contratto il 19/4/2007, senza chiedere alcuna variazione rispetto al tenore della delibera comunicata il 13/4/2007;

– che, stipulato il contratto di mutuo, il 29/5/2007 era stato erogato all’attrice l’importo di Euro 8.600.000 a saldo del prezzo per l’acquisto dell’area e le successive erogazioni erano state poste in essere come segue, per il totale pari a 92% dell’importo deliberato: in data 3/3/2009 Euro 874.000,00, il 15/4/2009 Euro 735.000, in data 22/9/2009 Euro 802.000, il 21/12/2009 Euro 1.439.000, il 12/3/2010 Euro 1.600.000, in data 1/4/2010 Euro 700.000, il 28/4/2010 Euro 700.000, il 23/6/2010 Euro 1.300.000 ed il 24/9/2010 1 milione di euro, pertanto a settembre 2010 erano stati erogati complessivi Euro 17.800.000, in deroga a quanto previsto dagli standard della banca, che prevede l’erogazione dei finanziamenti a fronte di stati di avanzamento lavori fino alla percentuale massima dell’85% dell’accordato;

– che, a fronte delle deroghe concesse a favore dell’attrice, all’atto della richiesta di erogazione in data 26/11/2010 del pagamento dello stato di avanzamento lavori n. 11 per circa Euro 600.000, i funzionari della banca avevano provveduto ad inviare tale richiesta alla sezione competente, che aveva riscontrato varie criticità ed aveva chiesto che tale richiesta dovesse essere munita di copia dei compromessi di vendita delle unità immobiliari da realizzare per un controvalore pari o superiore, rispetto al presunto incasso complessivo derivante dal collocamento dell’opera sul mercato, all’entità dello stato di avanzamento dei lavori certificato dal personale tecnico della banca, mentre nella fattispecie, in cui il piano delle vendite fornito dall’attrice l’1/2/2011 indicava il presunto incasso complessivo delle vendite dell’opera pari ad Euro 42.529.285,11, l’attrice avrebbe dovuto presentare contratti preliminari per un controvalore pari ad almeno Euro 40.402.795,20, mentre, ben diversamente, risultavano acconti su compromessi per complessivi Euro 4.277.500,00 ed ulteriori Euro 7.390.940,00 a titolo di mere prenotazioni di vendita;

– che nel term sheet, come nel contratto di finanziamento, erano stati previsti covenants solo parzialmente rispettati dall’attrice: in particolare, oltre all’ipoteca di primo grado sull’intera area, nel contratto di mutuo era stata prevista la postergazione dei finanziamenti dei soci ed era stato previsto che le erogazioni del finanziamento successive alla prima fossero subordinate alla verifica dell’apporto di equity per non meno di Euro 7.500.000 da far transitare sui conti correnti presso la S.p.A. (…), ma nel bilancio della s.r.l. (…) del 31/12/2010 la voce finanziamento soci evidenziava l’ammontare di Euro 7.375.000, peraltro non vincolato come apporto di liquidità nelle casse dell’istituto; a fronte poi dei compromessi e delle prenotazioni delle unità immobiliari, risultavano già incassati dall’attrice Euro 668.000; nel contratto di finanziamento era stata prevista la commissione di agenzia annuale di Euro 15.000, da pagare anticipatamente all’inizio di ciascun anno solare, ma l’ultimo addebito effettuato a carico dell’attrice risaliva all’anno 2009, mentre negli anni 2010 e 2011 dette commissioni non erano state addebitate alla società mutuataria per l’indisponibilità delle relative somme sul conto corrente; a destare allarme era stata anche la posizione debitoria dell’attrice derivante dallo sconfinamento per circa Euro 75.000 sul rapporto di conto corrente e dalla rata scaduta del preammortamento di Euro 106.000, oltre all’esposizione debitoria delle altre società del Gruppo (…), con particolare riferimento al consistente aggravamento degli sconfinamenti fatti registrare dalle società (…) s.r.l. e (…) S.p.A., il cui rientro era già stato chiesto dall’organo deliberante con Delib. del 20 settembre 2010 come condizione per la deroga delle erogazioni a SAL superiore al 95%;

– che l’impossibilità di effettuare ulteriori erogazioni per le problematiche relative ai crediti che investivano il Gruppo (…) era stata ribadita dai funzionari dell’istituto creditizio in occasione di un incontro tenutosi con il (…) ed al precipuo fine di addivenire ad un nuovo esame dei crediti delle società del gruppo (…) si era resa necessaria la previsione della nuova perizia sul complesso immobiliare per accertare l’entità dei maggiori costi che l’attrice affermava di dover sostenere in seguito ad una variante deliberata rispetto al progetto originario;

– che il costo degli immobili da realizzare da parte dell’attrice aveva subito un incremento a causa della delibera del municipio VI del 17/1/2008, che l’attrice aveva deciso autonomamente di non impugnare e che era stata comunicata alla banca soltanto nell’ottobre 2008 ed in conseguenza della quale erano stati chiesti ulteriori finanziamenti all’istituto di credito, che erano stati sempre vagliati dall’organo deliberante con esito negativo, senza che vi fosse stata alcuna promessa in ordine al buon esito di tali istanze, dando atto che vi erano state tra le parti varie trattative volte a rinvenire una soluzione per consentire all’attrice di ultimare i lavori;

– che nel dicembre 2011 l’attrice aveva presentato alla banca la richiesta di frazionamento del mutuo al fine di ottenere la restrizione ipotecaria in relazione alle unità immobiliari del complesso per le quali la mutuataria aveva già ricevuto offerte di acquisto e stipulato i relativi contratti preliminari, ma la banca aveva manifestato l’esigenza di ottenere una perizia per il frazionamento, che veniva resa il 13/2/2012, indicando come pari al 98% la percentuale di avanzamento dei lavori; sottoposta la perizia alle valutazioni dell’ufficio competente, quest’ultimo aveva subordinato la possibilità di prestare il consenso alle restrizioni ipotecarie richieste dall’attrice oltre che alla proporzionale riduzione del finanziamento, al riesame creditizio della posizione della mutuataria delle società del gruppo (…), evidenziando come la fase di preammortamento risultasse scaduta dal 31/5/2011, imponendosene una proroga almeno fino al 31/5/2012 e che risultavano scadute e non pagate le ultime sei rate per complessivi Euro 739.403,70, oltre agli interessi moratori;

– che, con missiva del 18/6/2012, la banca aveva comunicato alla s.r.l. (…) il contenuto della Delib. del 17 maggio 2012, con cui era stata deliberata la revisione delle linee di credito accordate secondo le seguenti modalità: in relazione al mutuo ipotecario di Euro 18.600.000, proroga del periodo di preammortamento fino al 30/11/2012, erogazione dei residui Euro 800.000 a fronte della certificata ultimazione dei lavori, riconoscimento sulle vendite di un temporaneo incremento del LTV fino al 72%, da calcolare sul valore potenziale dell’iniziativa (Euro 29.500); in tal modo era stato concesso all’attrice di non destinare gli incassi del saldo del prezzo alla riduzione del mutuo, ma di poterne disporre per specifiche e ben dettagliate esigenze, rappresentate dai pagamenti dei fornitori: la citata delibera aveva, quindi, recepito in misura determinante le richieste della controparte, poiché grazie all’innalzamento del LTV la società aveva potuto disporre della liquidità aggiuntiva derivante dalle vendite, con la quale aveva potuto eseguire pagamenti ai fornitori per circa Euro 605.000, aveva potuto pagare due rate di morosità relative ad un finanziamento erogato da Simest per circa Euro 120.000 ed aveva depositato presso altra banca incassi per Euro 440.000. Inoltre, l’attrice, a fronte di vendite effettuate per un valore di Euro 8.400.000, aveva ridotto di soli Euro 2.700.000 il mutuo in linea capitale e di soli Euro 61.000 la linea di credito per l’anticipazione finanziaria dell’IVA e nel complesso erano rimasti nella piena disponibilità dell’attrice oltre Euro 5.200.000; inoltre, l’istituto di credito, al fine di agevolare l’attrice, le aveva accordato le restrizioni ipotecarie necessarie alla realizzazione delle vendite programmate, con riduzione del bene in garanzia;

– che il piano di frazionamento ipotetico, autorizzato dalla banca, prevedeva la ripartizione proporzionale del mutuo su ogni singola unità immobiliare, nel rispetto del rapporto debito/valore dei beni in garanzia (LTV) determinato dall’eventuale aggiornamento dei valori da parte della consulenza ed era stato trasmesso all’attrice già il 29/5/2012, ma l’attrice aveva subito anticipato tramite posta elettronica la richiesta di revisione del piano di frazionamento, contestando il valore cauzionale assegnato all’iniziativa immobiliare e richiedendo una ripartizione non proporzionale del mutuo, con maggior carico dello stesso sulle porzioni commerciali e sui parcheggi e con contestuale riduzione della quota gravante sugli appartamenti, lasciando sostanzialmente libere le unità residenziali, ma tale richiesta non era stata accolta dalla banca, ostandovi, tra l’altro, la persistente condizione di irregolarità della mutuataria in ordine alle rate impagate ed al preammortamento scaduto, il riesame creditizio in corso delle società del gruppo (…) ed il dato di fatto per il quale gli acconti corrisposti alla s.r.l. (…) dai prommissari acquirenti delle unità residenziali erano stati incassati dall’attrice su altra banca: in particolare, dal piano delle vendite presentato dalla mutuataria si vincevano, nel marzo 2012, acconti già incassati per Euro 3.386.450, oltre a prenotazioni su unità da sottoporre a compromesso per ulteriori Euro 995.743, mai transitati sui rapporti in essere presso la convenuta;

– che la banca aveva comunque chiesto al perito l’aggiornamento della valutazione del complesso edilizio, effettuata dal perito C. con e-mail del 25/7/2012, tenuto conto delle variazioni intervenute alla luce del “Piano casa Regione Lazio”, quindi incrementando il valore dell’iniziativa da complessivi Euro 29.500.000 a Euro 30.500.000, in conformità delle linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni e dei crediti predisposte dall’ABI nel maggio 2011, cui aveva aderito la S.p.A. (…) unitamente ad altri 138 istituti bancari, evidenziando che il valore commerciale ed il valore prudenziale rappresentano due diversi approcci di ordine valutativo, deducendo che l’istituto di credito deve prestare particolare attenzione al rischio del progetto finanziato, non potendo aderire sic et simpliciter al listino delle vendite della società finanziata;

– che, con atto del 18/7/2012, era stato erogato all’attrice l’ulteriore importo di Euro 800.000 a saldo del mutuo ed erano state stabilite le condizioni del finanziamento, contestualmente la s.r.l. (…) aveva formalizzato, con lettera di impegno, le proprie obbligazioni aventi ad oggetto l’obbligo di destinare il 15% del prezzo, al netto dell’IVA, di vendita delle unità abitative in corso di perfezionamento, ad eccezione dei primi 8 milioni di euro, alla riduzione dell’ammontare della linea IVA, a canalizzare gli incassi sul conto corrente n. (…) dedicato alla presente operazione, a far transitare sul conto corrente (…), dedicato unicamente alla presente operazione, almeno il 90% delle somme derivanti dagli incassi degli anticipi/caparre percepiti in sede di preliminare di vendita degli immobili ed a fornire report mensili dell’attività di commercializzazione;

– che ogni addebito effettuato dalla banca sui conti correnti dell’attrice era stato effettuato in conformità delle previsioni contrattuali e, con particolare riferimento all’asserito rifiuto di dare esecuzione all’ordine di bonifico dell’attrice del 1/8/2012, la convenuta deduceva che nei giorni 31/7/2012 e 1/10/2012 la banca aveva prestato il proprio assenso alla restrizione ipotecaria su diverse unità immobiliari del complesso, a fronte di un incasso atteso di circa Euro 789.000 al saldo, l’organo deliberante aveva quindi concesso l’autorizzazione alle restrizioni ipotecarie richieste dall’attrice subordinatamente al rimborso in linea capitale, da parte dell’attrice, di un importo non inferiore ad Euro 974.754;

successivamente era stato autorizzato l’incasso del minor importo di Euro 728.000 al fine di procedere, con il residuo, alla riduzione della linea IVA e dell’esposizione in conto corrente, secondo quanto previsto dalla delibera del maggio 2012 e tale operazione era stata illustrata all’attrice il 31/7/2012: in esecuzione dei patti aggiunti, quindi, la banca, l’1/8/2012, aveva operato l’immediato addebito dell’importo di Euro 260.000 a fronte di una delle quattro vendite autorizzate il 31/7/2012, l’8/8/2012 erano stati addebitati gli importi autorizzati relativi alle compravendite del 31/7/2012, ma, nonostante fosse stata informata delle condizioni poste per le richieste di restrizione ipotecaria e dei consequenziali addebiti in conto corrente, l’attrice, in data 1/8/2012, aveva avanzato richiesta di bonifico in favore della s.r.l. S. di Euro 44.435,37, rispetto alla quale non era presente idonea provvista sul conto, pertanto l’istituto di credito aveva suggerito alla controparte, il giorno successivo, di disporre il bonifico, ove ritenuto urgente, dando atto peraltro che l’8/8/2012, divenute disponibili le somme versate sul conto provenienti dal saldo del prezzo delle vendite del 31/7/2012, la banca aveva dato seguito ad ulteriori disposizioni di bonifico dell’attrice per il complessivo ammontare di Euro 66.500;

– che alla banca era parso opportuno individuare, quale punto di partenza di ogni eventuale proposta e soluzione condivisa, una nuova condivisa valutazione peritale del compendio immobiliare ed una compiuta valutazione dei dati di bilancio di tutte le società del gruppo (…), pertanto una nuova perizia era stata presentata il 29/5/2013, mentre la richiesta di acquisizione di documentazione contabile relativa alle società del gruppo (…) era stata riscontrata dalla controparte sono il 27/5/2013, dopo un ulteriore sollecito;

– che i funzionari della banca avevano tentato di addivenire a soluzioni condivise e in occasione dell’incontro del 31/7/2013 avevano formulato la seguente ipotesi da sottoporre all’organo deliberante della banca: frazionamento virtuale del mutuo ipotecario sulla base della perizia da ultimo redatta e con LTV del 62,7%, nuovo affidamento di Euro 700.000 da destinare al completamento delle opere di urbanizzazione e a scomputo dei relativi oneri, realizzazione dell’asilo nido secondo le indicazioni del Municipio, nuovo periodo di ammortamento di due anni, abbassamento dei prezzi di listino delle vendite dell’attrice, utilizzo degli introiti delle vendite delle unità del complesso immobiliare inizialmente fino all’estinzione dei debiti chirografari pari a circa Euro 5.600.000, estinzione parziale del mutuo ipotecario, oltre alle altre condizioni indicate nella relativa proposta, ma l’attrice aveva ribadito la necessità di un finanziamento di Euro 900.000, con priorità del ripianamento dei debiti dell’attrice nei confronti della S.p.A. (…), senza alcuna intesa sulla ipotesi di ristrutturazione del debito da sottoporre a rivalutazione dell’organo deliberante della banca.

Tanto premesso, la convenuta contestava tutte le avverse doglianze, richiamando la condotta dei propri funzionari, ritenendo infondata qualsiasi domanda risarcitoria della controparte.

La S.p.A. (…) contestava, inoltre, l’avversa prospettazione di usurarietà dei rapporti inter partes, evedenziando l’erroneità della sommatoria ai tassi d’interesse interessi, ai fini della determinazione del TEG del mutuo ipotecario, della commissione per l’estinzione anticipata del contratto, dando atto peraltro che, in occasione delle estinzioni anticipate parziali effettivamente verificatesi in riferimento al mutuo in esame, la commissione di estinzione effettivamente applicata era stata pari a 0,50%; la banca si opponeva, inoltre, alle avverse deduzioni sull’anatocismo e sul piano di ammortamento alla francese, dando atto che l’applicazione degli interessi di mora sull’intera rata scaduta, essendo conforme alla Del.CICR del 9 febbraio 2000, non aveva determinato alcun anatocismo implicito.

Chiedeva, pertanto, la condanna della controparte al pagamento delle somme di cui in epigrafe per effetto della revoca degli affidamenti concessi dalla banca, del recesso dai contratti di conto corrente n. (…) e n. (…), del recesso dall’anticipo finanziario n. (…) e della decadenza della controparte dal beneficio del termine relativamente al finanziamento n. (…), stante l’avverso inadempimento.

Esperiti gli incombenti preliminari, intervenuto lo scambio delle memorie ex art. 183, co. VI c.p.c., il giudice dava corso all’istruttoria, quindi fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 16/1/2019, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti i termini per le memorie conclusive.

Con particolare riferimento alla causa petendi, la s.r.l. (…) chiede la condanna della S.p.A. (…) al risarcimento dei danni, da liquidarsi in 5 milioni di euro per il danno emergente ed in 25 milioni di euro per lucro cessante, derivanti dalla condotta illecita del personale della convenuta, nonché alla ripetizione della somma di Euro 4.509.740,51 a titolo di interessi usurari indebitamente corrisposti dall’attrice in esecuzione dei rapporti di mutuo e di conto corrente inter partes, previo accertamento della nullità delle clausole concernenti i tassi di interesse.

La domanda di ripetizione d’indebito è infondata e deve essere respinta.

Risulta dagli atti che la S.p.A. (…) d’impresa, con contratto stipulato in data 19/4/2007, repertorio n. (…), raccolta n. (…), mutuava all’odierna attrice la somma di Euro 18.600.000, da destinarsi alla costruzione di un fabbricato destinato ad uso residenziale, sito in R., via V. S., ai sensi degli articoli 38 e seguenti D.Lgs. n. 385 del 1993, con la previsione dell’erogazione dopo l’ultimazione delle opere finanziate e previo adempimento delle condizioni previste dal contratto e con la previsione degli interessi corrispettivi pari all’Euribor 3 mesi moltiplicato per il coefficiente 365/360, arrotondato allo 0,05 superiore a partire dal primo giorno del mese successivo alla prima somministrazione ed aumentato dello spread dell’1,50%, pari, alla data della stipulazione del contratto, al 5,55% (4,04+1,5), con tasso effettivo pari al 5,66658%.

Quanto all’eccepita usurarietà dei tassi di interesse applicati, si osserva che, ai fini della verifica del rispetto della normativa in materia antiusura, deve aversi riguardo al momento della stipulazione, essendo del tutto irrilevante il fenomeno dell’usura sopravvenuta: osserva a tale riguardo il recente arresto delle sezioni unite della Suprema Corte che, nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 24675 del 19/10/2017).

Nella specie, i tassi d’interesse pattuiti sono inferiori al tasso soglia antiusura vigente all’epoca della stipulazione del contratto de quo.

Il tasso di interesse corrispettivo è stato indicato dall’articolo 3 del contratto, ai soli fini dell’iscrizione ipotecaria, in misura pari al 5,55% annuo, con ISC del 5,73897% il tasso di interesse moratorio è stato fissato, ai sensi dell’articolo 7, in misura pari al TAN maggiorato del 2% annuo, con rinvio all’atto di erogazione e quietanza finale per la determinazione del tasso di interesse contrattuale; con l’atto di erogazione e/o quietanza finale di mutuo del 18/7/2012, repertorio n. (…), raccolta n. (…), le parti pattuivano che l’ammortamento del capitale sarebbe dovuto avvenire in 180 mesi mediante il pagamento di 60 rate trimestrali posticipate con scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 agosto e il 30 novembre di ogni anno, con la prima rata in scadenza il 28/2/2013 e con la previsione del tasso di interesse pari all’Euribor 3 mesi rilevato due giorni lavorativi anteriori alla data di inizio di ciascun trimestre moltiplicato per il coefficiente 365/360, arrotondato allo 0,05 superiore e maggiorato di uno spread di 150 basis points fino al 30/11/2012 e di uno spread di 430 basis points dal 1/12/2012, con la precisazione che, alla data della stipulazione dell’atto di quietanza, il TAN era pari al 4,784%, il tasso effettivo annuo era pari al 4,871%, con TAEG del 4,9787%.

Ebbene, i tassi di interesse corrispettivi e moratori sono inferiori ai tassi soglia antiusura vigenti alla data della stipulazione del contratto di mutuo e dell’atto di erogazione e quietanza finale, pertanto si sottraggono alle doglianze attoree di usurarietà dei rapporti.

Sono parimenti infondate le pretese risarcitorie della s.r.l. (…).

Quanto alla negoziazione del mutuo ed alla determinazione delle sue condizioni economiche, si rileva che la differenza di contenuto tra il c.d. “term sheet” del 28/2/2007 e la deliberazione di approvazione del mutuo da parte della banca con allegato “term sheet” del 21/3/2007 non è configurabile come una condotta illecita o inadempiente, posto che dal primo “term sheet” non era insorto per la banca l’obbligo di concludere il contratto a quelle medesime condizioni, dovendosi qualificare il term sheet come una lettera di intenti, ossia un documento che non è finalizzato a vincolare le parti alla realizzazione dell’operazione di investimento, ma ha lo scopo di confermare l’intenzione delle parti di addivenire alla stipulazione del contratto e di coadiuvare lo svolgimento delle trattative, sicché il tempo intercorso tra il “term sheet” del 28/2/2007 e la stipulazione del contratto di mutuo (19/4/2007) non può essere considerato anomalo, né generatore di danni per la parte attrice, in mancanza di un termine perentorio fissato dalle parti per addivenire alla stipulazione del mutuo ed avuto riguardo all’ingente valore del contratto stesso, che richiedeva un congruo spatium deliberandi da parte dell’ente creditore.

Si rileva, inoltre, che il documento n. 3 reca in calce l’avviso che il testo non rappresentava un’offerta di finanziamento, né un impegno ad organizzare o sottoscrivere il finanziamento, rivestendo carattere confidenziale.

La decisione di conferire ad (…) l’incarico di consulenza finanziaria è stata assunta in via esclusiva dall’attrice, pertanto i relativi costi non possono essere addebitati alla convenuta, né quest’ultima può essere ritenuta responsabile per non aver adottato nei confronti del (…) alcun provvedimento.

Dalla decisione del Municipio VI di Roma di modificare la convenzione sottoscritta con il precedente proprietario del terreno e di imporre all’odierna attrice oneri maggiori rispetto a quelli previsti in precedenza non può sorgere alcuna responsabilità in capo alla convenuta, che non era obbligata ad accogliere la richiesta della s.r.l. (…) del 22/12/2008 di modificare la deliberazione di concessione del mutuo, né dalla decisione di quest’ultima società di non opporsi alla decisione municipale di modificare la citata convenzione può derivare alcuna responsabilità della banca, trattandosi di una decisione adottata dall’attrice nella piena consapevolezza delle relative conseguenze, avuto anche riguardo alla natura della società attrice, costituita in società di capitale.

La sospensione dell’erogazione del mutuo relativamente allo stato di avanzamento dei lavori n. 11 del 26/11/2010 per Euro 600.000 non è arbitraria, ma è conseguita alla rilevazione di criticità da parte della competente sezione dell’istituto di credito, avendo la banca rilevato che, alla data del 1/2/2011, il piano delle vendite fornito dall’attrice indicava il presunto incasso complessivo che sarebbe derivato dalle vendite in Euro 42.529.285,11, pertanto la società avrebbe dovuto presentare compromessi di vendita per un controvalore pari ad almeno Euro 40.402.795,20, corrispondente al 95% del totale dell’incasso stimato, mentre risultavano acconti su compromessi per complessivi Euro 4.277.500 ed ulteriori Euro 7.390.940 a titolo di prenotazioni di vendite; inoltre, la banca aveva valutato negativamente l’esposizione debitoria della s.r.l. (…), pari ad Euro 75.000,00 di sconfinamento sul rapporto di conto corrente, con la rata scaduta del preammortamento pari ad Euro 106.000,00, oltre all’esposizione debitoria delle altre società del Gruppo (…), a cui era stato chiesto il rientro.

Relativamente alle questioni inerenti al piano di frazionamento del mutuo, non può ritenersi abusiva la condotta della Banca, che aveva chiesto all’attrice il pagamento delle rate di preammortamento del finanziamento ipotecario scadute, il rientro dell’anticipazione per linea IVA, la regolarizzazione delle eccedenze per competenze e spese sul conto corrente n. (…) intestato alla s.r.l. (…), il ripianamento dello scoperto del conto corrente n. (…) intestato alla S.p.A. (…) e la regolarizzazione delle eccedenze di utilizzo del conto corrente n. (…), in mancanza di prova dell’inesistenza di tali esposizioni debitorie.

Sono parimenti prive di pregio le doglianze attoree relative alla perizia di stima del complesso immobiliare da parte del perito C., in mancanza di prova che quest’ultimo si sia discostato dalle linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie predisposte dall’ABI in base alla legislazione europea nel maggio 2011.

Non sono pertanto configurabili nella fattispecie né la malafede della banca nella fase delle trattative prodromiche alla stipulazione del contratto, né profili di illiceità dell’accordo.

E’ parimenti infondata la contestazione attorea fondata sull’abuso di dipendenza economica da parte della convenuta.

Invero, ai sensi dell’art. 9 della L. n. 192 del 1998, “E’ vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi.

La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti”.

Ai fini dell’applicazione del precetto sopra indicato, è pertanto necessaria la presenza di una situazione di dipendenza economica di un’impresa, tenendo conto anche della reale possibilità di reperire sul mercato alternative soddisfacenti e del consequenziale abuso di detta situazione.

Nella specie, non ricorre nessuno dei due indicati presupposti, in mancanza di prova che sussista un rapporto di dipendenza economica dell’attrice nei confronti della convenuta secondo i concetti sopra esposti.

Ne consegue il rigetto delle domande attoree.

La S.p.A. (…) chiede, in via riconvenzionale, la condanna della s.r.l. (…) al pagamento del complessivo importo di Euro 19.433.245,29, quale sommatoria dei saldi debitori registrati nei cessati rapporti di conto corrente nn. (…) (Euro 478.589,57) e (…) (Euro 1.270,15), di anticipo finanziario n. (…) (Euro 2.378.519,35 per sorte capitale ed Euro 137.678,67 per interessi maturati dal 5/8/2013 al 2/7/2014), nonché delle rate scadute per complessivi Euro 2.001.725,51, degli interessi moratori pari ad Euro 77.571,20 e del capitale residuo a scadere pari ad Euro 14.357.890,84 di cui al finanziamento n. (…), oltre agli interessi previsti dalla legge e dai contratti fino al saldo.

La domanda è fondata e va accolta.

Giova premettere che i rapporti controversi traevano origine dai seguenti contratti:

– conto corrente n. (…) stipulato in data 3/11/2006 tra la s.r.l. (…) e la S.p.A. (…) d’Impresa, con cui sono state pattuite le seguenti condizioni economiche: TAN 13,750%, tasso effettivo debitore 14,475%, CMS per utilizzo oltre il fido 1,10%, identica periodicità della capitalizzazione degli interessi attivi e passivi; su tale conto corrente sono state stipulate le seguenti aperture di credito: in data 29/5/2007 di Euro 2.720.000, alle seguenti condizioni: TAN 9%, tasso effettivo del 9,308%; il 18/5/2009 di Euro 2.440.000, alle seguenti condizioni: TAN 12,25%, tasso effettivo del 12,82%; in data 3/3/2010 di Euro 2.440.000, alle seguenti condizioni: TAN 4,75%, tasso effettivo del 4,83%, nonché per utilizzi relativi ad ulteriori disponibilità temporanee di fido, TAN 10,75%, tasso effettivo dell’11,19%; il 18/7/2012 di Euro 2.440.000, alle seguenti condizioni: TAN 6,771%, tasso effettivo del 6,886%;

– conto corrente n. (…) stipulato in data 2/4/2012 tra la s.r.l. (…) e la S.p.A. (…), con cui sono state pattuite le seguenti condizioni economiche: TAN 14,850%, tasso effettivo debitore 15,69761%, CMS per utilizzo senza fido 0,50;

– finanziamento/anticipo finanziario n. (…) stipulato tra la S.p.A. (…) e l’attrice in data 23/7/2012 per la somma di Euro 2.423.751,35, al tasso debitore del 6,729448% e con scadenza tasso al 23/1/2013;

– mutuo per rogito notaio C.A., rep. n. (…), racc. n. (…), (n. (…)) stipulato ex artt. 38 e ss. D.Lgs. n. 385 del 1993 tra l’attrice e la S.p.A. (…)B. d’Impresa il 19/4/2007 per la somma di Euro 18.600.000,00, della durata di 15 anni, oltre il periodo di ammortamento, salva la diversa durata stabilità nell’atto di erogazione e quietanza finale, al tasso d’interesse da determinarsi con l’atto di erogazione ed indicato, ai soli fini dell’iscrizione ipotecaria, nel 5,55% annuo; nel documento di sintesi erano illustrate le seguenti condizioni economiche: durata del contratto 204 mesi, di cui 24 di preammortamento, periodicità delle rate trimestrale, TAN pari all’Euribor 3 mesi maggiorato dello spread dell’1,50%, ISC pari al 5,73897% e commissione di estinzione anticipata del contratto pari a 0,50% e successivi atti di erogazione.

Quanto all’eccepita usurarietà dei tassi di interesse applicati, si osserva che, ai fini della verifica del rispetto della normativa in materia antiusura, deve aversi riguardo al momento della stipulazione, essendo del tutto irrilevante il fenomeno della cosiddetta usura sopravvenuta: osserva a tale riguardo il recente arresto delle sezioni unite della Suprema Corte che, nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 24675 del 19/10/2017).

Nella specie, i tassi d’interesse previsti sono inferiori al tasso soglia antiusura vigente all’epoca della stipulazione del contratto.

Non è poi corretto includere nella determinazione del TEG la commissione di estinzione anticipata, in quanto detta clausola costituisce previsione contrattuale distinta dagli altri oneri e spese inclusi nel calcolo del TEG, perché meramente eventuale, potendo essere considerata alla stregua di una penale, con impossibilità di sommatoria costituendo un elemento disomogeneo rispetto agli interessi e alle spese che concorrono all’individuazione del tasso soglia.

Al riguardo, il Tribunale ritiene che la commissione di estinzione anticipata non assuma rilevanza ai fini della valutazione dell’usurarietà del contratto di mutuo in esame.

In effetti, la funzione della commissione di estinzione anticipata non è quella di remunerare l’erogazione del credito, come richiesto dalla L. n. 108 del 1996 ai fini della valutazione della usurarietà dei tassi pattuiti, bensì quella di compensare la Banca mutuante delle conseguenze economiche derivanti dall’estinzione anticipata del debito da restituzione, nell’ipotesi in cui il mutuatario intenda esercitare la facoltà di recesso prima della scadenza naturale del contratto.

Non meritano accoglimento le doglianze sollevate dalla s.r.l. (…) relativamente alla capitalizzazione degli interessi, poiché, con i contratti di conto corrente sopra menzionati, le parti hanno pattuito la identica periodicità della capitalizzazione degli interessi attivi e passivi.

Trattasi, quindi, di una clausola contrattuale conforme al disposto della Del.CICR del 9 febbraio 2000, che prevede la validità e l’efficacia delle clausole contrattuali che, in materia di interessi, prevedono l’identica periodicità della loro capitalizzazione con riferimento agli interessi attivi e passivi.

Non potrebbe ritenersi inefficace la Del.CICR del 9 febbraio 2000 per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000 dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma III, D.Lgs. n. 342 del 1999, che aveva introdotto il terzo comma dell’art. 120 D.Lgs. n. 385 del 1993, che disponeva:

“Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell’adeguamento.

In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente”, per sostenere che il meccanismo di adeguamento dei contratti di conto corrente alla disciplina dell’anatocismo sia ormai non più valido; al contrario, ritiene il giudicante che la Del.CICR del 9 febbraio 2000 è comunque valida ai sensi dell’art. 120, comma secondo D.Lgs. n. 385 del 1993 nel testo vigente quando venne emanata, secondo cui:

“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.”.

Ed invero, la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000 ha dichiarato illegittimo l’art.120, co. III D.Lgs. n. 385 del 1993 solo nella parte in cui sanava retroattivamente la capitalizzazione degli interessi effettuata prima che entrasse in vigore la deliberazione del CICR del 9/2/2000, quindi non ha effetto invalidante di quest’ultima delibera, che prevede la regolamentazione della capitalizzazione degli interessi per l’avvenire.

Sono parimenti infondate le censure relative al piano di ammortamento.

La contestazione concerne in sostanza il sistema di ammortamento alla francese.

Come noto, si tratta di un sistema graduale di rimborso del capitale finanziato in cui le rate da pagare alla fine di ciascun anno sono calcolate in modo che esse rimangano costanti nel tempo (per tutta la durata del prestito).

Le rate comprendono, quindi, una quota di capitale ed una quota di interessi, le quali, combinandosi insieme, mantengono costante la rata periodica per l’intera durata del rapporto.

Ciò è possibile in quanto la quota capitale è bassa all’inizio dell’ammortamento per poi aumentare progressivamente man mano che il prestito viene rimborsato.

Viceversa (e da qui la costanza della rata) la quota interessi parte da un livello molto alto per poi scendere gradualmente nel corso del piano di ammortamento, perché gli interessi sono calcolati su un debito residuo inizialmente alto e poi sempre più basso in virtù del rimborso progressivo del capitale che avviene ad ogni rata pagata.

La caratteristica del cd. piano di ammortamento alla francese non è, quindi, quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti, in cui la quota di interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale.

Gli interessi convenzionali sono, quindi, calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti.

Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana, che, invece, si fonda su rate a capitale costante.

Il piano di ammortamento alla francese, conformemente all’art. 1194 c.c., prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella al capitale.

In conclusione, ogni rata determina il pagamento unicamente degli interessi dovuti per il periodo cui la rata si riferisce (importo che viene integralmente corrisposto con la rata), mentre la parte rimanente della quota serve ad abbattere il capitale.

Orbene, conformemente alla giurisprudenza prevalente, condivisa dall’adito Tribunale, “si deve escludere che l’opzione per l’ammortamento alla francese comporti per sé stessa l’applicazione di interessi anatocistici, perché gli interessi che vanno a comporre la rata da pagare sono calcolati sulla sola quota di capitale, e che il tasso effettivo sia indeterminato o rimesso all’arbitrio del mutuante.

Infatti, anche nel metodo di capitalizzazione alla francese gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a ciascuna rata, sicché non vi è alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato e non vi è alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti” (cfr. Tribunale di Roma, sez. IX, ord. 20/4.2015).

Ed ancora, rileva la giurisprudenza prevalente, con riferimento al piano di ammortamento c.d. alla francese, che tale sistema matematico di formazione delle rate risulta in verità predisposto in modo che in relazione a ciascuna rata la quota di interessi ivi inserita sia calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato” (cfr. Trib. Milano, 29/1/2015).

Parimenti infondate sono le contestazioni relative alle commissioni previste ed applicate al rapporto di conto corrente controverso.

Invero, la commissione di massimo scoperto (CMS), intesa come remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, applicata fino all’entrata in vigore dell’art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, è “in thesi” legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il tasso effettivo globale medio (TEGM) – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla B.I., non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario (essendo ciò avvenuto solo dall’1 gennaio 2010);

ne consegue che l’art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008, cit. non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644, comma 3, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina, anche regolamentare (richiamata dall’art. 644, comma 4, c.p.), tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari.

Ne deriva, inoltre, che, per i rapporti bancari esauritisi prima dell’1 gennaio 2010, allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non deve tenersi conto delle CMS applicate dalla banca, ma occorre procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso soglia usurario, come sopra specificato (cfr. Cass. civ. n. 12965 del 22/06/2016).

Con il citato intervento legislativo del 2009 si è dunque stabilito che:

1) è legittima la commissione di massimo scoperto, sub specie sia di commissione di massimo scoperto, sia di commissione di messa a disposizione dei fondi;

2) vanno introdotte alcune limitazioni a tutela della clientela per entrambe le ipotesi (sussistenza di un saldo a debito – su un conto affidato – per un periodo continuativo pari o superiore a trenta giorni);

3) sono nulle le (sole) clausole contrattuali stipulate in violazione delle suddette limitazioni;

4) la CMS (letteralmente delle “commissioni comunque denominate che prevedono una remunerazione per la banca dipendente dall’effettiva durata di utilizzazione dei fondi da parte del cliente”) è rilevante, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ai fini dell’applicazione tanto dell’art. 1815 cod. civ. che dell’art. 644 cod. pen..

Può pertanto dirsi che la norma, pure omettendo ogni definizione più puntuale della CMS, abbia effettuato una ricognizione dell’esistente con l’effetto sostanziale di sancire definitivamente la legittimità di siffatto onere e, per tale via, di sottrarla alle censure di legittimità sotto il profilo della mancanza di causa.

Successivamente, l’art. 6-bis del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201-Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, (inserito in sede di conversione), ha introdotto nel TUB l’art. 117-bis rubricato “Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamene” e, poi, a distanza ravvicinata, prima l’art. 27, co. 4, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1-Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, ha abrogato il primo e il terzo comma dell’art. 2-bis del D.L. n. 185 del 2009 e a seguire l’art. 1, co. 1, del D.L. 24 marzo 2012, n. 29-Disposizioni urgenti recanti integrazioni al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, nonché modifiche alla L. 31 luglio 1997, n. 249, convertito, con modificazioni, in L. 18 maggio 2012, n. 62, ha novellato il ridetto art. 117-bis TUB.

Infine, in attuazione di quanto disposto dall’art. 117-bis, co. 4, TUB, è stato approvato il D.M. 30 giugno 2012, n. 644-Disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti in attuazione dell’articolo 117-bis del Testo unico bancario, entrato in vigore il successivo 1/7/2012. Nella formulazione dell’articolo 117-bis, attualmente vigente – nel testo a decorrere dal 22 maggio 2012 – al primo comma vengono tipizzate le commissioni di affidamento (CA) per l’apertura di credito in conto corrente, al secondo comma sono disciplinate le commissioni applicabili in caso di sconfinamento; il terzo comma prevede la nullità delle clausole che prevedono oneri diversi e non conformi a quelli indicati nei primi due.

Il quarto comma, infine, attribuisce al CICR la competenza ad adottare disposizioni, anche di trasparenza, applicative dell’articolo e ad estendere il raggio di azione della norma a contratti ulteriori rispetto ad aperture di credito e conti correnti “per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela del cliente”.

Conseguentemente, nel vigore della nuova disciplina, i contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici “oneri” per il cliente, da un lato, una commissione “omnicomprensiva’ (ma inferiore allo 0,5 per cento per trimestre), “calcolata in maniera proporzionata rispetto alla somma a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento”, dall’altro, un tasso di interesse debitore sulle somme utilizzate. Secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, lett. il), del D.M. 30 giugno 2012, n. 644 (del CICR) la commissione di affidamento si applica “sull’intera somma messa a disposizione del cliente in base al contratto”, e per il periodo in cui la stessa somma è messa a disposizione del cliente.

Nella specie, la CMS e le altre commissioni sono state previste in conformità della legge e non vi è prova che siano state applicate in difformità dalle pattuizioni contrattuali.

Non ricorrono, inoltre, i presupposti della c.d. usura soggettiva, in mancanza di prova dello stato di bisogno della società correntista e del relativo approfittamento da parte della banca.

A prescindere da ogni altra considerazione, difetta la prova a sostegno della fattispecie in parola, non essendo all’uopo sufficiente la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria che, di per sé considerata, possa consentire di dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento; infatti si ribadisce che deve essere fornita la prova, in base a conferente allegazione, oltre che della sproporzione tra le condizioni applicate e le condizioni praticate per operazioni similari, anche appunto della situazione di difficoltà economica o finanziaria del correntista e della conoscenza della stessa da parte della banca.

Nulla risulta al riguardo e pertanto la domanda attorea va rigettata anche in parte qua.

Ciò posto, in tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. sez. un. 30.10.2001, n. 13.533).

Con particolare riferimento ai rapporti di conto corrente bancario, l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore.

Gli “estratti-conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2 comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi (cfr. Cass. civ. n. 2802 del 5 febbraio 2009).

Infatti può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto, quando il destinatario del medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l’eventuale omissione del conto precedente, cui l’ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale (cfr. Cass. civ. n. 817 del 19/01/2016).

D’altra parte, per ciò che concerne la mancata contestazione degli estratti conto, l’approvazione dell’estratto-conto rende incontestabili soltanto le registrazioni a debito e credito nella loro realtà contabile, ma non anche l’efficacia e la validità dei rapporti sostanziali (cfr. Cass. civ. n. 23974 del 25/11/2010).

Nella specie, stante l’infondatezza delle domande proposte dalla s.r.l. (…) e delle relative doglianze circa i rapporti di mutuo e di conto corrente controversi, la banca ha adempiuto l’onere probatorio a suo carico, avendo versato in atti i contratti di mutuo, di conto corrente e di apertura di credito inter partes, nonché la documentazione inerente agli estratti conto.

In conclusione, la s.r.l. (…) deve essere condannata al pagamento in favore della S.p.A. (…) della somma di Euro 19.433.245,29, di cui Euro 478.589,57 quale saldo del conto corrente n. (…), Euro 1.270,15 quale saldo del conto corrente n. (…), Euro 2.378.519,35 per sorte capitale ed Euro 137.678,67 per interessi maturati dal 5/8/2013 al 2/7/2014 in ordine all’anticipo finanziario n. (…), nonché Euro 2.001.725,51 per capitale, Euro 77.571,20 a titolo di interessi moratori ed Euro 14.357.890,84 quale capitale residuo a scadere di cui al finanziamento n. (…), oltre agli interessi previsti dai singoli rapporti dal 3/7/2014, data a cui si riferiscono i predetti saldi, fino al soddisfo, trattandosi di debiti di valuta.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;

il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sulla controversia introdotta con atto di citazione notificato in data 31/3/2014 dalla s.r.l. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, contrariis reiectis:

RIGETTA le domande proposte dalla s.r.l. (…) avverso la S.p.A. (…);

DICHIARA tenuta e, per l’effetto, condanna la s.r.l. (…) al pagamento in favore della S.p.A. (…) della somma di Euro 19.433.245,29, oltre agli interessi convenzionali come in motivazione dal 3/7/2014 al saldo;

CONDANNA la s.r.l. (…) al pagamento in favore della S.p.A. (…) delle spese processuali, che liquida in Euro 35.000,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma l’11 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria l’11 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.