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ai fini della prova, da parte dell’imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilita’ di cui alla L. Fall., articolo 1, comma 2, i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicche’, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità, senza pero’ che le medesime risultanze possano essere disattese ad iniziativa del debitore che ne invochi la parziale o diversa rappresentativita
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Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona dei liquidatori p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. in (OMISSIS) presso il suo studio, in (OMISSIS), come da procura a margine dell’atto;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.I in persona del cur. fall. p.t.; (OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS); PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI GORIZIA;
– intimati –
per la cassazione della sentenza App. Trieste 29.12.2015, n. 755/15 in R.G. n. 438/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 16 maggio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;
il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta Decreto 14 settembre 2016, n. 136, del Primo Presidente.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. (OMISSIS) s.r.l. impugna la sentenza App. Trieste 29.12.2015, n. 755/15 con cui e’ stato rigettato il suo reclamo avverso la sentenza Trib. Gorizia 29.5.2015 n. 17/15 di dichiarazione del proprio fallimento;
2. secondo la sentenza era infondata la censura relativa alla preclusione alla dichiarazione di fallimento, quale costituita dall’essere stata la societa’ ammessa al concordato preventivo, omologato ma ormai non risolto, per un verso esistendone “tutti i presupposti” e per altro risultando la inadempienza della debitrice al concordato stesso, costituendo il fallimento un caso di consecuzione delle procedure;
3. la societa’ non era in grado di portare a compimento la propria liquidazione “ne’ concordataria ne’ societaria”, aveva un debito maggiore di 500.000 Euro (secondo le poste passive del bilancio 2012, cosi’ disattendendosi una diversa qualificazione dei crediti dei soci finanziatori, creata solo per il concordato successivo), l’insolvenza risultava la stessa, o al piu’ ne costituiva un aggravamento;
4. la ricorrente deduce la violazione di legge circa il computo dell’indebitamento (erroneamente tratto dal bilancio, che non e’ prova legale, trascurando in ogni caso la postergazione dei crediti dei soci) e la consecuzione di procedure (inapplicabile, in difetto di pronuncia di risoluzione del concordato preventivo).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. il secondo motivo, oggetto d’esame in via prioritaria per logicita’ di motivazione della stessa sentenza impugnata, e’ infondato, poiche’ non sussistono preclusioni alla dichiarazione di fallimento di societa’ con concordato preventivo omologato ove si faccia questione – come non e’ contestato nella vicenda – dell’inadempimento di debiti gia’ sussistenti alla data del ricorso L. Fall., ex articoli 160-161 e pero’ modificati con detta omologazione, dovendosi verificare all’epoca della decisione cosi’ sollecitata i presupposti di cui alla L. Fall., articoli 1 e 5;
2. in tal caso l’azione esperita dal creditore costituisce legittimo esercizio della propria autonoma iniziativa ai sensi della L. Fall., articolo 6, non condizionata dal precetto di cui alla L. Fall., articolo 184 e dunque a prescindere dalla risoluzione del concordato preventivo, il cui procedimento andrebbe attivato – previamente o concorrentemente – solo se l’istante facesse valere non il credito nella misura ristrutturata (e dunque falcidiata) ma in quella originaria, circostanza nemmeno dedotta o prospettata in ricorso;
3. detto principio si evince dalla caduta, gia’ con la riforma del 2005-2006, di ogni automatismo tra risoluzione del concordato e fallimento, permettendo dunque la L. Fall., articolo 186, di provocare tale evento anomalo (o anche l’annullamento) senza pero’ imporre alcuna dichiarazione officiosa di fallimento, ma questa scissione di prospettive non implica ovviamente neanche una preclusione a che la dichiarazione di fallimento si possa fondare su presupposti comuni che andranno accertati ex novo;
4. in questo senso la ratio della sentenza triestina non e’ stata colta, ove essa – limitandosi ad operare una mera ricognizione storico-economica del dissesto – ha meramente collegato l’insolvenza attuale, positivamente riscontrata, alla stessa gia’ in capo ad (OMISSIS) allorche’ la societa’ aveva domandato il concordato, osservando che ne costituiva l’evoluzione o anche la conferma, cio’ a significare che la debitrice aveva continuato a non onorare i propri debiti;
5. Il secondo motivo e’ inammissibile, posto che gia’ a fronte dell’affermazione del tribunale, per come riportata dalla corte, circa la sussistenza di tutti i “presupposti” per la dichiarazione di fallimento, la censura investe solo il limite dell’indebitamento, ne’ si da’ carico di indicare in quale sede e con quale tempestivita’ siano stati contestati gli altri due parametri di cui alla L. Fall., articolo 1, comma 2, bastando invero che anche per uno solo uno di essi il debitore non provi che non sia stato superato perche’ – acclarata l’insolvenza e la qualita’ di imprenditore commerciale – il tribunale debba dichiarare il fallimento;
6. In tema, osservato dunque il limite di autosufficienza del ricorso, va ribadito che “L’onere della prova del mancato superamento dei limiti di fallibilita’ previsti dalla L. Fall., articolo 1, comma 2, nella formulazione derivante dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, applicabile “ratione temporis”, grava sul debitore, atteso che la menzionata disposizione, anche prima delle ulteriori modifiche ad essa apportate dal Decreto Legislativo n. 169 del 2007, gia’ poneva come regola generale l’assoggettamento a fallimento degli imprenditori commerciali e, come eccezione, il mancato raggiungimento dei ricordati presupposti dimensionali. Ne’ osta a tale conclusione la natura officiosa del procedimento prefallimentare, che impone al tribunale unicamente di attingere elementi di giudizio dagli atti e dagli elementi acquisiti, anche indipendentemente da una specifica allegazione della parte, senza che, peraltro, il giudice debba trasformarsi in autonomo organo di ricerca della prova” (Cass. 625/2016).
7. parimenti, costituisce principio consolidato quello per cui “ai fini della prova, da parte dell’imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilita’ di cui alla L. Fall., articolo 1, comma 2, i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicche’, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilita’” (Cass. 24548/2016, 14790/2014), senza pero’ che le medesime risultanze possano essere disattese ad iniziativa del debitore che ne invochi la parziale o diversa rappresentativita’;
8. nella specie, la medesima doglianza non si appunta secondo la necessaria specificita’, e risulta dunque inammissibile, allorche’ omette di censurare la netta affermazione della sentenza nel senso della non decisivita’ che la questione della rinuncia al rimborso immediato avrebbe assunto per i soci finanziatori: cio’, sia perche’ la mancata inclusione dei rispettivi apporti finanziari tra i debiti della societa’ era meramente conseguente alla creazione di apposita posta speciale funzionale alla sola proposta concordataria (come ben possibile anche per Cass. 21924/2011, ma senza effetti di per se’ anche esterni a tale vicenda), sia perche’ nessuna postergazione, secondo la lettera del bilancio approvato, risultava nel 2012, che invece riportava un debito pieno verso quei medesimi soggetti;
9. si da’ atto che l’omessa difesa delle parti intimate preclude ogni diversa pronuncia sulle spese di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.