la L. Fall., articolo 47, comma 2, il quale vieta che la casa di proprieta’ del fallito, nei limiti in cui e’ necessaria l’abitazione di quest’ultimo e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso prima della fase terminale del procedimento fallimentare, si pone su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l’inefficacia dell’atto dispositivo della stessa, ai sensi della L. Fall., articolo 64, onde non interferisce con l’esperibilita’ dell’azione revocatoria.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 29 marzo 2019, n. 8973
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18760/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di curatore del fallimento (OMISSIS) s.n.c., del Fallimento (OMISSIS) e del Fallimento (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 9/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 21/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2019 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Rovereto con sentenza del 4 ottobre 2012, in accoglimento della domanda proposta dal Fallimento di (OMISSIS) s.n.c., (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiaro’ l’inefficacia L. Fall., ex articolo 64 dell’atto in data 11 maggio 2009 di trasferimento di beni immobili al trust (OMISSIS) e, per esso, al trustee (OMISSIS).
Con sentenza del 21 gennaio 2014, la Corte d’appello di Trento, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha limitato la declaratoria di inefficacia alla massa dei soli fallimenti dei soci.
Ha ritenuto la corte, per quanto ancora rileva, che:
a) sussiste regolare autorizzazione all’azione da parte del giudice delegato, posto che l’istanza era in modo inequivoco riferita all’azione L. Fall., ex articolo 64, onde resta irrilevante l’espressione utilizzata di azione “revocatoria”;
b) (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS) sono legittimati passivi all’azione, essendo essi beneficiari del trust e comunque portatori dell’interesse a contrastare la domanda;
c) difetta l’interesse degli appellanti a contestare la legittimazione passiva di (OMISSIS), mentre essi non hanno sollevato in primo grado nessuna eccezione circa l’interesse all’azione della curatela;
d) l’atto ha natura gratuita, come desunto anche dal tribunale, non sulla base delle dichiarazioni delle parti stesse dell’atto, ma per l’assenza di ogni corrispettivo, con depauperamento patrimoniale del disponente, senza che il termine di cinquanta anni di durata del trasferimento faccia venir meno tale depauperamento;
e) l’assunto degli appellanti, secondo cui il diritto di abitazione non avrebbe potuto essere oggetto della declaratoria di inefficacia, non ha pregio, posto che il diritto di abitazione ex articolo 1021 c.c. era gia’ acquisito all’attivo fallimentare in virtu’ della dichiarazione di fallimento, mentre il diritto del fallito di abitare la casa di proprieta’ L. Fall., ex articolo 47, comma 2, ha diversa natura.
Ha ritenuto, invece, fondato il motivo concernente la pronuncia di inefficacia anche in favore del fallimento della societa’, non essendo mai stata proposta tale domanda dalla curatela.
Hanno proposto ricorso avverso questa sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), articolando quattro motivi.
Resiste la curatela del fallimento della societa’ e dei fallimenti dei soci con controricorso.
Le parti hanno depositato le memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con i motivi di ricorso, i ricorrenti deducono:
1) “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto che regolano i limiti della autorizzazione del G.D.”, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, perche’ il giudice delegato aveva autorizzato il curatore a proporre la diversa azione della revocatoria fallimentare;
2) “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto per la nullita’ della sentenza per incompletezza del contraddittorio ovvero per la carenza di legittimazione passiva di (OMISSIS) e (OMISSIS) e di (OMISSIS)”, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4, e 5, perche’ il contratto non individua beneficiari, ma unicamente disponenti e trustee, essendo istituto non analogo ad un atto di cessione gratuita o di costituzione di un fondo patrimoniale; in ogni caso, occorreva allora citare in giudizio le altre due figlie, del pari beneficiarie e litisconsorti necessarie;
3) “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto sulla integrita’ del contraddittorio e la legittimazione passiva di (OMISSIS)”, con nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4 e 5, perche’ questi non era piu’ il trustee, ma il Tribunale ha disatteso l’assunto per non essere stato l’atto di sostituzione iscritto al Tavolare, e la corte d’appello ha solo negato l’interesse dei ricorrenti a dolersi del positivo accertamento sul punto operato dal giudice di primo grado;
4) “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto sulla non revocabilita’ del diritto di abitazione in quanto non compreso nel fallimento”, con nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4, e 5 e L. Fall., articolo 46, perche’ con l’atto istitutivo del trust i coniugi avevano riservato a proprio favore il diritto di abitazione vitalizio e congiuntivo, con diritto reciproco di accrescimento, come disciplinato dall’articolo 1022 c.c., ed esso, ai sensi della L. Fall., articolo 46, n. 1, e non dell’irrilevante L. Fall., articolo 47, e’ diritto strettamente personale dei falliti, sottratto alla massa fallimentare.
2. – Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
L’interpretazione del provvedimento di autorizzazione del giudice delegato, conferita L. Fall., ex articolo 25, n. 6 e articolo 31 al curatore del fallimento, riguarda un atto di natura processuale, al quale questa Corte ripetutamente insegna sia necessario attribuire la massima estensione, con riguardo quindi, pur senza una specifica menzione, a tutte le possibili pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell’obiettivo del giudizio cui si riferisce l’autorizzazione (cfr. Cass. 13 maggio 2011, n. 10652; Cass. 5 novembre 2010, n. 22540; Cass. 11 gennaio 2005, n. 351).
L’interpretazione al riguardo resa dalla corte d’appello e’ perfettamente coerente con tale principio, argomentando adeguatamente l’opzione ermeneutica, che l’ha indotta a ritenere l’ambito dell’autorizzazione medesima certamente esteso all’azione L. Fall., ex articolo 64, secondo i presupposti e l’enunciazione di essa contenuti nella richiesta del curatore.
L’interpretazione medesima e’, inoltre, censurata nel ricorso con la mera contrapposizione di una diversa lettura dell’articolazione interna della richiesta e del provvedimento, sollecitando un’indagine che eccede i limiti del giudizio di legittimita’.
Il motivo – al pari di tutti i successivi – e’ inammissibile, laddove censura la sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non invocabile in presenza di c.d. doppia conforme.
3. – Il secondo motivo e’ infondato.
L’atto di citazione fu rivolto ad alcuni soggetti, pur non parti formali del contratto di trasferimento dei beni al trust, che furono dall’attore e dai giudici di merito ritenuti portatori di un interesse giuridico idoneo a giustificarne la partecipazione al giudizio.
In particolare, la corte d’appello non ha mai discorso di litisconsorzio necessario nei loro confronti, ma solo meramente facoltativo, individuando un interesse qualificato alla loro presenza come parti del giudizio, con una valutazione che non merita censure.
Da cio’ discende, altresi’, l’infondatezza della seconda doglianza, mirante alla integrazione del litisconsorzio con altre pretese parti necessarie del giudizio.
Circa i soggetti legittimati nella specie, questa Corte ha chiarito come, essendo l’estensione del litisconsorzio necessario proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell’azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto l’atto di dotazione di un bene in trust il beneficiario e’ litisconsorte necessario soltanto nel caso in cui tale atto sia stato posto in essere a titolo oneroso, dal momento che, solo in questa ipotesi, lo stato soggettivo del terzo rileva quale elemento costitutivo della fattispecie (Cass. 29 maggio 2018, n. 13388);
mentre, come pure si e’ chiarito, in se’ “L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facolta’, non connotate da realita’, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee;
conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi” (Cass. 3 agosto 2017, n. 19376).
4. – Il terzo motivo e’ inammissibile, implicando un accertamento in fatto, relativo alla qualita’ concreta dello (OMISSIS), precluso in questa sede di legittimita’: ed invero, il Tribunale ha ritenuto inefficace la nuova nomina per non essere stato l’atto di sostituzione iscritto al Tavolare, e la corte d’appello l’ha confermata, aggiungendo, con motivazione ad abundantiam, che i ricorrenti non avrebbero interesse a dolersi del positivo accertamento sul punto operato dal giudice di primo grado.
Resta, dunque, precluso in questa sede un nuovo accertamento di detta decisiva circostanza fattuale.
In punto di diritto, giova poi ricordare, da un lato, il funzionamento del sistema dei registri tavolari, e, dall’altro lato, l’assenza di soggettivita’ del trust, che non e’ soggetto a se’ stante, ma un insieme di beni e rapporti con effetto di segregazione patrimoniale, onde e’ il trustee che entra nei rapporti giuridici.
Invero, “nel sistema pubblicitario immobiliare vigente nei territori ex austroungarici, poiche’ l’iscrizione nei registri tavolari dei diritti reali di origine convenzionale assolve ad una funzione costitutiva, acquisendosi la proprieta’ e gli altri diritti reali su beni immobili esclusivamente con l’iscrizione di un titolo idoneo nel libro fondiario, deve necessariamente escludersi l’opponibilita’ di vincoli reali all’acquirente di un immobile nei casi in cui la loro esistenza non risulti dai suddetti registri” (Cass. 2 marzo 2010, n. 4970).
Sotto altro profilo, secondo l’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364, per trust s’intendono “i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”, caratterizzato dal fatto che “i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee” venendo essi “intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee”, che ha il potere e l’obbligo, “di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformita’ alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”.
Come questa Corte ha gia’ ritenuto (Cass. 9 maggio 2014, n. 10105, in tema di cd. trust liquidatorio; Cass. 22 dicembre 2011, n. 28363, in tema di sanzioni amministrative relative alla circolazione stradale), il trust non e’ un soggetto giuridico dotato di una propria personalita’ ed il trustee e’ l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale “legale rappresentante” di un soggetto (che non esiste), ma come soggetto che dispone del diritto.
L’effetto proprio del trust validamente costituito e’ dunque quello non di dar vita ad un nuovo soggetto, ma unicamente di istituire un patrimonio destinato al fine prestabilito.
5. – Il quarto motivo e’ infondato.
Il diritto di abitazione, che ha le sue origini nell’usus domus del diritto romano classico, ha natura di diritto reale immobiliare e si esplica nei limiti di cui agli articoli 1022-1024 c.c.
In ipotesi di fallimento, esso viene, come tutte le attivita’ del fallito, acquisito alla massa fallimentare.
Non rientra, invero, fra i “beni non compresi nel fallimento” di cui alla L. Fall., articolo 46, comma 1, n. 1, come assumono infondatamente i ricorrenti, disposizione concernente invece “i beni ed i diritti di natura strettamente personale”, con i quali si intendono tradizionalmente quelli direttamente afferenti la persona (quali le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno biologico e morale, cfr. Cass. 7 febbraio 2007, n. 2719; Cass. 22 luglio 2005, n. 15493; Cass. 13 giugno 2000, n. 8022; o la locazione, cfr. Cass. 29 settembre 2009, n. 20804).
Mentre alle esigenze abitative del soggetto e della sua famiglia provvede, come correttamente affermato dalla sentenza impugnata, la L. Fall., articolo 47, senza la configurazione di un diritto reale, ma mediante l’impossibilita’ di distrarre la casa di proprieta’ del fallito, nei limiti in cui e’ necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, fino alla liquidazione delle attivita’.
Inoltre, la L. Fall., articolo 47, comma 2, il quale vieta che la casa di proprieta’ del fallito, nei limiti in cui e’ necessaria l’abitazione di quest’ultimo e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso prima della fase terminale del procedimento fallimentare, si pone su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l’inefficacia dell’atto dispositivo della stessa, ai sensi della L. Fall., articolo 64, onde non interferisce con l’esperibilita’ dell’azione revocatoria (cfr., in tema di costituzione di fondo patrimoniale, Cass. 8 agosto 2013, n. 19029).
6. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.