L’art. 1945 c.c., se consente al fideiussore di opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, non gli riconosce tuttavia, per ciò solo, una legittimazione sostituiva in ordine al proponimento delle azioni che competono al debitore principale nei confronti del creditore, neppure quando esse si riferiscano alla posizione debitoria per la quale è stata prestata garanzia fideiussoria. L’esclusione della possibilità, per il fideiussore, di far valere nel processo, in via di azione ed in nome proprio, un diritto spettante al debitore, trova fondamento, oltre che nel principio generale secondo cui legittimato ad agire in giudizio è (in mancanza di un valido titolo che consenta la sostituzione) il solo titolare dell’interesse leso, anche e soprattutto nel carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, quale deducibile dagli art. 1939 e 1945 c.c.
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Corte d’Appello Catania, Sezione 1 civile Sentenza 17 aprile 2019, n. 887
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI CATANIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
composta dai magistrati:
dott. Veronica Milone – Presidente
dott. Antonella Vittoria Balsamo – Consigliere rel./est.
dott. Antonella Romano – Consigliere
riunita in Camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
Nel giudizio civile iscritto al n.1634/2014 R.G.
promosso da
(…) (C.F.: (…)) nato a F. il (…) e (…) (C.F.: (…)) nata a S. il (…), elettivamente domiciliati in CATANIA VIA (…) presso lo studio dell’avv. MA.SA. che li rappresenta e difende come da procura in atti;
APPELLANTI
contro
(…) S.P.A. (C.F. : (…)) elettivamente domiciliata in CATANIA VIA (…) presso lo studio dell’avv. TI.MO. che la rappresenta e difende come da procura in atti;
APPELLATA
nei confronti di
(…) s.r.l.;
All’udienza del 5.10.2018 le parti precisavano le conclusioni come in atti e indi la Corte poneva la causa in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n.1852/2014 del 9.9.2014, il Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica, dichiarava inammissibili per carenza di interesse le domande di ripetizione dell’indebito proposte dai fideiussori (…) e (…) non essendo stati escussi dal creditore; dichiarava improcedibili le domande avanzate dalla curatela del (…) s.r.l. atteso che il credito vantato dalla Banca era stato ammesso al passivo del fallimento sicchè fra le parti si era formato il giudicato endofallimentare.
Condannava gli attori in solido al pagamento delle spese di lite.
Con atto di citazione, notificato il 19.12.2014, proponevano appello (…) e (…) censurando la statuizione gravata con il primo motivo per aver ritenuto la carenza di interesse ad agire in capo ai fideiussori e dunque a sollevare le eccezioni refluenti sul rapporto principale sebbene ne subivano effetti immediati e diretti poiché le garanzie erano state prestate senza il beneficio di preventiva escussione, non rilevando la natura accessoria della fideiussione né l’ammissione al passivo del credito in questione da parte del fallimento avendo il provvedimento efficacia solo all’interno della procedura.
Con il secondo motivo lamentavano che il tribunale aveva omesso di dichiarare che la banca aveva applicato clausole nulle e conseguentemente non aveva rielaborato i rapporti di dare e avere relativi ai contratti di finanziamento e di conto corrente affetti dalle nullità che reiterava.
Si costituiva (…) S.p.A. quale incorporante per fusione di (…) S.p.A., (…) S.p.A., (…) S.p.A. contestando l’ammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e comunque nel merito la sua fondatezza e pertanto ne chiedeva il rigetto, con conseguente statuizione sulle spese del grado.
Rimaneva contumace la curatela del (…) s.r.l. sebbene regolarmente citata.
Va premesso che le statuizioni relative al giudicato endofallimentare formatosi sul credito della banca appellata nei riguardi della curatela fallimentare a causa dell’ammissione allo stato passivo del (…) del predetto credito è passata in giudicato in carenza di gravame sul punto da parte della curatela rimasta contumace.
Con il primo motivo gli appellanti impugnano la sentenza del tribunale per aver dichiarato la carenza di interesse ad agire in capo ai fideiussori a sollevare le eccezioni di nullità relative ai rapporti di finanziamento e di conto corrente, accesi dalla società (…) in bonis e da costoro garantiti, non avendo considerato che essi garanti ne subivano effetti immediati e diretti sia in quanto le garanzie erano state prestate senza il beneficio di preventiva escussione, non rilevando la natura accessoria della fideiussione, sia in quanto l’ammissione al passivo del credito della banca appellata non poteva avere efficacia se non all’interno della procedura concorsuale.
Il motivo è infondato.
In primo luogo, emerge all’evidenza dalla sentenza di prime cure, che il principio ivi richiamato del giudicato endofallimentare è stato applicato soltanto con riguardo alle domande avanzate in primo grado dalla curatela del (…) s.r.l. e non con riguardo ai rapporti di garanzia fra i fideiussori e la banca, sicchè la censura non è pertinente.
Riguardo alle contestazioni sollevate dagli appellanti per avere il tribunale affermato la carenza di interesse ad agire dei fideiussori all’accertamento delle nullità parziali in ordine ai rapporti garantiti e finalizzato alla domanda di ripetizione dell’indebito, esse sono infondate e vanno rigettate.
Infatti è del tutto irrilevante che si tratterebbe di garanzia prestata senza il beneficio di preventiva escussione e che essi fideiussori subirebbero degli effetti immediati e diretti qualora venissero escussi dalla banca appellata.
Invero il giudice di prime cure ha fatto corretta applicazione del principio affermato della Suprema Corte con la citata sentenza del 2003 n.12225, secondo cui
“l’art. 1945 c.c., se consente al fideiussore di opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, non gli riconosce tuttavia, per ciò solo, una legittimazione sostituiva in ordine al proponimento delle azioni che competono al debitore principale nei confronti del creditore, neppure quando esse si riferiscano alla posizione debitoria per la quale è stata prestata garanzia fideiussoria. L’esclusione della possibilità, per il fideiussore, di far valere nel processo, in via di azione ed in nome proprio, un diritto spettante al debitore, trova fondamento, oltre che nel principio generale secondo cui legittimato ad agire in giudizio è (in mancanza di un valido titolo che consenta la sostituzione) il solo titolare dell’interesse leso, anche e soprattutto nel carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, quale deducibile dagli art. 1939 e 1945 c.c.”.
Inoltre, con riguardo sempre alla carenza dell’interesse ad agire in capo al fideiussore, va richiamata altra decisione, avente analogo oggetto ed emessa da questa stessa Corte nei riguardi del medesimo appellante (…) (Corte di Appello di Catania sez 1 n.704/2017 del 18.4.2017) condividendone le motivazioni, che di seguito si trascrivono sul punto.
“Il fideiussore è, per definizione, estraneo al contratto, stipulato dal debitore principale con il creditore garantito, dal quale nascono le obbligazioni garantite, essendo tale estraneità connaturata al contratto di fideiussione che, nella definizione dell’art. 1936 c.c., garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui (Cass., sez. un., 5 febbraio 2008 n. 2655).
Del resto, la funzione di garanzia dell’altruità del debito assolta dal contratto di fideiussione, supporta la ratio dell’art. 1941 c.c. (in base al quale la garanzia non opera oltre il limite del debito garantito, sicchè il creditore non può pretendere dal fideiussore ciò che non potrebbe ottenere dal suo debitore principale), norma di cui costituisce applicazione l’art. 1945 c.c. a mente del quale al fideiussore è concesso solo di opporre al creditore che lo escuta per l’adempimento del debito garantito tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salvo quella derivante dall’incapacità.
Proprio in virtù dell’accessorietà della propria posizione rispetto a quella del debitore garantito, il garante non ha un interesse diretto ad agire nel rapporto contrattuale intercorrente tra il creditore garantito ed il suo debitore principale, essendo egli estraneo al suddetto rapporto e quindi non avendo titolo all’azione -sostitutiva rispetto al debitore garantito- volta alla verifica di conformità di esecuzione del rapporto contrattuale garantito ed a pretese risarcitorie scaturenti dal rapporto tra il creditore ed il debitore principale.
Tanto ciò è vero che la Suprema Corte non ha mancato di evidenziare come l’eventuale pretesa risarcitoria del fideiussore “per i danni che a questi sarebbero stati cagionati dall’inadempienza delle clausole del contratto costituente il titolo dell’obbligazione garantita, è configurabile esclusivamente sotto il profilo extracontrattuale, nascendo da un rapporto al quale il fideiussore è per definizione estraneo, mentre l’inadempienza medesima può essere fatta valere, oltre che dal debitore, in via di eccezione anche dal fideiussore, nell’esecuzione del contratto di fideiussione, solo al fine di resistere all’azione proposta dal creditore per l’escussione della garanzia.” (v. Cass. , sez. I, 25/07/2013, n. 18086).”
Il motivo va pertanto rigettato poiché del tutto infondato, rimanendo assorbiti da tale statuizione gli altri motivi di gravame.
Le spese del grado, in considerazione del rigetto del gravame, vanno poste a carico degli appellanti, nella misura liquidata in dispositivo, applicando il D.M. 8 marzo 2018, tenuto conto del valore indeterminato della controversia, applicando i valori medi ed esclusa la fase di trattazione ed istruttoria non essendo state espletate né attività istruttorie né le attività ulteriori indicate dall’art. 4 comma 5 lett. c) del D.M. n. 55 del 2014.
Avuto riguardo all’epoca di proposizione dell’atto di appello (posteriore al 30 gennaio 2013), la Corte dà atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art.1, comma 17).
Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilievo della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Catania, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 1634/2014 R.G., rigetta l’appello proposto da (…) e (…) nei confronti della (…) S.p.A. e nella contumacia del (…) s.r.l., con atto di citazione notificato il 19.12.2014 avverso la sentenza n. 1852/2014 del Tribunale di Siracusa depositata il 9.9.2014, che conferma;
condanna gli appellanti alla refusione in favore dell’appellata delle spese processuali del grado che liquida in Euro.6.615,00 quali compensi oltre IVA, CPA e spese generali;
dichiara la sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del comma 1 quater dell’art. 13 del D.P.R. n. 115 del 2012.
Così deciso in Catania il 3 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.