In proposito, è necessario considerare che, come affermato dalla Corte regolatrice, nell’azione ex art. 283, D. Igs. n. 209/2005, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire, che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, anche se senza automatismi, sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa. Ora, è vero che, ai fini della prova che il veicolo investitore sia rimasto sconosciuto è sufficiente dimostrare che ”dopo la denuncia dell’incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall’autorità giudiziaria, per l’identificazione del veicolo…investitore, abbiano avuto esito negativo senza che possa addebitarsi al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purché egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi” . Tuttavia, la tardività della denuncia è certamente significativa della negligenza del danneggiato nell’attivarsi onde consentire alle autorità di pervenire all’identificazione dell’auto pirata, fornendo indizi utili a rafforzare il giudizio di carenza di prova del fatto.
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Tribunale Napoli, Sezione 12 civile Sentenza 21 luglio 2017, n. 8455
TRIBUNALE DI NAPOLI
DODICESIMA SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in persona del Giudice monocratico dott. Michele Caccese, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 85468/2010 R.G.A.C., avente ad oggetto: appello avverso sentenza del giudice di Pace e vertente
TRA
GU.GI., elett.te dom.ta in Grumo Nevano (NA), Corso (…), presso lo studio degli avv.ti Gi.Bi. e Fr.Bi., dai quali è rapp.ta e difesa, in virtù di procura a margine dell’atto di appello
APPELLANTE
E
AS.GE. S.p.A., quale Impresa Designata per la Regione Campania alla Gestione del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in persona dei legali rapp.ti p.t. della generali Bu. S.c.p.A., quale procuratrice della As.Ge. S.p.A., elett.te dom.ta in Frattamaggiore (NA), via (…), presso lo studio dell’avv. Gr.Vi., dal quale è rapp.ta e difesa, in virtù di procura alle liti conferita con atto per Notar Ca.Ma. di Milano in data 29/1/2010, Repertorio n. 6.352, Raccolta n. 3.270
APPELLATA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 2236/2010, depositata in data 7/5/2010, il Giudice di Pace di Frattamaggiore, decidendo sulla domanda proposta da Gu.Gi., nei confronti della società Ge. S.p.A., quale Impresa Designata per la Regione Campania alla Gestione del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada (d’ora in poi, per brevità, “Generali”), diretta ad ottenere il risarcimento dei danni alla persona subiti a seguito del sinistro stradale verificatosi il 23/5/2005 alle ore 20,30 circa in Grumo Nevano, allorché, mentre camminava a piedi nella via (…), era stata affiancata da un’autovettura (…) o (…) di colore grigio, il cui conducente, nel provenire da tergo, dopo averla scippata della borsa, l’aveva urtata e costretta, con la fiancata sinistra del predetto veicolo, contro la parete di un fabbricato all’altezza del civico n. 1, facendola rovinare a terra, rigettava la domanda, compensando fra le parti le spese di lite.
Con atto di citazione notificato in data 8/10/2010, la Gu. proponeva appello avverso la suddetta sentenza e conveniva in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, la Generali, deducendo, quale unico motivo d’impugnazione, che il Giudice di Pace aveva erroneamente rigettato la pretesa creditoria sul presupposto della ritenuta inesistenza del nesso di causalità fra la condotta del conducente l’auto rimasta priva di identificazione e l’evento dannoso.
Costituitasi in giudizio, la Generali chiedeva rigettarsi l’appello, in ragione della sua dedotta infondatezza, allegando che nessun elemento critico era dato rinvenire nella impugnata decisione.
Così riassunti i termini della controversia, rileva il Tribunale che l’appello è infondato e deve pertanto essere rigettato.
Invero, il Giudice di primo grado ha respinto la domanda attorea sul presupposto della mancanza di prova dell’esistenza del nesso di causalità fra la condotta di guida tenuta dal conducente l’autovettura non identificata ed il danno patito dalla Gu., affermando che “non è stato il comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale causativo del danno…bensì l’apprensione della borsa da parte del conducente della vettura…”. E ciò dopo aver precisato di aderire all’orientamento dei giudici di legittimità favorevoli all’operatività della responsabilità civile da circolazione stradale anche nell’ipotesi in cui il danno sia stato provocato con dolo.
Ciò posto, ritiene il giudicante che la decisione di rigetto adottata nella impugnata sentenza sia da confermare, anche se con motivazione diversa rispetto a quella come innanzi riassunta. In proposito, occorre osservare che, come dedotto dalla Generali nel giudizio di primo grado con eccezioni riproposte nel presente grado di appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c., dalle dichiarazioni rese dalla Gu. al drappello di P.S. dell’Ospedale S. Giovanni di Dio di Frattamaggiore non emergeva una dinamica del sinistro tale da evidenziare i presupposti per l’operatività della fattispecie della responsabilità del Fondo di Garanzia per danni provocati da un veicolo non identificato. Vi sono infatti molteplici elementi che inducono a ritenere che il quadro probatorio offerto dalla Gu. sia sul punto equivoco e poco pregnante, con conseguente inidoneità dello stesso a sorreggere una pronuncia di accertamento della responsabilità della Generali, dovendosi escludere che l’evento dannoso si sia verificato secondo le modalità descritte nell’atto di citazione e secondo quanto ricostruito dai due testimoni escussi.
Deve in primo luogo evidenziarsi che il convincimento del giudice nelle azioni contro il Fondo di Garanzia è essenzialmente fondato su di elementi di natura presuntiva, i quali ben possono trarsi anche attraverso la mancata contestazione, da parte del Fondo stesso, di elementi fattuali secondari volti a fornire un quadro complessivo di circostanze gravi, precise e concordanti, nella prospettiva di cui all’art. 2729, comma 1, c.c. Ciò comporta la necessità di un particolare rigore da parte del danneggiato nell’offrire elementi probatori che, pur se di natura presuntiva, siano però tali da collimare con quanto allegato nell’atto introduttivo del giudizio. Ebbene, va sottolineato come nell’immediatezza del fatto, ed in particolare in occasione del suo ricovero presso il pronto soccorso del suindicato presidio ospedaliero, la Gu. abbia fatto riferimento, quanto alle cause delle lesioni, ad una generica “aggressione”, aggiungendo di “essere stata scippata da persone ignote (per rapina) a Grumo Nevano”. Nessun riferimento risulta effettuato dalla predetta alla circostanza, dedotta in citazione, che dopo essere stata scippata della borsa, l’autore dello scippo, a bordo di un’autovettura, l’aveva urtata e costretta contro la parete di un fabbricato. Com’è agevole notare, nelle dichiarazioni rese presso il pronto soccorso le lesioni personali vengono ricondotte causalmente dalla danneggiata, puramente e semplicemente, ad un’aggressione subita da parte di persone ignote che la scippavano. Sul punto, premesso che debba riconoscersi particolare valenza probatoria a quanto l’istante abbia dichiarato a distanza di poco tempo dall’incidente, prima di avere il tempo e la lucidità per poter riflettere sulle iniziative volte ad ottenere un eventuale risarcimento del danno subito, ritiene il giudicante che, ove i danni fossero stati provocati effettivamente con le modalità descritte in citazione, è più che verosimile che la Gu. vi avrebbe fatto riferimento nel rispondere al sanitario di turno sulle cause delle lesioni riportate.
Occorre poi considerare che dagli atti di causa emerge che la Gu. provvedeva a sporgere querela in ordine ai fatti in questione in data 17/1/2006, a distanza di 86 giorni dal riferito sinistro stradale, risalente al 23/10/2005. In proposito, è necessario considerare che, come affermato dalla Corte regolatrice, nell’azione ex art. 283, D. Igs. n. 209/2005, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire, che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, anche se senza automatismi, sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa (cfr., tra le altre, Cass. 24/2/2011, n. 4480; Cass. 3/9/2003, n. 18532). Ora, è vero che, ai fini della prova che il veicolo investitore sia rimasto sconosciuto è sufficiente dimostrare che ”dopo la denuncia dell’incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall’autorità giudiziaria, per l’identificazione del veicolo…investitore, abbiano avuto esito negativo senza che possa addebitarsi al danneggiato l’onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purché egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi” (così Cass. 13/7/2011, n. 15367). Tuttavia, la tardività della denuncia è certamente significativa della negligenza del danneggiato nell’attivarsi onde consentire alle autorità di pervenire all’identificazione dell’auto pirata, fornendo indizi utili a rafforzare il giudizio di carenza di prova del fatto (v., sul punto, Cass. 24/3/2016, n. 5892).
Va inoltre considerato che dall’atto di denunzia – querela innanzi citato emerge che l’istante indicava, quale unica persona testimone dell’accaduto, Ve.Ca., mentre dinanzi al Giudice di Pace risultano escussi, in qualità di testi, non soltanto il Ve. ma, altresì, Ci. Davide (v. verb. ud. 23/2/2009). Ed è appena il caso di aggimigere che, secondo l’id quod plerumque accidit, deve senz’altro affermarsi che l’istante, ove consapevole che al sinistro avesse assistito anche un’altra persona oltre al Ve., l’avrebbe certamente indicato nell’atto di denuncia – querela. Del resto, il teste Ci. ha riferito in sede di esame testimoniale di avere precisato le proprie generalità al Ve. – genero della Gu. – al presumibile fine di essere rintracciato ai fini di un’eventuale testimonianza, il che induce a ritenere che la danneggiata fosse a conoscenza della presenza sul luogo del sinistro anche del Ci.
Va infine sottolineato che il teste Ci. ha dichiarato che l’autovettura rimasta non identificata urtò da tergo la Gu. già prima che il suo conducente le scippasse la borsa (…”detta autovettura proveniva da dietro ed attingeva la signora Gu. con la propria parte anteriore sinistra, tanto da farla roteare su se stessa e contro il muro”), aggiungendo che, subito dopo l’apprensione della borsa, lo stesso “continuò a costringere la signora Gu. contro il muro…”. Ciò denota che, diversamente da quanto allegato in citazione e riferito dal teste Ve., l’impatto fra l’autovettura e la Gu. vi fu già prima dello scippo, per poi continuare anche in un momento successivo.
Ebbene, tutti gli elementi in precedenza esposti non sono in alcun modo idonei a fornire un quadro presuntivo univoco e pregnante, secondo il criterio statistico del “più probabile che non”, proprio dell’accertamento probatorio civilistico, della sussistenza dei fatti costituivi della proposta azione di risarcimento danni, inducendo invece l’equivocità e la lacunosità dei medesimi a dubitare che il sinistro de quo si sia verificato secondo le modalità dedotte in citazione e descritte dai testimoni.
Ne deriva che, in base al principio dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., deve pervenirsi al rigetto della pretesa risarcitoria formulata dalla Gu., sicché l’appello non può che essere disatteso, con conseguente conferma della impugnata decisione, che va corretta nella sola motivazione nei termini sopra indicati. Occorre aggiungere che non vi sono i presupposti per modificare il capo della pronuncia relativo al governo delle spese (con integrale compensazione delle stesse), posto che la Generali si è limitata in proposito a chiedere la condanna della controparte al pagamento delle spese relative al doppio grado di giudizio, senza formulare, com’era suo onere, appello incidentale sul punto.
Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura indicata in parte dispositiva, devono porsi a carico della Gu., in virtù del principio della soccombenza, occorrendo precisare che la liquidazione viene effettuata sulla base dei nuovi parametri di cui al D.M. n. 55/2014, entrato in vigore il 3/4/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Gu.Gi., con atto di citazione notificato in data 8/10/2010, nei confronti della società Ge. S.p.A., quale Impresa Designata per la Regione Campania alla Gestione del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, avverso la sentenza n. 2236/2010, depositata in data 7/5/2010 dal Giudice di Pace di Frattamaggiore, così provvede:
a) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata, correggendone la motivazione nei termini di cui in parte motiva;
b) condanna la Gu. al pagamento, in favore della società appellata, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.990,00, di cui Euro 2.600,00 per compensi professionali ed Euro 390,00 per rimborso spese forfetarie pari al 15%, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Napoli il 20 luglio 2017.
Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2017.