La garanzia di cui agli articoli 1667 e 1668 del codice civile – infatti – costituisce un sistema rimediale sostantivo in sé conchiuso, che nell’operare il bilanciamento tra i contrapposti interessi delle parti presuppone di necessità logica un’opera compiuta e consegnata. Prima della consegna, in particolare, l’opera può essere ancora modificata dall’appaltatore, sicché non può darsi giudizio né sulla sua idoneità alla destinazione concordata, né sulla esistenza in essa di vizi o difformità eliminabili a spese dell’appaltatore o tali da imporre la riduzione proporzionale del prezzo.
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Corte d’Appello|Catania|Sezione 2|Civile|Sentenza|28 settembre 2022| n. 1846
Data udienza 15 settembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI CATANIA – SECONDA SEZIONE CIVILE
La Corte d’Appello di Catania – Seconda Sezione Civile – composta da:
1) Dott.ssa Maria Stella ARENA – Presidente rel. ed est.
2) Dott. Massimo LO TRUGLIO – Consigliere
3) Dott. Francesco BILLÈ – Consigliere ausiliario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1961/2020 R.G., promossa da:
(…( S.R.L. Società Unipersonale, Partita Iva (…), con sede in Acireale, via (…), in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante (…), rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Fa.Sa. e dall’Avv. Wa.Tr., elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Catania, Corso (…) giusta procura in atti;
PARTE APPELLANTE
NEI CONFRONTI DI
IMPRESA (…) S.R.L., C.F. e P.IVA: (…), in persona del suo legale rappresentante pro tempore (…), con sede in C., Via (…), P.I. (…), elettivamente domiciliata presso lo studio del Prof. Avv. An.Lo. e dall’Avv. Iv.Ri. in Catania, Via (…), che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
PARTE APPELLATA
E NEI CONFRONTI DI
(…), nato a M. il (…), c.f. (…),
APPELLATO CONTUMACE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza non defintiva n. 1496/2020 del 26 marzo 2020 (resa nel procedimento n. 2992/2017 R.G.), il Tribunale di Catania così statuiva:
a) rigettava la domanda di risarcimento proposta dalla (…) s.r.l. nei confronti dell’ingegnere (…) in proprio;
b) rigettava la domanda proposta nei confronti dell’ingegnere (…), relativamente al contratto di appalto stipulato fra la (…) s.r.l. e l’impresa (…) s.r.l. il 30.10.2006;
c) dichiarava la decadenza e la prescrizione dell’azione proposta dalla (…) s.r.l. nei confronti dell’impresa (…) s.r.l.;
d) rigettava l’eccezione di decadenza e prescrizione formulata dall’ingegnere (…);
e) condannava la (…) s.r.l. alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’ingegnere (…) e dall’impresa (…) s.r.l., liquidate, per entrambi, in Euro 65.000,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA, rinviando alla pronuncia definitiva per la liquidazione delle altre spese di lite;
f) condannava la (…) s.r.l. al pagamento, ex art. 96 c.p.c., a favore di (…) della somma di Euro 30.000,00.
Con separata ordinanza si davano i provvedimenti per la prosecuzione del giudizio nei confronti del direttore dei lavori, ing. (…).
Con atto di citazione del 14.12.2020 la (…) s.r.l. proponeva appello avverso la menzionata sentenza parziale, per i motivi in seguito descritti.
Si costituiva in giudizio l’impresa (…) s.r.l., che deduceva l’infondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto.
In esito all’udienza cartolare (ex art. 221, comma quarto, del D.L. n. 34 del 2020, convertito nella L. n. 77 del 2020, e successive modificazioni) del 31.5.2022 la causa veniva posta in decisione, con l’assegnazione di termini sino al 20.7.2022 per il deposito delle comparse conclusionali e di successivi giorni venti per il deposito delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Contumacia
Va preliminarmente dichiarata la contumacia di (…), che benchè regolarmente citato non si è costituito in giudizio.
Eccezioni preliminari di rito
Deve essere respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità del gravame, per asserita mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c., così come riformulato dalla L. n. 134 del 2012, dato che emergono con sufficiente chiarezza le parti del provvedimento oggetto di censura, le ragioni di fatto e di diritto su cui le censure sono fondate, nonché il risultato cui condurrebbe l’accoglimento delle stesse.
Sempre in via preliminare va poi esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello dedotta dall’appellata, in ragione della violazione del divieto di ius novorum in appello di cui all’art. 345 c.p.c..
L’appellata ritiene in particolare che la (…) s.r.l. sia incorsa nel divieto di nova in appello nella parte in cui ha rilevato la sussistenza di una disciplina pattizia in ordine alla decadenza e alla prescrizione, contenuta nell’art. 15 del secondo dei tre contratti di appalto per cui è causa.
L’eccezione è fondata.
Orbene, osserva anzitutto il Collegio che la (…) s.r.l. ha dedotto di avere stipulato con l’impresa (…) s.r.l. tre contratti di appalto, al fine di dare esecuzione a lavori di riqualificazione del complesso alberghiero (…):
1. il primo contratto è stato stipulato tra la “(…) s.r.l.” (ora (…) s.r.l.) e l’Impresa (…) s.r.l. in data 30.10.2006;
2. il secondo contratto è stato stipulato tra la società “(…) s.r.l.” (ora (…) s.r.l.) e l’Impresa (…) s.r.l. in data 7.1.2009;
3. il terzo contratto è stato stipulato dalla (…) s.r.l. e l’Impresa (…) s.r.l. in data 10.10.2012.
Il giudice di prime cure ha ritenuto che la (…) s.r.l. sia incorsa nella decadenza della denuncia dei vizi relativamente a tutti e tre i contratti, atteso che tra la data della loro scoperta e la denuncia degli stessi sarebbe decorso un termine superiore a quello di sessanta giorni previsto dall’art. 1667 cod. civ.; ha ritenuto altresì che anche l’azione di garanzia promossa dalla società committente nei confronti della società appaltatrice si fosse prescritta, poiché proposta oltre il termine biennale decorrente -sempre ai sensi dell’art. 1667 cod. civ.- dalla consegna dell’opera.
L’appellante contesta quanto statuito dal giudice, deducendo l’esistenza di una regola pattizia contenuta nell’articolo 15 del secondo contratto di appalto ed applicabile in via estensiva anche al primo contratto di appalto (cfr. art. 17 del contratto del 7.1.2009), con cui le parti avevano dettato una disciplina convenzionale derogatoria rispetto a quella legale, in base alla quale “15.1. L’Appaltatore è tenuto alla garanzia per il buon funzionamento e per le difformità e i vizi dell’Opera di qualunque natura che si manifestino e si siano denunciati entro 5 anni dal collaudo definitivo dell’opera in deroga dell’art. 1665 c.c. e 1667 c.c. fatta comunque salva la garanzia di cui all’art. 1669 c.c..
La garanzia è comunque dovuta anche se il committente ha accettato l’Opera senza riserve. La garanzia opererà anche se le difformità o i vizi erano conosciuti o agevolmente riconoscibili dal Committente. 15.2. Il Committente, a pena di decadenza, avrà l’onere di denunziare all’Appaltatore le difformità o i vizi entro 120 (centoventi) giorni dalla scoperta, anche a mezzo comunicazione telefax o mail. La denunzia non è necessaria se l’Appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati” (cfr. art. 15 del contratto di appalto del 7.1.2009 in atti).
Le parti contraenti avevano dunque previsto, all’interno della suindicata clausola, tanto un diverso termine di decadenza per la denunzia dei vizi (120 giorni in luogo di 60 giorni) decorrente dalla loro scoperta, quanto un diverso termine di prescrizione per l’azione di garanzia (5 anni in luogo di 2 anni) con decorrenza non già dalla consegna dell’opera ma dal suo collaudo definitivo.
La deduzione posta a fondamento dell’atto di appello, avente ad oggetto la regola pattizia convenuta dalle parti e la sua asserita prevalenza sulla disciplina legale contenuta negli artt. 1665 e 1667 cod. civ., costituirebbe -a dire di parte appellata- una circostanza assolutamente nuova, mai dedotta né in alcun modo citata dall’appellante negli atti difensivi depositati nel giudizio di primo grado.
Non solo l’eccezione ma anche l’allegazione dei fatti a sostegno della stessa sarebbero successivi rispetto a quella che viene individuata dal codice di rito quale barriera preclusiva per la definizione del thema decidendum, ovvero l’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c..
L’appellata rileva ancora che in nessun atto del precedente grado di giudizio la (…) s.r.l. abbia mai fondato le sue difese, avverso le eccezioni di decadenza e prescrizione invero già formulate dall’impresa (…) s.r.l., sull’assunto dell’avvenuta pattuizione di una disciplina derogatoria rispetto a quella legale con riferimento ai termini di decadenza e prescrizione.
Parte appellante, di contro, ha negato di aver allegato fatti nuovi, essendosi limitata a fornire l’interpretazione -come tale non soggetta ad alcuna preclusione- di un contratto regolarmente prodotto e già acquisito nel giudizio di primo grado e dunque parte integrante del thema decidendum.
Va in proposito osservato che, se da una parte è pur vero che, in base al principio di diritto affermato dai giudici di legittimità e correttamente richiamato da parte appellante, “la deduzione relativa all’applicabilità di uno specifico termine di prescrizione integra una controeccezione in senso lato (…). Laddove essa sia basata su fatti storici già allegati entro i termini di decadenza propri del procedimento ordinario a cognizione piena, è ammissibile nell’ulteriore corso del giudizio di primo grado, in appello e, con il solo limite della non necessità di accertamenti di fatto, in cassazione, dove non integra questione nuova inammissibile (cfr. ex multiis. Cassazione civile, sez. I, 16/05/2016, n.9993; Cassazione civile sez. III, 03/11/2020, n. 24260)”; dall’altra, non è tuttavia sufficiente, ai fini di una “specifica allegazione di un fatto storico”, la mera acquisizione in giudizio di un atto giuridico, qual è nel caso di specie il secondo contratto di appalto, senza che vi sia mai stato un espresso riferimento, ad opera dell’odierna appellante, alla specifica clausola oggi in contestazione sulla quale, quindi, non si è svolto alcun contraddittorio nel precedente grado di giudizio.
Ed invero, anche se il secondo contratto di appalto -insieme al primo e al terzo- era stato ritualmente allegato all’atto di citazione introduttivo del primo giudizio, è soltanto nell’atto di appello che, per la prima volta, la disciplina pattizia in esso contenuta è stata dedotta con una differente portata, a sostegno di una nuova pretesa, determinando in tal modo una significativa alterazione dei termini della controversia e l’introduzione di un nuovo tema di indagine e di decisione.
Ciò posto, dunque, ritiene la Corte di dover condividere l’assunto di parte appellata in ordine alla violazione del divieto di ius novorum in appello di cui all’art. 345 c.p.c. e, conseguentemente, di dover applicare la disciplina legale contenuta nell’art. 1667 cod. civ. a tutti e tre i contratti di appalto.
Eccezione di decadenza
Chiarito ciò, con il primo motivo di appello la parte appellante censura la decisione del primo giudice per avere erroneamente ritenuto che la (…) s.r.l. sia incorsa nella decadenza della denuncia dei vizi delle opere relative ai tre contratti di appalto stipulati con l’impresa (…) s.r.l. nel periodo compreso tra il 2006 e il 2012.
Detto motivo di appello appare infondato e va, dunque, rigettato.
Anzitutto, come sopradetto, l’assunto difensivo di parte appellante, fondato sulla disciplina pattizia di cui all’art. 15 del secondo contratto di appalto, non può trovare accoglimento; di conseguenza la tempestività della denuncia dei vizi va valutata in relazione al termine legale di decadenza pari a sessanta giorni decorrenti dalla scoperta degli stessi.
(…) s.r.l. ha sostenuto che i danni di cui ha chiesto il risarcimento si sarebbero manifestati nel corso del tempo e di questi si troverebbe riscontro nella perizia stragiudiziale di parte del 10.2.2015 redatta dal geometra (…) e per alcuni nel 2016 con la perizia dell’ing. (…) (del 12.12.2016).
Osserva, pertanto, la Corte che i vizi e le difformità lamentate dalla società committente non possono certamente essere ricondotte alle “modeste finiture” indicate nel testo del secondo e del terzo contratto, con cui le parti non hanno inteso far riferimento ai vizi dell’opera -scoperti solo in un secondo momento-, ma hanno voluto specificare che erano stati eseguiti altri lavori di ristrutturazione e davano atto di un mancato parziale completamento dell’opera, atteso che, alla data di stipula dei contratti successivi al primo, non erano stati realizzati tutti i lavori commissionati ma residuavano “modeste finiture a completarsi”.
Va dunque escluso che il richiamo alle “modeste finiture” da completarsi assuma la portata di un riconoscimento espresso (o tacito) di vizi, come dedotto dall’appellante.
Assumendo allora che il momento della scoperta dei vizi da parte della (…) s.r.l. coincida con il deposito della perizia del 10.2.2015 a firma del proprio consulente tecnico, sulla cui scorta è seguita la denuncia contenuta nel ricorso per accertamento tecnico preventivo del 22.4.2015, può dirsi che la denuncia di parte appellante sia tardiva.
Ed infatti dal 10.2.2015 (data della scoperta dei vizi), dies a quo da cui inizia a decorrere il termine di decadenza, al 22.4.2015 (data della proposizione del ricorso per ATP, con cui si intendevano denunciare i suddetti vizi) sono decorsi ben più di sessanta giorni (71 giorni).
E’ invece inammissibile, oltrechè infondata, la prospettazione contenuta nell’atto di appello, secondo cui il difetto del “rigonfiamento dei rivestimenti per infiltrazioni umide” sia stato scoperto solo in data 12 dicembre 2016 con la perizia dell’ing. (…), poiché trattasi di deduzione nuova specificamente formulata solo in appello. In ogni caso, non vi è prova della natura di un tal vizio né dell’epoca in cui si sarebbe manifestato, non risultando versata in atti dall’appellante la richiamata consulenza di parte a firma dell’ing. (…).
Alla stregua delle superiori considerazioni, la Corte ritiene, conformemente a quanto statuito dal primo giudice, in applicazione dell’art. 1667 cod. civ., che i termini decadenziali siano inutilmente decorsi per la (…) s.r.l..
Eccezione di prescrizione
Con il secondo motivo di impugnazione parte appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ritiene che la (…) s.r.l. sia incorsa nella prescrizione dell’azione di garanzia sulle opere dei tre contratti di appalto.
Questo motivo appare infondato e va, di conseguenza, rigettato.
Orbene, ritiene la Corte che, come esattamente rilevato nella sentenza appellata, la (…) s.r.l. sia incorsa nel termine di prescrizione biennale ex art. 1667 cod. civ. per l’esercizio dell’azione di garanzia nei confronti della società appaltatrice.
Ed infatti, analogamente a quanto già osservato con riguardo al primo motivo di gravame, anche in questo caso trova applicazione la disciplina legale sulla prescrizione e non già la regola pattizia richiamata da parte appellante, che in ogni caso non avrebbe potuto considerarsi valida, giacché, com’è noto, ai sensi dell’art. 2936 cod. civ. “è nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione”.
Ciò posto, dunque, in adesione all’inquadramento della vicenda oggetto di lite fornito dal giudice di prime cure all’esito di una condivisibile ricostruzione dei fatti fondata, tanto sulla documentazione versata in atti, quanto sulla incontestata disponibilità materiale e giuridica della struttura in capo alla società committente, e avvenuto svolgimento di attività alberghiera, per tutto il periodo in cui si sono succeduti i contratti, può considerarsi avvenuta la consegna e l’accettazione (tacita) delle opere commissionate dalla (…) s.r.l. all’impresa (…) s.r.l. e, segnatamente:
1. quanto al primo contratto la consegna delle opere è avvenuta nel mese di aprile 2007 (come si evince dal certificato di pagamento a saldo e ultimo SAL sottoscritto, in contraddittorio con l’impresa, dal direttore dei lavori nominato dal committente);
2. le opere commissionate con il secondo contratto sono state consegnate nel 2009 (cfr. certificato di pagamento a saldo e ultimo SAL sempre sottoscritto, per conto della committente, dal direttore lavori, del 31.10.2009);
3. le opere di cui al terzo contratto, infine, sono state consegnate in data 6.2.2013 (cfr. certificato di pagamento a saldo e ultimo SAL sempre sottoscritto, per conto della committente, dal direttore lavori).
Né, d’altronde, può accogliersi il rilievo formulato dall’odierna appellante, a difesa dell’eccezione di prescrizione sollevata da parte appellata, secondo cui non vi sarebbe mai stata alcuna consegna delle opere commissionate, atteso che né i lavori sarebbero stati ultimati nella loro totalità né tanto meno sarebbe mai stato espletato alcun collaudo definitivo delle opere oggetto dei contratti, come invece in essi richiesto.
Va in proposito osservato che non è sufficiente che il committente si limiti ad affermare che non vi è mai stata alcuna consegna delle opere commissionate, giacché, in linea generale, ai sensi dell’articolo 1667 c.c., in assenza del collaudo e del verbale di consegna delle opere, è onere del committente fornire la prova della data di consegna per paralizzare l’eccezione di prescrizione. Anche di recente la S.C. ha chiarito che “colui che agisce nei confronti dell’appaltatore per le difformità e i vizi dell’opera ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda e quelli necessari per contrastare le eventuali eccezioni della controparte; pertanto, qualora l’appaltatore eccepisca la prescrizione biennale del diritto di garanzia, la prova della data di consegna dell’opera, da cui il termine di garanzia decorre, incombe sul committente stesso e non sull’appaltatore” (cfr. Cassazione civile sez. II, 13/12/2021, n. 39599).
L’assunto difensivo dell’appellante è del resto smentito dai fatti (utilizzo della struttura alberghiera durante il periodo ricompreso tra il 2006 e il 2012), nonché dalla natura dello stesso rimedio risarcitorio che la (…) s.r.l. ha esperito in giudizio, che presuppone per l’appunto l’ultimazione e la consegna dell’opera. Come osservato dalla S.C. “La garanzia di cui agli articoli 1667 e 1668 del codice civile – infatti – costituisce un sistema rimediale sostantivo in sé conchiuso, che nell’operare il bilanciamento tra i contrapposti interessi delle parti presuppone di necessità logica un’opera compiuta e consegnata. Prima della consegna, in particolare, l’opera può essere ancora modificata dall’appaltatore, sicché non può darsi giudizio né sulla sua idoneità alla destinazione concordata, né sulla esistenza in essa di vizi o difformità eliminabili a spese dell’appaltatore o tali da imporre la riduzione proporzionale del prezzo (Così, Cass. 20.6.2019 n. 16609; v. anche Cass. 3302/2006).
Indi, conclusivamente, atteso che -come sopradetto- la (…) s.r.l. ha preso in consegna tutte le opere commissionate all’impresa (…) s.r.l. ben più di due anni prima di agire in giudizio (l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado è infatti stato notificato dalla società committente all’impresa appaltatrice in data 15.2.2017), l’azione di garanzia dalla stessa proposta va dichiarata prescritta relativamente a tutti e tre i contratti di appalto. Quanto al terzo contratto, in particolare, si evidenzia come, anche a voler tenere conto -quali atti interruttivi del termine prescrizionale- del ricorso per ATP notificato in data 22.4.2015, ovvero della successiva lettera di messa in mora ricevuta in data 1.10.2015 dall’Impresa (…) s.r.l., l’azione di garanzia si è comunque prescritta, giacché la consegna delle opere oggetto di detto contratto è avvenuta in data 6.2.2013.
In definitiva, il proposto appello va rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell’appellante nella misura indicata in dispositivo, in applicazione dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e successive modifiche, in misura di poco superiore ai minimi, in relazione a valore dichiarato della causa ex art. 12 c.p.c. (superiore a 520.000,00 e in particolare scaglione da Euro 16.000,000,01 a Euro 32.000,000,00), tenendo conto della natura delle questioni trattate, aventi carattere preliminare, e dell’effettiva attività difensiva svolta dalle parti.
Da ultimo, si rileva che non ricorrono le condizioni per la chiesta condanna -ex art. 96 c.p.c.- dell’appellante, in quanto le risultanze processuali non evidenziano concreti e univoci elementi indicativi della temerarietà della lite da parte dello stesso appellante e, in ogni caso, manca l’allegazione e la prova dei danni effettivamente subiti in conseguenza della pretesa condotta illecita della controparte.
Avuto riguardo all’integrale rigetto dell’appello, va dato atto della sussistenza dei presupposti (ex art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002) per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Catania, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 1961/2020 R.G., rigetta l’appello proposto dalla (…) s.r.l. avverso la sentenza inter partes n. 1496/2020 del 26 marzo 2020 del Tribunale di Catania;
condanna l’appellante al rimborso, in favore dell’impresa (…) s.r.l., delle spese processuali del presente giudizio di appello, che liquida in complessivi Euro 36.000,00 per compensi di avvocato (di cui Euro 11.000,00 per fase di studio, Euro 7000,00 per fase introduttiva ed Euro 18.000,00 per fase decisionale), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% dei predetti compensi;
dà atto della sussistenza dei presupposti (ex art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002) per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Catania il 15 settembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 28 settembre 2022.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto
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