in base alla previsione dell’art. 2226 c.c., la garanzia del prestatore d’opera ha ad oggetto esclusivamente i vizi “occulti”, e non anche quelli conosciuti o conoscibili che devono essere contestati prima dell’accettazione dell’opera, dovendosi altrimenti intendere gli stessi come sopportati. Il vizio occulto è quello che, all’atto della accettazione dell’opera, non era ancora sorto o non era ancora percepibile. In tali casi la legge pone a carico del committente l’onere di denunciare le difformità ed i vizi dell’opera entro otto giorni dalla loro scoperta. La denuncia consiste in una comunicazione della sussistenza dei vizi rivolta al prestatore d’opera, affinché possa eliminarli subito a proprie spese, evitando così un’azione di responsabilità: essa, per pacifica giurisprudenza, non deve consistere necessariamente in una denuncia specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell’opera, tale cioè, da consentire l’individuazione di ogni anomalia di quest’ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia una pur sintetica indicazione delle difformità, suscettibile di conservare l’azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successivo. Sicché secondo un principio consolidato in materia di appalto, ma pacificamente applicabile anche al contratto d’opera, nel caso in cui il prestatore d’opera eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art.2226 c.c., per i vizi dell’opera, incombe sul committente l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo la denuncia una condizione dell’azione.

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Tribunale|Potenza|Civile|Sentenza|19 gennaio 2023| n. 47

Data udienza 16 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI POTENZA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Potenza-Sezione Civile in composizione monocratica nella persona del Giudice (Gop) dott.ssa Mariella Elena Cirillo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n RG 477 degli affari civile dell’anno 2011 RG e vertente

TRA

(…) nato a Baragiano Scalo (PZ) il (…) e per lui gli eredi (…), rappresentati e difesi dall’avv. (…) giusto mandato a margine dell’atto introduttivo ed elettivamente domiciliata in Via (…) (PZ) presso lo studio del difensore.

OPPONENTE

E

(…) nato il 07.06.1961 a Baragiano (PZ) in qualità di titolare della ditta omonima, rappresentato e difeso dagli avv.ti (…), giusto mandato a margine della comparsa di costituzione e Giovanni Pirolo, elettivamente domiciliato in Potenza (…), presso lo studio di quest’ultimo, giusto mandato a tergo della nuova comparsa di costituzione

OPPOSTO

OGGETTO: Opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 68/2011, provvisoriamente esecutivo, reso dal Tribunale di Potenza in data 26.01.2011 e notificato in data 22.02.2011

CONCLUSIONI:

Opponente: “In via preliminare sospendere la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, sussistendo gravi motivi e irreparabili danni per l’opponente, esposto ed esecuzione forzata per somme non riconosciute e non dovute, con notevoli danni all’immagine personale e professionale seriamente compromessi dall’ingiunzione ingiustamente ed illegittimamente richiesta, dichiarando sin da ora la disponibilità ad offrire idonea cauzione; _ Nel merito, accogliere la presente opposizione e per l’effetto revocare il decreto ingiuntivo opposto ed in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata, ridurre nei limiti dell’effettivo dovuto la pretesa della ditta opposta; In via riconvenzionale condannare l’opposto al risarcimento danni all’immagine personale e professionale che l’Ill.mo Giudice adito vorrà liquidare in via equitativa; Con vittoria di spese, competenze ed onorari” Opposto: “Rigettare l’opposizione e le domande riconvenzionali spiegate perché infondate in fatto e in diritto e conseguentemente confermare il decreto ingiuntivo opposto n. 68/2011;

Accogliere la domanda riconvenzionale spiegata dal Gorga ed ai sensi dell’art. 96 cpc, condannare l’opponente al pagamento della somma che l’On.le giudicante vorrà liquidare in via equitativa, per il risarcimento dei danni derivante dalla lesione dell’immagine della Ditta di cui (…) è titolare; Condannare l’opponente al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio”.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con atto di citazione regolarmente notificato, l’opponente (…) proponeva opposizione avverso il provvedimento monitorio in oggetto indicato, con il quale gli veniva intimato il pagamento della somma di Euro 5.239,05, oltre interessi di mora fino all’effettivo soddisfo nonché spese della procedura monitoria, per attività di pitturazione e controsoffittatura effettuata dalla ditta opposta, presso immobile di proprietà dell’opponente sito in Baragiano (PZ).

Eccepiva in via preliminare e nel merito la nullità del decreto ingiuntivo in quanto concesso solo su fattura e risultanze contabili, non riferibili all’opponente, né dallo stesso approvate, non sussistente alcun accordo sul corrispettivo o sul costo della mano d’opera; la documentazione pertanto era insufficiente per l’emissione del decreto ingiuntivo e tanto meno idonea a supportare la dichiarazione di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ex art 642 cpc, concessa in sede monitoria; inoltre disconosceva la firma sul buono di consegna dei lavori, e non riferibile all’opponente né qualificabile, il documento, quale riconoscimento di debito.

Contestava infine l’esosità della pretesa per opere eseguite non a regola d’arte, tanto da richiedere interventi correttivi successivamente alla loro realizzazione, come evidenziato da consulenza tecnica di parte esibita. Spiegava domanda riconvenzionale per richiedere i danni all’immagine subiti dall’ opponente, noto professionista, con l’ingiunzione di pagamento.

Sulla base di tali allegazioni, dunque, gli opponenti chiedevano al Tribunale, preliminarmente, di sospendere la provvisoria esecutività del decreto, nel merito di revocare il decreto ingiuntivo opposto, in quanto emesso per il pagamento di una somma non dovuta, ed in ogni caso in via subordinata, ridurre la pretesa di pagamento nei limiti dell’effettivo dovuto.

Si costituiva l’opposto (…), contestando le avverse deduzioni e osservava che tra le parti, stante la prestazione e le modalità di esecuzione dell’opera commissionata, si era configurato un contratto d’opera ex art. 2222 cc e che, pertanto, vigeva la garanzia per i vizi dettata dall’art. 2226 cc per difformità e vizi riconoscibili, e per i vizi e difetti occulti vigeva la garanzia simile all’appalto ex art. 1668 cc, ma il termine della denuncia dei vizi era abbreviato a giorni otto dalla scoperta. Nel caso di specie, assumeva parte opposta, alcuna denuncia per vizi occulti era pervenuta all’opposto nei termini innanzi indicati, ma solo dopo la notifica del decreto ingiuntivo, ovvero otto mesi dopo la consegna dell’opera con decadenza dalla garanzia per i vizi del committente. Concludeva quindi per il rigetto dell’opposizione e conseguenziale conferma del decreto ingiuntivo opposto, per accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata di danno all’immagine della ditta, con vittoria delle spese di giudizio e preliminarmente rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutività del decreto ingiuntivo opposto.

Con Ordinanza del 24.05.2011 il Giudice del tempo, accoglieva l’istanza e sospendeva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo stante la mancanza di prova scritta sulla pattuizione del corrispettivo della prestazione d’opera.

Istruita la causa, a mezzo prove testimoniali e CTU volta alla quantificazione dell’ammontare del corrispettivo maturato per l’esecuzione dei lavori realizzati in virtù del contratto d’opera stipulato tra le parti, la stessa veniva rinviata più volte. Nel contempo mutava il G.I, si costituiva nuovo difensore per l’opposto con comparsa depositata il 03.05.2022, la causa veniva poi interrotta a causa del decesso dell’opponente e in data 08.09.2022 veniva riassunta dagli eredi. Infine rimessa per la precisazione delle conclusioni, veniva tratta in decisione all’udienza del 10.11.2022, ove si concedevano alle parti i termini abbreviati (20+20) di cui all’art.190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Orbene, ritiene questo Giudice che, alla luce delle complessive emergenze in atti, debba pervenirsi all’integrale rigetto delle ragioni di opposizione formulate da (…) e per lui dai suoi eredi regolarmente costituiti, ma nel contempo va revocato il Decreto Ingiuntivo n. 68/2011, reso dal Tribunale di Potenza in data 26.01.2011 e notificato in data 22.02.2011 in quanto, rilevata la mancata prova dell’accordo sulla pattuizione del corrispettivo, esso va ricalcolato al momento della decisione: “Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicché è al momento della decisione che occorre avere riguardo per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore. Ne consegue che la riscontrata insussistenza, anche parziale, dei suddetti presupposti, pur non escludendo il debito dell’originario ingiunto, comporta l’impossibilità di confermarne la condanna nell’importo indicato nel decreto ingiuntivo, che dunque va sempre integralmente revocato. (Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile 25.02.2014 n.4436)

Alla luce di quanto innanzi, prima di procedere all’esame del merito, va ricordato che, con l’opposizione a decreto ingiuntivo, si apre una nuova fase processuale a cognizione piena avente ad oggetto l’an ed il quantum del credito oggetto del ricorso monitorio, nella quale ciascuna delle parti viene ad assumere la propria naturale posizione sostanziale, nel senso che la qualità di attore spetta al creditore che ha richiesto l’ingiunzione (convenuto in opposizione) e quella di convenuto al debitore opponente (attore in opposizione).

Nel giudizio di opposizione il Giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni (tra le quali la sussistenza della prova scritta) necessarie per l’emissione della ingiunzione, bensì la fondatezza della pretesa creditoria posta a base del ricorso monitorio, cosicché l’accertamento della esistenza del credito travolge e supera l’eventuale insussistenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo, la cui rilevanza resta circoscritta alle statuizioni sulle spese (Cass. Civ., 15 luglio 2014, n. 16167).

Giova rammentare che il giudizio di cognizione che si apre in conseguenza dell’opposizione ex artt. 645 e ss. c.p.c. è governato dalle ordinarie regole in tema di riparto dell’onere della prova, come enucleabili dal disposto dell’art. 2697 c.c.; pertanto, anche in seno a tale procedimento, il creditore è tenuto a provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’esistenza ed il contenuto della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza – e non anche l’inadempimento, che deve essere semplicemente allegato – mentre il debitore ha l’onere di eccepire e dimostrare il fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero ogni altra circostanza dedotta al fine di contestare il titolo posto a base dell’avversa pretesa o, infine, gli eventi modificativi del credito azionato in sede monitoria (in tal senso, Cass. Civ. Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533; conf., explurimis, Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674; Cass. Civ., Sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615).

Eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto, per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno, si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.: in tal caso, risultando invertiti i ruoli delle parti in lite, il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, mentre il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento (cfr., Cass. civ., sez. un.30.10.01, n. 13533; Cass. n. 3373/2010). Venendo al caso di specie, va osservato che il creditore – opposto, ha depositato quale prova dei titoli posti a base della pretesa in esame i seguenti: fattura n. 4/2010, estratto autentico notarile delle scritture contabili, buono di consegna lavori n.11 sottoscritto dalla coniuge dell’opponente signora (…), raccomandata A/r di costituzione in mora datata 05.11.2011, ed ancora preventivo di spesa datato 18.09.2010.

Orbene la documentazione prodotta dall’opposto (…), di fatto non costituisce piena dimostrazione dei fatti costitutivi della pretesa creditoria azionata in quanto non costituente prova dell’accordo verbale raggiunto tra le parti in ordine alla remunerazione per opera prestata, perché priva di sottoscrizione e contestata dall’ingiunto e dai suoi eredi. Di fatti anche il buono consegna n 11 del 17.09.10 reca la descrizione dei lavori eseguiti, ma non ne riporta il prezzo cadauno, né è sottoscritto dall’ingiunto originario. Tuttavia il decreto ingiuntivo è stato richiesto ed ottenuto per l’importo riportato in fattura detratto l’anticipo di Euro 600,00 percepite, pertanto per Euro 5239.05.

Inoltre, si osserva ancora che, nella presente controversi – 872023 del titolo negoziale, fonte del diritto di credito (al pagamento del corrispettivo) vantato dal convenuto-opposto, (che trae origine da un contratto – qualificato dall’opposto, come contratto d’opera – stipulato verbalmente tra le parti, avente ad oggetto i lavori di pitturazione e controsoffittatura tutti elencati nel buono consegna n. 11 del 17.09.2010 e sottoscritto dalla moglie dell’opponente signora (…), e inerenti all’abitazione di proprietà dell’opponente, sita in Baragiano da questi commissionati al (…) nell’anno 2010), vi è la contestazioni sui vizi dell’opera prestata, ovvero lavori realizzati non a regola d’arte. Sicché non è sollevata un’eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. al fine di paralizzare l’altrui pretesa, ma parte opponente ha invocato una riduzione proporzionale del prezzo in quanto opere eseguite non a regola d’arte con conseguente ingresso della normativa sulla alla garanzia per i vizi dell’opera prestata. Passando, quindi, ad esaminare l’eccezione di decadenza tempestivamente sollevata da (…) nella propria comparsa di costituzione e di risposta, si osserva che la norma di riferimento è l’art. 2226 c.c. versandosi in materia di contratto d’opera e non di appalto. Ed, infatti, nella specie difetta l’elemento caratterizzante la figura contrattuale dell’appalto per la cui sussistenza si richiede che “l’esecuzione dell’opera commissionata avvenga mediante una organizzazione di media o grande impresa in cui l’obbligato è preposto”; condizione questa che non ricorre nella fattispecie concreta in cui l’incarico è stato conferito alla ditta dell’opposto che per l’esecuzione delle opere di pitturazione commissionate si è avvalso della sua attività e del figlio nonché di altro dipendente come emerso anche nel corso dell’assunzione delle prove testimoniali. Del tutto corretta appare, pertanto, la qualificazione giuridica del rapporto operata dalla convenuta in termini di contratto d’opera che coinvolge, per l’appunto, la piccola impresa, cioè quella che svolge la propria attività “con il prevalente lavoro personale dell’imprenditore, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o di qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo di cui all’art.2083 c.c. (cfr. ex plurimis Cass. Civ. Sez. II 21 maggio 2010 n. 12519).

Nel caso in esame quindi, in base alla previsione dell’art. 2226 c.c., la garanzia del prestatore d’opera ha ad oggetto esclusivamente i vizi “occulti”, e non anche quelli conosciuti o conoscibili che devono essere contestati prima dell’accettazione dell’opera, dovendosi altrimenti intendere gli stessi come sopportati. Il vizio occulto è quello che, all’atto della accettazione dell’opera, non era ancora sorto o non era ancora percepibile. In tali casi la legge pone a carico del committente l’onere di denunciare le difformità ed i vizi dell’opera entro otto giorni dalla loro scoperta. La denuncia consiste in una comunicazione della sussistenza dei vizi rivolta al prestatore d’opera, affinché possa eliminarli subito a proprie spese, evitando così un’azione di responsabilità: essa, per pacifica giurisprudenza, non deve consistere necessariamente in una denuncia specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell’opera, tale cioè, da consentire l’individuazione di ogni anomalia di quest’ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia una pur sintetica indicazione delle difformità, suscettibile di conservare l’azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successivo (Cass. Civ. 23gennaio 1999 n. 644).

Sicché secondo un principio consolidato in materia di appalto, ma pacificamente applicabile anche al contratto d’opera, nel caso in cui il prestatore d’opera eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art.2226 c.c., per i vizi dell’opera, incombe sul committente l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo la denuncia una condizione dell’azione (Cass. 25.06.2012 n. 10579). Tale dimostrazione nel caso di specie non è stata data anzi si è concretizzata solo nel corso della controversia, pertanto va rigettata l’eccezione formulata in quanto tardiva è la denuncia degli assunti vizi.

Venendo ora al corrispettivo dei lavori, rilevata dal Tribunale la mancata sottoscrizione del preventivo depositato dal prestatore d’opera, odierno opposto, e assunto dalle prove per testi che i lavori eseguiti sono quelli evidenziati nel buono di consegna del 30.09.2011, non contestati tra l’altro da parte opponente, disponeva ctu con incarico di “quantificare l’ammontare del corrispettivo maturato per l’esecuzione dei lavori realizzati in virtù del contratto d’opera stipulato tra le parti”. Dalla stessa emerge che le parti, stante una discordanza sulla metratura, per il calcolo del corrispettivo della pitturazione, rasatura, isolante, hanno concordemente accettato (verbale di sopralluogo del 29.06.2015) la proposta del Ctu fissando la stessa in mq 423,75; la controsoffittatura regolarmente misurata, risulta mq 21,52; e n 32 paraspigoli. Il prezzario di riferimento del perito di ufficio, ai fini del conteggio, con condivisione del giudicante, è stato il prezzario della Regione Basilicata dell’anno 2010.

Pertanto il corrispettivo maturato per l’esecuzione dei lavori riportato nel computo metrico e stima dal ctu e condiviso dal giudicante è di complessivi Euro 7.180,74, dettagliatamente individuato nel computo metrico e stima all. 3 della ctu che si richiama espressamente, ovvero Euro 1.970,93 per la pitturazione, rasatura, isolante; Euro 761,16, per la realizzazione della controsoffittatura oltre Euro 35,98 per sovrapprezzo per maggior tempo di impiego per la realizzazione dei cassonetti; Euro 148,49 per la rasatura completa della controsoffittatura; fornitura paraspigoli Euro 90,24; pittura di fondo applicata a pennello.. Euro 851,74; tinteggiatura con idropittura lavabile Euro 3.322,20. A questa somma va detratto l’acconto di Euro 600,00 versato dal committente come riconosciuto dalle parti e quindi Euro 6580,74, quale saldo.

Le domande riconvenzionali proposte dalle parti affatto istruite vanno rigettate. Ciò posto dunque, ritiene questo Giudice che gli elementi di giudizio complessivamente acquisiti non valgono a confortare le eccezioni formulata dalla opponente e pertanto la domanda in opposizione va rigettata e, revocato il decreto ingiuntivo in quanto ricalcolato l’intero corrispettivo dovuto.

Alla soccombenza consegue la condanna di parte opponente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidata in dispositivo tenendo conto della natura e del valore della causa nonché del numero e del rilievo delle questioni affrontate, facendo applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Potenza, in persona del Giudice Unico (Gop), Dott.ssa Mariella Elena Cirillo, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) revoca il decreto Ingiuntivo n. 68/2011 emesso dal Tribunale di Potenza in data 26.01.2011 e notificato in data 22.02. 2011;

2) accerta e dichiara che il saldo residuo dei lavori di pitturazione e controsoffittatura di cui al contratto d’opera stipulato tra le parti ammonta ad euro 6.580,74 oltre iva e, per l’effetto, condanna gli opponenti, in via solidale tra loro, al pagamento a favore della controparte della predetta somma di euro 6.580,74 oltre iva, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al saldo;

4) pone in via definitiva gli oneri della ctu a carico della parte soccombente.

5) condanna gli opponenti, in via solidale tra loro al pagamento delle spese processuali, liquidate nella complessiva somma di Euro 2540,00 oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge;

Così deciso in Potenza il 16 gennaio 2023

Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

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