nel giudizio di divisione, la richiesta di attribuzione, proponibile solo in caso d’indivisibilita’ del bene, ex articolo 720 c.c., costituisce una modalita’ attuativa della divisione che ne paralizza la vendita anche se precedentemente disposta dal giudice, trattandosi di una mera specificazione della domanda di scioglimento della comunione, formulabile anche in appello; ed ancora, che la richiesta di attribuzione dell’intero immobile alla quota di uno o piu’ condividenti, con addebito dell’eccedenza in valore, ai sensi dell’articolo 720 c.c., sul presupposto della sua indivisibilita’, attiene alle modalita’ di attuazione della divisione e pertanto, risolvendosi nella mera specificazione della pretesa introduttiva del processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, e’ proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non costituendo essa una domanda nuova vietata dall’articolo 345 c.p.c.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|18 luglio 2019| n. 19398

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22264-2015 proposto da:

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 825/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/02/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

RITENUTO

che della complessa vicenda venuta all’esame della Corte d’appello di Napoli, ai fini che qui rilevano, e’ bastevole ricordare che la sentenza di secondo grado confermo’ quella di primo, la quale aveva disposto l’assegnazione di un cespite ereditario non divisibile, dietro pagamento di conguaglio in denaro, in favore di (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

ritenuto che gli appellanti propongono ricorso avverso la statuizione d’appello sulla base di tre motivi di censura e che delle quarantasette persone intimate resistono con controricorso (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

che la memoria dei ricorrenti e’ pervenuta tardivamente come quella dei controricorrenti.

RITENUTO

che con il primo e il secondo motivo, tra loro osmotici, i ricorrenti denunziano errata e falsa applicazione degli articoli 1350 e 13621 c.c., articoli 112 e 346 c.p.c., nonche’ omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, sulla base di quanto segue:

– la richiesta di assegnazione del compendio immobiliare, avanzata in sede di comparsa di costituzione e successivamente reiterata, era stata espressamente revocata in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado;

– come se non bastasse, una tale rinunzia, non solo era stata tenuta ferma, ma, anzi, riaffermata in appello;

– la Corte d’appello, ignorando la natura espressa della revoca ed erroneamente ragionando in ordine alla revoca tacita, non si era attenuta ai principi enunciati in sede di legittimita’, secondo i quali la domanda di attribuzione dei beni ereditari costituisce una mera modalita’ attuativa della divisione, priva di valore negoziale e, pertanto proponibile e rinunciabile anche in appello;

– di conseguenza, oltre ad essere state violate le norme in materia negoziale riportate, si era anche consumata la violazione dell’articolo 112 c.p.c., oltre all’omesso esame del punto;

considerato che il complesso censuratorio sopra riportato e’ fondato, tenuto conto di quanto segue:

a) della vicenda che qui rileva consta che i ricorrenti con la comparsa costituzione in primo grado avevano chiesto a loro indivisamente assegnarsi il bene di che trattasi, richiesta successivamente reiterata alle udienze del 5/6/2006, 26/6/2006, 22/1/2007, 27/10/2008 e del 15/12/2008; all’udienza di precisazione delle conclusioni tale richiesta era stata, tuttavia, revocata;

b) la sentenza d’appello, qualificata la richiesta in discorso quale eccezione e presupposto che la stessa non fosse stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, ne trae il convincimento che la mancata riproposizione non fosse sufficiente a far presumere “la rinuncia o l’abbandono” e, tenuto conto della pregressa reiterazione, “riportandosi (gli odierni ricorrenti) a tutte le domande avanzate (…) ben deve ritenersi che la stessa non sia stata rinunziata con la precisazione delle conclusioni anche in considerazione della circostanza che la richiesta di vendita all’asta del bene ben debba intendersi subordinata al mancato accoglimento della richiesta di attribuzione”;

c) la sentenza non riporta quanto trascritto in sede di precisazione delle conclusioni, che, invece, i ricorrenti riproducono nello stralcio seguente: “rilevato che trattasi di divisione di un unico immobile indivisibile vista la rivalutazione del ctu rinuncia all’assegnazione” ed inoltre: “rinuncia all’assegnazione – voglia il giudice dare incarico al Notaio per la vendita all’asta” e che il riportato non contrasta con quanto i controricorrenti riproducono per intero testualmente: “E’ presente l’Avv. (OMISSIS) per delega dell’Avv. (OMISSIS) il quale chiede: rilevato che trattasi di divisione di un unico immobile indivisibile, che non vi sono contestazioni in merito alla divisione dello stesso e vista la rivalutazione del C.Testo Unico per la quale si chiede la ripartizione della spesa della stessa tra tutti i partecipanti all’asse e rinuncia all’assegnazione. Voglia il Giudice dare incarico al Notaio per procedere alla vendita del bene all’asta”;

d) deve escludersi versarsi in ipotesi di omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, in quanto, a parte ogni altra considerazione, il punto e’ stato esaminato dalla Corte locale;

e) deve, del pari, escludersi il vizio revocatorio, ipotizzato dai controricorrenti, stante che, lungi dall’essere incorsa in un errore di fatto, presupponendo l’esistenza di un documento, invece inesistente, o l’inesistenza di un documento, invece esistente, la sentenza, rivendicando il proprio potere d’interpretazione, ha valutato una situazione giuridica, giungendo alla conclusione che la richiesta di assegnazione, qualificata quale vera e propria eccezione, non potesse reputarsi revocata;

f) sul distinguo questa Corte piu’ volte si e’ soffermata, ad esempio, assai di recente, con la sentenza n. 6405 del 15/3/2018, Rv. 647570, si e’ affermato che l’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., comma 4, consiste in una falsa percezione della realta’, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato, sicche’ i vizi relativi all’interpretazione della domanda giudiziale non rientrano nella nozione di “errore di fatto” denunciabile mediante impugnazione per revocazione (cfr., pure, sentt. nn. 8180 del 3/4/2009 e 8639 del 26/4/2005);

g) in questa sede si e’ condivisamente precisato che nel giudizio di divisione, la richiesta di attribuzione, proponibile solo in caso d’indivisibilita’ del bene, ex articolo 720 c.c., costituisce una modalita’ attuativa della divisione che ne paralizza la vendita anche se precedentemente disposta dal giudice, trattandosi di una mera specificazione della domanda di scioglimento della comunione, formulabile anche in appello (Sez. 2, n. 12119, 14/5/2008, Rv. 603422); ed ancora, che la richiesta di attribuzione dell’intero immobile alla quota di uno o piu’ condividenti, con addebito dell’eccedenza in valore, ai sensi dell’articolo 720 c.c., sul presupposto della sua indivisibilita’, attiene alle modalita’ di attuazione della divisione e pertanto, risolvendosi nella mera specificazione della pretesa introduttiva del processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, e’ proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non costituendo essa una domanda nuova vietata dall’articolo 345 c.p.c. (Sez. 2, n. 5392, 2/6/1999, Rv. 526974);

h) da qui, due derivati:

– non trattasi di eccezione in senso proprio o improprio;

– alla libera proponibilita’, senza incorrere nelle decadenze processuali, non puo’ che corrispondere, per necessitata biunivoca corrispondenza, la libera revocabilita’ negli stessi termini;

i) la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi, cosi’ statuendo oltre il domandato, che non era piu’ la divisione mediante assegnazione, bensi’ mediante assegnazione per quote del ricavato della vendita del bene indivisibile, tenuto conto della volonta’ manifestata dagli appellanti, non solo davanti al Giudice di primo grado, ma anche a quello d’appello;

considerato che il terzo motivo, con il quale si deduce omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per non avere la sentenza impugnata preso in considerazione la documentazione dalla quale era dato desumere il deprezzamento di valore dell’immobile dal tempo della stima a quello effettivo della divisione, resta assorbito dall’epilogo;

considerato che, pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio, devolvendosi al Giudice del rinvio anche la statuizione sul regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione.

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Avv. Umberto Davide

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