Qualora, nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto proponga domanda riconvenzionale diretta all’accertamento di un proprio credito nei confronti del fallimento, derivante dal medesimo rapporto, la suddetta domanda, per la quale opera il rito speciale ed esclusivo dell’accertamento del passivo ai sensi degli artt. 93 e ss. della l. fall., deve essere dichiarata inammissibile (o improcedibile se formulata prima della dichiarazione di fallimento e riassunta nei confronti del curatore) nel giudizio di cognizione ordinaria, e va eventualmente proposta con domanda di ammissione al passivo su iniziativa del presunto creditore, mentre la domanda proposta dalla curatela resta davanti al giudice per essa competente, che pronuncerà al riguardo nelle forme della cognizione ordinaria. Tale principio opera anche quando, in un processo promosso da un soggetto “in bonis” per ottenere il proprio credito, il convenuto si costituisca e proponga domanda riconvenzionale per il pagamento di un credito nascente dal medesimo rapporto contrattuale e, successivamente, a seguito del fallimento del convenuto, il curatore si costituisca per coltivare la domanda riconvenzionale da quest’ultimo proposta, sicché in tal caso la domanda del fallito può essere coltivata dalla curatela in sede ordinaria, mentre quella nei confronti del fallito, divenuta improcedibile in sede ordinaria, deve essere necessariamente riproposta in sede fallimentare nel procedimento di accertamento del passivo.
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
Per ulteriori approfondimenti in materia di diritto fallimentare si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
I presupposti per la dichiarazione di fallimento
Revocatoria fallimentare: elementi rilevati ai fini dell’accertamento della scientia decoctionis.
La sorte del contratto di affitto di azienda pendente al momento della dichiarazione di fallimento.
Tribunale Milano, Sezione 7 civile Sentenza 8 aprile 2019, n. 3442
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione Settima Civile
In funzione di giudice unico nella persona del dott. Federico SALMERI ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da:
FALLIMENTO N. 29/2016 DELLA (…) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, CF/PI: (…), con l’avv. Lu.Cu.
-attrice-
CONTRO
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO, CF/PI: (…), con l’avv. Pa.Ol. dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano
-convenuta-
Concise ragioni della decisione
1. Sui fatti di causa.
In data 5 maggio 2006 le parti hanno sottoscritto un accordo in forza del quale la (…) si è impegnata a ricercare sponsor disponibili per i lavori di restauro delle strutture intere ed esterne del (…) del (…) sito in M. via (…) di proprietà del Demanio di Stato e concesso in uso governativo all’Archivio di Stato di Milano, a fronte dello sfruttamento pubblicitario dei ponteggi installati sulle facciate dell’edificio stesso (cfr. doc. 14 atto di citazione);
su richiesta della (…) tale accordo è stato successivamente integrato con scrittura del 23 dicembre 2006, con la quale è stato prorogato il nuovo termine contrattuale al 31.08.2007, atteso che per l’ottenimento della autorizzazione comunale all’occupazione del suolo pubblico ((…)) è stato necessario posticipare i termini originariamente pattuiti (cfr. doc. 19 atto di citazione).
Successivamente, in data 30 agosto 2008 le parti hanno concluso un contratto di sponsorizzazione (cfr. doc. 27 atto di citazione) in forza del quale l’Archivio di Stato si è impegnato a concedere in esclusiva per anni tre, a far data dalla sottoscrizione del predetto contratto, alla (…) ogni ricavato derivante dallo sfruttamento pubblicitario dei ponteggi istallati sulla facciata dell’edificio di via (…) necessari per l’esecuzione dei lavori stessi, contro l’impegno della (…) di pagare la progettazione, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, nonché a far eseguire i lavori descritti nel progetto presentato dallo studio di progettazione A. s.r.l..
Nel corso del rapporto contrattuale tutte le procedure, le tempistiche e le relative fasi lavorative sono state oggetto di diverse varianti progettuali, integrazioni e lavori extra capitolato.
In ragione di ciò, sono state disposte da parte dall’Archivio di Stato di Milano varie proroghe della scadenza contrattuale, fino alla data del 31 marzo 2013 (cfr. doc. 52 atto di citazione). Nel frattempo, in data 30 novembre 2011 l’Archivio di Stato di Milano ha autorizzato l’installazione dei ponteggi sulla facciata dell’edificio.
Tuttavia, a fronte delle numerose proroghe contrattuali, l’intervenuta scadenza della autorizzazione di occupazione temporanea di suolo pubblico2 (il cui ottenimento è, per contratto, obbligazione posta a carico dell’odierna attrice come si evince dal punto 4 del doc. 27 atto di citazione) non ha consentito l’esecuzione dei lavori entro il termine indicato dall’Archivio di Stato.
Pertanto, nel mese di maggio 2013 la (…) avrebbe3 chiesto conferma all’Archivio di Stato se la proroga dovesse intendersi con decorrenza dal rilascio dell'(…); conferma che è poi pervenuta con comunicazione del 7 ottobre 2013, in cui si dà atto che: “Il termine temporale del 31 dicembre 2013 verrà integrato con il periodo di attesa dei chiarimenti richiesti” (cfr. doc. 66 parte attrice).
Peraltro, nell’attesa della risposta dell’Archivio di Stato i lavori sono stati interrotti e, considerata la scadenza dell'(…), i ponteggi sono stati smontati.
Ne è quindi sorto un contrasto tra le parti in particolare in merito agli oneri relativi al montaggio e lo smontaggio dei ponteggi in via (…), posto che, a dire di parte attrice, “tutti i costi relativi all’operazione di smontaggio (giugno 2013) e montaggio dei ponteggi per consentire i lavori … saranno a Vostro carico o da conteggiare in termini di maggiore durata dell’esposizione pubblicitaria” (cfr. punto 60 dell’atto di citazione e doc. 66 parte attrice).
Successivamente, a seguito di vari contatti, le parti hanno tentato di definire bonariamente la questione sollevata da parte attrice, concordando una bozza transattiva da sottoscrivere eventualmente in data 16 aprile 2014, come da comunicazione del Ministero sub doc. n. 76 parte attrice.
Tuttavia tale accordo transattivo non sarebbe stato sottoscritto “a causa della mancanza del collaudo da parte del R.U.P. del Ministero dei Beni Culturali relativo ai lavori precedentemente svolti” (cfr. punto 72 atto di citazione).
Dunque, la sottoscrizione definitiva dell’accordo transattivo non è mai avvenuta.
Al riguardo, parte attrice, lamentando la tardività da parte della convenuta nell’esecuzione del collaudo -cui era subordinato il perfezionamento dell’accordo- ha negato la propria disponibilità a comparire in data 9 marzo 2015 per la sottoscrizione dell’accordo transattivo “considerato il tempo inutilmente trascorso e la oramai irrimediabile perdita dell’utilità derivante dall’eventuale perfezionamento dell’accordo medesimo” (cfr. punto 76 atto di citazione e doc. 81 parte attrice).
La (…) ha quindi citato in giudizio il Ministero avanti il Tribunale di Roma per “ottenere il risarcimento del danno conseguente al colpevole ritardo dell’Archivio di Stato di Milano nel compiere tutti quegli adempimenti necessari alla risoluzione bonaria della controversia insorta in ragione del riconosciuto e mai negato diritto dell’attrice a beneficiare della proroga al contratto di project financing che avrebbe dovuto consentire il recupero dell’ingente investimento economico necessario all’esecuzione dei lavori di ristrutturazione e restauro del Palazzo del Senato di Milano” (cfr. pag. 7 atto in riassunzione).
Parte attrice ha dunque dedotto che “nella fattispecie in esame ed alla luce di tutto quanto esposto, documentato e dedotto nelle premesse del presente atto, è evidente che il contratto originariamente sottoscritto tra la (…) S.r.l. ed il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Archivio di Stato di Milano debba dichiararsi risolto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c.
Altrettanto evidente ed innegabile appare il diritto della (…) S.r.l. al risarcimento del danno ex art. 1223 c.c.” (cfr. pag. 7 atto in riassunzione).
Null’altro è stato precisato nell’atto di citazione proposto dinanzi al Tribunale di Roma (e riportato nell’atto in riassunzione) a sostegno della pretesa di (…).
Dal canto suo parte convenuta ha eccepito in via preliminare l’incompetenza del Tribunale di Roma, mentre nel merito ha dedotto il proprio puntuale adempimento.
L’amministrazione convenuta ha poi proposto domanda riconvenzionale volta
(I) all’accertamento dell’inadempimento dell’attrice -attesa l’inerzia della controparte nonostante la diffida ad adempiere alla sottoscrizione dell’atto bonario, inviata dall’Archivio di Stato in data 30 marzo 2015- e, in subordine,
(II) per l’accertamento dell’inadempimento dell’attrice -non risultando completati i lavori concernenti il restauro interno ed esterno del Palazzo del Senato di Milano – con conseguente condanna al risarcimento del danno.
Nelle more, il Tribunale di Civitavecchia ha dichiarato il fallimento della (…) S.r.l. in liquidazione con la sent. n. 29/2016.
Con ordinanza del 4 ottobre 2016 il Tribunale di Roma ha ritenuto competente il Tribunale di Milano, avanti il quale il giudizio è stato riassunto da parte attrice.
Acquisito il fascicolo R.G. n. 48990/2015 del Tribunale di Roma, ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni, in occasione della quale sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c.. Depositate le memorie di cui alla suddetta norma, la causa viene decisa sulla scorta delle seguenti motivazioni.
2. Sull’eccezione preliminare di estinzione del processo.
Il Ministero ha eccepito l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 43, comma 3, L.F. e dell’art. 305 c.p.c.
L’eccezione non può essere accolta.
L’art. 43, comma 3, L.F., ai sensi del quale “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, si configura come norma speciale che prevede una deroga rispetto a quella generale dell’art. 300 c.p.c. relativa agli eventi interruttivi, in quanto, nel caso specifico dell’evento interruttivo rappresentato dal fallimento, ai sensi dell’articolo 43 L.F., l’interruzione è automatica e prescinde dalla dichiarazione della parte.
La norma va interpretata nel senso che, intervenuto il fallimento, l’interruzione è sottratta all’ordinario regime ex art. 300 c.p.c.
La giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che in caso di interruzione di diritto del processo, determinata dall’apertura del fallimento, il termine per la riassunzione del processo decorre, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 305 c.p.c., dalla data della legale conoscenza che dell’evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione. Peraltro, non si ritiene sufficiente la conoscenza da parte del curatore del solo evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, essendo altresì necessaria la conoscenza dello specifico giudizio sul quale il predetto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare.
Conoscenza che deve, peraltro, essere legale e quindi acquisita mediante una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo (cfr. Cass. n. 6398/2018, Cass. n. 8640/2018, Cass. n. 27165/2016, Cass. n. 5650/2013).
Occorre inoltre rilevare che grava sulla parte che eccepisce l’estinzione del giudizio l’onere di provare la conoscenza dei presupposti per la decorrenza del termine di riassunzione. Ciononostante il Ministero non ha assolto il proprio onere probatorio.
Per contro, e senza che ciò inverta il predetto criterio di riparto dell’onere della prova, la documentazione prodotta da parte attrice dimostra la tempestività della riassunzione.
Infatti, dall’allegato n. 1 della comparsa conclusionale di replica ex art. 190 c.p.c. della parte attrice emerge che solo in data 26.10.2016 il curatore fallimentare ha ricevuto, tramite pec inviata dall’avvocato della parte attrice fallita, notizia formale della pendenza del giudizio R.G. 48990/15 davanti al Tribunale di Roma (al quale è seguito l’odierno giudizio R.G. 3181/2017).
Considerato pertanto che la conoscenza da parte del curatore fallimentare della pendenza dell’odierno giudizio risale al 26.10.2016 e che la riassunzione del processo è avvenuta con atto di citazione del 20.12.2016, va affermata la tempestività della riassunzione del giudizio.
3. Sull’eccezione di nullità dell’atto di citazione.
Il Ministero ha eccepito la nullità dell’atto di citazione in quanto irritualmente notificato all’Avvocatura generale dello Stato in Roma anziché all’Avvocatura distrettuale dello Stato in Milano, ai sensi dell’art. 11, comma 1, R.D. n. 1611 del 1933.
L’eccezione non può essere accolta.
L’art. 144 c.p.c. stabilisce che le notifiche alle amministrazioni dello Stato si eseguono secondo le modalità stabilite dalle leggi speciali che, a loro volta, prevedono che la notifica ad un Ministero debba essere effettuata in persona del Ministro pro tempore presso “l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria presso cui pende la causa” (art. 11, comma 1, R.D. n. 1611 del 1933).
Ciononostante, nella specie la costituzione in giudizio del convenuto -che si è tra l’altro difeso nel merito- sana la predetta irregolarità ai sensi del combinato disposto degli artt. 160 e 164, comma 3, c.p.c., in quanto l’atto ha comunque raggiunto lo scopo cui era destinato.
Il principio, sancito in via generale dall’art. 156, comma terzo, c.p.c., secondo il quale “la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato” trova applicazione anche per le notificazioni, laddove l’atto, nonostante l’irritualità della notifica, è giunto comunque a conoscenza del destinatario.
4. Sull’inadempimento lamentato dal Fallimento (…) S.R.L..
Il Fallimento, a sostegno della domanda di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno, sostiene che l’amministrazione si sarebbe resa totalmente inadempiente alle obbligazioni contrattualmente assunte. Parte attrice chiede, infatti, di “dichiarare ai sensi dell’art. 1453 c.c. la risoluzione per inadempimento da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali del Turismo – Archivio di Stato del contratto di project financing di cui alle premesse”.
La domanda di parte attrice non merita accoglimento.
Se è vero che il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, è altrettanto vero che l’allegazione concernente l’inadempimento altrui deve comunque essere circostanziata.
La parte che dunque lamenta l’inadempimento deve precisare quali sono le condotte e le omissioni a fondamento dell’inadempimento, sì da consentire a controparte di esercitare il proprio diritto di difesa e così di dimostrare di avere correttamente adempiuto alle obbligazioni che si intendono inadempiute.
Per contro, nella specie, dalla pur dettagliata ricostruzione della vicenda per cui è causa da parte di (…) non si evincono quali sarebbero gli inadempimenti contestati a parte convenuta e in che cosa consisterebbero i danni che l’attrice assume di aver subito.
La difesa di (…) appare invero contraddittoria, in quanto da un lato lamenta la responsabilità dell’amministrazione per il mancato raggiungimento dell’accordo e dall’altro chiede la risoluzione del contratto di sponsorizzazione, senza tuttavia precisare quali siano stati in concreto gli inadempimenti da addebitarsi al Ministero e quale sia il nesso tra il mancato raggiungimento dell’accordo e la risoluzione del contratto di sponsorizzazione.
Ed infatti il Fallimento lamenta il “colpevole ritardo dell’archivio di Stato di Milano nel compiere tutti quegli adempimenti necessari alla risoluzione bonaria della controversia insorta in ragione del riconosciuto e mai negato diritto dell’attrice a beneficiare della proroga al contratto di project financing”, senza null’altro dedurre (cfr. pag. 7 atto in riassunzione).
Ebbene, in virtù del contratto di sponsorizzazione sottoscritto dalle parti in data 30 agosto 2008 “L’Archivio di Stato di Milano si impegna a concedere in esclusiva per anni tre, a far data dal presente contratto, alla Ditta (…) ogni ricavato dallo sfruttamento pubblicitario dei ponteggi istallati sulla facciata dell’edificio di Via (…) necessari per l’esecuzione dei lavori stessi”.
L’unica obbligazione contrattuale a carico del Ministero risulta quindi essere quella di consentire alla parte attrice lo sfruttamento economico derivante dall’esposizione di cartelloni pubblicitari sui ponteggi montati ai fini dell’esecuzione dei lavori di restauro del Palazzo del Senato di Milano.
Dalla ricostruzione della vicenda per cui è causa, non emerge (né è dedotto) alcun inadempimento da parte del Ministero alle obbligazioni contrattuali.
Ed, invero, l’Archivio di Stato di Milano ha concesso in esclusiva alla (…) ogni ricavato dello sfruttamento pubblicitario dei ponteggi di via (…), ben oltre i tre anni previsti originariamente dal contratto di sponsorizzazione concluso dalle parti.
La convenuta ha nel corso di tutto il rapporto negoziale tenuto una condotta improntata ai canoni di buona fede e correttezza, autorizzando un numero elevato di proroghe contrattuali, anche in considerazioni delle difficoltà e degli inconvenienti tecnici sopravvenuti nel corso dei lavori di restauro, con l’evidente finalità di pervenire alla conclusione dei lavori concordati senza aggravio di spese per la pubblica amministrazione.
Tale condotta è peraltro confermata dall’effettiva e provata – e altresì confermata dall’attore – ricerca da parte del Ministero di un accordo bonario con l’odierna parte attrice per dirimere controversie economiche insorte nel corso del rapporto contrattuale.
A tal proposito occorre, peraltro, rilevare che la circostanza sollevata dall’attrice per cui “la (…), per il tramite dello scrivente difensore, negava la propria disponibilità a comparire per la stipula dell’atto transattivo, considerato il tempo inutilmente trascorso e la oramai irrimediabile perdita dell’utilità derivante dall’eventuale perfezionamento dell’accordo medesimo” nulla dimostra in merito all’asserito inadempimento preteso in capo al Ministero.
Invero, l’asserito inadempimento del Ministero nell’addivenire ad un accordo non riguarda il contratto di sponsorizzazione e pertanto non si coglie come l’omessa conclusione delle trattative possa qualificarsi come inadempimento delle obbligazioni del contratto di sponsorizzazione rispetto al quale le vicende riguardanti il mancato raggiungimento dell’accordo sono del tutto estranee.
Parte attrice infatti ha chiesto la risoluzione del contratto di sponsorizzazione per il colpevole ritardo dell’Archivio di Stato nel compiere tutti quegli adempimenti necessari alla risoluzione bonaria della controversia insorta tra le parti.
Ebbene, alcun nesso intercorre tra il mancato raggiungimento dell’accordo bonario e la pretesa risoluzione del contratto di sponsorizzazione.
La prosecuzione di tale contratto infatti non è stata impedita dall’esito negativo delle trattative, le quali, si badi, si erano rese necessarie in merito agli oneri relativi al montaggio e lo smontaggio dei ponteggi in via (…), posto che, a dire di parte attrice, “tutti i costi relativi all’operazione di smontaggio (giugno 2013) e montaggio dei ponteggi per consentire i lavori … saranno a Vostro carico o da conteggiare in termini di maggiore durata dell’esposizione pubblicitaria” (cfr. punto 60 dell’atto di citazione e doc. 66 parte attrice).
Ebbene, l’incertezza della regolamentazione di tali costi non appare ragione di gravità tale da giustificare la risoluzione del contratto di sponsorizzazione, il quale avrebbe dunque potuto proseguire normalmente, anche a seguito della ulteriore proroga comunicata il 7 ottobre 2013.
Può dunque affermarsi che il mancato raggiungimento dell’accordo transattivo tra le parti non è causa di risoluzione del contratto di sponsorizzazione; né è fonte di autonomo risarcimento del danno, posto che a riguardo parte attrice nulla ha puntualmente dedotto e dimostrato.
In conclusione, non ravvisandosi alcuna responsabilità in capo al Ministero, le domande avanzate da parte attrice meritano l’interale rigetto.
5. Sulla domanda riconvenzionale del Ministero.
L’amministrazione ha chiesto la risoluzione del contratto di sponsorizzazione e la conseguente condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 2.000.000,00.
Una domanda siffatta, proposta nei confronti del Fallimento (…), è improcedibile.
L’accertamento del credito nei confronti del Fallimento è infatti devoluto alla competenza esclusiva del Tribunale fallimentare, ai sensi degli artt. 52 e 93 L.F.
Giova al riguardo richiamare il precedente giurisprudenziale secondo cui
“Qualora, nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto proponga domanda riconvenzionale diretta all’accertamento di un proprio credito nei confronti del fallimento, derivante dal medesimo rapporto, la suddetta domanda, per la quale opera il rito speciale ed esclusivo dell’accertamento del passivo ai sensi degli artt. 93 e ss. della l. fall., deve essere dichiarata inammissibile (o improcedibile se formulata prima della dichiarazione di fallimento e riassunta nei confronti del curatore) nel giudizio di cognizione ordinaria, e va eventualmente proposta con domanda di ammissione al passivo su iniziativa del presunto creditore, mentre la domanda proposta dalla curatela resta davanti al giudice per essa competente, che pronuncerà al riguardo nelle forme della cognizione ordinaria.
Tale principio opera anche quando, in un processo promosso da un soggetto “in bonis” per ottenere il proprio credito, il convenuto si costituisca e proponga domanda riconvenzionale per il pagamento di un credito nascente dal medesimo rapporto contrattuale e, successivamente, a seguito del fallimento del convenuto, il curatore si costituisca per coltivare la domanda riconvenzionale da quest’ultimo proposta, sicché in tal caso la domanda del fallito può essere coltivata dalla curatela in sede ordinaria, mentre quella nei confronti del fallito, divenuta improcedibile in sede ordinaria, deve essere necessariamente riproposta in sede fallimentare nel procedimento di accertamento del passivo” (cfr. Cass. n. 28833/2017).
Quanto poi alla domanda di risoluzione del contratto di sponsorizzazione, questa è prodromica alla domanda di condanna, come del resto emerge evidente dalle conclusioni del Ministero.
Al riguardo si badi che:
I. “sono azioni derivanti dal fallimento, ai sensi dell’art. 24 legge fall., quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito, compresi gli accertamenti che costituiscono premessa di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna; ne consegue che non rientra invece nella competenza funzionale del foro fallimentare, prevista dalla predetta norma, la domanda del terzo che, volta alla declaratoria di nullità di un contratto (nella specie, di edizione) stipulato dalla società fallita, abbia come scopo solo tale accertamento, sia pur ai fini di ottenere – mediante l’inibizione ad effettuare lo sfruttamento delle opere – la libera disponibilità dei relativi diritti, non assumendo, al riguardo, alcun rilievo che essi siano stati nel frattempo inventariati nell’attivo del fallimento, sia perché, comunque, in caso di nullità del contratto la società fallita non aveva acquisito alcun diritto, sia perché l’art. 103 legge fall. prevede l’obbligo di insinuare al passivo la domanda di rivendica dei beni in possesso del fallimento, ma non che tale forma sia da utilizzarsi per le domande di inibitoria che non comportino anche una riconsegna dei beni” (Cass. n. 17279/10);
II. “nelle azioni derivanti dal fallimento, sottoposte alla competenza funzionale del tribunale fallimentare, ai sensi dell’art. 24 legge fall., perché incidenti sul patrimonio del fallito, ivi compresi gli accertamenti che siano premessa di una pretesa verso la massa, rientra anche la domanda di risoluzione del contratto (nella specie, di produzione associata di opere filmiche) finalizzata alla domanda di risarcimento del danno nei confronti della società fallita” (Cass. n. 25868/2011).
Ebbene, nella specie il Ministero ha avanzato una domanda riconvenzionale (di risoluzione del contratto e di condanna) che in concreto potrebbe significativamente incidere sul patrimonio passivo del Fallimento, in spregio alle regole poste a tutela della par condicio creditorum, avendo chiesto, in forza dell’accertata risoluzione, una condanna di Euro 2.000.000,00.
Ebbene, non è revocabile in dubbio che la domanda di risoluzione (che presuppone l’accertamento della responsabilità di (…)) costituisce un’azione prodromica a conseguire il risarcimento del danno, ciò costituendo evidentemente la premessa di una pretesa patrimoniale nei confronti della massa.
In caso contrario, sarebbe leso il principio di paritario soddisfacimento di tutti i creditori e di cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche nei confronti del Fallimento.
Conseguentemente, tali domande vanno dichiarate improcedibili.
In conclusione, facendo applicazione di tali principi nel caso di specie, in merito alla domanda riconvenzionale proposta nei confronti del Fallimento (…), essa deve essere dichiarata improcedibile, in quanto l’intervenuta dichiarazione di fallimento dell’attrice preclude l’esame della domanda rivolta nei suoi confronti, imponendo alla convenuta, se intende coltivare la domanda riconvenzionale o l’accertamento di un proprio credito nei confronti dell’attrice, di riproporre tale domanda in sede fallimentare (cfr. anche, da ultimo, Cass. 9198 del 10/4/2017).
6. Conclusioni.
Le domande di parte attrice meritano il rigetto.
La domanda riconvenzionale di parte convenuta va dichiarata improcedibile.
La reciproca soccombenza comporta l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, così decide:
1) rigetta le domande di parte attrice;
2) dichiara improcedibile la domanda riconvenzionale di parte convenuta;
3) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Così deciso in Milano l’8 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria l’8 aprile 2019.