la denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, ben può provenire anche dall’acquirente dell’immobile, avuto riguardo alla generale finalità di tutela a fondamento delle disposizioni di cui all’art. 1669, c.c., dirette a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidano significativamente sugli elementi essenziali dell’opera, compromettendone la conservazione, e dando luogo ad un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, il costruttore responsabile per gli effetti di cui all’art. 1669, c.c., ben può essere individuato nella figura (anche non professionale né imprenditoriale) della parte venditrice, qualora, come nella specie, essa abbia proceduto alla costruzione del manufatto mantenendo quantomeno un potere di sorveglianza e verifica sul relativo procedimento edificatorio. L’art. 1669 c.c. trova applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche qualora la costruzione stessa sia a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale. Inoltre chi abbia deciso di far costruire un immobile da destinare alla successiva vendita (intera o frazionata) a terzi, è tenuto alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c..
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Tribunale|Sassari|Sezione 2|Civile|Sentenza|23 agosto 2022| n. 865
Data udienza 23 agosto 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI
II SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 638/2015 promossa da:
(…) (C.F. (…) ), con il patrocinio dell’avv. AN.SI., presso cui è elettivamente domiciliato
ATTORE
contro
(…), col patrocinio dell’avv. LUCIANO SECHI, presso cui è elettivamente domiciliata
CONVENUTA
Oggetto: responsabilità extracontrattuale – risarcimento del danno
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con citazione notificata il 13 febbraio 2015 (…) conveniva davanti a questo tribunale (…) chiedendone la condanna al risarcimento del danno quantificato come in epigrafe.
Esponeva di aver acquistato dalla convenuta, con atto pubblico del 25 febbraio 2010, un fabbricato su due livelli, con terreno circostante, ubicato nella regione (…) di (…) e che nel maggio del 2011 si erano manifestati gravi vizi e difetti nell’immobile, edificato dalla stessa parte alienante, consistenti in estese infiltrazioni di umidità ed intasamento dei pozzetti di raccolta delle acque, meglio descritti in esito al procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso nell’ottobre del 2011.
Il consulente d’ufficio, nella relazione depositata il 27 dicembre 2011, aveva rilevato gravi carenze costruttive nell’immobile, indicando e quantificando in oltre 92.000,00 Euro i costi necessari per provvedere al suo risanamento. Aggiungeva che erano rimaste senza esito le lettere raccomandate inviate alla convenuta, con cui egli aveva richiesto il ristoro dei danni, rapportati alle spese necessarie al ripristino di normali condizioni di vivibilità dell’immobile, destinato ad abitazione, nonché al pregiudizio subito per aver sofferto i disagi conseguenti alla sua insalubrità.
Invocando quindi la responsabilità dell’alienante-costruttrice ai sensi dell’art. 1669, c.c., o comunque dell’art. 2043, c.c., concludeva come riportato in epigrafe.
Si costituiva la convenuta e contestava la domanda, eccependo l’intervenuta formazione del giudicato sulla pretesa risarcitoria azionata, dato che con sentenza n. 1594/2014 del 4 dicembre 2014 questo tribunale aveva già disatteso un’identica domanda proposta dal medesimo (…) ai sensi dell’art. 1492, c.c., e dichiarato inammissibile quella da lui proposta ex art. 1669, c.c.. Eccepiva inoltre la decadenza e la prescrizione del diritto esercitato dall’attore e, nel merito, l’infondatezza della domanda. Concludeva come sopra trascritto.
Acquisita la consulenza tecnica d’ufficio depositata nel procedimento di accertamento preventivo, la causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all’udienza del 12 aprile 2022 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190, c.p.c..
L’eccezione preliminare attinente alla formazione del giudicato è infondata, dato che la sentenza richiamata in epigrafe aveva reputato inammissibile, perché proposta tardivamente, la domanda formulata ex art. 1669, c.c., dall’attore, che nel precedente giudizio aveva agito in relazione ai medesimi fatti, invocando tuttavia la responsabilità contrattuale della venditrice e chiedendo la conseguente riduzione del prezzo (domanda disattesa dal tribunale per l’intervenuta decadenza e, comunque, per la decorsa prescrizione annuale).
Il sig. (…) agisce, invece, nel presente giudizio denunciando i gravi difetti costruttivi previsti dall’art. 1669, c.c., e, in subordine, ai sensi dell’art. 2043, c.c., invocando quindi una responsabilità extracontrattuale della convenuta quale costruttrice dell’immobile viziato e chiedendone la condanna (non alla riduzione del prezzo della compravendita, ma) al risarcimento del danno che assume di aver subito a causa delle evidenziate carenze nell’edificazione del fabbricato.
Sia il petitum che la causa petendi risultano dunque differenti rispetti a quelli che avevano caratterizzato la domanda già proposta e sulla quale si è formato il giudicato, osservandosi anche che nessuna pronuncia era stata adottata in quel giudizio circa il rapporto e le responsabilità della venditrice dedotti con la presente domanda.
Quanto alle eccezioni di decadenza e prescrizione, è sufficiente rilevare che solo a seguito del deposito, nel dicembre 2011, della relazione di a.t.p. l’odierno attore, che già nel maggio precedente aveva constatato e comunicato alla venditrice la presenza dei fenomeni denunciati, era stato messo in grado di apprezzare compiutamente l’origine e la derivazione causale, in termini di specifiche carenze nelle tecniche di progettazione e costruzione, dei difetti in questione, trovando nella specie applicazione il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza, per cui il termine di decadenza decorre solamente dal giorno in cui il committente o acquirente dell’immobile consegua un grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione dall’imperfetta esecuzione dell’opera. Non è, infatti, determinante a tal fine la mera conoscenza del verificarsi dei fenomeni (nella specie, presenza di estese infiltrazioni di umidità e traboccamento dei pozzetti) la cui origine non poteva propriamente e compiutamente essere indagata senza l’ausilio di una consulenza tecnica che accertasse il difetto costruttivo a base delle gravi infiltrazioni osservate.
Il dies a quo del termine annuale di cui all’art. 1669, co. 1, c.c., dev’essere pertanto ricondotto alla data del deposito, nel dicembre del 2011, della relazione del consulente nominato in sede di accertamento tecnico preventivo (al riguardo, Cass. Civ. n. 24486/2017 e Cass. Civ. 27693/2019).
Col successivo invio delle due lettere raccomandate ricevute dalla convenuta in data 17 ottobre e 2 novembre 2012 (v. missive allegate sub 7 e 8 dall’attore) era stata quindi impedita ogni decadenza.
Era stato poi efficacemente interrotto dal sig. (…) il termine prescrizionale annuale di cui all’art. 1669, co.2 , c.c., con la proposizione del giudizio di merito, avvenuta con ricorso depositato nel marzo 2013, procedimento nel cui ambito era stata proposta anche la domanda ex art. 1669, c.c., dichiarata inammissibile con la richiamata sentenza.
Deve pertanto escludersi che siano maturati i termini di decadenza e prescrizione previsti dalla disposizione richiamata, rammentandosi che la prescrizione non ricomincia a decorrere sino alla definizione del giudizio (art. 2945, co. 2, c.c.).
Quanto alla legittimazione passiva della convenuta, è opportuno richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, posto che la denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, ben può provenire anche dall’acquirente dell’immobile, avuto riguardo alla generale finalità di tutela a fondamento delle disposizioni di cui all’art. 1669, c.c., dirette a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidano significativamente sugli elementi essenziali dell’opera, compromettendone la conservazione, e dando luogo ad un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, il costruttore responsabile per gli effetti di cui all’art. 1669, c.c., ben può essere individuato nella figura (anche non professionale né imprenditoriale) della parte venditrice, qualora, come nella specie, essa abbia proceduto alla costruzione del manufatto mantenendo quantomeno un potere di sorveglianza e verifica sul relativo procedimento edificatorio.
Il giudice di legittimità ha, invero, anche recentemente ribadito come l’art. 1669 c.c. trovi applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche qualora la costruzione stessa sia a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale.
Ha inoltre specificato che chi abbia deciso di far costruire un immobile da destinare alla successiva vendita (intera o frazionata) a terzi, è tenuto alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. (al riguardo, Cass civ. sez. II, n.20877 del 30 settembre 2020).
Nella specie, parte attrice ha documentato che la sig.ra B., come dichiarato espressamente nell’atto di compravendita in data 25 febbraio 2010, aveva “edificato in proprio” l’immobile in questione e, in difetto di elementi di valutazione deponenti in senso contrario, ella dev’essere ritenuta quantomeno corresponsabile della relativa costruzione, dato che “l’azione di responsabilità (…) può essereesercitata, non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera” (così la sezione II della Cassazione civile, ordinanza n. 4055/2018). D’altra parte, per esimersi dalla responsabilità propria del costruttore, la convenuta avrebbe dovuto invocare una responsabilità altrui, chiamando in causa il progettista, il direttore dei lavori, l’impresa appaltatrice e, in generale, i soggetti cui ritenesse di ascrivere alternativamente o in concorso le rilevate carenze costruttive.
Tanto premesso, venendo dunque al merito della domanda, avuto riguardo alla documentazione dei gravi vizi manifestati dall’immobile desumibili, oltre che dagli eloquenti rilievi fotografici versati in atti dall’attore, dagli accertamenti eseguiti in esito all’a.t.p. dal consulente nominato dal giudice, appare manifesta la ricorrenza di quei “… gravi difetti i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina ed evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudicano o menomano in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo” (così la richiamata ordinanza).
Le diffuse ed estese infiltrazioni di umidità interessanti l’immobile, provenienti sia dalla parte sottostante alla pavimentazione (umidità da risalita capillare) che dai suoi muri perimetrali, e la presenza di vaste aree interessate dall’evidente formazione di muffe, hanno gravemente e palesemente compromesso la funzione e la normale fruibilità del manufatto il cui intero perimetro è, inoltre, interessato da lesioni orizzontali, visibili anche lungo la facciata.
Il CTU, nel rispondere ai quesiti formulati, ha in particolare evidenziato, in esito ad un’accurata ed esauriente indagine in loco, le carenze costruttive riscontrate, riconducibili essenzialmente alla totale mancanza dell’intercapedine fra il terreno ed il muro perimetrale del seminterrato dell’edificio (anche in violazione dei criteri edificatori previsti espressamente dal Regolamento edilizio comunale), con conseguenti gravi carenze d’isolamento ed impermeabilizzazione delle mura, alla totale mancanza di isolamento delle fondazioni e dei vespai, privi di camera d’aria di drenaggio e di alcuna ventilazione del sottofondo della pavimentazione. Ha, ancora, riscontrato la presenza di fessurazioni interessanti l’intero perimetro dell’edificio, lungo i suoi muri portanti, la totale difformità dalle regole tecniche costruttive anche dei pozzetti di raccolta delle acque bianche e nere e, infine, la presenza in un tratto della cantina di una roccia che concorre ad aggravarne l’umidità.
Rimandandosi all’analitica descrizione ed ai rilievi tecnici illustrati dal CTU nell’elaborato, regolarmente acquisito al presente giudizio, appare anche congrua ed esente da rilievi la quantificazione (si rimanda all’accurata descrizione dei lavori contenuta nella relazione dell’esperto) delle opere indispensabili al risanamento della costruzione dall’umidità, stimata in complessivi Euro 92.440,50.
Non risultano adeguatamente dimostrate le altre voci di danno domandate dall’attore, anche tenuto conto della carenza di prova circa l’effettiva destinazione (stabilmente) abitativa dell’immobile.
Considerato che il risarcimento è stato domandato da parte attrice per equivalente, esso va pertanto commisurato a detto importo, ossia ai costi necessari per ripristinare e ristrutturare l’immobile, riconducendolo a normali condizioni di godimento e fruibilità (sulla spettanza ed i criteri risarcitori, Cass. civ. sez. II, ordinanza dep. il 30 aprile 2021).
La somma, costituente debito di valore, è dovuta dalla convenuta con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012) sino al saldo, con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, a carico della convenuta.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, in accoglimento, per quanto di ragione, della domanda, condanna la convenuta (…) al pagamento in favore dell’attore (…) della complessiva somma di Euro 92.440,50, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012), con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo.
Condanna la convenuta alla rifusione in favore dell’attore delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro8.960,00, oltre rimborso forfetario ed oneri di legge, per il presente giudizio di merito, e in ulteriori Euro1.320,00 per il procedimento di a.t.p., nonché alla rifusione dei compensi liquidati al CTU (Euro 1750,00 per onorari e spese).
Così deciso in Sassari il 23 agosto 2022.
Depositata in Cancelleria il 23 agosto 2022.
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