Sono inammissibili le domande “connesse”, sottoposte a rito ordinario, nel giudizio di separazione o divorzio: l’art. 40 c.p.c. consente, infatti, nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi. Conseguentemente, è esclusa la possibilità del “simultaneus processus” tra l’azione di separazione o di divorzio e quelle aventi ad oggetto, tra l’altro, la restituzione di beni mobili o il risarcimento del danno. Nel procedimento di divorzio, come in quello di separazione non possono essere introdotte domande diverse da quelle che sono strettamente attinenti all’oggetto del giudizio, in quanto consequenziali alle statuizioni ivi emanate in tema di rapporti personali tra le parti e di rapporti tra questi e la prole. Possono essere dunque formulate domande relative alla responsabilità genitoriale (affidamento, collocamento, diritto di visita), all’assegno divorzile e a quello perequativo per i figli, all’assegnazione della casa coniugale, nonché la domanda di prestazione di garanzia reale o personale o di autorizzazione a procedere a sequestro. Tutte le altre domande sono inammissibili, per violazione dell’art. 40 c.p.c.
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Tribunale|Rieti|Civile|Sentenza|8 settembre 2022| n. 376
Data udienza 8 settembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale, in persona dei seguenti magistrati:
Gianluca Morabito – Presidente est.
Barbara Vicario – Giudice
Francesca Sbarra – Giudice
riunito nella camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. …/2017, posta in deliberazione all’udienza del 19.05.2022 e vertente
TRA
M.P. (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Rieti, via della., presso lo studio dell’avv. …, che la rappresenta e difende come da delega a margine del ricorso
RICORRENTE
E
C.B. (C.F. (…)), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. …e dall’avv…., elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Rieti, via., come da mandato a margine della memoria difensiva e di costituzione
RESISTENTE
– con l’intervento in causa del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rieti.
OGGETTO: separazione personale dei coniugi.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso ritualmente depositato e notificato M.P., premesso di aver contratto matrimonio civile con C.B. in data 09.07.2003 a Roma, unione dalla quale era nata la figlia minore I. ((…)), che la casa coniugale sita in R., via O. di F. n. 13, era di proprietà del resistente, che il matrimonio non aveva sortito effetti felici, che già dal 2010 erano insorti problemi tra i coniugi, che la crisi negli anni era talmente degenerata che i coniugi vivevano ormai da separati in casa, di essere disoccupata, di percepire una pensione di invalidità di Euro 279,00, che il B. aveva un contratto di lavoro presso l’azienda “A.” con stipendio mensile di Euro 1.800,00, che lo stesso aveva intrattenuto diverse relazioni extraconiugali ed era “solito frequentatore di prostitute e trans” e che il B. aveva da tempo lasciato la casa coniugale, privando moglie e figlia dei mezzi di sussistenza anche minimi, chiedeva pronunciarsi la separazione dei coniugi con addebito al resistente, disporsi l’affidamento condiviso della minore, il collocamento prevalente della stessa presso la residenza materna in R., via O. di F. n. 13, regolarsi le modalità di esercizio del diritto di visita da parte del padre, disporsi l’assegnazione a sé della predetta casa coniugale, dichiararsi il coniuge tenuto a versarle Euro 600,00 mensili per il mantenimento proprio e della figlia e condannarsi, altresì, il resistente al risarcimento del danno per violazione dei doveri coniugali.
C.B., costituitosi in giudizio, non si opponeva alla pronuncia di separazione, ma contestava integralmente la ricostruzione dei fatti avversaria deducendo, tra l’altro, che la ricorrente svolgeva attività lavorativa in nero come badante presso la sig.ra A.C. con retribuzione mensile di Euro 600,00, di lavorare come operatore della mobilità presso l’azienda “A.” con stipendio mensile di Euro 1.400,00, di provvedere da solo al pagamento della rata mensile del mutuo gravante sull’immobile di Euro500,00 e di ulteriore rata mensile di Euro120,00 per il pagamento dell’auto, di vivere presso la madre, non essendo in grado di sostenere un affitto, di soffrire di problemi di salute e di non avere mai intrattenuto relazioni extraconiugali.
Il resistente concludeva per la pronuncia di separazione, perché la casa coniugale venisse messa in vendita, al fine di estinguere il mutuo con il ricavato e con vincolo dell’eventuale eccedenza in favore della minore, per l’affidamento condiviso di I., con collocamento prevalente della stessa presso di sé, per il rigetto della domanda di mantenimento avanzata in proprio dalla ricorrente, per il proprio impegno al pagamento del mutuo e delle spese condominiali fino alla vendita dell’immobile, perché controparte fosse dichiarata tenuta a pagare le utenze e le spese di manutenzione ordinarie della casa, oltre che dell’ICI e dichiarava, altresì, di non prestare il consenso al rilascio del documento di identità valido per l’espatrio.
All’udienza presidenziale comparivano entrambi i coniugi ed il giudice delegato alla fase presidenziale, verificata l’impossibilità di qualsiasi riconciliazione, disponeva procedersi all’espletamento di CTU volta ad accertare la capacità genitoriale delle parti, all’esito della quale, avendo le parti concordato sul collocamento prevalente della minore presso la madre nella casa familiare, erano adottati i provvedimenti provvisori, del seguente tenore: “autorizza i coniugi a vivere separati con obbligo di reciproco rispetto; B) dispone l’affidamento condiviso della minore I.
ad entrambi i coniugi, con collocamento prevalente presso la madre nella casa coniugale sita in R., via O. D. F. n. 13, che contestualmente assegna alla sig.ra P.; C) dispone che il sig. B. possa vedere e tenere con sé la figlia I. con le seguenti modalità: 1) due pomeriggi a settimana da individuarsi (salvo diversi accordi tra le parti) nelle giornate di martedì e giovedì, quando il padre passerà a prendere la minore alle ore 16,30 e la riaccompagnerà dalla madre alle ore 19,30; 2) dall’uscita da scuola il venerdì alla domenica sera alle ore 19,00, a settimane alterne; 3) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; 4) nel periodo pasquale, il sabato e la domenica di Pasqua o il lunedì dell’Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; 5) nell’estate, 15 giorni anche non consecutivi da concordarsi tra le parti entro il 31 maggio di ciascun anno; D) dispone che il resistente corrisponda alla ricorrente, a titolo di mantenimento della minore, la somma mensile di Euro250,00, da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese a mezzo vaglia postale o altro strumento equivalente e soggetta a rivalutazione annua in base agli indici ISTAT; E) dispone, altresì, che il B. corrisponda alla sig.ra P., a titolo di mantenimento in proprio, la somma di Euro150,00 mensili, da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese a mezzo vaglia postale o altro strumento equivalente e soggetta a rivalutazione annua in base agli indici ISTAT; F) invita le parti ad intraprendere immediatamente un percorso di mediazione familiare presso professionista competente, che contempli almeno una frequenza al mese per i primi sei mesi ed una frequenza ogni due mesi per il periodo successivo; G) dispone che i Servizi Sociali territorialmente competenti provvedano a monitorare periodicamente l’andamento del menage familiare, fornendo a questo Tribunale periodiche relazioni (con cadenza almeno semestrale); H) autorizza il rilascio e/o rinnovo del passaporto della minore, in assenza di reciproco consenso”.
La causa veniva, quindi, rinviata all’udienza di prima comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c.
Erano espletate prova per interpello e per testi e la causa veniva, infine, rimessa al Collegio per la decisione all’udienza del 19.05.2022, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. e trasmissione degli atti al P.M. per le proprie conclusioni.
In via preliminare e tenuto conto del fatto che la ricorrente è di nazionalità polacca, deve rilevarsi che nella presente fattispecie sussiste senz’altro la giurisdizione del giudice italiano ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 L. n. 218 del 1995, dovendo presumersi la comune residenza delle parti in Italia, alla stregua della certificazione versata in atti ed atteso, in ogni caso, il tenore dell’art. 3, I co., Reg. CE n 2201/03, secondo cui competente a decidere in ordine alle questioni, tra l’altro, di separazione dei coniugi è l’autorità giurisdizionale ove si trova l’ultima residenza abituale dei coniugi, se uno di essi vi risiede ancora, laddove nel caso che ci occupa è pacifico che l’ultima residenza abituale dei coniugi si trova in Italia, dove entrambe le parti risultano ancora risiedere (si vedano certificazioni di residenza e stato di famiglia in atti).
Quanto alla legge applicabile, soccorre l’art. 31 della suddetta legge, secondo cui in assenza (come nel caso di specie, stante la diversa nazionalità dei coniugi) di legge nazionale comune applicabile, si applica la legge dello Stato nel quale la legge matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.
Deve rilevarsi, altresì, che ai sensi dell’art. 8 del Reg. CE n. 1259/10, in mancanza di una scelta espressa di comune accordo dai coniugi ex art. 5 in ordine alla legge applicabile, la separazione personale è disciplinata: a) dalla legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; b) in mancanza, dalla legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi, sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; c) in difetto, dalla legge dello Stato di cui i coniugi sono cittadini al momento della proposizione della domanda di separazione; d) infine, dalla legge dello Stato in cui è adita l’autorità giudiziaria.
Ebbene, nel caso che ci occupa, in mancanza di una scelta comune dei coniugi circa la legge applicabile ed essendosi la vita coniugale pacificamente svolta in Italia, legge applicabile sarà senz’altro la legge italiana in base a tutti i criteri poc’anzi evocati.
Nel merito, si osserva quanto segue.
1. Domanda di separazione.
Non vi è contestazione sulla impossibilità di ricostituire il consorzio familiare. Le allegazioni delle parti in ordine al deteriorarsi dei rapporti tra i coniugi, il tenore della domanda di addebito avanzata dalla ricorrente e la separazione protrattasi per tutta la durata del processo conducono ad escludere la possibilità di una riconciliazione tra i coniugi ed a riconoscere la intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Deve, in conseguenza, essere pronunciata la separazione giudiziale dei coniugi.
2. Addebito
Non ha trovato riscontri probatori la richiesta di addebito al coniuge della separazione, formulata dalla P..
Al riguardo, all’esito della espletata prova orale non è emersa alcuna prova in ordine alle relazioni extraconiugali asseritamente intrattenuta dal B.: al riguardo, i testi indotti da parte ricorrente si sono, infatti, limitati a riferire circostanze apprese de relato dalla stessa P. – prive, come tali, di efficacia probatoria – e di avere visto fotografie ritraenti il resistente in compagnia di uomini e donne, da ritenersi del tutto neutre ai fini che qui interessano.
Anche a voler, peraltro, ammettere (fatto in sé già carente di prova, come si è detto sin qui) l’esistenza delle dedotte relazioni, difetterebbe comunque ogni prova in ordine al rapporto di causalità tra le stesse e la crisi coniugale, specie a fronte della genericità delle deposizioni, che non contestualizzano e non collocano temporalmente le asserite relazioni e delle molteplici criticità e problematiche che, per ammissione esplicita di entrambe le parti, hanno afflitto il rapporto coniugale per tutta la sua durata.
Ne segue l’inevitabile rigetto della domanda di addebito della separazione, la stessa essendo rimasta sfornita di prova.
3. Affidamento della figlia minore.
Va premesso in linea generale che lo strumento dell’affido condiviso è oggi espressamente contemplato, con specifico riferimento, tra l’altro, alla materia della separazione, dalle disposizioni di cui agli artt. 337bis ss. c.c., in tema di “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio”.
Trattasi di strumento che il legislatore mostra chiaramente di privilegiare, disponendo l’art. 337ter c.c. al I co. che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale e al II co. che il Giudice, per realizzare le finalità sopra indicate, nei procedimenti ex art. 337bis c.c. adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa e valutando, prioritariamente, la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori.
Nella specie, entrambe le parti hanno chiesto disporsi l’affidamento condiviso della minore 1, finendo per concordare (v. conclusioni della memoria difensiva depositata dal B. per la fase di merito e verbale di udienza del 31.07.2018) anche sul collocamento prevalente della stessa presso la madre nella ex casa coniugale sita in R., via O. di F. n. 13; soluzione avvalorata, altresì, dalle risultanze della espletata CTU (v. conclusioni alle pagg. 59-60 della relazione peritale).
Al Collegio non resta, pertanto, che prendere atto della concorde volontà delle parti e disporre in conformità, tenuto conto anche del parere del Pubblico Ministero che, nel concludere per l’accoglimento del ricorso, ha implicitamente concordato su tale opzione.
4. Assegnazione della casa familiare.
Sul tema, va premesso in linea generale che per giurisprudenza costante, tanto il previgente art. 155 c.c. nel testo in vigore fino all’entrata in vigore della L. n. 54 del 2006, quanto il vigente art. 155quater c.c., in tema di separazione, quanto ancora l’art. 6 L. n. 898 del 1970, subordinano l’adottabilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi: in difetto di tale elemento, sia che la casa coniugale sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non autorizzandolo neppure l’art. 156 c.c., che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento (Cass. civ. n. 6079/07).
Alla luce delle sopra richiamate coordinate ermeneutiche e tenuto conto del fatto che in virtù delle considerazioni svolte al punto che precede, la figlia minore I. è stata collocata in via prevalente presso la madre, deve essere, pertanto, confermata l’assegnazione alla sig.ra P. della casa familiare sita in R., via O. di F. n. 13, già disposta in sede di provvedimenti presidenziali.
Posta, peraltro, l’attuale inagibilità dell’immobile, di cui sono stati disposti lo “Sgombero totale e messa in sicurezza” con l’ordinanza del Comune di Rieti-Gestione e manutenzione beni demaniali-Ambiente-Protezione civile prodotta in all. 1 alla memoria n. 2 di parte resistente, il godimento del cespite stesso da parte di madre e figlia dovrà essere necessariamente subordinato al previo ripristino di agibilità ed adeguate condizioni di sicurezza dello stesso.
5. Regime di visite del genitore non collocatario.
Avuto riguardo alla situazione lavorativa del resistente, appare indispensabile favorire, quanto più possibile, le occasioni di incontro tra il padre e la figlia I., per garantire un corretto sviluppo psicofisico della minore ed una equilibrata compresenza delle figure genitoriali.
In tal senso, si ritiene di confermare – in assenza, anche sotto tale profilo, di indicazioni contrarie emerse all’esito del giudizio – il regime di visite stabilite in sede di ordinanza presidenziale, di tal ché il resistente potrà continuare a vedere e tenere con sé la I., compatibilmente con i suoi impegni personali e di lavoro e con quelli scolastici della figlia e salvi sempre i diversi accordi tra le parti, con le seguente modalità: 1) due pomeriggi a settimana da individuarsi (salvo diversi accordi tra le parti) nelle giornate di martedì e giovedì, quando il padre passerà a prendere la minore alle ore 16,30 e la riaccompagnerà dalla madre alle ore 19,30; 2) dall’uscita da scuola il venerdì alla domenica sera alle ore 19,00, a settimane alterne; 3) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; 4) nel periodo pasquale, il sabato e la domenica di Pasqua o il lunedì dell’Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; 5) nell’estate, 15 giorni anche non consecutivi da concordarsi tra le parti entro il 31 maggio di ciascun anno.
6. Mantenimento della figlia minore.
Sul tema, costituisce principio condiviso quello secondo cui a seguito della separazione personale tra coniugi, anche la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione gli artt. 30 Cost. e 147 c. c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbligano i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. civ. n. 21273/13).
Tanto premesso, in sede di provvedimenti provvisori del 06.08.2018 il giudice delegato alla fase presidenziale aveva previsto il versamento, a carico del sig. B., della somma mensile di Euro250,00 annualmente rivalutabili in base agli indici ISTAT, a titolo di mantenimento della figlia I., ritenendola congrua alla luce delle evidenze disponibili e della situazione patrimoniale del resistente e tenuto conto dell’impegno assunto in tal senso dallo stesso padre.
Tale evidenza non appare essersi modificata in corso di causa, non essendo stata prodotta documentazione reddituale aggiornata e in difetto, altresì, di allegazione di sopravvenienze tali da suggerire che l’assetto economico di cui sopra possa aver subito dei mutamenti durante il giudizio.
Al Collegio non resta, pertanto, che confermare il tenore dell’ordinanza presidenziale e disporre a carico del B. il versamento, per il mantenimento della figlia, della somma di Euro250,00 mensili annualmente rivalutabili in base agli indici ISTAT e da corrispondere alla P. entro il giorno 5 di ogni mese, a mezzo vaglia postale o con altro strumento equivalente.
Per identiche ragioni, il resistente dovrà essere dichiarato, altresì, tenuto a concorrere alle spese straordinarie mediche non coperte dal SSN, scolastiche, sportive e ricreative relative alla figlia in misura pari al 50%, dietro esibizione di idonea documentazione giustificativa.
7. Mantenimento del coniuge.
Deve premettersi in linea generale che per giurisprudenza costante, al coniuge cui non sia addebitabile la separazione spetta, ai sensi dell’art. 156 c.c., un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, sempre che non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione, che sussista una differenza di reddito tra i coniugi (Cass. civ. n. 1480/06, n. 13747/03) e che risulti, altresì, la capacità del coniuge onerato di far fronte con le proprie sostanze al relativo esborso.
Nel caso che ci occupa, in sede presidenziale si era evidenziata la sperequazione economica tra le condizioni delle parti, atteso lo stato di disoccupazione riferito dalla ricorrente, percettrice della sola pensione di invalidità di Euro279,00, a fronte del reddito mensile di Euro1.400,00 dichiarato dal resistente, elementi alla luce dei quali si era previsto che il B. versasse alla P., a titolo di mantenimento in proprio, la somma mensile di Euro150,00 soggetti a rivalutazione annua in base agli indici ISTAT.
Nelle more del giudizio è emerso, peraltro, che la ricorrente percepisce attualmente dal Comune di Rieti l’ulteriore importo mensile di Euro750,00 a titolo di indennizzo per lo sgombero coatto disposto dal Comune con la sopra citata ordinanza comunale del 21.12.2018; circostanza confermata dalla stessa P. in sede di interrogatorio formale.
La circostanza – riferita dalla difesa della ricorrente all’udienza del 28.09.2021 – che a venire in considerazione sia un mero di “contributo…. di natura abitativa per l’immobile condotto in locazione dalla propria assistita per l’inagibilità dell’abitazione di residenza” non è stata, tuttavia, contestata ex adverso ed è indirettamente confermata dalla documentazione prodotta dalla difesa del B. in all. 1 al proprio fascicolo, da cui risulta l’ordine di sgombero dell’abitazione e, quindi, la sostanziale impossibilità, allo stato, di goderne da parte di madre e figlia.
La valutazione di sperequazione economica in essere tra le parti risulta, pertanto, confermata all’esito del giudizio ed è, anzi, ulteriormente avvalorata dalla pure documentata invalidità civile della sig.ra P., che all’esito della visita svolta dall’INPS – Commissione medica superiore volta alla “verifica.. ..sulla permanenza dei requisiti sanitari per usufruire della pensione, assegno e indennità disposta ai sensi dell’art. 20, comma 2, L. n. 102 del 2009”, ha visto confermata la propria condizione di invalidità “.con riduzione permanente della capacità lavorativa dal 74% al 99% artt. 2 e 13 L. n 118 del 1971 e art. 9 D.L. n. 509 del 1988” (v. all. 6 al fascicolo di parte ricorrente), ciò che incide, evidentemente, in negativo sulla capacità reddituale della parte.
Non è stato, infine, provato l’attuale svolgimento di attività lavorativa di badante da parte della sig.ra P., la quale in sede di interrogatorio formale si è limitata a dichiarare di essersi saltuariamente occupata delle pulizie presso l’abitazione della sig.ra C. (oggi deceduta), ricevendone in cambio “qualche soldo per aiutarmi ad andare avanti”.
A ciò si aggiunga che la difesa del resistente non ha prodotto nessuna dichiarazione dei redditi, il che non consente di verificare quanto dallo stesso dichiarato in merito alla sua riferita impossibilità di far fronte al mantenimento della moglie e della figlia e che il Pubblico Ministero, nel concludere per l’accoglimento del ricorso, ha evidentemente anch’egli ritenuto che ricorressero le condizioni per la previsione di un assegno in favore della ricorrente.
Sussistono, in definitiva, i presupposti per riconoscere alla P., il diritto a percepire dal ricorrente un importo a titolo di mantenimento, quantificabile – tenuto conto di tutti gli elementi acquisiti e sopra richiamati, del fatto che non sono state ex adverso allegate fonti di reddito ulteriori, rispetto allo stipendio mensile come operatore di mobilità presso l’A., in capo al sig. B., della circostanza pacifica che lo stesso è onerato della rata dal mutuo relativo all’acquisto dell’immobile già casa coniugale pari a Euro500,00 mensili, oltre che delle ulteriori spese inerenti al cespite (condominio, tasse ecc.) e del principio generale secondo cui ai fini della determinazione dell’importo del mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali (Cass. civ. n. 25618/07) – nella somma già disposta in sede provvisoria di Euro150,00 mensili, annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT e che il B. dovrà essere, in conclusione, dichiarato tenuto a corrispondere alla ricorrente mediante vaglia postale o altro mezzo equivalente entro il giorno 5 di ogni mese.
8. Ulteriori domande.
La domanda di risarcimento dei danni di cui al punto n. 5) delle conclusioni del ricorso e le domande di cui ai punti nn. 2) e 7) delle conclusioni della memoria difensiva depositata dal B. per la fase di merito devono essere dichiarate inammissibili, per le ragioni di seguito esposte.
Ed invero, la giurisprudenza è ormai costante nel giudicare manifestamente inammissibili le domande “connesse”, sottoposte a rito ordinario, nel giudizio di separazione o divorzio: l’art. 40 c.p.c. consente, infatti, nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi.
Conseguentemente, è esclusa la possibilità del “simultaneus processus” tra l’azione di separazione o di divorzio e quelle aventi ad oggetto, tra l’altro, la restituzione di beni mobili o il risarcimento del danno (Trib. Milano, sez. IX civ., sent., 6 marzo 2013; ancor più recente: Trib. Milano, sez. IX, sent., 3 luglio 2013), essendo queste ultime soggette al rito ordinario, autonome e distinte dalla prima (cfr. ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 21 maggio 2009, n. 11828, Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2004 n. 20638; più di recente, v. Cass. civ., sez. I, sent., 8 settembre 2014, n. 18870).
Si è, ulteriormente, rilevato che nel procedimento di divorzio, come in quello di separazione (Cass. civ., sez. I, 10 marzo 2006, n. 5304) non possono essere introdotte domande diverse da quelle che sono strettamente attinenti all’oggetto del giudizio, in quanto consequenziali alle statuizioni ivi emanate in tema di rapporti personali tra le parti e di rapporti tra questi e la prole.
Possono essere dunque formulate domande relative alla responsabilità genitoriale (affidamento, collocamento, diritto di visita), all’assegno divorzile e a quello perequativo per i figli, all’assegnazione della casa coniugale, nonché la domanda di prestazione di garanzia reale o personale o di autorizzazione a procedere a sequestro.
Tutte le altre domande sono inammissibili, per violazione dell’art. 40 c.p.c. (vedi Cass. civ., 24 aprile 2007, n. 9915, in materia di restituzione di somme; Cass. civ., 8 settembre 2014, n. 18870, in materia di risarcimento del danno endofamiliare; Trib. Modena, 15 maggio 2007, in materia di costituzione di azienda; Trib. Monza, 10 luglio 2007, in materia di scioglimento comunione; Trib. Como, decr., 3 febbraio 2016, in materia di possesso di animali da compagnia).
Alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, le domande di cui sopra dovranno essere, in definitiva, dichiarate inammissibili, siccome connesse a quella di separazione, ma soggette a rito diverso ed implicanti, oltre tutto, accertamenti in ordine alla configurabilità di un illecito ex artt. 2043 ss. c.c. (quella di parte ricorrente) e alla sussistenza o meno di diritti ed obblighi riconducibili alla titolarità del diritto di proprietà sulla ex casa coniugale (quelle di parte resistente), da rimettersi necessariamente alla sede a ciò deputata di un autonomo giudizio di merito.
Non può trovare, ancora, accoglimento la richiesta di parte ricorrente volta alla autorizzazione al rilascio e/rinnovo del documento d’identità valido per l’espatrio (v. udienza del 31.07.2018), atteso che in difetto di consenso espresso dell’altro coniuge (nella specie, per l’appunto, mancante), la richiesta dovrà essere indirizzata volta per volta al giudice tutelare (v. L. n. 3 del 16 gennaio 2003).
Deve essere, infine, respinta la domanda di cui al punto n. 8) delle conclusioni della memoria difensiva depositata per la fase di merito, tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto del resistente a percepire gli assegni familiari.
Al riguardo è, invero, pacifico come nell’ipotesi di affidamento condiviso, entrambi i genitori abbiano titolo a richiedere la prestazione, di cui sopra e che l’individuazione di chi tra i genitori può e deve effettuare la richiesta di autorizzazione alla corresponsione dell’assegno è rimessa all’accordo delle parti, in mancanza del quale l’autorizzazione alla percezione della prestazione familiare deve essere accordata al genitore con il quale il figlio minore risulta convivente, ai sensi dell’art. 9 L. n 903 del 1977, come a più riprese chiarito anche dall’INPS (in tal senso si vedano, tra gli altri, Messaggio 02.05.2006, n. 12791; Circolare 7 dicembre 1999, n. 21), senza necessità di imporre alcuna sottoscrizione all’altro genitore.
Nella specie, essendo la minore I. pacificamente convivente con la madre, la richiesta del B. risulta, pertanto, palesemente infondata e come tale deve essere respinta.
La soccombenza reciproca implica, infine, la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 92, II co., c.p.c..
Le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico di parte resistente e dell’Erario – stante l’ammissione della P. al Patrocinio a spese dello Stato – secondo le quote e i criteri di riparto indicati nel decreto di liquidazione emesso dal Tribunale in data 06.09.2022.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa civile RG. n. 1285/17, posta in decisione all’udienza del 19.05.2022, ogni ulteriore domanda, istanza o eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
– pronuncia la separazione personale dei coniugi M.P. e C.B.;
– respinge la domanda di addebito avanzata dalla ricorrente;
– dispone l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori della figlia minore I., che colloca in via prevalente presso la madre;
– dispone l’assegnazione alla ricorrente della ex casa coniugale sita in R., via O. di F. n. 13, condizionandone l’effettiva attribuzione in godimento al previo ripristino di agibilità e di adeguate condizioni di sicurezza della stessa;
– dispone che il padre possa vedere e tenere con sé I., compatibilmente con i propri impegni personali e di lavoro e con quelli scolastici della minore e salvi in ogni caso i diversi accordi tra le parti, con le seguenti modalità: 1) due pomeriggi a settimana da individuarsi (salvo diversi accordi tra le parti) nelle giornate di martedì e giovedì, quando il padre passerà a prendere la minore alle ore 16,30 e la riaccompagnerà dalla madre alle ore 19,30; 2) dall’uscita da scuola il venerdì alla domenica sera alle ore 19,00, a settimane alterne; 3) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; 4) nel periodo pasquale, il sabato e la domenica di Pasqua o il lunedì dell’Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; 5) nell’estate, 15 giorni anche non consecutivi da concordarsi tra le parti entro il 31 maggio di ciascun anno.
– dichiara il sig. B. tenuto a corrispondere alla sig.ra P., a titolo di mantenimento della figlia I., la somma mensile di Euro250,00, da versarsi a mezzo vaglia postale o altro strumento equivalente entro il giorno 5 di ogni mese e rivalutabile annualmente in base agli indici ISTAT;
– dichiara, altresì, il resistente tenuto a contribuire, in misura pari al 50%, al rimborso delle spese straordinarie mediche non sostenute dal SSN, nonché di quelle scolastiche, sportive e ricreative relative alla minore, previa esibizione di idonea documentazione giustificativa;
– dichiara il sig. B. tenuto a corrispondere alla sig.ra P., a titolo di mantenimento in proprio, la somma mensile di Euro150,00, da versarsi a mezzo vaglia postale o altro strumento equivalente entro il giorno 5 di ogni mese e rivalutabile annualmente in base agli indici ISTAT;
– dichiara inammissibili la domanda risarcitoria di cui al punto n. 5) delle conclusioni del ricorso introduttivo e le domande, di cui ai punti nn. 2) e 7) delle conclusioni della memoria difensiva del B. depositata per la fase di merito;
– respinge la domanda formulata al n. 8) delle conclusioni della memoria difensiva, di cui al punto che precede;
– respinge la richiesta di parte ricorrente, volta alla autorizzazione al rilascio e/o rinnovo del documento d’identità valido per l’espatrio;
– compensa integralmente tra le parti le spese di lite;
– pone le spese di CTU a carico di parte resistente e dell’Erario, secondo le quote e i criteri di riparto indicati nel decreto di liquidazione emesso dal Tribunale in data 06.09.2022.
Conclusione
Così deciso in Rieti, il 8 settembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 8 settembre 2022.
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