è principio acquisito che l’incapacita’ naturale del testatore postula l’esistenza non gia’ di una semplice anomalia o alterazione delle facolta’ psichiche ed intellettive del de cuius, bensi’ la prova che, a cagione di una infermita’ transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volonta’, della coscienza dei propri atti o della capacita’ di autodeterminarsi; poiche’ lo stato di capacita’ costituisce la regola e quello di incapacita’ l’eccezione, spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacita’, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacita’ totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo e delle cause idonee in linea di principio a determinarl.
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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|17 novembre 2022| n. 33914
Data udienza 18 ottobre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17653/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), nella qualita’ di procuratore generale di (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– controricorrente –
(OMISSIS);
– intimata –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 738/2017 depositata il 18/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2022 dal Consigliere TEDESCO GIUSEPPE.
RITENUTO IN FATTO
che:
– (OMISSIS) ha chiamato in giudizio le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS) e, in relazione alla successione testamentaria della comune madre (OMISSIS), ha chiesto la divisione di un immobile, che la testatrice aveva lasciato indivisamente alle tre figlie (un ulteriore cespite era stato lasciato alla sola (OMISSIS));
– le convenute, costituendosi, hanno chiesto in riconvenzionale disporsi l’annullamento del testamento per incapacita’ naturale della testatrice;
– in subordine, le convenute hanno chiesto la riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima;
– il Tribunale ha rigettato la domanda di annullamento del testamento e ha accolto la domanda di riduzione;
– sulla domanda principale di divisione, il Tribunale ha disposto la vendita all’incanto dell’immobile, avendone accertato l’incomoda divisibilita’;
– avverso la sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello, al quale ha resistito la sorella (OMISSIS);
– la Corte d’appello ha confermato la decisione;
– la sentenza d’appello ha posto le spese di lite a carico delle due appellanti, soccombenti in primo e in secondo grado sulla domanda di annullamento del testamento;
– per la cassazione della sentenza, (OMISSIS), nella qualita’ di procuratore generale di (OMISSIS), ha proposto ricorso, affidato a sei motivi;
– (OMISSIS) ha resistito con controricorso;
– (OMISSIS) e’ rimasta intimata;
– le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– i primi tre motivi di ricorso censurano la sentenza impugnata perche’ la Corte d’appello avrebbe dato una motivazione illogica e incoerente della propria decisione;
– a sua volta, secondo il ricorrente, tale anomalia della motivazione ridondava nella violazione dell’articolo 591 c.c. in tema di accertamento della incapacita’ naturale del testatore;
– in particolare, con il primo motivo, la contraddizione e’ ravvisata nel fatto che la Corte d’appello, al fine di giustificare la decisione, ha invocato precedenti di legittimita’ che erano intervenute in fattispecie diverse rispetto a quella in esame, che sarebbe caratterizzata da un quadro probatorio che deponeva univocamente nel senso che la testatrice versava in uno stato di incapacita’ permanente;
– con il secondo motivo, l’anomalia motivazionale oggetto di denuncia e’ identificata in cio’: la Corte d’appello avrebbe negato la sussistenza di uno stato di incapacita’ permanente della testatrice, idoneo a giustificare l’inversione dell’onere della prova, in modo contraddittorio e sulla base di argomenti incongrui;
– con il terzo motivo il ricorrente censura la parte della sentenza in cui la Corte d’appello ha ritenuto che l’attrice avesse fornito la prova della sussistenza della capacita’ del testatore al momento di formazione del testamento;
– secondo il ricorrente la Corte di merito non avrebbe tenuto conto che le dichiarazioni rese dai testimoni al riguardo non erano attendibili, in particolare, non lo era quella resa dal notaio (OMISSIS), essendo la professionista in strettissima conoscenza con una delle parti del giudizio;
– con riguardo a tale aspetto della decisione il ricorrente sottolinea ancora che il fatto stesso che la Corte d’appello abbia sentito il bisogno di cercare la prova della capacita’ al momento del testamento stava a dimostrare che era stata raggiunta la prova dell’incapacita’ nel periodo precedente e successivo all’atto di ultima volonta’, perche’, altrimenti, una tale prova non era necessaria;
– si rimprovera poi al giudice d’appello di avere giustificato la decisione anche sulla base di considerazioni desunte dal contenuto del testamento;
– i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati;
– e’ principio acquisito che l’incapacita’ naturale del testatore postula l’esistenza non gia’ di una semplice anomalia o alterazione delle facolta’ psichiche ed intellettive del de cuius, bensi’ la prova che, a cagione di una infermita’ transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volonta’, della coscienza dei propri atti o della capacita’ di autodeterminarsi; poiche’ lo stato di capacita’ costituisce la regola e quello di incapacita’ l’eccezione, spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacita’, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacita’ totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo e delle cause idonee in linea di principio a determinarla (Cass. n. 3934/2018; n. 25053/2018; n. 27351/2014);
– i giudici di merito hanno ritenuto che, seppure l’istruzione avesse fatto emergere che la testatrice avesse “dei momento in cui non era vigile” e tenesse dei “comportamenti abnormi e indicativi” di un’alterazione delle sua facolta’ mentali”, nondimeno non era stata raggiunta la prova che “al momento della formazione della scheda testamentaria fosse incapace di intendere e di volere ovvero avesse del tutto perso la capacita’ di autodeterminazione libera e cosciente della testatrice al tempo della redazione del testamento”;
– tenuto conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte sul tema dell’incapacita’ naturale del testatore, si comprende come sia arbitrario assumere le considerazioni proposte con la sentenza impugnata, circa le anomalie comportamentali manifestate dalla de cuius, alla stregua dell’implicito riconoscimento di uno stato di incapacita’ totale e permanente della testatrice tale da giustificare una presunzione di incapacita’ al momento della formazione del testamento;
– si deve ancora aggiungere che la Corte di merito ha ritenuto di condividere la valutazione del primo giudice sul fatto che l’attrice avesse fornito “la prova della sussistenza della (…) capacita’ libera e cosciente della testatrice al tempo della redazione del testamento, attraverso la testimonianza del notaio rogante e di una testimone presente al compimento dell’atto (…)”;
– tale rilievo, diversamente da quanto ritiene il ricorrente, non e’ minimamente in contrasto con l’assunto, fatto proprio dalla Corte d’appello, circa l’insussistenza di un quadro patologico di natura permanente tale da giustificare l’inversione dell’onere della prova;
– deve infatti riconoscersi senza riserve la possibilita’ che il giudice, dinanzi al quale sia richiesto l’annullamento del testamento per incapacita’ naturale del testatore, seppure persuaso che non sia stata data prova di una incapacita’ totale e permanente del testatore, tale da giustificare la presunzione di incapacita’ e la conseguente inversione dell’onere della prova, ben puo’ convincersi che gli elementi acquisiti alla causa diano ugualmente la prova della capacita’ del testatore nel momento in cui fece testamento, senza incorrere con cio’ in alcuna contraddizione;
– la sentenza, pertanto, e’ chiara e rende perfettamente percepibili le ragioni del decisum, che possono compendiarsi nel mancato riconoscimento di una patologia tale da compromette, in termini generali, in modo permanente la capacita’ della testatrice, essendoci comunque la prova che ella era capace quando fu ricevuto il testamento;
– nessuna anomalia, infine, e’ ravvisabile nell’avere la corte di merito utilizzato nella propria indagine il testamento impugnato, valorizzando l’enunciazione delle ragioni del lascito operata dalla testatrice;
– questa Corte ha piu’ volte chiarito che “ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza o meno della capacita’ di intendere e di volere del de cuius al momento della redazione del testamento, il giudice del merito non puo’ ignorare il contenuto dell’atto di ultima volonta’ e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serieta’, normalita’ e coerenza delle relative disposizioni, nonche’ ai sentimenti e ai fini che risultano averle ispirate” (Cass. n. 230/2011; n. 8690/2019);
– consegue dai rilievi di cui sopra che i motivi di ricorso in esame, sotto l’apparenza della denuncia dell’anomalia motivazionale o della violazione di legge, investono in via diretta la ricostruzione dei fatti e la valutazione di attendibilita’ dei testimoni, che sono prerogativa del giudice di merito, il cui esercizio e’ incensurabile in questa sede (Cass. n. 20553/2021), quando, come nel caso in esame, sia immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 27197/2011; n. 331/2020);
– il quarto motivo denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, identificato nell’accertamento medico legale dell’invalidita’ al 100% della de cuius con riconoscimento dell’indennita’ di accompagnamento;
– il motivo e’ infondato, non solo perche’ il fatto e’ stato considerato dalla Corte di merito, che l’ha valutato nel quadro complessivo degli elementi istruttori acquisiti alla causa (Cass., S.U., n. 8053/2014), ma anche perche’ esso e’ palesemente non decisivo: il riconoscimento di una “invalidita’ totale e permanente della capacita’ lavorativa di natura non esclusivamente psichica”, non porta, di per se’, a riconoscere una situazione di incapacita’ “totale e permanente” del soggetto;
– il difetto di decisivita’, nella specie, risulta in modo ancora piu’ evidente, tenuto conto del positivo riscontro della capacita’ della testatrice al momento di formazione del testamento;
– la censura, pertanto, ancora ripresa con la memoria, si traduce nella mera critica della valutazione delle prove da parte del giudice di merito, in contrasto con il principio che “con il ricorso per cassazione la parte non puo’ rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiche’ la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi e’ preclusa in sede di legittimita’” (Cass. n. 29404/2017; n. 19547/2017);
– il quinto motivo, il quale denuncia violazione dell’articolo 591 c.c., e’ inammissibile;
– il ricorrente riprende le dichiarazioni di alcuni dei testimoni, sostenendo che le stesse, valutate in relazione alle risultanze documentali, comprovavano lo stato di incapacita’ della testatrice;
– consegue che, sotto la veste della denuncia della violazione dell’articolo 591 c.c., la censura ha un significato del tutto diverso, in quanto il ricorrente pretende di accreditare, in questa sede di legittimita’, un apprezzamento delle prove diverso da quello fatto dai giudici di merito, sollecitando inammissibilmente il riesame dell’intera vicenda processuale da parte della Corte di cassazione (cfr. Cass. S.U., n. 34476/2019);
– con il sesto motivo la ricorrente si duole della mancata compensazione delle spese del grado, in presenza di una situazione oggettiva di reciproca soccombenza;
– il motivo e’ inammissibile, perche’ investe il mancato esercizio di una facolta’ – quella di compensare le spese al cospetto di una situazione di oggettiva soccombenza reciproca – che e’ prerogativa esclusiva del giudice di merito, incensurabile in cassazione (Cass. n. 24502/2017);
– in conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con addebito di spese e raddoppio del contributo a carico della ricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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