L’attore in una causa di indebito oggettivo, ovvero colui che agisce assumendo di aver ingiustamente effettuato un pagamento, a causa della mancanza, genetica o sopravvenuta, di una idonea causa giustificatrice e’ tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, percio’, sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che puo’ essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15377

PAGAMENTO DELL’INDEBITO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16833-2016 proposto da:

(OMISSIS) SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 32/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/01/2018 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

I FATTI DI CAUSA

La controversia trae origine da un rapporto di fornitura di compact disc musicali da (OMISSIS) srl (di seguito, (OMISSIS)) a (OMISSIS) (di seguito, (OMISSIS)), protrattosi dal 1997 al 2006.

Questi i fatti (nella ricostruzione della societa’ attrice), per quanto ancora rilevano in questa sede:

-nei primi mesi del 2007, a seguito di sollecito da parte di (OMISSIS) del pagamento di una fattura (n. (OMISSIS) del (OMISSIS)), (OMISSIS), verificato che la merce di cui alla fattura non risultava consegnata e che mancava la bolla di consegna, chiedeva chiarimenti alla (OMISSIS), che riconosceva il mancato inoltro e manifestava l’intenzione di emettere nota di credito;

– la (OMISSIS) procedeva, inoltre, a controllare se le forniture commissionate alla (OMISSIS) nel pregresso triennio, e gia’ pagate da (OMISSIS) fossero state effettivamente eseguite, constatando che in relazione ad otto di esse, tra il dicembre 2003 e il novembre 2006, pur regolarmente pagate, mancavano le bolle di consegna atte a comprovare l’effettiva ricezione delle merci. Richiesto e ottenuto l’inoltro della relativa documentazione da parte di (OMISSIS), constatava una discrasia tra merce ordinata, recapitata, fatturata e pagata: in particolare, non risultavano firmati dal destinatario i documenti di trasporto;

– dopo vani tentativi di componimento, (OMISSIS) conveniva in giudizio la (OMISSIS) per la restituzione della somma complessiva di Euro 21.956,31, asseritamente versata per l’acquisto di merci non consegnate, salvo il risarcimento del danno;

– (OMISSIS) si costituiva in giudizio, rappresentando che tutte le merci erano state effettivamente e regolarmente consegnate (mediante corrieri o direttamente tramite l’agente di zona) e disconoscendo la lettera di riconoscimento del mancato inoltro delle merci relative alla fattura n. (OMISSIS) del (OMISSIS) (senza che (OMISSIS) proponesse istanza di verificazione); (OMISSIS) formulava quindi domanda riconvenzionale per il pagamento relativo alla suddetta fattura (Euro 6.994).

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 696 del 18.1.2012, accoglieva sia la domanda di ripetizione dell’indebito di (OMISSIS) (per Euro 21.956,31), sia la riconvenzionale di (OMISSIS) (sebbene per il minor importo di Euro 980,64, che (OMISSIS) aveva riconosciuto di dovere) e, operata la compensazione, condannava (OMISSIS) a restituire a (OMISSIS) la differenza, con i relativi interessi.

Per la riforma della sentenza impugnata proponeva appello (OMISSIS), rappresentando l’errore del primo giudice per aver applicato le regole sull’onere della prova proprie dell’azione di adempimento (ritenendo (OMISSIS) onerata della prova della consegna delle merci), in luogo di quelle dell’azione di ripetizione dell’indebito nella specie esercitata da (OMISSIS) (che gravano l’attore dell’onere di provare sia il pagamento, sia la mancanza – o il venir meno – della causa), per aver comunque ritenuto non provata l’esecuzione delle forniture in questione, nonostante i documenti e le testimonianze acquisite, per aver accolto solo in parte la riconvenzionale di (OMISSIS).

Si costituiva in appello (OMISSIS), sostenendo di aver dato prova della mancata consegna delle merci e chiedendo il rigetto delle domande avversarie.

La Corte d’appello di Milano accoglieva in parte l’appello principale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di ripetizione dell’indebito formulata da (OMISSIS), condannando pertanto l’appellata (OMISSIS) a restituire all’appellante (OMISSIS) la somma di Euro 28.275,86 da quest’ultima versata in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, oltre agli interessi legali. La corte d’appello richiamava il consolidato orientamento di legittimita’ (integrato tra le altre da Cass. n. 19265 del 2012, Cass. n. 8243 del 2012), secondo il quale nelle azioni di ripetizione di indebito l’attore e’ tenuto a provare sia il pagamento, sia la mancanza della sua causa giustificatrice, anche se detta regola implica la dimostrazione di una circostanza negativa, in quanto l’eseguito pagamento vale ad integrare un riconoscimento di debito. Evidenziava che nel caso di specie non era neppure in discussione, in effetti, la sussistenza di una causa giustificatrice – la compravendita di cd – mentre era in discussione solo l’avvenuta esecuzione o meno della prestazione contrattuale fondamentale (la consegna dei cd) che avrebbe giustificato il pagamento, ovvero la controprestazione essenziale, soltanto se essa fosse stata effettivamente compiuta.

Cio’ premesso, la sentenza prendeva le distanze dalle affermazioni contenute in Cass. n. 19902 del 2015 laddove sembravano volere superare tale consolidato orientamento ribaltando sull’accipiens l’onere di dover provare la sussistenza della causa allegata, in riferimento comunque ad una ipotesi (nullita’ del contratto di mutuo) differente da quella in esame.

La (OMISSIS) s.a.s. propone ricorso per Cassazione, articolato in due motivi, nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. per la cassazione della sentenza n. 32/2016, depositata dalla Corte d’appello di Milano l’11 gennaio 2016.

La (OMISSIS) resiste con controricorso.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c..

Sostiene che la Corte d’appello non abbia correttamente interpretato e applicato alla fattispecie la norma citata perche’ ha sostenuto che nelle azioni di ripetizione dell’indebito l’attore e’ tenuto a provare sia il pagamento, sia la mancanza di sua giustificazione; ha quindi posto a carico di (OMISSIS), che ha agito per la ripetizione dell’indebito, la prova dell’effettiva mancanza della consegna delle merci; e ha ritenuto che la complessiva insufficienza probatoria, da essa riscontrata in ordine a tale circostanza sia tornata in pregiudizio di (OMISSIS), parte gravata dal relativo onere. Osserva che tale affermazione della Corte d’appello contrasti anche con l’orientamento giurisprudenziale che regola l’onere della prova in materia di indebito oggettivo, perche’ la Corte d’appello ha ritenuto non condivisibile il “nuovo” orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (espresso da Cass. 19902 del 2015) per il solo fatto che esso ribalterebbe sull’ accipiens l’onere di dimostrare la sussistenza della causa allegata.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 116 e 132 c.p.c. in relazione all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.

Sostiene che la Corte d’appello non abbia comunque valutato correttamente il materiale probatorio prodotto da (OMISSIS) e che non abbia enunciato i principi che hanno guidato la sua valutazione del fatto decisivo rappresentato dalla mancata consegna della merce.

Osserva che sono presenti in atti documenti di trasporto non sottoscritti da (OMISSIS) per la presa in carico di merci, dato documentale/fattuale con rilevante grado di significativita’ se si considera che tutti i documenti di trasporto, con la sola eccezione di quelli in contestazione, erano stati sottoscritti; sostiene che la Corte d’appello abbia confuso una lettera disconosciuta con una mail mai disconosciuta, con la conseguenza che (OMISSIS) non avrebbe potuto (e dovuto) formulare alcuna istanza di verificazione rispetto alla stessa; che in una lettera veniva evidenziato che (OMISSIS) “ha altresi’ ricevuto rassicurazioni in merito alla immediata emissione da parte della Vostra spett.le societa’ di nota di accredito a storno” e a questa non sia seguita alcuna formale contestazione stragiudiziale; che (OMISSIS) abbia esperito tentativi di componimento, tutti non andati a buon fine per la genericita’ delle risposte di (OMISSIS).

Osserva che, contraddittoriamente, la Corte d’appello sulla base delle medesime risultanze istruttorie, da una parte afferma il mancato raggiungimento della prova da parte di (OMISSIS) della mancata consegna della merce del cui controvalore si chiede la restituzione, dall’altra parte rigetta la domanda riconvenzionale di (OMISSIS) posto che non e’ stata debitamente provata la consegna della merce.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, e sono infondati.

La corte d’appello ha fatto corretto uso delle regole che presidiano la ripartizione degli oneri probatori all’interno di una azione di ripetizione di indebito oggettivo. L’attore in una causa di indebito oggettivo, ovvero colui che agisce assumendo di aver ingiustamente effettuato un pagamento, a causa della mancanza, genetica o sopravvenuta, di una idonea causa giustificatrice e’ tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, percio’, sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che puo’ essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni (tra le tante, Cass. n. 30735 del 2017, Cass. n. 18276 del 2016; Cass. n. 19265 del 2012, Cass. n. 8243 del 2012, Cass. n. 1734 del 2011; Cass. n. 22872 del 2010; Cass. n. 2903/07; n. 17146/2003, n. 5896/2006).

In particolare, nei contratti a prestazioni corrispettive l’inadempimento parziale o totale del fornitore puo’ rilevare come ipotesi di sopravvenuta mancanza della causa solvendi, qualora l’acquirente abbia provveduto al pagamento; in questo caso, esso deve essere provato da chi agisce perche’ integra il presupposto stesso per l’accoglimento della domanda, ovvero la mancanza di una idonea causa giustificatrice per il pagamento effettuato.

A fronte di questa ripartizione dell’onere probatorio, questa Corte si e’ poi preoccupata di delimitare il contenuto dell’onere probatorio concretamente e ragionevolmente esigibile in capo a chi agisce in ripetizione, da un lato ammettendo il ricorso alle presunzioni, dall’altro puntualizzando che, laddove non siano in gioco pagamenti effettuati in ragione di una causa adquirendi successivamente venuta meno, per nullita’, annullamento, risoluzione o rescissione del contratto, l’approccio alla prova della inesistenza della causa solvendi debba essere comunque circoscritto all’area specifica dei rapporti tra le parti, non essendo concretamente esigibile una probatio diabolica estesa a tutte le infinite possibili cause di dazione tra solvens e accipiens (Cass. n. 1734 del 2011).

La prova dell’inesistenza della causa debendi incombe sulla parte che propone la domanda, trattandosi di elemento costitutivo della stessa ancorche’ essa abbia ad oggetto fatti negativi, dei quali puo’ essere data prova mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni da cui desumersi il fatto stesso (ord. giudi. Richiamata).

Nelle azioni di ripetizione di indebito l’attore e’ tenuto a provare sia il pagamento sia la mancanza della sua causa giustificatrice, anche se detta regola implica la dimostrazione di una circostanza negativa, in quanto l’eseguito pagamento vale ad integrare un riconoscimento di debito e la insussistenza della causa giustificatrice e’ il fondamento stesso per l’accoglimento della domanda.

In questo senso, la posizione della parte contraente che assuma di aver adempiuto alla prestazione a proprio carico, effettuando il pagamento, senza aver ricevuto la controprestazione e in assenza di una causa giustificatrice di tale comportamento non e’ assimilabile alla posizione di chi agisca per la risoluzione per l’inadempimento altrui: in quest’ultimo caso, l’attore in risoluzione puo’ limitarsi ad allegare l’inadempimento di controparte, assumendo che esso sia di non scarsa importanza, mentre e’ il convenuto che ha l’obbligo di provare da parte sua l’avvenuto adempimento (o di opporre le ragioni giustificatrici di un eventuale inadempimento). Nel caso di specie, tra le parti esisteva un contratto di durata a prestazioni corrispettive, avente ad oggetto ripetute forniture di cd musicali, che si e’ prolungato per anni, in cui dopo la consegna della merce l’acquirente pagava a fronte della emissione di fattura.

L’esistenza del contratto non e’ mai stata posta in discussione dalle parti.

La parte che ha agito per la ripetizione di indebito allegando di non aver ricevuto alcune, specifiche consegne delle tante avvenute nel corso degli anni, non ha dato all’altrui inadempimento la valenza di incidere sul sinallagma contrattuale al punto di legittimare una propria richiesta di risoluzione per inadempimento, non stimandolo neppure essa stessa, nell’economia complessiva del rapporto, di tale rilevanza da giustificare la risoluzione.

Semplicemente, ha affermato di non aver ricevuto parte della merce che aveva pagato, e di aver quindi diritto a riavere indietro una parte del denaro consegnato in pagamento alla controparte.

Quindi, ha allegato di aver effettuato il pagamento, circostanza non contestata; non ha contestato ed anzi ha allegato che formalmente esistesse una idonea causa giustificatrice, costituita dal contratto a prestazioni continuate esistente tra le parti, ma ha al contempo allegato che la causa astrattamente idonea a giustificare la propria prestazione in denaro fosse venuta meno in concreto, ovvero che non fosse idonea a giustificare il corrispettivo versato, per alcune singole, individuate prestazioni, in ragione dell’inadempimento della controparte.

Incombeva su di essa, pertanto, l’onere di dimostrare che i pagamenti effettuati per le prestazioni che assumeva di non aver ricevuto fossero privi di causa, ovvero che le consegne non fossero mai state effettuate.

Nel caso di specie, peraltro, la societa’ ricorrente non si e’ sottratta al tentativo di adempiere al proprio onere probatorio, in quanto ha fornito la prova dell’esistenza di alcune bolle di consegna non sottoscritte dal destinatario, e tuttavia la corte di merito, nell’ambito della propria valutazione della prova, ha ritenuto che non fosse stata fornita prova idonea della mancata consegna, atteso che le modalita’ di consegna in uso tra le parti erano molteplici, e che talune volte la merce veniva presa in consegna e poi recapitata all’acquirente direttamente da parte dell’agente di zona, per cui (in presenza di un rapporto che e’ proseguito per anni ed in cui la parte che assume di aver pagato anche per prestazioni non ricevute non ha mai chiesto la risoluzione del contratto, ma solo la restituzione di quanto indebitamente versato) la presenza di alcune bolle di consegna non firmate non e’ stata ritenuta prova univoca della mancata consegna della merce ivi indicata.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione e’ stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto e’ gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.300,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.