l’indennita’ di trasferta che, e’ un emolumento corrisposto al lavoratore in relazione ad una prestazione effettuata, per limitato periodo di tempo e nell’interesse del datore, al di fuori della ordinaria sede lavorativa, volto a compensare i disagi derivanti dall’espletamento del lavoro in luogo diverso dao’ quello previsto, senza che rilevi, ai fini dell’insorgenza del diritto, che la sede legale dell’impresa datoriale e la residenza del lavoratore medesimo siano diverse da quelle in cui si svolge l’attivita’ lavorativa, non essendo tali luoghi rilevanti per la identificazione di una trasferta in senso tecnico.
Corte di Cassazione|Sezione L|Civile|Ordinanza|5 novembre 2021| n. 32255
Data udienza 10 febbraio 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. AMENDOLA Nicola – Consigliere
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19773-2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6680/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/02/2017 R.G.N. 2346/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/02/2021 dal Consigliere Dott. LORITO MATILDE.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
La Corte d’appello di Napoli, ha confermato la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva parzialmente accolto le domande proposte da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. volte a conseguire declaratoria di illegittimita’ del recesso intimato in data 24/4/2007 e condanna alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno, nonche’ pronuncia di accertamento della illegittima riduzione dell’indennita’ di trasferta e di condanna al pagamento delle differenze retributive a tal titolo spettanti.
A fondamento del decisum la Corte distrettuale, per quanto ancora qui rileva, ha osservato che non sussistevano gli estremi per configurare la risoluzione del rapporto di lavoro inter partes per mutuo consenso, posto che il licenziamento era stato impugnato tempestivamente con atto 25/5/2007 e reiterato in data 21/1/2011, mediante comportamento che denotava una persistente volonta’ del lavoratore di non prestare acquiescenza al recesso datoriale.
Al riguardo ha rimarcato altresi’ la tardivita’ dell’atto di recesso, perche’ intimato oltre il termine di cinque giorni dalla presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratore sancito dall’articolo 23 ccnl di settore, desumibile dal fax inviato dal lavoratore, pervenuto in azienda il 17/4/2007 e prodotto dalla medesima societa’ in sede di memoria di costituzione di primo grado.
Quanto alla rivendicata indennita’ di trasferta, ha condiviso il giudizio espresso dal primo giudice circa la mancanza di prova dell’esistenza di una unita’ produttiva in Roma, ove il lavoratore “era stato trasferito con nota aziendale del 17-9-2001”. Alla stregua della espletata attivita’ istruttoria era infatti emerso che prestazione lavorativa era stata svolta in Roma presso una cliente della societa’ (la (OMISSIS) s.p.a.), di guisa che, in conformita’ alle disposizioni contrattual-collettive di settore, sussisteva il diritto del lavoratore a percepire l’indennita’ rivendicata.
La cassazione di tale decisione e’ domandata dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. sulla base di tre motivi ai quali resiste la parte intimata con controricorso, successivamente illustrato da memoria ex articolo 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 23 c.c.n.l. metalmeccanici del 7/5/2003 e dell’articolo 1335 c.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio.
Si imputa alla Corte territoriale di aver confuso il documento prodotto a fol.8 della produzione di primo grado, con il fax ricevuto; in realta’ si tratterebbe – nella prospettazione di parte ricorrente – “della lettera contenuta nella busta spedita a mezzo di raccomandata in data 16/4/2007 e pervenuta il 17…mentre manca la prova della ricezione del fax” che il lavoratore avrebbe dovuto fornire. Si deduce che il documento in esame “non contiene la prova della ricezione in data 14/4/2007 ma solo della spedizione a mezzo fax: esso, peraltro, non e’ il documento pervenuto a mezzo fax ma e’ la lettera pervenuta a mezzo di raccomandata in data 17/4/2007” (cosi’ in ricorso pag. 4).
2. Il motivo palesa plurimi profili di inammissibilita’.
Non puo’ sottacersi, innanzitutto, che esso presenta carenze quanto alla tecnica redazionale adottata.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, al quale va data continuita’, in tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorieta’ della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro.
Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (ex aliis, vedi Cass. 23/10/2018 n. 26874).
3. Sotto altro versante, non puo’ tralasciarsi di considerare il difetto di o’ specificita’ che connota il motivo, il quale non reca puntuale riproduzione del tenore dell’atto che si assume non sia stato rettamente interpretato dalla Corte territoriale.
E’ bene rammentare che il principio di autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilita’, dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – e’ volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non e’ tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, e’ invece richiesta quando la sentenza e’ censurata per non averne tenuto conto (cfr. Cass. 4/10/2018 n. 24340).
In ogni caso deve rimarcarsi come corretto sia l’assunto della Corte circa la avvenuta ricezione del fax in data coincidente con l’invio, perche’ coerente coi principi affermati da questa Corte alla cui stregua “una volta dimostrato l’avvenuto corretto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, deve presumersene il conseguente ricevimento e la piena conoscenza da parte di costui, restando, pertanto, a suo carico l’onere di dedurre e dimostrare eventuali elementi idonei a confutare l’avvenuta ricezione”. (vedi Cass. 24/5/2019 n. 14251).
4. Il ricorrente censura altresi’, con detto primo motivo, la statuizione con la quale i giudici del gravame hanno ritenuto tardiva la eccezione di decadenza dalla impugnativa di licenziamento, deducendone la tempestiva formulazione in sede di memoria di costituzione di primo grado.
Questa censura e’ inammissibile perche’ il Collegio di merito ha ritenuto infondato comunque il relativo motivo di doglianza con statuizione che, per quanto sinora detto, resiste alla critica formulata nel presente giudizio.
Deve, infatti, farsi richiamo al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ secondo cui (cfr., in particolare, Cass. 25/9/2014 n. 20226, Cass. 18/5/2005 n. 10420; Cass. 24/5/2001 n. 7077), quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimita’, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali e’ sufficiente, da sola, a sorreggerla, il rigetto del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi, non potendo la loro eventuale fondatezza portare alla cassazione della sentenza, che rimarrebbe ferma sulla base dell’argomento riconosciuto esatto.
5. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un documento decisivo, violazione del principio di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro in presenza di significative circostanze.
Si critica la sentenza impugnata per avere trascurato la visura camerale prodotta dalla quale si evinceva che il lavoratore aveva avviato una nuova azienda appena tredici giorni dopo il licenziamento e dalla quale ben potevano desumersi gli estremi di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso.
6. Anche questo motivo e’ inammissibile sia per difetto di specificita’ per le ragioni gia’ enunciate in relazione alla censura che precede; sia in quanto esula dai ristretti limiti entro i quali e’ stato ricondotto il vizio disciplinato dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella esegesi resa dalle Sezioni Unite di questa Corte (vedi Cass. S.U. 4/7/2014 n. 8053).
Esso, in sostanza, sollecita una generale rivisitazione nel merito della vicenda affinche’ se ne fornisca un diverso apprezzamento mediante operazione non consentita in sede di legittimita’ giacche’ l’intervento di modifica dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, comporta una ulteriore sensibile restrizione in sede di legittimita’, dell’ambito di controllo sulla motivazione di fatto. Con esso si e’ invero avuta la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimita’, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede e’ solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in se’, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.
Pertanto, dopo la ricordata riforma e’ impossibile ogni rivalutazione delle questioni di fatto; ne consegue che la ricostruzione dello stesso operata dai giudici del merito e’ ormai sindacabile in sede di legittimita’ soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili; mentre non si configura un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ove quest’ultimo sia stato comunque valutato dal giudice, sebbene la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e quindi anche di quel particolare fatto storico, se la motivazione – come nel caso di specie per quanto in precedenza riferito – resta scevra dai gravissimi vizi appena detti (vedi per tutte Cass. 11/12/2014 n. 26097, Cass. 27/4/2017 n. 10).
7. Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 2082 e 2197 c.c., nonche’ o’ dei principi giurisprudenziali formulati in tema di trasferta.
Si deduce che punto decisivo della controversia era la sussistenza della sede secondaria, che la Corte di merito aveva escluso sul rilievo della mancanza della unita’ produttiva, laddove questa ben poteva essere identificata in una sede organizzata e non produttiva.
La stabile permanenza dei lavoratori in Roma, doveva lasciar intendere che l’azienda aveva organizzato in loco una sede secondaria e che i dipendenti ivi addetti erano stati in quella sede trasferiti, con esclusione di ogni configurabilita’ dell’istituto della trasferta.
8. Anche questo motivo va disatteso.
La doglianza non e’ sorretta da adeguate motivazioni e mira comunque a censurare apprezzamenti che rifluiscono nella sfera della valutazione di acquisizioni probatorie – in base alle quali il giudice del gravame aveva ritenuto non dimostrata l’esistenza di una unita’ produttiva in Roma – non consentita in questa sede di legittimita’.
In ogni caso la statuizione censurata, appare conforme a diritto perche’ coerente coi dicta di questa Corte secondo cui agli effetti della tutela reintegratoria del lavoratore ingiustamente licenziato, per unita’ produttiva deve intendersi non ogni sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto dell’impresa, ma soltanto la piu’ consistente e vasta entita’ aziendale che, eventualmente articolata in organismi minori, anche non ubicati tutti nel territorio del medesimo comune, si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo a una frazione o ad un momento essenziale dell’attivita’ produttiva aziendale. (vedi Cass. 26/9/2011 n. 19614).
Nell’ottica descritta deve ritenersi corretto l’effetto giuridico che la Corte territoriale ha fatto scaturire dal fatto accertato, ovverosia la sussistenza del diritto del lavoratore a percepire l’indennita’ di trasferta che, per giurisprudenza costante di legittimita’, e’ un emolumento corrisposto al lavoratore in relazione ad una prestazione effettuata, per limitato periodo di tempo e nell’interesse del datore, al di fuori della ordinaria sede lavorativa, volto a compensare i disagi derivanti dall’espletamento del lavoro in luogo diverso dao’ quello previsto, senza che rilevi, ai fini dell’insorgenza del diritto, che la sede legale dell’impresa datoriale e la residenza del lavoratore medesimo siano diverse da quelle in cui si svolge l’attivita’ lavorativa, non essendo tali luoghi rilevanti per la identificazione di una trasferta in senso tecnico (vedi Cass. 8/7/2020 n. 14380).
In definitiva, al lume delle superiori argomentazioni, il ricorso e’ respinto.
La regolazione delle spese inerenti al presente giudizio, segue il regime o’ della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata, con distrazione.
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 ricorrono le condizioni per dare atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge da distrarsi a favore degli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.