nell’attività di interpretazione del contratto, il dato di partenza deve essere il testo della dichiarazione negoziale. Oltre a ciò, in materia di contratti e di atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale, assume rilevanza, ai fini dell’interpretazione, il principio dell’affidamento: il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, ex art. 1366 c.c. Da ciò deriva che è necessario valutare non solo il significato che possono avere le parole usate per colui dal quale proviene la dichiarazione, ma anche il significato che può ragionevolmente dare ad esse chi la riceve. A ciò va aggiunto il dettato dell’art. 1370 c.c., in base al quale la clausola predisposta da una delle parti nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari, nel dubbio, si interpreta contro chi ha predisposto la clausola.
Corte d’Appello|Milano|Sezione 1|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 527
Data udienza 23 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta da:
Dott. Domenico Bonaretti – Presidente
Dott. Anna Mantovani – Consigliere relatore
Dott. Rossella Milone – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa in grado d’appello sub RG 2762/18
TRA
IMMOBILIARE (…) S.R.L. (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in CORSO (…) 20122 MILANO presso lo studio dell’avv. PI.RA., che lo rappresenta e difende come da delega in atti,
APPELLANTE
CONTRO
(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in VIA (…) MONZA presso lo studio dell’avv. RO.UB., che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. MA.VE. ((…)) VIA (…) 20900 MONZA;
APPELLATO
Oggetto: Mediazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., (…) di (…) (di seguito più brevemente anche “(…)”) ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Milano Immobiliare (…) s.r.l., al fine di ottenere la condanna di quest’ultima al pagamento dell’importo di Euro 9.150,00, dovuto a titolo di penale, per aver violato la clausola di esclusiva contenuta nel contratto di intermediazione immobiliare concluso tra le parti, con cui veniva conferito alla ricorrente mandato a vendere e/o locare un’immobile di proprietà della convenuta.
A fondamento di tale pretesa, (…) affermava di aver ricevuto l’interessamento di un potenziale acquirente, il quale riferiva di aver visto, pubblicato su Internet, un inserto pubblicitario di una differente agenzia, che offriva l’immobile oggetto di causa con un prezzo di vendita inferiore. Sosteneva quindi che Immobiliare (…) avesse dato mandato a vendere anche a tale altra agenzia, violando così il patto di esclusiva.
Si costituiva ritualmente in giudizio Immobiliare (…), eccependo, in via preliminare, l’incompetenza per valore del Tribunale di Milano in favore del Giudice di pace, posto che la penale avrebbe dovuto essere più correttamente quantificata, come stabilito in contratto, nel valore del 3% della provvigione pattuita (che a sua volta veniva concordata nel 2% sul prezzo dell’immobile oggetto di mandato a vendere), ovvero in Euro 150,00 e non in Euro 9.150,00, come richiesto da parte ricorrente, che aveva calcolato la penale nella misura del 3% del valore dell’immobile, ritenendo che la clausola dovesse interpretarsi nel senso che la percentuale si riferiva a tale dato.
Nel merito, parte convenuta negava di aver posto in essere comportamenti in violazione del patto di esclusiva e di aver conferito mandato a vendere ad altra agenzia terza. Chiedeva, pertanto, il rigetto delle pretese di parte ricorrente.
Il Tribunale, sulla base della documentazione prodotta nel contraddittorio delle parti, ha ritenuto provata la violazione del patto di esclusiva stabilito nell’incarico di mediazione e ha pertanto condannato Immobiliare (…) al pagamento della penale, quantificata in Euro 9.150,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo e condanna alle spese del giudizio.
In particolare, a fondamento delle proprie statuizioni, il Tribunale ha rilevato che:
– risulterebbe documentalmente provata dalla ricorrente la violazione del patto di esclusiva da parte di Immobiliare (…) e ciò sulla base della comunicazione inviata da un potenziale acquirente dell’immobile a (…), con cui questa è stata notiziata del fatto che il medesimo immobile risultava immesso sul mercato da altra agenzia immobiliare ((…) Immobiliare) e a un prezzo inferiore;
– il riferimento, nel modulo di incarico a vendere, predisposto da (…) e sottoscritto da Immobiliare (…), per il calcolo della penale, a una percentuale calcolata sulla provvigione invece che sul prezzo dell’immobile, andrebbe considerato unicamente come un’imprecisa dicitura o un mero errore materiale. Ciò si evincerebbe non solo dai rapporti intercorsi tra le parti ma anche dal fatto che, calcolando la penale sul valore della provvigione, la penale stessa ammonterebbe a una somma irrisoria (appunto Euro 150,00) che non sarebbe rappresentativa della reale volontà delle parti.
Il Tribunale, infine, ha ritenuto infondata la contestazione mossa da Immobiliare (…) circa l’eccessività della penale se quantificata in Euro 9.150,00 (importo superiore rispetto a quello previsto a titolo di provvigione) in quanto non sarebbero state dedotte e dimostrate le circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività.
Avverso la sentenza del Tribunale che si è pronunciata nei termini anzidetti, ha proposto appello Immobiliare (…), prospettando i seguenti motivi di gravame:
– In via preliminare, il Tribunale erroneamente non avrebbe rilevato l’incompetenza per valore in favore del Giudice di pace, posto che il valore della causa sarebbe di Euro 150,00 (somma derivante dell’asserito più corretto calcolo della penale) e non di Euro 9.150,00;
– Nel merito, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto provata la violazione del patto di esclusiva. Sarebbe insufficiente, a tal proposito, la comunicazione inviata da un presunto potenziale cliente a (…), con la quale veniva contestato che l’immobile oggetto di causa risultava contestualmente immesso sul mercato da altra agenzia immobiliare, a prezzo inferiore;
– Erroneamente il Tribunale non avrebbe rispettato il criterio del dato letterale nell’interpretazione del contratto, che verrebbe in rilevo quale mezzo prioritario per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti.
In particolare, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che “il riferimento nel modulo di incarico a vendere … quanto all’importo della penale, ad una percentuale calcolata sulla provvigione invece che sul prezzo dell’immobile deve certamente essere considerato unicamente come una imprecisa dicitura” e che si tratterebbe di “mero errore materiale” “che si evince chiaramente dal fatto che sulla base del dato letterale del contratto la penale ammonterebbe ad una somma del tutto irrisoria … che non potrebbe certamente rispecchiare la reale volontà delle parti e quanto effettivamente dalle stesse pattuito”.
– Erroneamente il Tribunale avrebbe valutato la mancata deduzione, da parte di Immobiliare (…), delle circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività della penale, per ottenerne una sua eventuale riduzione.
In particolare, tale mancata deduzione, sarebbe stata volontariamente omessa in quanto la penale, così come pattuita dalle parti (ossia il 3% sulla provvigione e non sul valore dell’immobile) non avrebbe necessitato di alcuna riduzione.
Per questi motivi, parte odierna appellante chiede in via preliminare la dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Milano in favore del Giudice di Pace di Milano e, nel merito, di respingere le domande formulate in primo grado dalla ricorrente.
Costituitasi ritualmente in giudizio, (…) ha chiesto, in rito, dichiararsi l’inammissibilità dell’appello e, in merito, il rigetto dello stesso perché infondato e la conferma della sentenza di primo grado, con condanna alle spese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Sulla competenza del Tribunale
Parte odierna appellante pretende di radicare la competenza dell’organo giurisdizionale avendo riguardo non alla domanda prospettata da parte attrice in primo grado (con la quale veniva richiesto il pagamento della somma di Euro 9.150,00 a titolo di penale) bensì al valore che, a sua detta, dovrebbe avere la penale del cui pagamento si discute.
Tale rilievo non è condivisibile in quanto, come noto, ex art. 10, co. 1, c.p.c., “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda”.
Il Tribunale, pertanto, ha correttamente rilevato la sua competenza e rigettato le eccezioni sul punto.
2. Sulla prova della violazione del patto di esclusiva
Immobiliare (…) censura la pronuncia del giudice di prime cure nella parte in cui ha ritenuto positivamente provata la violazione del patto di esclusiva. A tal fine, insufficiente sarebbe la comunicazione pec prodotta in primo grado dall’odierna appellata ricevuta da un potenziale acquirente dell’immobile, nella quale veniva riferito alla stessa (…) che l’appartamento oggetto di causa risultava immesso sul mercato da una agenzia immobiliare terza, a un prezzo inferiore.
La mera allegazione di tale circostanza, a detta dell’appellante, non costituirebbe prova del fatto che Immobiliare (…) abbia effettivamente conferito mandato ad altra agenzia immobiliare, con conseguente violazione del patto di esclusiva.
Il presente motivo è infondato.
Il doc. 5 del fascicolo di primo grado di parte odierna appellata consente di rilevare che:
– alla comunicazione ricevuta dal potenziale cliente dell’immobile vi è allegata la stampa dell’annuncio pubblicitario dell’appartamento, oggetto di mandato in esclusiva, per il tramite di un’agenzia terza, con correlative fotografie degli interni e delle caratteristiche dell’immobile, fotografie che sarebbero non facilmente reperibili in mancanza di un incarico a vendere;
– l’annuncio pubblicitario dell’immobile di proprietà dell’appellante è del 13.01.2017 e la comunicazione del presunto acquirente, inoltrata via pec (e quindi con data certa) è del 19.01.2017, ossia in costanza di mandato conferito a (…) (il contratto di intermediazione stipulato tra le parti, infatti, porta la data del 26.05.2016, con durata prevista sino al 23.01.2017).
Immobiliare (…), peraltro, deduce che l’annuncio pubblicitario era stato pubblicato da un’agenzia immobiliare (tale (…) Immobiliare) ad essa collegata, e tale circostanza era stata già espressa nella corrispondenza intercorsa tra le parti (in atti). Per tale motivo, Immobiliare (…) nelle sue difese sostiene si sarebbe perfezionata la fattispecie della “vendita in proprio”, prevista in contratto come deroga al diritto di esclusiva attribuito a (…). Il pagamento della penale, infatti, veniva escluso nel caso in cui fosse stata la stessa Immobiliare (…) a vendere in proprio (o per il tramite di una sua controllata) l’appartamento.
Nessuna prova, tuttavia, neppure in termini di precisa allegazione, viene fornita sulla circostanza che (…) Immobiliare fosse riconducibile alla struttura societaria di Immobiliare (…). Non è possibile affermare, pertanto, che sarebbe stata posta in essere un’ipotesi di vendita in proprio, in deroga al patto di esclusiva stabilito in contratto, che renderebbe legittima la pubblicazione dell’annuncio effettuata da (…) Immobiliare.
Per tali ragioni, come correttamente rilevato dal Tribunale, deve ritenersi positivamente provata la violazione del patto di esclusiva contenuto nel mandato a vendere, da parte di Immobiliare (…).
3. Sulla quantificazione della penale pattuita
Parte odierna appellante censura la pronuncia del giudice di prime cure nella parte in cui ha ritenuto che il riferimento nel modulo di incarico a vendere (predisposto dal (…) e sottoscritto da Imm. (…)) all’importo della penale, vada correttamente inteso nel senso che lo stesso debba essere parametrato a una percentuale calcolata sul prezzo dell’immobile, invece che a una percentuale della provvigione, contrariamente al dato testuale. Il Tribunale infatti avrebbe erroneamente ritenuto che il termine “provvigione” debba essere sostituito, ragionevolmente, col termine “prezzo pattuito per la vendita dell’immobile”.
A detta dell’appellante, tale interpretazione adottata dal Tribunale violerebbe i principi che governano l’interpretazione del contratto e la tutela dell’affidamento di chi aderisce alle condizioni predisposte da una delle parti. In particolare, sarebbe stato violato il criterio del dato letterale quale mezzo prioritario per la corretta ricostruzione della comune volontà delle parti.
Il presente motivo d’appello è fondato.
È noto infatti che, nell’attività di interpretazione del contratto, il dato di partenza deve essere il testo della dichiarazione negoziale. Oltre a ciò, in materia di contratti e di atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale, assume rilevanza, ai fini dell’interpretazione, il principio dell’affidamento: il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, ex art. 1366 c.c. Da ciò deriva che è necessario valutare non solo il significato che possono avere le parole usate per colui dal quale proviene la dichiarazione, ma anche il significato che può ragionevolmente dare ad esse chi la riceve. A ciò va aggiunto il dettato dell’art. 1370 c.c., in base al quale la clausola predisposta da una delle parti nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari, nel dubbio, si interpreta contro chi ha predisposto la clausola.
Nel caso di specie, dalle produzioni documentali del primo grado, si osserva in primo luogo che l’art. 10 del contratto di intermediazione espressamente prevede che “una penale sarà dovuta al Venditore all’Agente Immobiliare nella misura e per i casi di seguito indicati: … b) penale del 3% della provvigione sopra pattuita nei seguenti casi: … violazione dell’eventuale obbligo di esclusiva sia per il caso di vendita effettuata direttamente dal Venditore che per il caso di incarico conferito ad altre agenzie immobiliari o a terzi”.
La clausola contrattuale dice espressamente che la penale è il 3% della provvigione. Il dato letterale, pertanto, è inequivoco nel senso che l’ammontare della penale su cui si è creato il consenso tra le parti è pari ad Euro 150,00.
In secondo luogo, non si può non rilevare che la clausola è stata predisposta dalla stessa (…). Ciò premesso, in base al disposto dell’art. 1370 c.c., poc’anzi richiamato, le clausole inserite in moduli o formulari o nelle condizioni generali di contratto, in caso di dubbio, devono essere interpretate a favore del contraente che non le ha inserite.
Nel caso di specie, Immobiliare (…) si è limitata ad apporre la sottoscrizione su un modello predisposto e comunemente usato da (…). Le clausole ivi contenute, pertanto, in caso di dubbio, devono essere interpretate in favore di chi aderisce al modulo formulato dal venditore. Se anche dovesse ritenersi poco chiara, o meglio incongrua, la formulazione circa l’ammontare della penale, la clausola che la prevede non potrà in ogni caso che essere interpretata a favore di Immobiliare (…), che ha aderito al modulo predisposto.
Per tali ragioni, deve ritenersi che l’ammontare della penale debba essere più correttamente individuato nella cifra, pur scarsamente significativa, di Euro 150,00.
In conclusione, essendo stata provata, da un lato, la violazione del patto di esclusiva e dovendosi, dall’altro, quantificare l’ammontare della penale per tale violazione in Euro 150,00, come stabiliscono le disposizioni contrattuali sottoscritte dalle parti, Immobiliare (…) deve essere condannata a pagare in favore di (…) la somma di Euro 150,00, oltre interessi legali dal giorno della domanda al saldo.
La sentenza di primo grado deve dunque essere riformata nel senso sopra espresso.
Quanto alle spese di lite, che devono essere regolate in relazione all’esito complessivo della controversia, l’accoglimento della domanda in misura largamente inferiore a quanto richiesto, giustifica l’integrale compensazione delle stesse tra le parti.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone:
1. In parziale accoglimento dell’appello, condanna Immobiliare (…) s.r.l. a pagare in favore di (…) di (…) la somma di Euro 150,00 a titolo di penale contrattuale, oltre interessi dal giorno della domanda al saldo;
2. Conferma nel resto;
3. Compensa integralmente le spese tra le parti di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Milano il 23 gennaio 2020.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.