Il provvedimento che declina la competenza del tribunale sull’istanza di fallimento L. Fall., ex articolo 9 bis, deve essere comunicato alle parti costituite, secondo i principi generali in tema di provvedimenti del giudice.
E’ ammissibile il regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza che decide sulla competenza, ai sensi della L. Fall., articolo 9 bis, con la possibilita’, durante la sospensione del processo ex articolo 48 c.p.c., che il creditore istante ovvero il pubblico ministero invochino l’adozione di misure cautelari sul patrimonio del fallendo, ai sensi della L. Fall., articolo 15.
Le parti del giudizio prefallimentare possono subire un pregiudizio, ove sia stata omessa la comunicazione dell’ordinanza che declina la competenza, trovandosi nella condizione di non potere promuovere il regolamento nel termine fissato dall’articolo 47 c.p.c.: spetta al giudice del merito apprezzare, nel caso concreto, l’esistenza di siffatto pregiudizio, anche tenendo conto dell’interesse delle parti alla proposizione del regolamento, che chiaramente difetta nel soggetto che abbia ottenuto dal primo giudice adito esattamente l’accoglimento dell’eccezione di incompetenza proposta.
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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Sentenza|31 luglio 2019| n. 20666
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4817/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in Liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresenta e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in Liquidazione, in persona del Curatore Fallimentare (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
Ufficio Pubblico Ministero Corte Appello Milano;
– intimato –
avverso la sentenza n. 40/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2/7/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Annamaria, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito, per il Fallimento (OMISSIS) s.r.l., l’Avv. (OMISSIS) (per delega), che ha chiesto il rigetto del ricorso.
PREMESSO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano – decidendo sul reclamo L. Fall., ex articolo 18, presentato da (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di Monza – ha rigettato il predetto reclamo, confermando pertanto la declaratoria di fallimento.
La corte del merito ha ritenuto infondate le eccezioni processuali sollevate dalla societa’ reclamante in punto di corretta insaturazione del contraddittorio processuale tra le parti nel corso del procedimento prefallimentare che aveva condotto alla dichiarazione di fallimento. Piu’ in particolare, la corte territoriale ha evidenziato che, sulla scorta della corretta interpretazione della L. Fall., articoli 9 e 9 bis, non occorreva procedere alla comunicazione al procuratore costituito della societa’ fallenda dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Milano, per primo investito della domanda di fallimento, aveva declinato la propria competenza in favore del Tribunale di Monza e che, peraltro, non occorreva per la prosecuzione del giudizio, neanche un atto di formale riassunzione della causa innanzi al Tribunale di Monza, non essendo cio’ previsto dalla L. Fall., articolo 9 bis e non potendosi pertanto applicare il disposto normativo di cui all’articolo 50 c.p.c..
Cio’ che occorreva rispettare – secondo il ragionamento della corte di merito – era il disposto normativo della L. Fall., articolo 15, comma 3, che prescrive la notifica del nuovo decreto presidenziale di nomina del giudice delegato e di fissazione dell’udienza prefallimentare, senza la necessita’ che sia rinotificata al debitore l’originaria istanza di fallimento, stante il chiaro disposto della L. Fall., articolo 9 bis, comma 3, che espressamente prevede che “restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti”.
Il giudice di appello ha ritenuto, pertanto, infondate le ulteriori censure sollevate dal reclamante anche in ordine al perfezionamento del procedimento notificatorio dei provvedimenti presidenziali di prosecuzione del giudizio innanzi al Tribunale di Monza, competente a decidere, in quanto gli atti di impulso del procedimento prefallimentare erano stati correttamente notificati presso la sede della societa’ fallenda, ai sensi della L. Fall., articolo 15, comma 3 e dell’articolo 145 c.p.c..
Piu’ nel dettaglio, la corte distrettuale ha evidenziato che, dopo un primo tentativo di notifica da parte della cancelleria rimasto infruttuoso perche’ l’indirizzo pec della societa’ debitrice era disattivato, il creditore procedente (OMISSIS) s.p.a. aveva notificato, tramite ufficiale giudiziario, gli atti introduttivi presso la sede della societa’ ove la notificazione si era perfezionata, con la consegna alla portiera dello stabile e con l’invio dell’ulteriore raccomandata prevista dell’articolo 139 c.p.c., comma 3.
La corte del merito ha altresi’ ritenuto infondate le ulteriori doglianze in punto di carenza di legittimazione attiva del creditore procedente posto che il credito azionato era discendente dal saldo maturato dopo la chiusura di un conto corrente intercorso con la banca (che aveva receduto dal relativo rapporto contrattuale) e che la transazione intercorsa tra le parti non era da considerarsi novativa, con la conseguente reviviscenza di tutte le obbligazioni pecuniarie originariamente contratte, anche in ragione del mancato pagamento degli effetti cambiari che erano stati rilasciati in seguito alla stipula del predetto contratto di transazione.
2. La sentenza, pubblicata l’8 gennaio 2015, e’ stata impugnata da (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione con ricorso per cassazione, affidato a quattro ordini di motivi (ai quali sono collegati sottordinati motivi di censura), cui hanno resistito con controricorso il FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione e (OMISSIS) S.P.A..
3. Con ordinanza interlocutoria del 20.3.2019, questa Corte ha ritenuto necessaria la discussione della causa in pubblica udienza, posto che il suo esame coinvolge in realta’ la trattazione di questioni relative a profili di competenza in materia prefallimentare analoghe ad altre per le quali era in corso di fissazione la pubblica udienza innanzi alla Prima Sezione civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo ordine di motivi la parte ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di svariati indici normativi (articolo 113 c.p.c., comma 1, articolo 12 preleggi, L. Fall., articoli 9 bis e 15, articoli 82, 83, 101, 125 c.p.c., articolo 134 c.p.c., comma 2, articoli 136, 141, 170 e 159 c.p.c., nonche’ del Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 82 e articolo 24 Cost.), si duole della mancata comunicazione al procuratore costituito della fallenda del provvedimento dichiarativo della incompetenza del Tribunale di Milano, con conseguente nullita’ del procedimento e della sentenza dichiarativa di fallimento. Si duole, altresi’, la ricorrente dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio sempre sotto questo profilo di doglianza.
2. Con un secondo ordine di motivi (corrispondenti a quelli evidenziabili come secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo di censura processuale del ricorso), la ricorrente, lamentando la violazione e falsa applicazione di una serie di indici normativi (L. Fall., articoli 9, 9 bis e articolo 15, comma 3, articoli 50 e 164 c.p.c., articolo 125 disp. att. c.p.c., articoli 170, 101 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 4, articoli 136, 159, 176 c.p.c. e sempre articolo 24 Cost.), si duole delle modalita’ di “riassunzione” del giudizio prefallimentare innanzi al Tribunale di Monza e di prosecuzione del giudizio stesso mediante la notifica dei decreti presidenziali del Tribunale di Monza.
3. Con un terzo ordine di motivi (coincidenti con la settima censura di ricorso) la parte ricorrente si lamenta, per un verso, dell’irregolarita’ della procedura di notifica del provvedimento di fissazione dell’udienza prefallimentare in quanto effettuata a persona non autorizzata al ritiro degli atti e, per altro, della dichiarata inammissibilita’ della querela di falso proposta in sede di reclamo, con cio’ evidenziando la violazione degli articoli 112, 115, 116 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 4, articoli 221, 222 c.p.c. e articolo 99, disp. att. c.p.c..
4. Con un quarto ordine di motivi (coincidente con l’ottavo motivo di censura e relative sottoarticolazioni) si censura il provvedimento impugnato in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento con particolare riferimento al profilo della denunziata mancanza di legittimazione attiva del creditore istante, con cio’ evidenziando, per un verso, l’omesso esame di un fatto decisivo, e, per altro verso, la violazione degli articoli 112, 100, 115, 116, 111 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 4, nonche’ degli articoli 1, 3 e 7 Legge Cambiaria, articoli 1381, 1326, 1173, 1218, 1453, 1833 c.c. e della L. Fall., articolo 6.
5. Il ricorso e’ infondato.
5.1 Il primo nucleo di doglianze di carattere processuale e’ in realta’ inammissibile per carenza di interesse alla impugnazione.
5.1.1 Orbene, la corte territoriale ha evidenziato che, ai sensi della L. Fall., articolo 9 bis, il provvedimento dichiarativo dell’incompetenza non deve essere comunicato al procuratore costituito del fallendo, atteso che quest’ultimo ed il debitore attinto dall’istanza di fallimento (che si e’ costituito nel giudizio prefallimentare per il tramite del primo) devono ritenersi edotti del contenuto della istanza e delle possibili conseguenze processuali discendenti dalle decisioni adottate dal tribunale (anche in merito alla possibile declaratoria di incompetenza) gia’ con la notifica degli atti introduttivi, ai sensi dell’articolo 15 c.p.c., comma 3.
Aggiunge sempre la corte territoriale che la prosecuzione del giudizio prefallimentare innanzi ad altro tribunale ed il contraddittorio processuale con le parti del giudizio e’ assicurato, a norma della L. Fall., articolo 9 bis, comma 3, attraverso la notificazione dei decreti presidenziali di nomina di altro giudice delegato e di fissazione di altra udienza in prosecuzione, notificazione che dovra’ avvenire – come accaduto anche nel caso di specie – ai sensi della L. Fall., articolo 15, comma 3.
Tale conclusione non e’ tuttavia condivisibile.
5.1.2 Va ricordato, in premessa, come l’attuale comma 1 della L. Fall., articolo 9-bis, stabilisca che “il provvedimento che dichiara l’incompetenza e’ trasmesso in copia al tribunale dichiarato competente”. Ed invero, nel testo originario della norma in commento, il riferimento espresso all’adozione di una “sentenza”, aveva indotto taluni in dottrina a ritenere che detta forma processuale dovesse essere adottata per ogni pronuncia sulle questioni di competenza; tuttavia, a seguito del decreto correttivo del 2007, che ha inteso sostituire la parola “sentenza” con “provvedimento”, risulta rimessa di nuovo all’interprete la scelta della misura che piu’ si adatta alla bisogna (la relazione governativa al decreto delegato del 2007 assume che la correzione formale si giustifica con l’esigenza di consentire l’applicazione della norma, con riferimento a tutti i provvedimenti che pronunciano su questioni in tema di competenza).
Va, pero’, soggiunto che – a seguito della novella degli articoli 42, 43 e 279 c.p.c. (introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), che ha codificato il principio per cui le questioni di competenza sono decise con ordinanza – deve ritenersi pacifico che, ormai, tutti i provvedimenti declinatori della competenza debbano essere adottati non con sentenza, bensi’ con una ordinanza motivata (Cass., Sez 4-1, 21/12/2017, n. 30748). Del resto, il Decreto Legislativo n. 12 gennaio 2019, n. 14, articolo 29 (recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – destinato ad entrare in vigore il prossimo 15 agosto 2020 -, pure lasciando immutata la disciplina in tema di competenza nel procedimento di accesso alla procedura di regolazione della crisi, ha espressamente stabilito, all’articolo 29, comma 1, che “Il tribunale decide con ordinanza quando dichiara l’incompetenza”.
Non sussistono dunque ragioni per mutare l’orientamento giurisprudenziale che si era andato consolidando Sub Julio, teso a riconoscere valenza sostanziale di sentenza (rectius, oggi di ordinanza) ai provvedimenti in tema di competenza, ancorche’ assunti nella forma del decreto (Cass., Sez. 1, 21/12/2000, n. 8413).
5.1.3 Dunque, se il tribunale adito in sede prefallimentare dichiara la propria incompetenza, sia che il provvedimento venga adottato con sentenza, con decreto motivato, ovvero – come appare, oggi, decisamente preferibile, con ordinanza – deve contestualmente ordinare la trasmissione degli atti all’ufficio giudiziario dichiarato competente; quest’ultimo, recita dalla L. Fall., articolo 9-bis, comma 2, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, puo’ richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ex articolo 45 c.p.c., oppure procedere all’istruttoria previa convocazione delle parti L. Fall., ex articolo 15.
5.1.4 Cio’ su cui questa Corte e’ oggi chiamata a pronunciarsi e’ se, nel silenzio del legislatore sul punto, la sentenza, l’ordinanza o il decreto (con il quale il tribunale si sia dichiarato incompetente) debba essere comunicata alle parti e, soprattutto, quale sia la conseguenza in caso di omessa comunicazione.
Occorre evidenziare, sul punto qui da ultimo in discussione, che, ai sensi della disciplina del codice di rito (articoli 133 e 134 c.p.c.), sia la sentenza che l’ordinanza devono essere comunicate, a cura del cancelliere, alle parti del giudizio; quanto al decreto, nel silenzio dell’articolo 135 c.p.c., risulta sufficiente rammentare che La L. Fall., articolo 22, comma 1, espressamente dispone che il decreto con cui il tribunale respinge l’istanza di fallimento e’ “comunicato a cura del cancelliere alle parti”.
Ne consegue che, sulla base dei principi normativi da ultimo menzionati, anche il decreto che dichiari l’incompetenza del tribunale adito, secondo la chiara previsione della legge fallimentare, dovra’ essere comunicato alle parti costituite in giudizio.
5.1.5 Se, dunque, si puo’ ritenere che il provvedimento che declina la competenza debba essere comunicato alle parti costituite, occorre stabilire, allora, quali siano le conseguenze pregiudizievoli per le parti derivanti da una siffatta omissione.
Sul punto, e’ necessario il richiamo ai principi consolidati gia’ espressi da questa Corte di legittimita’, a tenore dei quali la parte – che proponga ricorso per cassazione, deducendo la nullita’ della sentenza per un vizio dell’attivita’ del giudice lesivo del proprio diritto di difesa – ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicche’ l’annullamento della sentenza impugnata e’ necessario solo se, nel successivo giudizio di rinvio, il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e piu’ favorevole a quella cassata (cfr.: Cass., Sez. 1, 09/08/2017, n. 19759; Cass., Sez. 3, 12/12/2014, n. 26157; Cass., Sez. 2, 07/02/2011, n. 3024).
5.1.5 Orbene, escluso che si possa ipotizzare l’impugnazione del provvedimento che declina la competenza innanzi alla corte d’appello, ai sensi della L. Fall., articolo 22, posto che l’articolo 42 c.p.c., stabilisce, in via generale, che i provvedimenti sulla competenza – con cui non si decide il merito della causa – possono essere impugnati soltanto con regolamento necessario e considerato che, come gia’ sopra precisato (e come si spieghera’ meglio nel proseguo della motivazione), la translatio iudicii e’ assicurata d’ufficio nel procedimento prefallimentare, senza ricorrere al meccanismo previsto dall’articolo 50 c.p.c., occorre, ora, interrogarsi se l’ordinanza, con cui il tribunale si dichiari incompetente sull’istanza di fallimento, sia impugnabile con il detto regolamento, nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione a cura del cancelliere ex articolo 47 c.p.c.; fermo restando, peraltro, che laddove la comunicazione di cancelleria non risulti effettuata, ne’ vi sia stata notificazione del provvedimento impugnato, troverebbe comunque applicazione il termine di decadenza generale di cui all’articolo 327 c.p.c., decorrente dalla data di deposito del provvedimento che ha declinato la competenza del tribunale adito (cfr.: Cass., Sez. 4-1, 16/07/2013, n. 17386; Cass., Sez. 1, 08/09/2003, n. 13127).
5.1.6 Cio’, peraltro, a prescindere dal caso concreto oggetto della presente decisione (in cui il debitore fallendo si e’ visto accogliere l’eccezione di incompetenza che aveva tempestivamente formulato e, dunque, secondo il piano orientamento espresso da questa Corte e ut supra ricordato, non sarebbe stato comunque legittimato ad impugnare l’ordinanza che aveva dichiarato l’incompetenza del tribunale adito dal creditore istante, non avendovi interesse di sorta), ma al fine di enunciare il principio di diritto, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3, sul punto dell’ammissibilita’ del regolamento necessario di competenza avverso il provvedimento declinatorio della competenza nel procedimento prefallimentare, rivestendo la questione trattata particolare importanza applicativa.
5.1.6.1 Sul punto, e’ necessario ricordare che la riforma della legge fallimentare del 2006 non ha risolto, tra gli altri, un delicato nodo interpretativo in tema di competenza: non e’ stato chiarito, infatti, se le pronunce che dichiarano la competenza ovvero l’incompetenza, possano essere oggetto di regolamento di competenza, su istanza della parte soccombente. Va aggiunto che neanche il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che entrera’ in vigore il 15 agosto 2020), si e’ occupato espressamente del tema, riproducendo pedissequamente, negli articoli da 27 a 32, la disciplina attualmente vigente.
In dottrina, si e’ opinato che l’avvenuta codificazione del regolamento d’ufficio, apra oggi le porte all’applicazione anche di quello necessario ex articolo 42 c.p.c., o facoltativo ex articolo 43, medesimo codice, su istanza di parte.
5.1.6.2 Peraltro, per superare l’incongruenza di un processo fallimentare che, dopo la riforma, finirebbe, nel suo essenziale momento iniziale, per essere soggetto a ritardi ed a condotte dilatorie ancor piu’ che in passato, alcuni negano l’applicabilita’ dell’articolo 48 c.p.c., sulla sospensione del processo, richiamando ragioni di celerita’, pur senza che il legislatore abbia stabilito espressamente detta eccezione.
5.1.6.3 Altra tesi espressa in dottrina nega l’ammissibilita’ di un regolamento proposto dalla parte, con l’argomento che esso non e’ previsto dal testo della disposizione, ne’ e’ coerente con la ratio di questa, mirante a scongiurare gli abusi, in passato verificatisi, aventi a pretesto le questioni di competenza, nonche’ a deformalizzare il procedimento volto alla rimessione degli atti al giudice reputato competente, che non deve per legge piu’ attendere l’istanza di riassunzione ad opera delle parti ed i tempi a cio’ necessari. Unico rimedio accordato alla parte sarebbe – secondo tale teorica – quello del reclamo alla corte d’appello ovvero del regolamento facoltativo ex articolo 43 c.p.c..
5.1.6.4 Al riguardo, va subito precisato che, nel vigore della vecchia disciplina del art. 42, l’orientamento di questa Corte era decisamente contrario all’ammissibilita’ del regolamento necessario, ex articolo 42 c.p.c., avverso il provvedimento declinatorio della competenza a dichiarare il fallimento.
5.1.6.4.1 In origine, la chiusura espressa dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ si era fondata sulla circostanza che, ai sensi dell’articolo 42 c.p.c., solo contro le sentenze era possibile promuovere il regolamento necessario.
E cosi’ si leggano le decisioni in cui si era affermato che il decreto del tribunale fallimentare, con il quale per ragioni di competenza siano rimessi gli atti ad altro tribunale, non poteva essere equiparato ad una sentenza, ai fini di un eventuale regolamento di competenza, per il difetto delle sottoscrizioni dei giudici che hanno partecipato alla decisione: in tal caso il decreto restava degradato a provvedimento amministrativo di rimessione degli atti ad altro giudice; ma quest’ultimo, se si fosse ritenuto incompetente, ben avrebbe potuto proporre il regolamento di competenza d’ufficio (v. Cass., Sez. 1, 09/03/1973, n. 636; Cass., Sez. 1, 28/05/1988, n. 3676; contra Cass., Sez. 1, 14/03/1978, n. 1262).
5.1.6.4.2 Successivamente, la giurisprudenza di questa Corte ha mostrato di ritenere comunque inammissibile il regolamento necessario, facendo leva, tuttavia, sulla circostanza che, a seguito della pronuncia di sentenza di incompetenza per territorio da parte del tribunale investito del relativo procedimento, nella prassi veniva disposta la trasmissione d’ufficio degli atti (in luogo della riassunzione del processo ad iniziativa di parte, ex articolo 50 c.p.c.), ai fini dell’assunzione della cognizione da parte del tribunale dichiarato competente: si riteneva, allora, inammissibile la proposizione contro la sentenza stessa del regolamento di competenza ad iniziativa di parte, perche’, diversamente opinando, sarebbe sorto il concreto pericolo di concorso, sulla questione della competenza, di difformi decisioni della Cassazione e del tribunale investito del procedimento, a seguito della sentenza impugnata con l’istanza di regolamento.
Rimaneva fatta salva, peraltro, la facolta’ della parte di impugnare (anche per ragioni inerenti alla competenza) la sentenza di tale ultimo giudice, ove egli si fosse dichiarato competente, ovvero di depositare presso la cancelleria della Corte di Cassazione le scritture difensive ex articolo 47 c.p.c., u.c., nel caso in cui lo stesso giudice avesse sollevato il conflitto di competenza, ai sensi dell’articolo 45 c.p.c. (Cass., Sez. 1, 15/12/1995, n. 12839; Cass., Sez. 1, 07/01/1999, n. 29).
5.1.6.4.3 Va tuttavia precisato che sempre la giurisprudenza di questa Corte aveva precisato, sempre nel precedente regime normativo, che, nel caso di provvedimento diverso dalla sentenza – con la quale il tribunale fallimentare, a seguito dell’individuazione della sede effettiva di una societa’, avesse declinato la propria competenza territoriale a decidere sull’istanza di fallimento ed indicato il tribunale ritenuto competente, senza disporre la trasmissione degli atti a tale giudice – siffatto provvedimento, avendo, comunque, natura di sentenza, sarebbe stato impugnabile con il regolamento necessario di competenza, ai sensi dell’articolo 42 c.p.c. (v. Cass., Sez. 1, 21/06/2000, n. 8413).
Da ultimo, va ricordato che, sempre prima dell’entrata in vigore della riforma del 2006, la giurisprudenza di questa Corte aveva stabilito il principio secondo cui il regolamento necessario di competenza fosse proponibile avverso un provvedimento che avesse declinato la competenza territoriale a dichiarare il fallimento, a condizione che:
a) la pronuncia declinatoria si fosse fondata sull’effettivo accertamento della sede dell’impresa, senza limitarsi a prendere atto della decisione di altro tribunale gia’ dichiaratosi competente in ordine a procedure concorsuali riguardanti la medesima impresa;
b) il tribunale dichiaratosi incompetente non avesse gia’ trasmesso d’ufficio gli atti al giudice indicato come competente (cfr. Cass., Sez. 1, 25/05/2004, n. 10097).
5.1.6.5 Nel nuovo regime normativo determinato dall’entrata in vigore della riforma del 2006, questa Corte ha affermato, in una occasione (cfr. Cass., Sez. 6-1, 21/12/2017, n. 30748), che la L. Fall., articolo 9-bis, nel regolare sia il caso di incompetenza affermata in seguito a statuizione di altro giudice che cio’ dichiari, sia l’ipotesi di incompetenza dichiarata in fase di istruttoria prefallimentare, prevede la trasmissione con decreto del fascicolo del tribunale ritenutosi incompetente a quello reputato dal medesimo competente, con possibilita’ per quest’ultimo di sollevare il regolamento di competenza d’ufficio entro il termine di venti giorni, ma non consente alle parti di impugnare il provvedimento dismissivo con il regolamento necessario di competenza ai sensi dell’articolo 42 c.p.c.:
in tema, questa Corte, nel segnato precedente del 2017, ha ricordato che la giurisprudenza, Sub Julio aveva fissato il principio dell’inammissibilita’ del regolamento necessario di competenza ad istanza di parte, e cio’ sulla base della considerazione secondo cui l’articolo 42 c.p.c., e’ applicabile soltanto al processo di cognizione e non alla procedura prefallimentare, regolata da un sistema normativo e da rationes sue proprie. E’ stato, dunque, segnalato che il legislatore della riforma aveva reso precetto normativo la trasmigrazione diretta del processo e la stabilizzazione della competenza nell’ufficio ad quem, salvo che questo sollevi il regolamento di competenza d’ufficio (cfr. sempre Cass. 30748/2017, cit. supra).
Ed inoltre, e’ stato osservato, nel precedente da ultimo citato, che la disposizione speciale della legge fallimentare prescrive una translatio iudicii d’imperio, con decreto del giudice dapprima adito, che si reputi incompetente, laddove il codice di rito ricollega quell’effetto all’attivita’ delle parti: insomma, nel sistema fallimentare si opera la traslatio direttamente ad opera dell’ufficio, facendosi eccezione alla norma comune dell’articolo 50 c.p.c., che richiede un atto di riassunzione della causa della parte interessata davanti al giudice dichiarato competente (cosi’, sempre Cass. 30748/2017, cit. supra).
Dunque, la ratio della disposizione sarebbe volta a soddisfare una particolare esigenza di celerita’ e stabilita’, non soltanto prevedendo tale meccanismo processuale del mutamento del giudice con salvezza degli atti compiuti, ma anche evitando di affidare unicamente alle parti l’impulso processuale per la prosecuzione del giudizio, che deve pervenire celermente all’accertamento dell’insolvenza ed eventualmente alla dichiarazione di fallimento (sempre Cass. 30748/2017, cit. supra).
Secondo il pronunciamento da ultimo citato, dovrebbe, allora, ritenersi che, con la riforma del 2006, sia stata compiutamente accolta la soluzione proposta dal pregresso “diritto vivente”: sia nel senso di ammettere, ed anzi, contemplare come legalmente dovuto, il meccanismo informale di trasmissione diretta degli atti, sia nel senso di escludere implicitamente, in tal caso, il regolamento necessario di competenza, quale conseguenza ineludibile e speciale del meccanismo di accertamento dei presupposti per il fallimento.
Del resto, secondo tale orientamento giurisprudenziale, le parti non resterebbero senza tutela, potendo ricorrere contro l’affermazione o la negazione della competenza in occasione del reclamo alla corte d’appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal tribunale ad quem, ai sensi della L. Fall., articolo 18, oppure con il regolamento facoltativo di competenza di cui all’articolo 43 c.p.c., assunti dal tribunale designato come competente da quello per primo adito. Inoltre, aderendo alla tesi dell’inammissibilita’ del regolamento, si eviterebbero anche gli effetti dell’articolo 48 c.p.c., che potrebbero essere attivati ogni volta che sia proposto il regolamento.
Infatti, secondo la norma, il processo resta sospeso dal giorno in cui e’ presentata l’istanza al cancelliere, ad opera della parte che abbia proposto l’istanza di regolamento, perche’ i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della Corte di cassazione.
5.1.6.6 Tale ultimo orientamento giurisprudenziale non e’ condivisibile e va pertanto superato.
5.1.6.6.1 Come osservato anche da attenta dottrina, non puo’ ritenersi convincente la tesi secondo cui, allorquando il legislatore fa proprio un determinato principio giurisprudenziale, gia’ acquisito in termini di diritto vivente – come accaduto, nella fattispecie, con la codificazione del principio della translatio iudicii d’imperio al tribunale dichiarato competente da quello preventivamente adito -, questo sarebbe recepito nella sua originaria e integrale portata quale affermatasi nell’applicazione giurisprudenziale corrente, trattandosi di affermazione priva di reale riscontro nella realta’ dei precedenti in materia.
5.1.6.6.2 Peraltro, anche il meccanismo della translatio iudicii d’imperio non risulta decisivo; non si vede perche’ la sottrazione alle parti dell’iniziativa della riassunzione o la deformalizzazione del procedimento di rimessione possano giustificare la compressione dei loro poteri di impugnativa, considerato che il regolamento di competenza assolve alla insopprimibile funzione di assicurare il controllo immediato e una statuizione definitiva sulla questione di competenza, a garanzia dei principi del giusto processo.
5.1.6.6.3 Deve, invece, osservarsi che, una volta che il legislatore del 2006 ha disposto l’introduzione del regolamento ex officio, al fine di risolvere i conflitti di competenza tra piu’ tribunali fallimentari, l’invocabilita’ delle norme del codice di rito, che disciplinano il rimedio anche nella fattispecie in esame, non possa essere messa in discussione, proprio poiche’ la volonta’ di riservare unicamente al giudice il potere di adire la Suprema Corte con il regolamento di competenza (cosi’ sottraendolo alle parti) avrebbe imposto una chiara ed espressa limitazione in tal senso.
Ma di tale rinuncia non v’e’ traccia di sorta nella novella.
5.1.6.6.4 La posizione di chiusura espressa dalla giurisprudenza di legittimita’ sopra ricordata nei confronti del regolamento necessario trova un appiglio negli effetti potenzialmente pregiudizievoli che potrebbero derivare in thesi dalla sospensione automatica del procedimento ex articolo 48 c.p.c., quando sia stato promosso il regolamento di competenza.
Non puo’ certo negarsi che l’esperimento del gravame allontani nel tempo la dichiarazione di fallimento, a detrimento del ceto creditorio e che il meccanismo si presti cosi’ a pericolose tattiche dilatorie.
Tuttavia, adducere inconveniens non est solvere argumentum.
Va, peraltro, aggiunto che uno strumento che consenta di neutralizzare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dallo slittamento del termine di apertura del fallimento e’ oggi normativamente previsto. Ed invero, dalla lettura combinata dell’articolo 48 c.p.c., comma 2 – che consente al giudice di “autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti” – e della L. Fall., articolo 15, comma 8 (ove al giudice su istanza di parte e’ riconosciuto il potere di adottare “provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio dell’impresa”), si ricava il potere del tribunale fallimentare – davanti al quale il procedimento prefallimentare e’ sospeso – di emettere provvedimenti cautelari innominati, compresa la nomina di un amministratore giudiziario, ovvero il sequestro dell’impresa oggetto del provvedimento.
Ne consegue che il regolamento di competenza ad istanza di parte (necessario o facoltativo) puo’ ritenersi compatibile con le peculiarita’ del procedimento prefallimentare sopra riferite, con le seguenti precisazioni:
a) nella fase prefallimentare, il prospettato pericolo di pregiudizio e’ neutralizzato dall’adottabilita’ di misure cautelari e conservative, ad istanza del creditore o del pubblico ministero;
b) successivamente alla dichiarazione di fallimento, in pendenza del reclamo L. Fall., ex articolo 18, non si determinano soverchi pericoli, essendosi ormai prodotti gli effetti della dichiarazione di fallimento;
c) all’esito del giudizio L. Fall., ex articolo 18, innanzi alla corte d’appello, qualora la sentenza abbia dichiarato l’incompetenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento, restano comunque salvi gli effetti dell’apertura della procedura ai sensi della L. Fall., articolo 9-bis, comma 3.
5.1.7 Deve, pertanto, dichiarasi inammissibile il primo motivo di ricorso in ragione della carenza di interesse della parte ricorrente ad impugnare (essendo stata accolta la sua eccezione di incompetenza per territorio) e, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3, devono, comunque, affermarsi i seguenti principi di diritto nell’interesse della legge:
a) Il provvedimento che declina la competenza del tribunale sull’istanza di fallimento L. Fall., ex articolo 9 bis, deve essere comunicato alle parti costituite, secondo i principi generali in tema di provvedimenti del giudice;
b) E’ ammissibile il regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza che decide sulla competenza, ai sensi della L. Fall., articolo 9 bis, con la possibilita’, durante la sospensione del processo ex articolo 48 c.p.c., che il creditore istante ovvero il pubblico ministero invochino l’adozione di misure cautelari sul patrimonio del fallendo, ai sensi della L. Fall., articolo 15;
c) Le parti del giudizio prefallimentare possono subire un pregiudizio, ove sia stata omessa la comunicazione dell’ordinanza che declina la competenza, trovandosi nella condizione di non potere promuovere il regolamento nel termine fissato dall’articolo 47 c.p.c.: spetta al giudice del merito apprezzare, nel caso concreto, l’esistenza di siffatto pregiudizio, anche tenendo conto dell’interesse delle parti alla proposizione del regolamento, che chiaramente difetta nel soggetto che abbia ottenuto dal primo giudice adito esattamente l’accoglimento dell’eccezione di incompetenza proposta.
5.2 Anche il secondo punto di doglianze processuali e’ infondato.
E’ utile ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito, in ordine alle modalita’ di “prosecuzione” del giudizio dopo la declaratoria di incompetenza L. Fall., ex articolo 9 bis, che il tribunale il quale si dichiari incompetente sull’istanza di fallimento deve provvedere, con decreto, all’immediata trasmissione degli atti al giudice competente L. Fall., ex articolo 9 bis, il quale deve dare impulso al procedimento pronunciando, nelle forme prescritte dalla L. Fall., articolo 15, decreto di comparizione delle parti, notificato in via telematica, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dell’imprenditore, non potendo trovare applicazione, nella specie, l’articolo 125 disp. att. c.p.c., che prevede la notifica presso il domicilio eletto e riguarda una disciplina del tutto estranea al procedimento prefallimentare (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 1035 del 17/01/2017).
Non puo’, dunque, invocarsi l’articolo 125 disp. att., u.c., sopra ricordato che, in tema di riassunzione della causa a seguito della dichiarazione di incompetenza del giudice adito, impone la notifica della comparsa in riassunzione presso il domicilio eletto dalla controparte. Si tratta, invero, di una disciplina del tutto estranea al procedimento prefallimentare, disciplina ove spetta esclusivamente alla parte interessata dare impulso al processo, curando la notifica della comparsa direttamente presso il difensore delle controparti, cosi’ usufruendo della norma all’evidenza di favore – prevista dall’articolo 170 c.p.c., per le comunicazioni e le notificazioni che avvengono nel corso del processo.
Del resto, non puo’ essere sottaciuto come la L. Fall., articolo 9 bis, delinei, in caso di riscontrata incompetenza del tribunale adito, un’ipotesi di traslatio iudicii, con tutte le sue necessarie conseguenze anche in termini di conservazione degli atti compiuti dal giudice incompetente.
Detto altrimenti, con la disposizione in esame viene stabilito il principio dell’unitarieta’ dei giudizi, attraverso la coordinazione in un unico processo delle due fasi, anteriore e posteriore alla dichiarazione di incompetenza.
Deve, dunque, ritenersi che la prosecuzione del giudizio di fronte al tribunale dichiarato competente debba avvenire in via del tutto automatica, senza necessita’ di riassunzione ad impulso di parte.
Ne consegue che tutte le censure sollevate dalla ricorrente in punto di irritualita’, illegittimita’ e mancata notifica dell’atto di riassunzione, ai sensi dell’articolo 125 c.p.c., al procuratore costituito della societa’ debitrice devono ritenersi infondate.
5.3 Anche il terzo motivo di censura e’ in realta’ infondato.
5.3.1 In ordine alle doglianze che si concentrano sul profilo della denunziata illegittimita’ del procedimento di notificazione dei decreti presidenziali di “prosecuzione” del giudizio innanzi al Tribunale di Monza, e’ necessario ricordare che, secondo la nuova formulazione della L. Fall., articolo 15, comma 3, se la notificazione all’indirizzo Pec non risulta possibile ovvero non ha esito positivo, si deve passare alla notificazione a mezzo ufficiale giudiziario a cura del ricorrente.
Sul punto, e’ utile chiarire che la previsione qui da ultimo ricordata si riferisce senz’altro alle ipotesi del mancato rinvenimento dell’indirizzo Pec nel registro delle imprese o nell’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti e dell’esito negativo del tentativo di notificazione per non funzionalita’ dell’indirizzo.
Non e’ discutibile che la previsione della notificazione all’indirizzo Pec dell’impresa rappresenti una sicura semplificazione per il ricorrente, ma, nel contempo, risponde anche ad un interesse qualificato dell’imprenditore, potendosi configurare una sorta di diritto di quest’ultimo alla notificazione a tale indirizzo che recede solo di fronte all’esistenza di cause ostative integranti l’impossibilita’.
Occorre, pertanto, puntualizzare che, una volta accertata l’impossibilita’ di procedere alla notificazione nella forma “normale” e primaria dell’invio degli atti all’indirizzo Pec, e’ onere del ricorrente, come avvenuto anche nel caso di specie, curare la notificazione a mezzo dell’ufficiale giudiziario.
Questa notifica deve essere effettuata nella forma “esclusivamente di persona”, ossia mediante accesso dell’ufficiale giudiziario alla sede dell’impresa risultante dal registro delle imprese.
Va da se’ che presso la sede dell’impresa la consegna della copia dell’atto possa essere effettuata nelle mani del destinatario imprenditore individuale o del legale rappresentante della societa’ o dell’incaricato a ricevere le notificazioni o, in caso di assenza di questi, della persona addetta alla sede o del portiere dello stabile, potendosi, qui, far riferimento, in funzione integrativa, alla previsione dell’articolo 145 c.p.c., comma 1.
5.3.2 Cio’ detto, risulta circostanza non contestata quella secondo cui, una volta accertata l’impossibilita’ della notifica da parte della cancelleria presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (per essere l’indirizzo disattivato), il creditore istante (OMISSIS) ha provveduto a notificare il decreto di fissazione di udienza innanzi al Tribunale di Monza (unitamente all’originario ricorso per fallimento) presso la sede legale della societa’ debitrice, in (OMISSIS), a mani della portinaia dello stabile, (OMISSIS), provvedendo, peraltro a notiziare la societa’ predetta, ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., comma 3, dell’avvenuta consegna, con ulteriore invio di raccomandata.
Ne discende che, per un verso, risulta perfettamente osservata la procedura dettata dalla L. Fall., articolo 15, comma 3 e articolo 145 c.p.c., in relazione al profilo della notificazione degli atti di “prosecuzione” del giudizio prefallimentare e, per altro verso, del tutto irrilevanti appaiono le doglianze sulla contestata inammissibilita’ dell’annunciata proposizione della querela di falso.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre concordare con quanto osservato dalla corte di merito, posto che la consegna degli atti alla portinaia (profilo fattuale quest’ultimo non contestato) esclude anche la rilevanza della questione agitata dalla ricorrente della “qualita’” della consegnataria quale addetta alla ricezione degli atti della societa’ debitrice. Ed invero, quest’ultima ha ricevuto la notifica nella “qualita’” di “portiera” dello stabile e non gia’ in quella diversa di “addetta” alla ricezione degli atti della societa’ stessa.
Tutto cio’ in perfetta aderenza a quanto previsto dall’articolo 145 c.p.c..
5.3.3 Del resto, e’ principio affermato da questa Corte quello secondo cui in caso di notificazione ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., comma 3, la qualita’ di portiere di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validita’ della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di allegare e provare l’inesistenza della succitata qualita’ (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7827 del 15/04/2005).
E la parte ricorrente non ha richiesto alcuna prova volta a contestare la menzionata qualita’, essendo la stessa querela di falso diretta a contestare la diversa qualita’ di addetta alla ricezione degli atti per conto della societa’ debitrice.
5.4 L’ottavo motivo di doglianza (con le sue sottoarticolazioni) presenta profili di inammissibilita’ e di infondatezza.
5.4.1 Orbene, sostiene la parte ricorrente di aver dedotto in sede di reclamo la contestazione espressa del credito azionato dalla banca con la domanda di fallimento, credito di cui aveva eccepito l’estinzione per intervenuta transazione novativa ed in ogni caso per il recesso operato dall’istituto di credito e comunque per l’inammissibilita’ dell’azione, in assenza di una offerta reale di restituzione ai terzi promittenti dei titoli cambiari, con conseguente nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa decisione da parte della Corte di appello sulle surriferite eccezioni.
5.4.1.1 Sul punto occorre preliminarmente osservare che ad integrare gli estremi dell’omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessario che sia completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile in riferimento alla soluzione del caso concreto: il che non si verifica quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24458 del 24/11/2007; Sez. 1, Sentenza n. 10696de1 1 0/05/2007; Sez. 2, Sentenza n. 20311de1 04/10/2011; Sez. 1, Sent.n. 2161 2de1 20/09/2013; Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017).
5.4.2 Cio’ detto, va subito rilevato come il giudice di appello abbia in realta’ preso posizione espressa in ordine alla sussistenza del credito della banca, ritenendolo esistente in ragione dell’inadempimento della societa’ all’accordo transattivo di cui il giudicante di secondo grado escludeva la natura di negozio novativo, per la espressa menzione in tal senso contenuta nella lettera di accettazione della proposta transattiva del 23 marzo 2012.
Ne consegue che la declaratoria giudiziale, in ordine all’esistenza del credito azionato dall’istituto di credito con la domanda di fallimento, ha comportato di per se’ e implicitamente il rigetto anche di tutte le eccezioni sollevate dalla ricorrente incompatibili con la detta declaratoria, e cio’ con particolare riferimento alla sollevata questione della cessazione della materia del contendere, della pretesa falsita’ degli estratti conto prodotti (questione quest’ultima, peraltro, irrilevante in quanto superata dall’inadempimento dell’accordo transattivo, che gia’ conteneva in se’ un riconoscimento di debito da parte della societa’ debitrice), dell’inammissibilita’ della istruttoria prefallimentare e, da ultimo, dell’inammissibilita’ della pretesa di far valere il rapporto cambiario.
5.4.3 Va peraltro osservato che la pretesa illegittimita’ dell’attivita’ istruttoria officiosa svolta dal Tribunale di Monza (quanto all’emersione del debito erariale per Euro 50.000) risulta anche palesemente infondata, oltre che inammissibile per le ragioni gia’ sopra prospettate.
Invero, dimentica la parte ricorrente che tale possibilita’ di integrazione probatoria officiosa e’ espressamente prevista dalla L. Fall., articolo 15, comma 4.
Si tratta, in realta’, dell’attivazione dei poteri officiosi del giudice fallimentare esercitata prima della formale costituzione del pieno contraddittorio processuale, senza che tuttavia cio’ implichi violazione del contraddittorio e del diritto alla prova, posto che ogni acquisizione istruttoria cosi’ veicolata e’ sottoposta al contraddittorio successivo in sede di udienza prefallimentare e potra’, altresi’, essere oggetto di ulteriori approfondimenti probatori su istanza di parte.
5.4.4 Del resto, l’ulteriore censura mossa dalla ricorrente in relazione alla presunta insussistenza del credito oggetto della domanda di fallimento a causa del recesso negoziale operato dalla banca dal conto corrente di corrispondenza intrattenuto con la societa’ debitrice risulta a dir poco incomprensibile giuridicamente, atteso che la risoluzione negoziale del rapporto contrattuale di conto corrente consente all’istituto di credito di avanzare la pretesa di pagamento del saldo debitorio residuo dopo la chiusura del conto.
5.4.5 Ne’ e’ possibile rintracciare nell’ordito motivazionale della sentenza impugnata la denunziata violazione di legge in riferimento alla considerata natura non novativa dell’accordo transattivo intercorso tra le parti.
5.4.5.1 Sul punto e’ utile ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la transazione puo’ avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilita’ tra il rapporto preesistente e quello originato nell’accordo transattivo, di guisa che dall’atto sorgano reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti. Pertanto, al di fuori dell’ipotesi di un’espressa manifestazione di volonta’ delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni, ovvero se esse si siano limitate ad apportare modifiche alle obbligazioni preesistenti senza elidere il collegamento con il precedente contratto, il quale si pone come causa dell’accordo transattivo che, di regola, non e’ volto a trasformare il rapporto controverso (Cass.Sez. 3, Sentenza n. 15444 del 14/07/2011; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23064 del 11/11/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5295 del 16/11/1978 Sez. 3, Sentenza n. 4008 del 23/02/2006).
Dunque, con la transazione propria, e cioe’ non novativa, le parti non eliminano il precedente rapporto e la relativa fonte negoziale, che permangono nei sensi e con le modifiche di cui alla transazione.
5.4.5.2 Cio’ posto, osserva la Corte come il giudice del reclamo, con valutazione in fatto esente da illogicita’ e contraddittorieta’, abbia evidenziato la natura non novativa dell’accordo transattivo, mettendo in luce la volonta’ negoziale manifestata dalle parti in tal senso e la reviviscenza delle originarie obbligazioni pecuniarie, nella ipotesi di inadempimento alle nuove condizioni temporali di esecuzione dell’accordo. Ne consegue che non e’ dato rintracciare nel provvedimento impugnato ne’ la denunziata omessa pronuncia ne’ tanto meno la lamentata violazione di legge.
Discende da cio’ il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione e (OMISSIS) S.p.a., delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in favore di ciascun controricorrente in Euro 7000 per compensi, oltre 200 per esborsi e spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed altri accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.